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Cooperative sociali, via alla battaglia legale contro la Regione

Integrazione socio-sanitaria in Sicilia, al via l’ultimo atto di una vicenda che ha assunto i contorni di una vera e propria emergenza. I 2200 disabili mentali e gli oltre 2mila operatori impegnati sul territorio regionale lanciano l’ultimo “Sos”, portando la Regione Siciliana in tribunale. A portare avanti l’azione legale nei confronti dell’Ente le cooperative sociali del Coresam (Coordinamento regionale salute mentale), che spiegano così le ragioni del ricorso al Tar avanzato contro gli assessorati regionali alla Salute e alla Politiche sociali per l’annullamento del decreto assessoriale 320 del 5 marzo 2014:

«Non è la prima volta che, per scongiurare il collasso, lanciamo il nostro grido d’allarme – affermano i rappresentanti del Coresam – questa situazione sta compromettendo il presente e il futuro degli assistiti, degli operatori e di tutto il comparto della salute mentale. L’istanza più volte inoltrata all’assessore regionale alla Salute per l’integrazione socio-sanitaria delle nostre strutture, si è scontrata con l’indifferenza e il totale disinteresse delle istituzioni: visto il perdurare del silenzio da parte del Governo regionale, nonostante le innumerevoli promesse di intervento e risoluzione del problema, abbiamo deciso di adire le vie legali per veder riconosciuti i nostri diritti. Chiediamo che le nostre comunità alloggio vengano inquadrate a tutti gli effetti quali strutture volte alla cura e alla riabilitazione delle persone affette da disturbi psichici: cosa che oggi non avviene a causa di un recente decreto assessoriale che di fatto ci ha escluso dall’elenco delle strutture abilitate a erogare le suddette prestazioni».

Un atto che il Coresam considera illegittimo, «perché contrasta non solo con la norma nazionale (legge 328 del 2000) ma anche con gli indirizzi programmatici precedentemente adottati dalla stessa Amministrazione», continuano i rappresentanti delle cooperative. Cinquanta milioni di euro è la spesa complessiva annua delle 220 comunità alloggio dislocate su tutto il territorio siciliano: fondi che rientrano in gran parte nel bilancio della Regione e per la restante nelle case comunali, supportando l’attività prettamente socio-sanitaria delle comunità. Il decreto oggetto del ricorso ha arrestato l’avviato procedimento di equiparazione tra strutture terapeutiche e socio assistenziali con evidente pregiudizio del diritto alla salute dei soggetti con disagio psichico.

Il Coresam – rappresentato in giudizio dagli avvocati Gaetano Armao, Tiziana Milana e Chiara Castellana – chiede dunque l’annullamento di tale decreto «che provocherebbe anche una delocalizzazione del servizio socio sanitario – spiegano dal Coresam – in considerazione del fatto che le strutture sanitarie riconosciute hanno tutte sede nella provincia di Catania ad eccezione di una che opera nel territorio di Siracusa. «Operatori e imprese – commenta Armao - ancora una volta in Sicilia sono costretti a rivolgersi al giudice amministrativo per ottenere il riconoscimento dei diritti e chiedere la condanna di privilegi e disparità, che favoriscono interessi ben precisi sotto la falsa etichetta della legalità di convenienza».

«Chiediamo che le nostre prestazioni, professionalmente qualificate anche sotto il profilo sanitario, vengano formalmente riconosciute così come stabilito dall’Organizzazione mondiale della sanità - conclude il presidente Coresam Francesco Lirosi – ricorrere ai mezzi legali è quasi un atto di disperazione per farci ascoltare e salvaguardare i diritti degli assistiti».

 

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