Politica Agricola Comune: dal 2014 al 2020 nuove misure per lo sviluppo italiano e siciliano, l’aggregazione è sinonimo di competitività

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Aggregazione dei produttori e concentrazione dell’offerta. E’ questo l’invito ad unisono di ciascuno dei rappresentanti intervenuti oggi nella sede di Catania, da Vincenzo Lenucci direttore dell’Area Economica e Centro Studi di Confagricoltura, a Marco Salvi presidente di Fruitimprese, da Salvatore Giardina vice presidente di Confagricoltura a Salvo Laudani presidente di Fruitimprese Sicilia fino al Deputato al Parlamento Europeo Giovanni La Via.

Non hanno dubbi, bisogna eliminare la frammentazione che ha prodotto una progettualita’ limitata, una perdita di competitivita’, maggiori costi e minori risorse. Lo confermano i dati e lo ribadisce anche l’Europa: perseguire con lungimiranza la via degli accordi di filiera è un percorso virtuoso, questo è l’indirizzo che ci giunge attraverso le righe della PAC 2014-2020.

La tavola rotonda di Confagricoltura e Fruitimprese moderata da Raffaella Quadretti per discutere delle “Prospettive delle imprese ortofrutticole siciliane alla luce della nuova PAC” ha reso noti i dati statistici più recenti dando anche evidenza di un disequilibrio in Italia della produttività tra nord e sud rispetto ai fondi di esercizio assegnati ad oggi a ciascuna regione. Il Sud sembra non ottenere pari risorse rispetto alla produzione immessa nel mercato.

Il Convegno ha consentito di chiarire ai presenti produttori, imprenditori, rappresentanti dei consorzi, delle organizzazioni ed esperti del settore di acquisire maggiore consapevolezza sui vantaggi della futura politica comunitaria e di scoprirne i punti di debolezza e di forza.

La Politica Agricola Comune, demandata dagli Stati Membri ed in attuazione dal 2014 al 2020 - i cui regolamenti già approvati dalla Commissione Europea prevedono delle adempienze da effettuare già dal prossimo 1° Agosto 2014 - comporterà una serie di misure che possono sviluppare risultati positivi sia in termini nazionali che regionali.

Solo se la competitività e la crescita nel settore implica un’intesa tra i piccoli e grandi produttori sarà possibile costruire un futuro più stabile, le azioni di filiera infatti potrebbero finalmente rispondere adeguatamente alle condizioni imposte dal mercato globale e contribuire ad ottenere il supporto economico previsto ed offerto dai prossimi fondi di esercizio europei.

“L’Italia da oggi al 2020 riceverà dall’Europa più risorse in assoluto rispetto al passato – ha spiegato Lenucci di Confagricoltura – gli aiuti economici per ettaro subiranno delle variazioni, secondo quanto previsto c’è chi vince e c’è chi perde, non ci sarà uno sviluppo paritario dei comparti produttivi, il settori agrumi sarà svantaggiato, ecco perché bisogna perseguire progressivamente aggregazione, maggiore tutela per le produzioni e innovazione nei territori meno privilegiati”.

“Tutte le colture mediterranee saranno sostenute dai fondi di esercizio, le coltivazioni fino ad oggi svalutate o escluse dagli aiuti, come quelle in serra, partendo da zero potranno progressivamente ottenere fino al 60% in più, mentre quelle che fino ad oggi avevano ottenuto maggiori budget scenderanno fino a – 30% ma saranno compensate in parte da aiuti diretti. Abbiamo posto le basi della riforma non per sostenere il reddito – ha chiarito l’onorevole La Via – gli incentivi verranno assegnati in maniera selettiva e premieranno gli agricoltori attivi e non vi saranno più obblighi sul numero di colture per riceverli (prima erano minimo 3)”.

“Le statistiche Istat ci dicono che importiamo più agrumi e frutta secca di quanti ne esportiamo, solo la produzione di kiwi riesce a registrare l’80% di export – evidenzia Salvi di Fruitimprese – l’Italia dovrebbe guardare ai modelli virtuosi d’Europa, ci sono paesi come Belgio e Olanda che hanno porti e trasporti più efficienti ed economici, per favorire l’export hanno il supporto di una burocrazia snella, hanno catene di distribuzione internazionali, hanno uno Stato che li assicura quando decidono di affrontare i rischi d’esportazione e si affidano alle ambasciate per presentare i prodotti all’estero”.

“Potremo avere contezza degli aiuti dall’Europa solo quando le soglie teoriche della PAC giungeranno ai produttori – spiega Giardina di Confagricoltura – intanto per poter affrontare il mercato dobbiamo ridurre i costi del lavoro, di gestione, di trasporto e bilanciare il peso tra qualità e prezzo”.

Mentre la PAC ritiene cruciale l’istituzione di OP consistenti e operative, in Sicilia si registra un tasso di organizzazione tra i peggiori d’Italia, dall’Europa è previsto un supporto per il lavoro di chi, unito a molti altri, mira e raggiunge obiettivi comuni finalizzati allo sviluppo della produttività e alla tutela ambientale.

“Solo l’aggregazione può favorire la crescita - conclude Laudani di Fruitimprese Sicilia - Le imprese che hanno già relazioni stabili con la GDO potrebbero essere vincolate da accordi di filiera con le organizzazioni di produttori, bisogna costituire gruppi consistenti e performanti. Invece viviamo in un sistema frammentato dove esistono tante, forse troppe OP con pochi produttori, se non invertiamo la rotta gli aiuti assegnati non potranno mai oculatamente ottenere risultati competitivi”.

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