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«Nuove modalità di recupero edilizio del patrimonio storico etneo»

aretè (1)

 

«I ruderi architettonici all’interno delle città sono cicatrici nel paesaggio oppure risorse e sfide per l’arte contemporanea?». La Soprintendente ai Beni Culturali e Ambientali di Catania Fulvia Caffo ha posto quest’importante interrogativo nell’ambito della presentazione dell’evento “Areté, abitare le rovine” – promosso da Ordine e Fondazione degli Architetti di Catania in collaborazione con l’Associazione Officina 21 – aprendo un delicato dibattito sulle modalità di riqualificazione del tessuto urbano del territorio etneo. «Se a questo ruderi viene riconosciuto un valore, un significato per il patrimonio edilizio storico e contemporaneo – ha continuato la Caffo – la loro riappropriazione al fine di conferirgli nuova vita è il migliore strumento di governo per la rigenerazione di Catania e della sua provincia».

Dalle parole ai fatti, perché l’incontro si è svolto in una location d’eccezione, a cui è stata data proprio una nuova funzione e fruizione pubblica: la Chiesa di San Francesco Borgia, annessa al complesso monumentale dell’Ex Collegio dei Gesuiti in via Crociferi, a Catania. Qui fino al 2 maggio saranno esposti numerosi progetti di design di architetti che operano nell’area catanese, chiamati nelle scorse settimane a offrire il proprio contributo progettuale, come prima tappa di un percorso di ricerca culturale volto a individuare concretamente nuove modalità per il recupero dei centri storici e dei siti architettonici etnei.

«L’attuale sistema normativo e disciplinare di recupero edilizio in aree caratterizzate dalla presenza di manufatti storici è obsoleto – ha commentato il presidente dell’Ordine Architetti Giuseppe Scannella – in particolare per quelle zone abbandonate e in rovina che hanno perso la loro originaria funzione. La nostra categoria da anni propone con forza la creazione e adozione di un nuovo paradigma del “riuso”, che faccia fronte alle emergenze storico-architettoniche del paesaggio urbano e agrario di Catania».

La ricerca di questo paradigma costituisce infatti lo scopo dell’iniziativa “Aretè”, «che da aprile si svilupperà fino a settembre attraverso quattro tappe – ha sottolineato la presidente della Fondazione Architetti Paola Pennisi – in primis la mostra “Abitare le rovine” alla Chiesa San Francesco Borgia, per fare il punto sullo stato dell’arte della disciplina attraverso esperienze sviluppate sia nel nostro che in altri ambiti territoriali. A seguire un “call for paper” internazionale per raccogliere indicazioni, riflessioni e nuove direttive sul tema dall’intero contesto scientifico nazionale e mondiale. Da qui prenderà il via un workshop che vedrà progettisti provenienti da diverse parti del mondo esercitarsi su tre macro-aree: la città metropolitana di Catania, il sistema interno del Calatino e il sistema costiero dello Jonio, tutte caratterizzate dalla presenza di ruderi e relitti cadaveri architettonici a cui è necessario “innestare” un organismo per rigenerare lo spazio dell’abitare. Alla fine i risultati che ne verranno fuori saranno pubblicati, in quanto serio contributo professionale al governo del territorio».

All’incontro sono intervenuti inoltre il presidente di Officina 21 Stefania Marletta – che ha sottolineato «l’esigenza da parte dei professionisti di un atteggiamento comune da assumere nei confronti del passato quando si progetta nel presente» - il delegato alla Ricerca e workshop dell’Ordine Architetti Francesco Finocchiaro - il quale ha approfondito nei dettagli la mission del progetto Aretè – e il presidente Inarch Sicilia Ignazio Lutri.

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