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Per 1700 anni Pompei fu letteralmente cancellata dalla faccia della terra, nessuno sapeva nemmeno più indicare il luogo in cui sorgeva, poi pian piano è riemersa ed è oggi una delle meraviglie dell'archeologia.

La giornata del 24 agosto del 79 dopo Cristo cominciò con una improvvisa eruzione del Vesuvio. Nessuno capì quello che stava succedendo: non si era mai vista una cosa del genere. Un'immensa colonna di fumo che si alzava per chilometri, seguita da un'enorme nube nera che arrivava sulla città coprendola completamente e oscurando il cielo con questa strana pioggia di sassolini leggeri e porosi, ancora caldi.

Lo stupore lasciò ben presto il posto alla paura e poi al panico, quello che successe in quelle 24 ore in cui Pompei fu investita a più riprese dalla furia del vulcano è stato pazientemente ricostruito con un lungo lavoro di scavi e di ricerche.

Oggi, le rovine di Pompei sono di gran lunga una delle maggiori attrazioni turistiche d'Italia e del mondo. Visitare questo sito archeologico va ben oltre la passione verso l'arte e la storia, ma è un qualcosa che va a toccare corde particolari, in grado di attirare gli amanti del mistero, dei riti e dei culti di popolazioni così lontane da noi nel tempo, ma così vicine "fisicamente".

Il fatto che Pompei sia stata distrutta, ma allo stesso tempo preservata, dall'eruzione del Vesuvio, rende ancora più affascinante questo luogo, dove, passeggiando tra i viottoli dell'epoca, sembra di rivivere un'epoca remota, anche grazie alle case, alle botteghe e agli utensili rimasti intatti, dandoci modo di avvicinarci con cognizione di causa allo stile di vita dell'epoca.

Cosi oggi le classi più umili dell’antica città sono al centro della mostra inaugurata nella Palestra Grande del Parco Archeologico cui concorrono circa 300 reperti provenienti da nuovi scavi e dai depositi. Uno sguardo alternativo alla società dell’antica città con un percorso espositivo di circa 300 reperti, molti mai esposti prima, provenienti dai nuovi scavi ..Civita Giuliana e non solo, e dai depositi. Un universo che «parla di un mondo classico che non ha la bellezza e la civiltà che ci è stata trasmessa e che pone delle domande su quella nobile semplicità e quieta grandezza definite dal Winckelmann», secondo il direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel, curatore della mostra insieme con Silvia Martina Bertesago. L’itinerario propone in sette sezioni l’esistenza delle classi indigenti, dall’infanzia alla morte, dalla religiosità al cibo e all’abbigliamento.

Il racconto della vita quotidiana di schiavi, prostitute, panettieri o venditori ambulanti, dei ceti meno abbienti che rappresentavano circa l’80% della popolazione, è al centro della mostra «L’altra Pompei. Vite comuni all’ombra del Vesuvio», nella Palestra Grande del Parco Archeologico di Pompei fino al 15 dicembre 2024

Copie dei calchi dei letti e la ricostruzione degli ambienti degli schiavi della Casa del Larario di Pompei e di quello di Civita Giuliana offrono un focus sulle dimensioni reali dello spazio vitale personale, di come a seconda della volontà del proprietario, cambiassero le condizioni dello schiavo. Un Armilla d’oro trovata a Moregine con l’iscrizione «Il padrone alla sua schiava», come quella del piccolo affresco con una donna che lava i piedi a una figura maschile, mostra l’utilizzo sessuale personale delle schiave in casa. Frammenti carbonizzati di stoffa o di suola di sandali accompagnano tracce lasciate sui calchi dai tessuti e sculture dai ricchi panneggi a rimarcare la differenza del «tunicatus populus» che possedeva come unico vestito solo la tunica.

La mostra indaga anche il gioco e l’idea dell’aldilà grazie anche al supporto di apparati multimediali sviluppati da Studio Azzurro. Immersione e identificazione che avvengono anche con l’app My Pompeii che in una specie di sorteggio affida l’identità di un antico abitante pompeiano e un ambiente del Parco a cui la sua attività è connessa.

«La mostra, pensata come percorso di vita, secondo il direttore del Parco Gabriel  Zuchtriegel, che  lo ha dichiarato alla collega Graziella Melania Geraci, per il " il Giornale dell Arte"  offre scorci di umanità. Non si avvale di opere artistiche spettacolari ma il racconto è costruito con materiali poveri, con i calchi delle vittime, con le immagini date dagli affreschi che restituiscono aspetti della vita comune. A volte abbiamo tentato di creare contrasti, come ad esempio tra la rappresentazione del bambino felice, un tema ricorrente dell’arte antica, e un numero elevato di stele funerarie su cui è inciso il nome dei bimbi deceduti o l’anno di vita che hanno raggiunto; questa contrapposizione esprime molto di più di tante parole». Così la tavola imbandita con il pane, elemento primario per il sostentamento dei poveri, nella sezione dedicata all’alimentazione, fa da contraltare agli affreschi dalle rappresentazioni opulente con pasti raffinati.

Fonti varie agenzie / il giornale dell arte

 

A seguito di un periodo di studio e inventariazione dei fondi archivistici, bibliografici e dei volumi e cataloghi storici presenti nella Galleria d’Arte Moderna, dall’11 dicembre 2023, apre al pubblico di studiosi, studenti, cultori e appassionati dell'arte e della cultura della prima metà del Novecento a Roma, l’ARCHIVIO DELLA COLLEZIONE GAM, promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.

L'apertura rientra nel ciclo d'iniziative collegato al Centenario della costituzione della Galleria d'Arte Moderna di Roma (1925-2025), identificato nella formula 100 GAM, da considerare come anticipazione del programma di manifestazioni scientifiche, conservative ed espositive legato al Centenario stesso e che prende avvio proprio dalla riappropriazione del patrimonio archivistico e documentale presente nell’attuale sede del museo di via Francesco Crispi 24.

Strettamente collegato alla collezione della Galleria d’Arte Moderna, l’Archivio vanta una raccolta di oltre 1600 volumi risalenti al periodo che va dagli anni Ottanta dell’Ottocento alla metà del Novecento. Il corpus è costituito prevalentemente da monografie degli artisti appartenenti alla collezione della Galleria e da pubblicazioni relative alle opere della collezione storica, tra i quali i cataloghi delle mostre romane dove, nella prima metà del secolo scorso, vennero effettuate le principali acquisizioni. E poi ancora i cataloghi di mostre allestite alla GAM oltre a una peculiare sezione di volumi storici riguardanti la Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma e le Biennali sia romane che veneziane.

All’interno dell’Archivio è anche presente un FONDO ARTISTI, accessibile per la prima volta al pubblico, al cui interno si potranno consultare centinaia di preziose informazioni biografiche ed espositive dei singoli artisti, oltre a materiale minore costituito da brochures di mostre e articoli di giornale. In questo Fondo è contenuto anche l’ARCHIVIO MIMÌ QUILICI-BUZZACCHI, a sua volta composto da fascicoli, divisi per anni di esposizione (1937,1939 e dal 1946 al 1987), brochures, articoli di giornale e riviste relative alle mostre a cui ha partecipato direttamente l’artista. Si tratta del primo nucleo del costituendo ARCHIVIO DONNA E ARTISTA che comprenderà tutte le artiste presenti nella collezione GAM oltre a quelle già presenti nel predetto “Fondo Artisti”.

Nel prossimo futuro si potrà consultare anche un ARCHIVIO ACQUISTI, attualmente in corso di inventariazione, composto da oltre 250 Delibere originali o in copia storica prodotte dal Governatorato di Roma e dalla Giunta Capitolina, dal 1921 al 2002, ai fini delle acquisizioni delle opere della collezione GAM. Le Delibere riportano l'occasione dell'acquisto, i dati relativi all'artista, l'opera, la tipologia e la definizione economica d’acquisizione. Informazioni preziose per capire la storia dell’opera d’arte nella collezione GAM ma anche il rapporto selettivo dei gusti e delle scelte estetiche dell’Amministrazione pubblica nei diversi contesti storici attraversati.

Nel suo insieme, l’ARCHIVIO DELLA COLLEZIONE GAM si presenterà come un vero e proprio hub scientifico e culturale, un aggregatore in cui tutte quelle realtà interessate a raccontare l’arte a Roma in un’ottica nazionale potranno contribuire ad ampliare, e pertanto preservare, il corpus di documenti, volumi e informazioni presenti al suo interno. Le future collaborazioni con Università, Accademie e altri Enti di studio, locali e nazionali, consentiranno di riunire, conservare, valorizzare e tutelare libri, documenti grafici e archivi relativi all'arte di parte dell’Ottocento e la prima metà del Novecento romano.

 

Fonte Zetema 

La Galleria dell’Accademia di Firenze ha aperto al pubblico martedì 28 novembre 2023 la prima mostra monografica in Europa dedicata a Pier Francesco Foschi (1502-1567) pittore fiorentino, allievo di Andrea del Sarto, che ha collaborato anche con Pontormo, la cui lunga e fortunata carriera si svolse durante i decenni centrali del Cinquecento.
L’esposizione è a cura di Cecilie Hollberg, direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze, Elvira Altiero, Funzionario Storico dell'arte, responsabile del dipartimento storico-artistico della Galleria dell’Accademia di Firenze, di Nelda Damiano, che ha curato la mostra Wealth and Beauty dedicata all’artista al Georgia Museum of Art, University of Georgia (Athens, USA), e di Simone Giordani, docente di storia dell'arte, studioso della pittura fiorentina rinascimentale e tardo rinascimentale e specialista del pittore Pier Francesco Foschi.
“L’obiettivo di una rassegna così ampia e accurata - racconta Cecilie Hollberg, direttore della Galleria - è quello di fornire per la prima volta in Europa gli strumenti per comprendere la personalità artistica di un maestro come il Foschi e il suo ruolo nel contesto della pittura fiorentina del Cinquecento. Un artista da riscoprire, caduto nell’oblio dopo la sua morte. Grazie a questa nostra esposizione, oltre a mostrare opere dimenticate, sono state attivate importanti azioni di restauro di dipinti collocati in vari luoghi del territorio, come ad esempio una delle pale nella Chiesa di Santo Spirito a Firenze.”
L’artista
Pier Francesco Foschi nacque a Firenze da una famiglia di pittori. Il padre, dal quale apprese presumibilmente i primi rudimenti, era membro della bottega di Sandro Botticelli. Così come racconta il Vasari, si formò con Andrea del Sarto e le sue prime opere, infatti, sono stilisticamente influenzate dal classicismo del suo maestro: ne riflettono la grazia del disegno, l'uso raffinato di luci e ombre e l’audacia del colore.
La sua carriera autonoma ebbe inizio già negli anni Venti del Cinquecento. Foschi ricevette numerose commissioni da famiglie di spicco di Firenze, come i Medici, i Pucci e i Torrigiani. Tra 1536 e 1537 fece parte, col Bronzino e Jacone, degli aiuti scelti dal Pontormo per la decorazione della loggia della villa di Careggi, voluta dal Duca Alessandro de’ Medici, e per quella della villa di Castello, commissionata da Cosimo I. Fu coinvolto, nel 1539, nella realizzazione degli apparati effimeri allestiti per le nozze del giovane duca con Eleonora di Toledo. Il suo successo raggiunse l’apice nel corso degli anni Quaranta del Cinquecento, quando si aggiudicò la commissione di ben tre pale d’altare per l’importante chiesa di Santo Spirito, le sue sole opere menzionate da Vasari, nella Vita di Andrea del Sarto. Insieme a Vasari, Bronzino, Michele di Ridolfo, Francesco da Sangallo e Giovann’Angelo Montorsoli, fu tra i maestri incaricati di riformare l’antica Compagnia di San Luca nell’Accademia del Disegno, tra il 1562 e il 1563. Negli ultimi anni della sua vita, ancora molto attivo, partecipò alle principali imprese collettive promosse dalla neonata Accademia: gli apparati effimeri per i funerali solenni di Michelangelo e quelli per le nozze di Francesco I con Giovanna d’Austria. Il pittore morì nel 1567 e fu sepolto a Santo Spirito alla presenza degli Accademici.
Nonostante il successo riscosso in vita, dopo la sua morte, Pier Francesco Foschi cadde nella completa oscurità. Il Vasari non gli dedica una biografia ma ci tramanda poche note legate alla sua partecipazione a imprese collettive. Tale “dimenticanza” - come scrive Cecilie Hollberg nel saggio in catalogo - “…fu uno dei motivi del precoce oblio del Foschi”. Solo nel Novecento con la riscoperta del Manierismo e dei suoi protagonisti, il suo nome riaffiora più frequentemente negli studi, dapprima con qualche contributo filologico e, poi alla metà del secolo, con un breve studio seminale di Roberto Longhi (1952). Ad oggi gli interventi critici di maggior rilevanza rimangono gli articoli monografici di Antonio Pinelli (1967), imprescindibile per comprendere lo sviluppo artistico del Foschi, come possiamo percepire dal suo testo nel volume di questa mostra, e quello di Louis A. Waldman (2001), che ha aggiunto preziose informazioni e punti di riferimento cronologici per la ricostruzione della sua carriera. Non ultimo, il contributo di Simone Giordani, che si è occupato di Foschi dal 2007, e di Nelda Damiano, preziosi collaboratori nell’esposizione alla Galleria dell’Accademia di Firenze.
La mostra
La mostra riunisce circa quaranta opere autografe del Foschi, tra dipinti e disegni, tra cui la pala d’altare, la Sacra Famiglia con San Giovannino (1526-1530), appartenente alle collezioni della Galleria dell’Accademia di Firenze, un dipinto cruciale per capire la sua produzione giovanile e come ha fatto propri gli insegnamenti di Andrea del Sarto.
È suddivisa in cinque sezioni che approfondiranno i principali aspetti della sua prolifica attività, a partire proprio dalla formazione presso Andrea del Sarto fino alle commissioni di grandi pale d’altare e ai numerosi ritratti, genere in cui ottenne notevole successo.
Troviamo un importante nucleo di studi giovanili tratti da modelli del maestro, insieme ad accostamenti tra alcuni originali di Andrea del Sarto e le repliche che Foschi realizzò, confronti che serviranno per comprendere meglio la sua personalissima declinazione della maniera sartesca. In particolare, si offre per la prima volta il confronto tra il Sacrificio di Isacco di Andrea del Sarto del Cleveland Museum of Art, e la copia su tela dello stesso soggetto eseguita da Foschi, oggi conservata nella Villa di Poggio Imperiale a Firenze, e restaurata in occasione di questa mostra.
Nella sezione dedicata alle pale d’altare, si espongono insieme elementi di polittici smembrati, come ad esempio la Pala della Madonna del Piano, realizzata nel 1539 per il convento di San Benedetto a Settimo (Cascina, Pisa), riunita con le sue predelle. Si presenta inoltre la straordinaria Resurrezione della basilica di Santo Spirito.
L’esposizione propone una selezione di dipinti destinati alla devozione privata di soggetto mariano, insieme a rari e preziosi quadri legati ai temi dell'Antico Testamento.
Si conclude con un cospicuo numero di ritratti, genere in cui Foschi ottenne notevole successo. Il pittore affronta tipologie diverse, dalle effigi a mezzo busto, di tono intimo e penetrativo, a quelle di formato ampio e solenne, ricche di elementi simbolici o allusivi allo status sociale dei personaggi raffigurati e dei loro interessi.  
Le opere esposte provengono da musei pubblici e privati, enti ecclesiastici, gallerie d’arte e collezionisti privati tra i più famosi in Italia e nel mondo.
La mostra “Pier Francesco Foschi (1502-1567) Pittore fiorentino sarà aperta fino al 10 marzo 2024. 

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