L’eredità invisibile, in mostra sino a domenica le opere d’arte della Fiera del Levante

E’ stata chiamata ‘ L’eredità invisibile’ proprio per sottolineare l’incomprensibile ’oscurantismo’ con cui sono state tenute nascoste, per decenni, le circa 300 opere ( quadri, sculture e foto storiche dei maggiori artisti del ‘900) che fanno parte del patrimonio artistico della Fiera del Levante. Una ‘ pinacoteca’ sconosciuta ai più, composta da opere regalate all’Ente Fiera o acquistate da Stefano Romanazzi, presidente della Fiera dal 1976 al 1985, grande collezionista e appassionato di arte e prima ancora dal presidente Vittorio Triggiani. Oggi questo patrimonio ha visto la luce grazie alla mostra inaugurata nel nuovo Centro Polifunzionale Congressi dal presidente Ugo Patroni Griffi, dal presidente dell’Accademia di Belle Arti di Bari, Giancarlo Di Paola, dal direttore dell’Accademia, Giuseppe Sylos Labini, dall’assessore allo Sviluppo Economico del Comune di Bari con delega alla Fdl, Carla Palone, dal presidente della Camera di Commercio, Sandro Ambrosi, e da Mimmo Magistro, consigliere del Cda della Fiera e promotore, con Gianvito Spizzico, del vernissage. L’esposizione è stata organizzata grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia.   In mostra i lavori di Turcato, Scialoja, Calderara, Scanavino, Veronesi, Rotella, Marchegiani, Castellani, Peverelli, Angeli, Adami, Merz, Calzolari, Boetti, Del Pezzo, Warhol, Tadini, Savinio, Pericoli, Boero, Germanà, Paladino, Munari, Spoldi, Spizzico, Zaza, Conenna. In tutto 30 opere che sarà possibile ammirare fino a domenica 20 settembre.

“L’eredità Invisibile” vuole essere un’occasione di conoscenza per il pubblico che affolla la Campionaria di settembre, a testimonianza dell’importanza e della ricchezza di un patrimonio artistico che solitamente rimane  “nascosto” in corridoi, stanze e uffici e che invece diventa così patrimonio di tutti. La sfida è nata su Facebook dalla provocazione lanciata dall’architetto Gianvito Spizzico, figlio dell’artista Francesco, e raccolta da Mimmo Magistro che se n’è fatto portavoce all’interno del Cda della Fiera incontrando subito l’entusiasmo del presidente Patroni Griffi. “ La mostra allestita nel nuovo Centro Polifunzionale Congressi è la dimostrazione che in Fiera si può fare anche cultura alta”- ha dichiarato Patroni Griffi al taglio del nastro- “Questo luogo, simbolo della città, può essere un prezioso contenitore a disposizione dei baresi e non solo”.

Sintesi degli artisti e delle opere esposte

Le opere esposte segnano un rapido profilo di rilevanti esperienze della seconda metà del Novecento a cominciare da Giulio Turcato, esponente tra i più noti, prima dell’astrattismo informale italiano con il Gruppo degli Otto (1952), poi autore unico e originale di fredde creazioni con fascinosi colori che paiono fuoriuscire dalla tela.

Verso una forte carica materica, dopo un periodo espressionista, si dirigono le operazioni di Toti Scialoja, pittore e poeta. La sua pittura nasce “all'interno delle potenzialità del colore e della pennellata” portando avanti, per tutta la vita la vocazione poetica in parallelo alla pittura.

I dipinti di Antonio Calderara conducono ad una astratta espressione della realtà, la natura e l’uomo portati ad un limite estremo di essenzialità, in cui si individua il carattere del suo rapporto col colore-luce.

Nella ricerca di Emilio Scanavino, artista che può considerarsi un astrattista informale, riconosciamo, fin dall’inizio, temi paradigmatici di lotte sentimentali da cui nascono composizioni di nodi, intrecci simbolo dell’angoscia esistenziale dell’uomo, per arrivare, in seguito, alla ricerca di un controllo, di un ordine che si contrappone sempre ad una realtà dominata dall’ansia.

Tra i più grandi astrattisti italiani del 900 Luigi Veronesi fu artista poliedrico ed eclettico. Pittore, fotografo, regista, scenografo, assorbì una serie di esperienze figurative astratte soprattutto dal Bauhaus. Considerava il lavoro artistico un’operazione che non si conclude con la produzione di un’opera, ma stimolo per l’osservatore e l’immagine suscettibile di lettura, cioè di comunicazione.   Mimmo Rotella è l’artista conosciuto per i decollages, strappi di manifesti pubblicitari che lo resero famoso e interprete italiano del Nouveau Réalisme. Il manifesto pubblicitario, nuova espressione artistica della città, strappato e lacerato, in un accumulo di immagini attaccate e staccate raggiungeva livelli di efficacia comunicativa e visiva.

La generazione anni Trenta è presente in mostra ancora con due astrattisti Enrico Castellani e Elio Marchegiani. Considerato il primo una delle figure di più grande rilievo dell'arte europea della seconda metà del Novecento, realizza superfici di massima purezza e rigore, in ritmiche ripetizioni di percorsi di pieni e vuoti. Le grammature di colore del secondo, nascono dai legami di arte e scienza in continuo approfondimento del rapporto luce-forma-colore.

Cesare Peverelli, firmatario tra gli altri del manifesto dell’Arte Spaziale con la compagine diretta da Lucio Fontana, sperimenterà nuove soluzioni espressive che lo condurranno in seguito verso comunicazioni di suggestive atmosfere nella trasfigurazione di una realtà vissuta.

E’ tesa al superamento dell’Informale la ricerca di Franco Angeli. Costituì con Tano Festa e Mario Schifano quella che venne definita la Scuola di Piazza del Popolo. Nelle sue opere ritroviamo segni-simbolo e immagini nuove che si costruiscono in spazi di distacco lontani dalla realtà dell’Arte Pop e testimoni dell’impegno sociale dell’artista.

Vicino ai moduli della Pop Art Americana sono le figurazioni di Valerio Adami. Racconti fantastici ci vengono restituiti con stesure di colore piatte e continue in spazi frantumati di realtà banale, attraverso un lettura ironica e impietosa del reale.

La sperimentazione di nuovi materiali può essere considerata la cifra del rinnovamento artistico di Mario Merz. Esponente dell’arte Povera fin dalle prime collettive organizzate da Germano Celant, realizza con i materiali più diversi strutture che lo portano presto a superare e allontanarsi dalla superficie bidimensionale a favore di soluzioni testimoni anche del rinnovamento sociale degli anni Sessanta.

Protagonista dell’Arte Povera anche Pier Paolo Calzolari. Ghiaccio, margarina, piombo fuso, scritte al neon, materiali metallici, organici e naturali, sono tra i materiali usati, necessari per smontare i tradizionali rapporti nell’arte e creare nuove relazioni. Nei lavori degli anni Ottanta è invece sottesa una matrice esistenziale-metafisica.

Lascia presto il gruppo dell’Arte Povera Alighiero Boetti. Il ruolo tradizionale dell’artista e della paternità dell’opera d’arte è messo in discussione in questo caso interrogando i principi della ripetitività e della serialità.

Un repertorio di oggetti colorati di carattere e aspetto ludico sono i protagonisti delle opere di Lucio Del Pezzo. In un equilibrio di rapporti cromatici e formali, manichini, birilli, giochi, squadre sembrano debitori della pittura Metafisica, ma rimandano più volentieri alla oggettualità della Pop Art.

In mostra anche uno dei maggiori esponenti della Pop Art americana Andy Warhol. La ripetizione di immagini pubblicitarie, di marchi famosi, di eventi e di personaggi di grande impatto sociale e politico, spesso in una vivace alterazione di colori costituiscono la cifra del suo successo, nella convinzione che l’arte dovesse essere “consumata” da tutti.

Ascrivibile a certa Pop Art italiana anche l’opera di Emilio Tadini. Un accumulo di oggetti si raccontano in spazi improbabili, in un universo instabile in cui figure e oggetti sembrano scontrarsi disordinatamente, quasi in una strana assenza di gravità.

D’obbligo i riferimenti al padre Alberto e allo zio Giorgio De Chirico, per Ruggero Savinio, pittore e scrittore. Il suo interesse maggiore nella pittura è per la fisicità, nel coinvolgimento della materia nell’opera lontano dagli aspetti della pittura concettuale.

Tullio Pericoli si è definito un viaggiatore sedentario, capace di girare il mondo solo con i suoi disegni. L’unicità del segno rende sempre individuabile la sua opera. Disegni e acquerelli dal tratto elegante e leggero, racconti per immagini, trasmettono un senso di lieve armonia.

Di intensa suggestione visiva l’opera di Renata Boero. Colloca con precisione forme, colori, soggetti e le texture della pittura invitano ad una lettura dell’opera che si caratterizza per l’equilibrio tra la qualità estetica dell’oggetto e l’importanza del processo operativo che le ha determinate e di cui è protagonista il colore, ottenuto con la ricerca dI materie prime (erbe, radici, terra) e la loro successiva manipolazione.

Mimmo Germanà, esponente della Transavanguardia conserva il gusto dell’espressionismo più acceso, colorato e deformato. Colori di un “selvaggio” sono stati definiti quelli di questo artista che guarda a Kirchner, Munch, Gauguin, Van Gogh, Matisse, i fauves, De Kooning, capace di reinventarli in nuovi racconti fantastici.

Ritorno alla pittura per un altro componente del gruppo della Transavanguardia presente nella mostra: Mimmo Paladino. Unisce al linguaggio astratto una rinnovata attenzione per il figurativo. Recupera il tema della memoria attraverso riferimenti al mito e a un’arte dal sapore arcaico.

Una ricerca poliedrica sul tema del movimento, della luce e dello sviluppo della creatività e della fantasia nell'infanzia attraverso il gioco, caratterizza l’opera di Bruno Munari sempre con un senso di levità ed umorismo.

La nozione di gioco è elemento costante di tutta la produzione di Aldo Spoldi. Ironico il suo modo di accostare immagini ed eventi. Si avvicinerà all’arte concettuale all’inizio degli anni Settanta sempre guidato da un carattere ludico e teatrale.

Infine la compagine di tre grandi pugliesi: Raffaele Spizzico, vigile guardiano della terra di Puglia che accende di ruvidi e forti colori espressionisti; Michele Zaza creatore di atmosfere cariche di simboli in cui esistenza e assenza, condizione umana e operare artistico sono a confronto, in spazi di irrealtà e realtà, e Mimmo Conenna, artista finemente creativo che rimette in campo l’oggettualità strutturando una mitologia imprevedibile sul filo di una sottile ironia.

 

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