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Il PAFF! diventa International Museum of Comic Art: il 10 marzo 2023, con il patrocinio del Ministero della Cultura e la media partnership di Rai FVG, è in programma il taglio del nastro, un’anteprima su invito per scoprire l’esposizione permanente ospitata nell’innovativo contenitore culturale che ha sede a Pordenone. Sabato 11 e domenica 12 marzo l’apertura al pubblico (su prenotazione) è gratuita.
Sostenuto da Regione Friuli Venezia Giulia e da Comune di Pordenone, il PAFF! organizza, promuove e ospita inoltre mostre temporanee di importanza nazionale e internazionale dei grandi maestri del fumetto mondiale. La struttura sarà arricchita da una bibliomediateca ed entro la fine dell’anno di un archivio con deposito climatizzato. Il Centro va così a completare la sua già corposa offerta che dal 2018 coniuga cultura, formazione, educazione, didattica, ricerca e intrattenimento attraverso lo strumento divulgativo del fumetto.
Sotto la direzione artistica del suo fondatore, Giulio De Vita, il PAFF! International Museum of Comic Art è una realtà unica in Italia che trova analogie, per concept e dimensioni, solo nelle capitali europee (Parigi, Bruxelles).

L’esposizione permanente, la cui curatela è stata affidata a Luca Raffaelli (esperto e storico del fumetto), offre attraverso un allestimento multimediale e interattivo l’opportunità di ammirare circa 200 tavole originali dei più famosi fumettisti di tutti i tempi e oltre 500 fra schizzi, fogli di sceneggiatura, pubblicazioni storiche e rare, costumi di scena utilizzati in film tratti da fumetti, scenografie e filmati provenienti da tutto il mondo tramite acquisti, prestiti e donazioni.

All’interno dei 2.200 metri quadrati di spazi espositivi del PAFF!, la collezione permanente si estende su uno dei piani del museo, è suddivisa in 9 differenti sezioni e comprende tavole originali di numerosissimi maestri e disegnatori straordinari come Andrea Pazienza, Art Spiegelman, Benito Jacovitti, Carl Barks, Charles M. Schulz, Chester Gould, Floyd Gottfredson, George McManus, Giorgio Cavazzano, Hugo Pratt, Magnus, Milo Manara, Milton Caniff, Alex Raymond, Will Eisner.

Luca Raffaelli ha dato una chiave di lettura originale alla narrazione del percorso espositivo: quella dei diversi formati con cui il fumetto – nei suoi oltre cento anni di vita - è stato letto, conosciuto e amato in ogni angolo del pianeta, a seconda delle culture, delle condizioni economiche e delle abitudini sociali dei lettori. È così che in America sono nate prima le tavole domenicali nei supplementi a colori dei quotidiani statunitensi, poi le strisce e i comic book. In Italia troviamo invece il formato giornale (quello del primo “Corriere dei Piccoli”) e le strisce di “Tex”, poi portate al successo dal formato che porta il suo nome; in Francia i volumi chiamati “albùm” in Giappone i tankobon, libretti dove vengono pubblicati i manga di successo. Il PAFF! si connota dunque come l’unico Museo al mondo dedicato al fumetto che ponga al centro dell’attenzione il raffronto tra le tavole originali e le riproduzioni, i giornali, gli albi, i libri su cui i fumetti vivono.

Numerose e davvero uniche le opere presenti, di cui si segnalano una tavola originale di Vittorio Giardino (una rarità poterla ammirare in una mostra) e un’opera di Maus (il premiatissimo fumetto di Art Spiegelman) che poi non è stata inserita nella pubblicazione finale, nonchè tavole e strisce storiche e preziosissime: per la prima volta tutti questi originali vengono accompagnati nell’esposizione e “scoperti” dal visitatore nelle varie riproduzioni proposte nel corso del tempo. Alcuni esempi: di una tavola di Felix the Cat di Otto Messmer (datata 1933) è presente la pagina del quotidiano statunitense a colori e la pagina che nel 1937 ha riproposto il Corriere dei Piccoli (emendata dai balloon, come si faceva un tempo), dell'Eternauta (il fumetto di fantascienza del desaparecido argentino Hèctor G. Oesterheld degli anni Cinquanta) è presente il formato orizzontale, anticipato dall’adattamento che ne ha fatto in verticale Ruggero Giovannini per Lanciostory negli anni Settanta, una tavola di Carl Barks, l’inventore di Zio Paperone è pubblicata in formati diversi a seconda delle necessità.

Il PAFF! International Museum of Comic Art espone in tre teche principali le opere realizzate da altrettanti grandi artiste: una tavola molto intensa da "La gabbia", prestata da Silvia Ziche, un originale dell'artista underground Bambi Kramer e un’opera originale di Persepolis, celeberrimo romanzo a fumetti di Marjane Satrapi.

Sul piano della tutela e delle particolarità dell'allestimento, il museo rappresenta una novità assoluta nel mondo del fumetto: le tavole sono custodite in mobili che preservano i materiali proteggendoli dai danni della luce. L'effetto è quello di una wunderkammer (stanza delle meraviglie, scrigno degli oggetti preziosi, raccolta di curiosità), ma anche di un archivio accessibile al pubblico, che invita all'interazione e alla scoperta.

Per quanto riguarda la parte multimediale, in stretta connessione con le opere presenti nel percorso museale, è interessante sottolineare la presenza di contributi "storici" provenienti dalla Cineteca di Bologna, dall'Istituto Luce, dalle Teche Rai, dalla RSI (Radio Televisione Svizzera Italiana) e dalla RTS (Radio Televisione Svizzera), materiali d'archivio e frammenti filmici di ultima uscita come quello tratto da "Hugo in Argentina" del regista Stefano Knuchel (presentato al Festival di Locarno nel 2022), opere underground come "Tuono" di Dario Marani (un ritratto divertente e sincero del fumettista Andrea Paggiaro in arte Tuono Pettinato, scomparso prematuramente nel 2021), le "pillole di approfondimento" sulle diverse sezioni presentate dal curatore della mostra permanente Luca Raffaelli, le interviste sul "Futuro del fumetto" (60 secondi per riflettere sulle sorti della nona arte) con gli interventi di Alberto Abruzzese, Licia Troisi, Andrea Bernardelli, Alpraz, Andrea Fontana, Davide Di Giorgio, Fabiano Ambu e Vorticerosa/Rosa Puglisi e quelli della "Filiera del fumetto" che raccontano le fasi della sua realizzazione (sono intervenuti Giovanni Barbieri, Vittorio Giardino, Laura Scarpa, Francesco Artibani, Valerio. Bindi, Maurizio Clausi, Enrico Pierpaoli e Giuseppe Palumbo).

Tra i maggiori prestatori, si segnala Giancarlo Soldi (regista e sceneggiatore) che ha messo a disposizione una selezione dei suoi documentari dedicati al mondo del fumetto (Nuvole parlanti, Graphic Reporter, Letteratura disegnata, Come Tex Nessuno mai, Nessuno Siamo Perfetti) e le irresistibili pillole di “Little Nemo, realizzato per la rivista Fumettologica.

Presenti 3 Exhibit, finestre interdisciplinari realizzate in collaborazione con Michela Zalunardo, che approfondiscono, presentando in maniera originale, il rapporto con le altre arti.

Non solo fumetti: la mostra permanente espone una statua di Joker di Adrian Tranquilli, alcuni oggetti che testimoniano il successo del fumetto e dei suoi personaggi, un Diabolik rimontato perché il piccolo albo potesse diventare una grande strenna natalizia, una rappresentazione del protofumetto realizzata da Davide Toffolo (storie illustrate, che ornano la Colonna Traiana o che erano pubblicate a disegni sui periodici dell’Ottocento, e che anticipano la nascita dell’industria e del successo del fumetto).

Per agevolare e accompagnare il visitatore verso una migliore fruizione dell’innovativo museo, il PAFF! ha introdotto nel proprio staff la figura del mediatore museale: una decina di operatori affiancano il pubblico per assistere e suggerire il miglior modo per assaporare ogni aspetto del sorprendente allestimento.

Entro la fine del 2023, l’International Museum of Comic Art si arricchirà anche di un archivio con deposito climatizzato per la conservazione delle tavole, dei disegni e delle pubblicazioni facenti parte della collezione del Museo. Il deposito sarà caratterizzato da un impianto di precisione ad alta efficienza energetica per mantenere gli ambienti a una temperatura costante di 18 gradi e a un’umidità relativa non superiore al 45 per cento.

 

 

La regina Maria Carolina le aveva volute nella Biblioteca Palatina
Dal 1933 erano state trasferite a Napoli
Dopo 90 anni tornano le Muse alla Reggia di Caserta.  

Le statue di Talia, musa della Commedia, e di Melpomene, musa della Tragedia, a seguito di un bel lavoro di squadra tra istituzioni del MIC, sono rientrate alla Reggia di Caserta. La dettagliata richiesta del Museo, corredata da una motivata relazione storica artistica, ha consentito di condividere con le varie Direzioni l’opportunità di restituire i beni al percorso museale del Complesso vanvitelliano. Le statue erano posizionate negli spazi della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Napoli.

La prima scultura è databile al II secolo d.C., di altezza pari a m 1. 70 con plinto. La fanciulla, che impugna una verga, poggia la mano destra su un pilastrino al cui termine è posta una maschera teatrale. Indossa un sottile chitone, tunica impiegata comunemente nella Grecia antica, di foggia ellenistica, e un ampio himation, drappo poggiato sul braccio sinistro antico e leggeri calzari ai piedi. Il braccio destro è un inserto di età moderna.
 
La seconda scultura, di altezza pari a m 1.78 con plinto, veste una lunga stola ricoperta da un mantello che avvolge il piede sinistro e lascia intravedere quello destro, calzato da un elegante sandalo. Il corpo principale è parte di un'opera di età romana del II secolo d.C.. Entrambe le braccia furono rifatte: il braccio destro con la mano che impugna una daga; il sinistro, ora reciso, con la mano che sorreggeva una maschera. Le teste sono moderne, eseguite probabilmente dal medesimo scultore.
 
La statua di Talia è documentata nell’Inventario farnesiano del 1772, dal quale si apprende che essa era collocata negli Orti di Campo Vaccino sul Palatino. Le muse, appartenenti alla collezione Farnese ereditata da Carlo di Borbone dalla madre Elisabetta, furono trasferite per desiderio della Regina Maria Carolina alla Reggia di Caserta nell'ottobre del 1788. Restaurate e integrate con parti moderne, avevano lasciato la Real fabbrica della porcellana di Napoli dove erano giunte da Villa Madama a Roma.  

Come si evince dalle Annotazioni di tutto ciò che esiste nei Reali Appartamenti delle loro Maestà (D.S.) nel R.le Palazzo Nuovo di Caserta del 1799, furono sistemate su piedistalli negli angoli della terza sala della Biblioteca Palatina negli Appartamenti reali del Palazzo. Un anno prima, re Ferdinando IV aveva lasciato Napoli per rifugiarsi a Palermo. Il sovrano fece caricare sulle navi i libri della regina consorte e molte opere d’arte della collezione Farnese. Le due statue, quindi, furono probabilmente trasportate da Caserta a Napoli e in seguito portate a Palermo. Al loro ritorno nella capitale del Regno delle Due Sicilie, le due sculture furono restaurate da Angelo Solari per essere ricollocate nel luogo originario in Biblioteca Palatina, come risulta dall'Inventario del Real Palazzo di Caserta del 1830.

Nel 1933 le due muse furono portate a Napoli per essere collocate negli uffici della Soprintendenza, spezzando così il forte legame con il luogo al quale Maria Carolina le aveva destinate. La regina desiderava, infatti, costruire per la sua libreria privata, Tempio del Sapere, un ambiente colto e raffinato, orientato al gusto per l'antico e alle suggestioni della cultura classica. Scelte appositamente dalla sovrana, si inserivano perfettamente nel programma decorativo di impronta neoclassica da lei immaginato.

La Reggia di Caserta ha intrapreso negli ultimi anni puntuali studi e ricerche finalizzati a restituire il dovuto riconoscimento e il recupero dell'identità originaria del vasto patrimonio del Complesso vanvitelliano. In linea con questa strategia gestionale orientata all'ampliamento dell'offerta museale e all'arricchimento dell'esperienza di conoscenza dei diversi pubblici, ne è stata richiesta, quindi, la restituzione.

Talia e Melpomene sono appena tornate alla Reggia di Caserta. Dopo l'intervento di pulitura e la realizzazione dei basamenti, su modello di quelli originali descritti nelle Annotazioni, saranno nuovamente esposte nel luogo scelto per loro dalla regina Maria Carolina: la terza sala della Biblioteca Palatina. I visitatori potranno così godere della bellezza delle due muse e rivivere lo spirito culturale del tempo. Piccoli costanti passi per dare concretezza alla visione strategica d’insieme che premia l’impegno del personale della Reggia di Caserta che opera con passione e professionalità.

Fonte Reggia di Caserta

La mostra Alexander Lauréus – To Rome (Verso Roma) prodotta dal Sinebrychoff Art Museum di Helsinki, Finlandia  offre un'ampia panoramica della vita e dell'arte di Lauréus, oltre a nuove prospettive. La mostra segue le orme dell'artista da Turku a Stoccolma e via Parigi a Roma. Sono esposti circa 70 dipinti ad olio e disegni, e la mostra comprende molte opere che non sono mai state esposte al pubblico. Lauréus è stato un pioniere della pittura romantica de un cosmopolita; la mostra si basa su nuove ricerche e rivalutazioni dell'arte di Lauréus ed il periodo vissuto dall'artista a Roma riceve l'attenzione come l'apice della sua produzione artistica. L'arte di Alexander Lauréus è stata esposta l'ultima volta in una mostra monografica 40 anni fa al Sinebrychoff Art Museum, ma è un artista poco conosciuto nel suo paese e misconosciuto in Italia.

Alexander Lauréus nacque a Turku, dove le sue doti artistiche vennero notate in una fase iniziale; a soli 19 anni partì per Stoccolma per studiare alla Royal Swedish Academy ed al termine dei suoi studi, intraprese una carriera di successo come pittore  a Stoccolma. Le sue opere vennero esposte alle mostre annuali dell'Accademia e la sua clientela si ampliò anno dopo anno. A Stoccolma Lauréus incontrò la sua compagna di vita Charlotta Thynelius, con la quale convisse La coppia si recò insieme a Parigi nel 1817. Nel 1820 proseguirono il loro viaggio verso Roma. L'incontro con la luce, il sole e la cultura italiana fece una grande impressione su Lauréus, e il suo soggiorno a Roma rappresentò l'apice della sua produzione artistica; l’artista si ammalò a Roma e morì nel 1823 a soli 40 anni ove è sepolto nel Cimitero Acattolico.

Laureus a Stoccolma

Per il giovane studente, il trasferimento da Turku alla capitale del regno, Stoccolma, fu un grande passo. Lauréus visitò le collezioni d'arte reali e vide i dipinti olandesi del XVII secolo. Ispirato dall'età d'oro dell'arte olandese, Lauréus si interessò fin dall'inizio a scene illuminate dal fuoco; specializzatosi nella raffigurazione di scene e paesaggi interni illuminati da una candela, una torcia o un fuoco aperto, e spesso dalla luna, molti dei temi sono familiari dall'arte più antica: figure in una finestra, donne nelle loro faccende quotidiane e uomini istruiti in biblioteca. Lauréus divenne un pioniere della pittura di genere romantica in Europa. A Stoccolma, Lauréus spesso raffigurò persone di diverse classi sociali in piazze, locande e cantine. Avvicinò la pittura alla cultura dello spettacolo. La vita quotidiana della gente comune era ancora un tema insolito nella pittura  dell'epoca, né era molto apprezzata nel mondo dell'arte accademica, che prediligeva la storia antica e i temi biblici. Lauréus raffigurava operai, soldati e nobili gentiluomini, spesso nelle locande. I locandieri e il personale di servizio erano generalmente donne che, in molte opere, sono rappresentate come vittime di molestie maschili, come nel dipinto Ussari in una locanda (1810).

Le sue opere contengono spesso caratteristiche umoristiche: nel dipinto A Well-watered Man (1808), i signori che inciampano verso casa con passi instabili rappresentano una figura comica. Anche il suo dipinto Party at the Parsonage (1815) è divertente: il tema dell'opera è vagamente basato sul poema di Anna Maria Lenngren The Countess's Visit (1810), sulla visita di una contessa e di sua figlia alla casa di un prete. Lenngren sottolinea l'effetto comico prodotto quando i preti e la borghesia cercano disperatamente di imitare e adulare l'aristocrazia.

Finestre aperte sull'Europa

Lauréus si recò a Parigi nel 1817 con la sua compagna di vita Charlotta Thynelius. e lì raffigurò feste nazionali, come i festeggiamenti in onore del re nella Celebrazione di San Luigi a Parigi I e II (1819), così come la cultura popolare in via di estinzione, come i venditori ambulanti emigrati dalle campagne e vestiti con costumi tradizionali.

Gli spazi di lavoro di Lauréus a Parigi non erano adatti alla pittura a olio; pertanto, realizzò un gran numero di disegni lì. Uno dei pochi dipinti ad olio completati da Lauréus a Parigi è ‘Una donna di campagna che vende uva ai ragazzi savoiardi’(1819). Lauréus aveva chiaramente utilizzato come modello Il venditore di ciliegie (1817) della serie Cris de Paris di Carle Vernet.

Nella Città Eterna

Dopo due anni e mezzo a Parigi, Lauréus proseguì verso Roma nella primavera del 1820. Il periodo romano costituì un periodo di forte forza creativa per Lauréus, e qui dipinse le sue opere principali. L’artista raffigurò  la vita quotidiana dei romani, con dipinti di rovine e monaci legati alla tradizione romantica di Lauréus:  ‘Il Vignaruolo or a Vine Grower's Family’ (1822) è una presentazione idealizzata della vita semplice alla periferia di Roma.

La meravigliosa padronanza della luce mostrata nei dipinti A Praying Monk (1822) e A Monk in a Ruin which Has Been Made into a Wine Cellar (1823) mostra fino a che punto si era sviluppata la tecnica di Lauréus. Iniziò a dipingere quadri ancora più grandi e a Roma la sua immaginazione decollò, come si può vedere nella sua opera finale, incompiuta, Street View in Rome (1823).

Lauréus è stato molto apprezzato per le raffigurazioni della vita popolare che ha dipinto in Italia, e i principali collezionisti d'arte svedesi, come il principe ereditario Oscar e il conte Gustaf Trolle-Bonde, hanno acquistato le sue opere. È dubbio se qualche sua opera sia in Italia.

A 200 anni dalla morte, si può rendere omaggio all’artista scomparso prematuramente visitando la sua tomba nel cimitero acattolico di Roma.

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