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Dal 5 febbraio al 7 maggio 2017, il m.a.x. museo di Chiasso (Svizzera) celebra, a trecento anni dalla nascita, Johann Joachim Winckelmann (1717–1768), erudito raffinato e innovativo, uno tra i più grandi studiosi della cultura classica, teorico e padre della disciplina della storia dell’arte.

 

Col patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, l’esposizione, curata da Stefano Ferrari, vice presidente dell’Accademia Roveretana degli Agiati, e Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo di Chiasso, è promossa e organizzata dal m.a.x. museo in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che ospiterà la successiva tappa in programma dal 24 giugno al 25 settembre 2017.

 

Johann Joachim Winckelmann, nato il 9 dicembre 1717 a Stendal nell’Altmark, figlio di un maestro calzolaio, è conosciuto principalmente per il suo testo “Storia dell’arte nell’antichità” pubblicato nel 1764 con il titolo originale “Geschichte der Kunst des Alterthums”.

 

Ricopre cariche importanti ed è inserito nei circuiti più raffinati e colti dell’epoca.

Nel 1758 assume la carica di bibliotecario e stretto collaboratore del cardinale Alessandro Albani a Roma, nell’omonima villa.

 

Nel 1761 diventa membro dell’Accademia di San Luca a Roma, dell’Accademia Etrusca di Cortona e della Society of Antiquaries a Londra.

 

Nel 1763 è nominato prefetto delle Antichità di Roma e nel maggio dello stesso anno Scriptor linguae teutonicae alla Biblioteca Vaticana.

 

Nel 1765 iniziano le trattative per la sua assunzione a Berlino come bibliotecario di Federico il Grande. Queste negoziazioni non avranno però esito positivo.

 

Dopo averlo vagheggiato tanto, nel 1768 si prepara a tornare in Germania. Alla volta di Ratisbona, decide improvvisamente di sospendere il viaggio in terra tedesca per fare ritorno a Roma. Arrivato a Trieste viene assassinato e muore dopo una lunga agonia, non senza aver prima dettato le proprie volontà che fanno del Cardinale Albani l’erede universale di tutti i suoi averi, incluse le carte manoscritte e i libri rimasti a Roma.

 

Il percorso espositivo ruota attorno a un’opera fondamentale, ma poco nota e finora poco studiata, di Winckelmann: Monumenti antichi inediti (1767), l’ultima pubblicata dallo studioso tedesco, di cui si riconosce la grande influenza sul mondo del Neoclassicismo e ben oltre; l’autore, infatti, per la prima volta in maniera così rilevante, accompagna le descrizioni dei “Monumenti” con le immagini grafiche degli stessi. Si tratta di 208 splendide tavole incise, tutte siglate, affidate ad artisti di chiara fama che Winckelmann sceglie e paga di tasca propria, convinto della bontà, anche teorica, dell’operazione.

 

I “Monumenti antichi inediti” (1767) descritti da Winckelmann sono “oggetti dell’antico”, ovvero bassorilievi, opere d’arte, suppellettili, vasi, gemme che catturano la sua attenzione durante i suoi meticolosi studi delle antichità che ha occasione di ammirare nelle collezioni della sua cerchia – prima fra tutte, quella del Cardinale Alessandro Albani di cui è bibliotecario e stretto collaboratore dal 1758 e a cui dedica il volume –, ma anche nel corso di numerosi viaggi che intraprende a Roma e dintorni, Firenze, Napoli, Portici, Pompei quasi sconosciuta all’epoca, Caserta e Paestum.

 

Al m.a.x. museo saranno presentate le prime due edizioni italiane dell’opera: l’editio princeps del 1767 in due volumi e quella successiva napoletana del 1820 in due volumi, con l’addenda di Stefano Raffei del 1823; inoltre, i due manoscritti preparatori, esposti per la prima volta e provenienti dalla Biblioteca universitaria di medicina di Montpellier, e tutte le 208 tavole incise appartenenti alla collezione del m.a.x. museo.

A questi si accompagnano 20 matrici in rame, 14 prove di stampa, ossia incisioni all’acquaforte ritoccate a bulino, oltre a tre reperti archeologici provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli: una gemma che ritrae Zeus che fulmina i giganti, un rilievo in marmo bianco con Paride e Afrodite e un lacerto di una pittura rinvenuta a Pompei nella casa di Cipius Pamphilus con il cavallo di Troia.

 

Una specifica sezione della mostra proporrà ritratti incisi di Winckelmann, eseguiti da alcuni dei suoi più cari amici – provenienti  dalla Biblioteca comunale “A. Saffi”, Fondi Antichi, Manoscritti e Raccolte Piancastelli di Forlì – e un dipinto a olio dell’atelier di Angelika Kaufmann.

 

Un’altra sezione sarà consacrata alla fortuna critica dell’ultimo testo di Winckelmann, attraverso una ricca selezione di incisioni e volumi a tema. I “Monumenti antichi inediti” s’inseriscono in effetti in una lunga tradizione di raccolte di antichità illustrate che hanno il loro avvio con il Rinascimento. Ma se Winckelmann manifesta, all’inizio della sua carriera, una certa riserva nei confronti dei cosiddetti “musei di carta”, con i “Monumenti antichi inediti” si assiste a una completa riabilitazione di questo genere editoriale e l’avvio di un nuovo metodo di studio, in cui narrazione e illustrazione godono di un rapporto del tutto paritario.

 

Sebbene la morte prematura abbia impedito a Winckelmann di completare lo sviluppo dei “Monumenti antichi inediti”, i suoi principali continuatori, da Seroux d’Agincourt (1730–1814) a Leopoldo Cicognara (1767–1834) a Luigi Rossini (1790–1857) a Giovanni Volpato (1735–1803) considerano i “Monumenti” l’unico modello possibile di storia dell’arte, che combina appunto testo e immagini.

 

 

Interamente finanziato e gestito dalla Svizzera il restauro del complesso della Strage degli Innocenti nella Cappella 11 del Sacro Monte di Varallo. Si tratta di un intervento decisamente notevole, che porterà al recupero dell’edificio e delle oltre settanta statue in terracotta, tutte a grandezza naturale, che creano la cruda rievocazione dell’episodio descritto dal Vangelo di Matteo.
Le terracotte policrome sono state realizzate nel 1588-90 dal "plasticatore" Giacomo Paracca di Valsolda detto "il Bargnola".
La scena, di un verismo sconvolgente, mostra Erode il Grande, Re della Giudea, ordinare un massacro di bambini allo scopo di uccidere Gesù, della cui nascita a Betlemme era stato informato. Secondo la narrazione evangelica, Gesù scampò alla strage in quanto un angelo avvisò in sogno Giuseppe, ordinandogli di fuggire in Egitto; solo dopo la morte di Erode, Giuseppe tornò indietro, stabilendosi in Galilea, a Nazareth. 
La Chiesa Cattolica venera i bambini uccisi nella strage come martiri perché “avrebbero versato il loro sangue per Dio e per l'Agnello» con il nome di "Santi Innocenti", fissandone la memoria liturgica al 28 dicembre. 
La rappresentazione che dell’episodio evangelico è offerta nella Cappella è terribilmente cruda, persino macabra, con bimbi strappati dalla culla, a dispregio della disperazione delle madri e della foga dei cagnolini di casa che vorrebbero difendere i piccoli. Sangue, disperazione, terrore pervadono la scena, ad offrire quello che è stato definito come un impressionante “teatro della crudeltà”.

Il restauro della Cappella è stato assunto in ampia parte dalla Isabel und Balz Baechi Stiftung (IBBS) di Zurigo che vi ha investito circa 400 mila euro a cui si aggiunge il contributo della fondazione Ernst Göhner di Zug.
La Fondazione Isabel und Balz Baechi è un organismo di riconosciuta fama, senza fini di lucro, sorto per la difesa dei dipinti murali, interessato soprattutto ad intervenire nei siti Unesco. Ha già operato con successo in diverse realtà, sostenendo, ad esempio, il restauro dei templi tibetani, di Palazzo Malacrida a Morbegno in Valtellina, edificio con decorazioni settecentesche legate all’ambito di Tiepolo, oltre che nello stesso Sacro Monte di Varallo. 
“Qui, in anni recenti, la Fondazione ha finanziato il restauro di altre due Cappelle: nel 2012 e 2013, quella Battesimo di Cristo e, nel 2014, della Cappella di Cristo avvolto nella Sindone
Poichè la Fondazione Isabel und Balz Baechi per statuto finanzia solo il lavoro di operatori svizzeri, i tre interventi sono stati realizzati - afferma Elena De Filippis, Direttore dell’Ente di gestione Sacri Monti del Piemonte - in modo esemplare dal corso di laurea in conservazione e restauro della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI).
Nei restauri svolti la SUPSI ha partecipato al finanziamento attraverso il lavoro dei propri docenti e degli esperti scientifici.
Anche in questa cappella, i lavori di restauro vengono eseguiti dagli allievi del corso specialistico di restauro (già diplomati come “collaboratori restauratori”) che operano sotto la guida dei loro docenti. L’attività al Sacro Monte, che avviene sotto la direzione di Stefania Luppichini diplomata presso una delle due prestigiose scuole italiane ministeriali, l’Opificio di Pietre Dure di Firenze, è infatti compresa nell’iter formativo di un master di specializzazione dell’Istituto svizzero. 
Naturalmente il progetto di restauro è stato verificato e approvato dalle Soprintendenze competenti, che controllano anche l’esecuzione degli interventi”.
Proprio perché legato all’attività scolastica, il cantiere procede per fasi successive. I lavori si svolgono nei mesi estivi mentre cessano negli altri. 
Renata Lodari, Presidente dell’Ente gestione Sacri Monti, ritiene che il restauro possa essere completato entro l’autunno 2018. Sottolinea anche l’interesse di questa collaborazione tra le due istituzioni svizzere e il Sacro Monte di Varallo. 
“La presenza al Sacro Monte di Varallo, da anni, della Scuola universitaria di restauro della Svizzera Italiana e della Fondazione Isabel und Balz Baechi, dà il senso dell’importanza del complesso e del sito Unesco dei Sacri Monti piemontesi e lombardi, che gli svizzeri hanno ben compreso. Speriamo che la loro attività apra la strada ad un interesse internazionale a sostegno dei Sacri Monti”.

E’ la mostra con cui Scicli ha salutato il 2016 aprendosi alle future prospettive che il nuovo anno porterà e che per la città stessa segnano una svolta. “Ilde. Dal bianco”, la monografica di Ilde Barone, continua a sorprendere i visitatori della galleria Quam dove è allestita la mostra della giovane artista siciliana sempre più apprezzata. La mostra, inaugurata lo scorso 17 dicembre, con presentazione critica in catalogo di Vittorio Sgarbi, ha già riscosso grandi apprezzamenti di pubblico e critica come testimonia il “quasi tutto venduto” riscontrato nelle prime giornate.

Ilde Barone ha tra l’altro firmato in questi giorni una nuova tiratura di grafica, dal titolo “Dal bianco”, edita da Tecnica Mista e realizzata proprio in occasione della mostra. Venti di queste copie sono state pastellate a mano dall’artista, destinate dunque ai fortunati che le acquisteranno durante il periodo della mostra.

Alle Quam è un percorso di cinquanta opere, realizzate negli ultimi due anni, ad accompagnare i visitatori in quattro diverse fasi: quella dei soggetti femminili illuminati da una luce intensa intitolata appunto “Dal bianco”, quella dei nudi, due dei quali sono tele di quasi due metri di altezza, quella in cui la pittura bianca colpisce i frammenti di figura ed infine quella dedicata agli studi su carta dell’artista che precedono la realizzazione vera e propria delle opere e che permettono al pubblico di addentrarsi ancora con più incisività nel lavoro, e se possibile anche nella fantasia, dell’artista. La materia, la figura umana e il colore diventano oggetto di una ricerca pittorica precisa e attenta che ha caratterizzato l’intera carriera artistica di Ilde Barone, a cui si aggiunge una particolare analisi per la luce, che ne emerge quasi intrappolata in cristalli brillanti, vibranti di vita propria. Un lavoro intenso, che parte da un’intima immersione, come scrive Vittorio Sgarbi nella presentazione critica e come emerge dai testi di Antonio Sarnari, Andrea Guastella, Paolo Nifosì, contenuti nel catalogo disponibile in galleria.

La mostra “Ilde. Dal bianco” alle Quam di Scicli sarà visitabile, ad ingresso gratuito, fino al 29 gennaio. Orari da martedì a sabato 10.00-13.00 / 16.00-20.00, domenica e festivi 17.00-20.00.

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