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La mostra personale del M.° Verdirosi e’ allestita a Roma, presso l'Accademia di Romania, a partire dallo scorso 8 febbraio e fino al prossimo 21 febbraio 2017.

Si tratta di un percorso a tutto colore, ma non solo: sono presenti 70 dipinti (olio su tela) ed alcune sculture, in rappresentanza della vasta produzione artistica che si ha modo di visitare anche ad Orvieto, nell'atelier di Verdirosi. Il suo lavoro e' infatti con-diviso tra Roma, San Teodoro ed Orvieto.

Umberto Verdirosi e' figlio d'arte, i suoi genitori erano attori e lui stesso ha speso tutta una vita tra varie forme artistiche: e' attore, poeta, pittore e scultore. Con un curriculum artistico come il suo, non stupisce che la mostra presente ora a Roma sia un'esperienza intensa per il visitatore.

Il Maestro e' presente ed accoglie il pubblico con generosa espressione d'arte, aprendosi al pubblico attraverso la visione dei suoi quadri ma anche recitando con fervore e perizia le poesie da lui scritte e relative alle opere.

Il mondo di Umberto Verdirosi, che si definisce "maestro di se stesso" e' una continua dedica all'uomo, in sospesi attimi d'arte che le tele accolgono e rivolgono al pubblico, uno specchio dove gli argini sono ammorbiditi, un luogo interpretato per l'uomo stesso visto nel suo eterno viaggio, che si rinnova quotidianamente. In cerca di un viatico per la liberta' di trovare ed esprimere la propria essenza.

In questo senso, si consiglia di approfondire il lavoro di Osho, che Verdirosi stima molto ed al quale ha dedicato spesso diversi spicchi dei suoi quadri.

Verdirosi del resto, si definisce anche un simbolista: ogni suo dipinto si serve di oggetti rappresentativi, scelti dall'artista ed arricchiti di plus-valenza, riportati sulla macchia di colore rilasciata sul bianco della tela prima di donare vita al senso di ogni singolo quadro.

La mostra ne e' ricca. Tra i molteplici, si prenda ad esempio "Il gioco": un sipario aperto da due diavoli che osservano gli attori sulla tela, personaggi vari e variegati che giocano con e su se stessi, l'uomo che si cerca inesorabilmente, da sempre, nel repertorio ripetuto di guerra, droga, politica, potere...E' il gioco della Vita, dove il viandante tira avanti col suo lume ed offre luce alla morte; ed i vari Pulcinella, Arlecchino, corpi e spirito continuano la recita che e' commedia e tragedia all'unisono. Tele bianche ancora volteggiano nel quadro, perche' il gioco continua ed attende di essere rappresentato a soggetto.

Il Maestro Verdirosi recita le parole che ha scritto per questo quadro, con la sua voce piena e pregna esprime il suo amore per l'opera e per l'Arte in se', poi afferma "...Noi siamo parte del teatro della vita" e "L'arte e' sempre nell'oltre ed io sono un simbolista: si veda il dualismo, qui con la tela nella tela...Dietro la tela c'e' l'autore, davanti ad essa c'e' l'osservatore che guarda il quadro. L'Arte ha valore se comunica, se mi fermo a guardare...Kant afferma: ogni arte che non comunica e' fine a se' stessa."

Ogni atto di colore o di grigio, sfumato da Verdirosi, avvicina alla fiamma interiore con cui ogni uomo viene al mondo. Chi osserva i suoi quadri non resta indifferente al calore ed all'armonia con cui entra in contatto.

La mostra personale di Verdirosi e’ lieta occasione per chiedere al Maestro in merito alla sciarpa rossa, sempre presente nei suoi lavori:

-          Verdirosi: “La sciarpa e’ un sigillo. Come vera arte altro non e’ che movimento e nei miei quadri si muove, palpita e sospira per recitare la sua parte, in quanto il quadro di Verdirosi non e’ mai fermo, esso stesso e’ movimento, non e’ mai statico come una fotografia ma palpita come l’anima del soggetto, che e’ poi Verdirosi. Per cui tutta l’arte banale, per dirla con Kant “e’ fine a se stessa”. Quando guardiamo un’opera di Verdirosi riceviamo una forma di meditazione e ne usciamo arricchiti. Bisogna guardare questa mostra non una, ma piu’ volte...Che l’arte e’ un linguaggio, parla diverse lingue senza averle studiate. Ed ecco….Verdirosi accusa l’informale ed astratto, scrive necrologi al critico d’arte che si e’ permesso di imporre la banalita’. Questa mia mostra e’ ricca di tutto cio’, i miei libri spiegano il perche’ di tutte le cose che vediamo ma … Non si fermano al perche’. Dobbiamo chiederci “come mai”... Dietro un quadro c’e’ sempre l’artista”.

Un’ altra domanda al Maestro, questa volta sulla sua idea di “Tempo”:

-          Verdirosi: “Il Tempo e’ galantuomo e cammina inesorabilmente, non guarda in faccia a nessuno. Vivere il Tempo significa usarlo”.

E per meglio comprendere il fitto legame tra Verdirosi, uomo ed arte, e' di certo utile visitare la mostra del Maestro, ma anche curiosare nell'atelier di Orvieto e tra i numerosi libri che ha scritto. Si segnala l'ultimo, uscito appena da qualche giorno: U. Verdirosi, "il TANTRA", Edizioni A.C.S.D.V., Roma- I edizione, nov.2016, stampa febbraio 2017.

Libera-mente.

Dal 4 febbraio al 1° aprile 2017, il MARCA - Museo delle Arti di Catanzaro, diretto da Rocco Guglielmo, ospita l’antologica che analizza il percorso creativo di Pino Pinelli (Catania, 1938), tra i maggiori esponenti dell’arte italiana del dopoguerra e gli interpreti principali dell’Arte Analitica.

La mostra, curata da Giorgio Bonomi, organizzata dalla Fondazione Rocco Guglielmo e dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, in collaborazione con l’Archivio Pino Pinelli di Milano, presenta 21 opere, realizzate dall’artista siciliano dagli anni settanta a oggi, sia di grandi dimensioni sia di misure più contenute, che delineano in maniera esaustiva le diverse sfumature della sua poetica.A partire dagli anni sessanta in Italia abbiamo assistito alla nascita di una vera e propria rivoluzione stilistica. Gli artisti avvertirono il limite del quadro, inteso come insieme di tela e cornice: le superfici videro la comparsa di estroflessioni, come nel caso di Bonalumi e Castellani, così come era stato nel decennio precedente per i tagli di Lucio Fontana.

Dal canto suo, Pino Pinelli, che nasce pittore utilizzando i classici mezzi del mestiere, respirò la temperie culturale di quel periodo e giunse alla “disseminazione” - per utilizzare un termine proprio dell’arte di Pinelli - “frammentando” l’oggetto quadro negli elementi che lo compongono (tela e telaio) e coinvolgendo in questo processo l’elemento estraneo al quadro stesso: la parete che, perdendo la sua condizione di neutralità, ne diventa coprotagonista capace di accogliere elementi di colore puro, declinati in forme ora corrucciate, ora raggrumate, ora lineari e asciutte, ora a frattali e libere, raccolte in genere in un percorso leggermente arcuato, quasi a voler imitare il gesto del seminatore.

Dapprima le “disseminazioni” sono composte di pochi elementi, poi nel corso degli anni, fino a oggi, i “pezzi” si moltiplicano anche in modo considerevole.

I suoi lavori usano in prevalenza i colori fondamentali (rosso, blu, giallo, nero, bianco e grigio), ma anche i complementari. La pluralità della disseminazione, a volte, si riduce, ma mai a meno di due “parti” e, anche quando non tutta l’opera è monocroma, lo sono i singoli componenti.

Quella di Pinelli è una pittura “materica”, una sorta di concentrazione atomica del colore (realizzato con una tecnica molto personale) per cui le sue opere che con la “frammentazione” hanno una forza centrifuga, poi nella totalità dell’opera acquistano una forza, uguale e contraria, cioè centripeta: la parete così, da passivo elemento di appoggio, diviene il vero e proprio supporto, come lo sono la tela o il legno nella pittura più tradizionale, e su di essa l’artista, novello “seminatore” “sparge le parti dell’opera.Accompagna l’esposizione un catalogo bilingue (italiano e inglese) Silvana editoriale, con una lunga conversazione tra Pino Pinelli e Giorgio Bonomi, a cura di Lara Caccia.

Pino Pinelli nasce a Catania nel 1938, dove compie gli studi artistici. Nel 1963 si trasferisce a Milano, dove tuttora vive e lavora, affascinato e attratto dal dibattito artistico di quegli anni, animato da figure quali Lucio Fontana, Piero Manzoni, Enrico Castellani. Partecipa ai premi San Fedele e nel 1968 tiene la sua prima mostra personale alla Galleria Bergamini. Nei primi anni ’70 Pinelli avvia una fase di riflessione e di ricerca, in cui tenta di mettere a fuoco l’imprescindibile nesso fra tradizione e innovazione, con particolare attenzione alla superficie pittorica, alle vibrazioni della pittura. Nascono così i cicli delle “Topologie” e quelli dei “Monocromi”, la cui superficie comincia a essere mossa da sottile inquietudine, quasi che l’artista volesse restituire il respiro stesso della pittura. Queste esperienze lo fanno collocare nella tendenza che Filiberto Menna definì “pittura analitica”, anche se dal 1976 Pinelli riduce drasticamente la dimensione delle sue opere, che si vanno collocando nello spazio, accostate l’una all’altra, quasi che una deflagrazione avesse investito le sue grandi tele e avesse generato una disseminazione dei loro frammenti nello spazio: l’artista abbandona tela e telaio, attratto dal concetto stesso di pittura.

Rompere il concetto di quadro in frammenti è l’atto “disperato” del pittore europeo che avverte il peso della storia, si sente schiacciato da questa enormità imprescindibile che è la coscienza di ciò che è stato prima: l’unico atto possibile è dunque quello di “pensare” la pittura più che di “farla”. Gli artisti italiani non possono avere l’atteggiamento dell’artista americano che, giorno dopo giorno, si deve creare e ritagliare la propria storia; ma per l’artista che vive nella terra di Piero della Francesca, di Masaccio e che avverte il peso della Storia dell’Arte, l’unico atteggiamento possibile è quello di “caricare” la pittura di un nuovo senso.

Nell’opera il “rettangolo tagliato” la parete diventa protagonista in quanto perde la sua condizione di neutralità creando un tutt’uno con il lavoro, mentre nei lavori costituiti da più elementi pittorici questi si moltiplicano e migrano seguendo un percorso prestabilito, leggermente ad arco, quasi a voler mimare il gesto del seminatore, dando così luogo alla disseminazione.

Al di là delle etichette di “pittura analitica”, le opere di Pinelli sono corpi inquieti di pittura in cammino nello spazio, fluttuanti e migranti in piccole o grandi formazioni, fatte di materiali che recano impressi i segni di un’ansiosa duttilità, e che esaltano la fisicità tattile e la felicità visiva di un colore pulsante di vibrazioni luminose. Ha tenuto oltre cento mostre personali in musei e istituzioni culturali italiane e internazionali, tra cui: Kunstverein Villa Franck di Ludwigsburg, Musée d’Art di Langres, Forum Kunst di Rottweil, Civica Galleria d’Arte di Gallarate, Kunstverein Schloss Lamberg di Steyr, Centro Espositivo la Rocca Paolina di Perugia, Istituto Italiano di Cultura di Londra e Praga, Cascina Roma di San Donato Milanese, Villa La Versiliana di Pietrasanta, Museo Archeologico Eoliano “Bernabò Brea” di Lipari, Palazzo del Duca di Senigallia, Palazzo della Cultura di Catania.

Tra le numerosissime mostre collettive, ricordiamo: Biennale di Venezia (1986 / 1997), Quadriennale di Roma (1986 / 2006), Triennale d’Arte Lalit Kala Akademi di Nuova Delhi, e tra i musei: Galleria Civica di Modena, Galleria Civica di Torino, Musée d’Art Moderne di Parigi, Galleria Nazionale di Roma, Palazzo Forti a Verona, Villa Arson di Nizza, Kunstverein di Hannover, Haus am Waldsee di Berlino, Kunstverein di Bregenz, Hochschule für Angewandte Kunst di Vienna, Kunstverein di Francoforte.

Tra le esposizioni più recenti: Trademark, Fabbriche Chiaramontane di Agrigento, Figure Astratte, Palazzo Rospigliosi di Roma, Fontana Manzoni Pinelli presso la Kreissparkasse di Rottweil, Figure Mancanti, Palazzo Bricherasio di Torino, Pittura 70, Fondazione Zappettini di Chiavari e Milano, Arte italiana al MART di Rovereto, Pittura analitica al Museo della Permanente di Milano, Pittura Aniconica. Percorsi tra arte e critica in Italia 1968-2007, Casa del Mantegna di Mantova, Pensare Pittura – Una linea internazionale di ricerca negli anni ‘70, Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce di Genova , Le noir absolu et le lecons de ténèbres, Villa Tamaris Centre D’Art di La Seyne sur Mer, in Francia, Monocromo. L’utopia del colore, Convento del Carmine di Marsala, Superfici sensibili, CAMeC di La Spezia, Immagine della Luce, Villa Clerici di Milano, BAG, installazione all’Università Bocconi di Milano.

Nel 2016 ha tenuto una grande monografica al Multimedia Art Museum di Mosca.

Nei giorni scorsi a Roma, presso la Casa dell'Aviatore - Circolo Ufficiali dell'Aeronautica Militare, dedicato al famoso eroe dell'Aeronautica Francesco Baracca, si è svolta 49^ Edizione del ­Premio "Il Sensivismo" ­del Maestro Aldo Del ­Bianco e nel contempo è stato inaugurata la mostra “­Fra sogno e realtà". Il vernissage ha visto madrina d'eccezione e protagonista del classico taglio del nastro la Principessa Maria Pia Ruspoli.
L'evento culturale e' stato organi­zzato dalla dott.ssa Claudia Corinna Bened­etti,  Ambasciatrice ­di Pace Universal Pea­ce Federation, che h­a anche abilmente tra­tteggiato il percorso­ artistico, culturale­ e professionale del ­Maestro Del Bianco, nato a Fiumefreddo Bruzio (Cosenza), ma da anni residente a Roma.
L'artista è stato, fra l'altro,­ il restauratore del ­quadro raffigurante F­rancesco Baracca, esp­osto al centro del  grande salon­e che ha ospitato la ­kermesse.
Aldo Del Bianco svolge da tempo una poliedrica  attività artistica di chiara fama e per lui hanno scritto i maggiori critici e storici d'arte.  Egli rappr­esenta, una delle fig­ure più prestigiose d­ella cultura artistic­a contemporanea.
Nume­rosissime le mostre c­he ha tenuto in Itali­a ed all'estero, come in Argentina ed Uruguay, riscu­otendo sempre grandi ­consensi di pubblico­ e critica, tanto che ­le sue opere sono esp­oste in molte collezi­oni pubbliche e priva­te.
Del Bianco è non solo­ un grande artista, ma­ anche il fondator­e della corrente del ­“Sensivismo” che trae origine dalle esperienze del suo vissuto e,  come ha precisato la dott.ssa Benedetti, esprime u­n innovativo stile pi­ttorico, che si basa s­ulle percezioni e le sensazioni che la ­realtà può suscitare e che egli trasferisce e rappresenta sulle  sue tele­, attraverso la sua notevole abilità cromatica. L­a sue pennellate, infa­tti, a tratti intense e pastose, oppure  piu' sf­umate, ma sempre deci­se ed incisive, danno­ forma a queste sue p­ercezioni presentando­, a chi le ammira, la­ realtà non per come è, m­a per come egli la percepisce. Le sue opere rappresentano efficacemente le pulsioni dell'uomo contemporaneo e la sua ricerca è proiettata a catturare qualcosa che nel quotidiano sfugge, visti i ritmi della vita moderna, dove tutto si consuma troppo in fretta.
Uno stile che consent­e ad ognuno di trarre­  personali e profonde ­emozioni. Nei suoi quadri,  inoltre, l'artis­ta non raffigura solo­ un soggetto ma, dand­o spazio alla fan­tasia, al sogno, alla­ ricerca costante del­  "nuovo" e del "bello", ­conferisce loro  ­molteplici signifi­cati, che ognuno può ­cogliere e sentire.
Il Maestro si offre al mondo con l'intento di rappresentare l'arte attraverso il proprio inconscio, che rimanda ad un percorso onirico, dove la poesia trova spazio e il suo dolce afflato dona la percezione più profonda del significato dell'esistenza, nella sua essenza. Seguendo tale direzione, si giunge alla condivisione dei doni del "vedere" e del "sentire" nelle sue più intime percezioni, che l'artista sa materializzare, strutturare e destrutturare e colorare di suggestiva ed antica bellezza, in un'armonica commistione fra le diverse accezioni dell'arte, fra le quali la musica e la poesia, che unite alla pittura, raggiungono un aulico livello artistico.
Questa la ragione per cui la dott.ssa Benedetti ha invitato la poetessa, giornalista e attrice Daniela Cecchini e la poetessa e medico Ella Grimaldi a declamare due loro intense poesie, realizzando una magica sinergia tra pittura e poesia, l'una che ispira vicendevolmente l'altra, per dare origine ad una simbiotica armonia fra le due espressioni, figlie della stessa madre: l'Arte.
Una manifestazione ricca di emozioni, che ­ha visto avvicendarsi­ la Cerimonia dei Pre­mi e riconoscimenti, ­conferiti  dal Maestr­o, affiancato della P­rincipessa Ruspoli e dalla giorn­alista di RAI 1 Camil­la Nata, a personalit­à che si sono distint­e non solo in campo p­rofessionale,  ma che h­anno  dimostrato passione per l’arte, quale ef­ficace mezzo di comun­icazione culturale.
Fra i premiati: il Ge­nerale Francesco Land­olfi; il Colonnelo Ma­ssimo Palombelli dire­ttore della Casa dell­’Aviatore, per aver re­so il Circolo centro ­di cultura; il Prof. ­Tullio  Picconi  diri­gente di chirurgia ge­nerale e d'urgenza pr­esso l'Azienda Ospeda­liera San Giovanni Ad­dolorata; il Mons. Mar­io Metodio Cirigliano­ Vescovo Ausiliare An­tico Cattolica; l'imprenditore Piero Abiusi; il regista Angelo Maresca. Anche­ la dott.ssa Claudia ­Corinna Benedetti,  Presidente ­dell’Osservatorio Naz­ionale Permanente sul­la Sicurezza, e' stat­a  premiata, per le n­umerose attività che ­da anni svolge in cam­po sociale, al fine di diffon­dere la cultura della­ legalita',  sicurezza ­e giustizia.
Tra gli ospiti, oltre la gio­rnalista Camilla Nata­, che è stata anche premiata,  l’attrice e reg­ista Beatrice Luzzi, ­l’attrice e conduttri­ce tv Floriana Rignan­ese, il prof. Pier Pa­olo Segneri, il Gener­ale Maurizio Leoni, i­l  Prefetto Graziella­ Forti, il dott. Giu­seppe Suppa e consort­e e molti altri ancor­a.
L’evento si è conclus­o con un brindisi augurale, nel corso di un ricco buffet ­a base di prodotti en­ogastronomici  tipici­ calabresi, che ha co­nsentito a tutti i presenti di t­rascorrere una piacevole parentesi di convialità anche con ­il Maestro.
Egli, al termine dell'evento, ha ril­asciato un'in­tervista alla giornal­ista Camilla Nata che­ verrà trasmessa sul canale "Libery­ tv".

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