Presentato a Portici il libro su Giovanni Paolo II

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L’uomo, così spesso, non sa cosa porta nell’animo; solo Cristo, che ha parole di vita eterna, lo sa. Basterebbe questo – che, più che un proclama, è una testimonianza di verità – a far riconciliare l’uomo con Dio.

Giovanni Paolo II, il Papa delle folle, il Papa dei viaggi e dell’amore incondizionato, lo sapeva bene, tanto che fece di questo messaggio di speranza – enunciato con forza durante l’omelia della Messa di inaugurazione in piazza San Pietro il 22 ottobre 1978 – il programma del suo pontificato.

Qualcuno ha tentato di leggere nel suo camminare leggero, nel suo sorriso dolce, in quella sua estrema capacità di parlare all’uomo, una sorta di «arrendevolezza», di «morbidezza» nei confronti della Dottrina sociale della Chiesa e degli stessi insegnamenti di Cristo. A veder bene, quel che disegna una traccia univoca durante tutti i ventisei anni del ministero petrino di Karol Wojtyla, come una lunga scia di sangue e dedizione, è la sua incondizionata fedeltà agli insegnamenti di Gesù.

Proprio questi aspetti, particolarmente significativi e rilevanti, traspaiono dall’ultima fatica letteraria dello storico Marco Invernizzi, presentata a Portici, in provincia di Napoli, sabato 28 giugno nel suggestivo chiostro del convento di sant’Antonio.

Durante l’incontro, organizzato da Alleanza Cattolica, in collaborazione con il comitato «Sì alla famiglia», dal titolo Non abbiate paura. Giovanni Paolo II: il santo della famiglia, Marco Invernizzi, accompagnato dalle domande del presidente per la Campania del comitato, l’avv. Alberto De Cristofaro, ha introdotto i numerosi astanti al magistero di San Giovanni Paolo II, mettendo in luce gli aspetti che più evidenziano la sua coraggiosa e risoluta difesa della famiglia naturale, fondata sull’unione di un uomo e di una donna. Non è allora un caso che il 264esimo Papa della Chiesa Cattolica sia diventato anche patrono delle famiglie.

Uno degli aspetti più rilevanti dell’intervento di Invernizzi ha riguardato l’invito rivolto a tutti a non considerare la famiglia come una questione «privatistica», ma, al contrario, come istituto «pubblicistico» che si inserisce all’interno della società e della comunità. Un istituto, dunque, che, toccando diversi aspetti dell’esistenza umana, condiziona e trasforma le stesse vite e gli stessi uomini, a seconda del loro uniformarsi agli insegnamenti di Cristo e della Chiesa.

Ecco, allora, che si comprendono meglio, e in tutta la loro essenza, le parole profetiche di san Giovanni Paolo II riproposte nel corso la serata, durante quello che qualcuno ha definito «uno degli Angelus più carismatici» del pontificato: «Perché ancora sofferenza, proprio in questo anno, l’Anno della Famiglia? Appunto, proprio perché la famiglia è minacciata, è aggredita, dev’essere aggredito il papa, deve soffrire il papa, perché veda ogni famiglia, il mondo, che soffrono ed entrano nel terzo millennio, il terzo millennio di ogni famiglia e di tutte le famiglie».

Da quel fatidico 1994, «Anno della famiglia», sono trascorsi vent’anni caratterizzati da tanta timidezza cattolica e da notevole confusione politica e sociale; la qualità dei tempi che verranno dipenderà anche dalla fede e dalle scelte compiute del popolo di Dio che – si spera – vorrà recuperare gli insegnamenti della Lettera che, in quell’anno, il sommo pontefice invio alle famiglie, lasciando finalmente spalancate all’amore di Cristo quelle porte troppo a lungo tenute chiuse.

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