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Il rapporto elaborato dal CENSIS e le valutazioni espresse da autorevoli Agenzie ed Istituti ci mostrano l’immagine di una Italia che, progressivamente e in modo inesorabile, sta profondamente cambiando. Per far fronte alle sfide che il futuro ci prepara, sono necessari sia una nuova e diversa mentalità, sia operare delle scelte maggiormente radicali rispetto a quelle adottate, fino ad oggi, dai nostri governanti.

Il 47° rapporto Censis, relativo alla situazione generale dell’Italia, riporta che sono in costante aumento le famiglie che vivono una situazione di forte disagio economico e, quindi, socio-esistenziale.

Quello che appare subito evidente è che quel benessere economico vissuto dalle famiglie italiane fino ad un decennio addietro, oggi, si è notevolmente affievolito.

Particolarmente inquietante appare la situazione inerente alle possibilità di lavoro, con una disoccupazione che sembra non volersi più arrestare, anche se i mezzi di comunicazione di massa, nel decorso mese di gennaio, lasciavano intravedere una importante ripresa a seguito di un numero non trascurabile di persone che hanno trovato, finalmente, una opportunità lavorativa.

È, ormai, un luogo comune, una frase fatta, che gli italiani aspirano a divenire dipendenti pubblici; persone che, una volta ottenuto un impiego, vi si aggrappano per l’intero periodo lavorativo. Questo non corrisponde affatto alla realtà, in quanto, proprio l’ultimo rapporto Censis, mette in evidenza che sono molti quelli che, non appena si è presentata loro l’occasione, non hanno esitato affatto a lanciarsi in una nuova e diversa esperienza.

È, forse, il caso di ricordare che, oggi, sia i giovani che i meno giovani, si stanno avvicinando con crescente interesse a lavori, quali: il commercio, l’agricoltura, l’allevamento, il turismo, oltre ai lavori stagionali. I motivi di queste scelte sono da ricercare nella esigenza di rendersi indipendenti, di disporre di un reddito in grado di soddisfare almeno le esigenze primarie, di sentirsi utili a se stessi ed alla propria famiglia.

Sebbene questi positivi segnali, il mercato del lavoro appare ancora alquanto immobile, bloccato, stagnante e non in grado di soddisfare le richieste che, quotidianamente, diventano sempre più pressanti.

Le spese delle famiglie sono notevolmente diminuite non solo per quanto riguarda l’acquisto di capi di abbigliamento, dell’uso dell’automobile, delle visite mediche, ma anche per l’acquisto di prodotti alimentari. Basti pensare che anche le misure adottate inerenti al dimensionamento dellestrutture ospedaliere ha fatto sì che l’insorgere di una malattia diventi, per molte famiglie, un qualcosa particolarmente difficile da affrontare. I risparmi si sono ormai esauriti, quindi, anche il pagamento delle bollette, delle visite mediche, dei ticket sanitari, ecc., rappresenta un ostacolo non facile da superare.

Il rapporto Censis muove, comunque, da una critica alquanto importante alla attuale nostra classe politica. Nel Rapporto 2013 si legge che, soprattutto nell’ultimo periodo, sono emerse alcune criticità, quali: la rissosità, l’ostinazione, l’incompetenza, la superficialità di una classe politica incapace di affrontare e risolvere, o quanto meno attenuare, i tanti problemi che stanno spingendo l’intera nazione in un abisso da cui difficilmente potrà fare ritorno, se non a costo di enormi sacrifici a carico dei soliti cittadini.

Nel rapporto si legge, inoltre, che i nostri politici, per mantenere salde e inamovibili le loro poltrone, utilizzano e si avvalgono, da tempo, delle ormai evidenti difficoltà economiche in cui versa la maggior parte delle famiglie italiane; classe politica che non perde occasione per cercare di dimostrare, con persuasive e convincenti argomentazioni, la propria solerzia, la propria diligenza e il proprio impegno per dare, finalmente, solidità e garanzie all’intero sistema economico e finanziario italiano e, di conseguenza, delle famiglie, pur sapendo che tutte le manovre che intendono adottare non apporteranno mai nessun cambiamento concreto, valido e sostanziale alla odierna situazione, ma serviranno solo a perpetrare il noto enunciato latino “Mutatismutandi”, ovvero cambiare tanto per cambiare, tanto la sostanza delle cose resterà sempre la stessa.

Si tratta di una instabilità politica divenuta ormai cronica; infatti, corruzione, sprechi, illeciti, malaffare, dilagano sempre di più. Infatti sono proprio questi gli elementi sostanziali che continuano a creare disavanzo del debito pubblico, disoccupazione e conseguente calo dei consumi.

Raffaele Squitieri, Presidente della Corte dei Conti, nel suo discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario 2015 ha affermato che “Crisi economica e corruzione procedono di pari passo, in un circolo vizioso, nel quale l’una è causa ed effetto dell’altra”. Ed afferma ancora che la crescita, di cui tanto si parla, “è continuamente minacciata dalla crescente corruzione e dalla illegalità”, e che “il pericolo più serio per la collettività è una rassegnata assuefazione al malaffare, visto come un male senza rimedi”. Ecco perché, rivolgendosi a Sergio Mattarella, neoeletto Presidente della Repubblica, precisa ulteriormente: Non possiamo permetterci che questo accada”.

Certamente siamo tutti d’accordo con le incisive, mordaci ed efficaci parole del Presidente Squitieri, ma siamo ugualmente convinti che se si vuole, di fatto, combattere la corruzione, il malaffare, gli illeciti, gli sprechi, gli sperperi, le appropriazioni indebite, in una parola, la “Criminalità economica”, è necessario e vincolante rendere la giustizia più efficiente e veloce e, soprattutto, avere la certezza della pena.

Ma occorre anche dare ai giovani, oltre alla certezza di un lavoro e alla fiducia nella giustizia, la consapevolezza che ognuno di noi è in grado di cambiare qualche cosa, che ognuno di noi può e deve contribuire a cambiare le cose, a migliorare il nostro Paese, senza cullarsi nell’attesa che debbano farlo sempre e solo gli altri. Puntare sempre il dito troppo in altro, ci porta a giustificare ogni nostro comportamento, anche quelli sbagliati.

Ora, perché i giovani, come dice il Presidente“Non vedano il male come qualche cosa di inevitabile, o, peggio, non si abituino al male, abbiamo bisogno di esempi di vita positivi, abbiamo bisogno di veri preti, di veri maestri, di veri genitori, in una parola, di veri educatori!”.

Spesso si sente dire:“Ci vorrebbe una rivoluzione!”, è vero, e ne siamo anche convinti tutti, ma si tratta, però, di una rivoluzione culturale ed educativa; di una rivoluzione che scardini dagli animi delle persone la sfiducia e la rassegnazione;di una rivoluzione che porti speranza, consapevolezza del bene comune, voglia di lottare per la costruzione di una comunità migliore!

E’, certamente, facile e comodo, ma assolutamente inutile, puntare sempre il dito solo contro i nostri politici; non perché siano improvvisamente divenuti fulgidi esempi di onestà e rettitudine, ma perché questo serve solo a “lavarci la coscienza”. Spesso sentiamo dire: “Ormai, non ci si può far niente, quindi tanto vale …..!”, oppure “E’ tutto un mangia mangia, quindi …. mangiamo anche noi quello che possiamo!”.

E’ anche vero che il pesce puzza dalla testa, ma parlare solo di questo aspetto, non facciamo altro che alimentare il disinteresse per la “Cosa pubblica”. Dovremmo ricordare sempre, invece, che ilmale generalizzato non è affatto un male minore.Setutti, o quanto meno in tanti,agiscono e si comportano male, questo non significa che sono autorizzato a farlo anch’io!

Spesso ci lamentiamo per l’evasione fiscale, ma, a volte, siamo anche noi i primi a preferire uno sconto al posto della ricevuta fiscale. Altre volte ancora, per far valere un nostro diritto, cerchiamo la raccomandazione, la conoscenza, non siamo disposti a lottare per averlo perché ci spetta.

È anche vero che in taluni uffici pubblici ci sono delle persone che non fanno bene il loro dovere, che non controllano, che non comunicano, ecc…ecc……, ma è altrettanto vero chein talune circostanzela persona scorretta è proprio il singolo cittadino.

Certamente, molto dipende dall’educazione e dall’esempio che abbiamo ricevuto nelle nostre famiglie, anche perché troppo spesso preferiamo non ricordare l’espressione evangelica “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”, cosa che, invece, dovremmo assumere come nostra“Regola di vita!”.

Ebbene, sono anche queste quelle famose “Gocce che fanno il mare!”.

 

Ognuno di noi si sarà chiesto, almeno una volta: “Cosa posso fare per dare vita ad un mondo migliore?”.

Il Natale ci dà la risposta giusta, forse, l’unica possibile: “Posso migliorare me stesso! Posso cercare di rinascere ogni giorno migliore!”.

La persona dotata di un animo sensibile accetta e si avvicina agli altri in modo pieno e completo, in quanto l’amore e il rispetto per l’altro è ricchezza interiore, è nobiltà d’animo, è indice di elevata cultura e altruismo, è sinonimo di quella generosità che conduce alla costruzione di un mondo migliore.

Non è certamente grande quella persona che alla minima occasione dice: “Gliela farò pagare”, oppure: “Devo difendermi”, o “Occhio per occhio …..”. La persona davvero grande è quella che è in grado di cambiare il male in bene; è quella che è capace di mutare il negativo in positivo, la disonestà in rettitudine, il vizio in virtù, la corruzione in moralità. Ebbene, il primo modo di comportarsi è certamente più semplice e più facile da seguire; il secondo, invece, richiede un impegno notevole, il possesso di particolari doti, la condivisione di specifici principi, il possesso e la comprensione dei valori autentici.

E’ necessario, perciò, essere, a tutti costi, persone dabbene, virtuose e brave, anche se essere sempre disponibili e generosi, il più delle volte, determina incomprensioni, fraintendimenti, esiti negativi. Talune persone finiscono con il confondere la disponibilità e la bontà con la dabbenaggine, con l’ingenuità, e spesso la interpretano come vera e propria stupidità.

Voler cambiare il mondo è impossibile, agire per incominciare a cambiare qualcosa è, invece, l’impegno che ogni persona dovrebbe assumere.

Sarebbe veramente bello se le armi venissero raccolte in grossi capannoni, in attesa di essere distrutte; se i terroristi dell’Isis e di altre appartenenze ancora non stroncassero più vite innocenti; se le sostanze stupefacenti si trasformassero in cibo per sfamare chi vive una situazione di indigenza e di disagio; se ognuno avesse un lavoro, una casa, una famiglia unita; se l’illegalità, le ingiustizie, le prepotenze, gli sprechi non ci fossero più e tutti potessero disporre delle risorse necessarie per mangiare, vestirsi, curarsi. Sarebbe veramente bello se la pace regnasse sull’intero pianeta. Sarebbe veramente bello se ….. Forse sono davvero tanti i se…..! Forse nessuno di questi “se” si realizzerà mai! Forse l’unica certezza è che gli uomini continueranno ad essere sempre gli stessi. Continueranno ad essere indegni di cotanto nome e del ruolo che svolgono all’interno dell’armonia dell’universo.

Sebbene questa nota di diffidenza e di scetticismo, è necessario, comunque, avere fiducia nella persona e continuare a sperare; è necessario supporre che, in tempi non particolarmente lunghi, ognuno potrà vedere in chi ci sta di fronte una persona da rispettare, da sostenere e difendere senza mai sminuire l’altrui dignità.

Il tema della pace è, oggi, diventato argomento di particolare importanza tanto da coinvolgere e interessare sia il campo della politica, sia quello della morale, della sociologia, della filosofia, del diritto, della religione.

Pace, legalità, socialità, libertà, salute, salvezza, sono valori saldamente connessi tra loro e non separabili l’uno dall’altro. Della pace se ne sono sempre occupati non solo i vari governi, ma soprattutto la Chiesa. Ha come fondamento la morale, la giustizia, la carità, il rispetto delle leggi e dell’altro. È, in sintesi, conquista dei valori effettivi e concreti della persona e della società.

La pace è, soprattutto, il messaggio saldo e irremovibile della Chiesa, in quanto è il messaggio primario di Cristo. Il suo esempio ed i suoi princìpi sono insegnamenti di redenzione, di riscatto, di carità, di amore; precetti, questi, che conducono alla pace. Si tratta, comunque, di una pace che affonda le sue radici nella giustizia, nella lealtà, nella carità, nell’etica, nella osservanza e nel rispetto delle leggi.

Spesso l’uomo è portato a differenziare e ad attribuire significati diversi al concetto di pace, distinguendo tra una pace “politica”, cioè una pace degli uomini e dei popoli che ha come fine il perseguimento di interessi materiali e personali, e una pace “cristiana” intesa in senso religioso, ovvero una pace rivolta all’equilibrio interiore, alla relazione uomo/Dio il cui obiettivo primario e determinante è il raggiungimento della salvezza eterna della persona e dell’intero genere umano in quanto tutti figli dell’unico Padre: Dio.

La pace si trova nella giustizia, ma va ricercata, soprattutto, nella carità intesa come rispetto e amore per l’altro. Ebbene, sono proprio questi due elementi, carità e giustizia, che rappresentano i principi determinanti, necessari e sostanziali su cui fondare ogni dissertazione e ogni discussione sulla pace.

La giustizia abbraccia e racchiude l’armonia sociale; ed è proprio l’armonia sociale che determina quell’essenziale equilibrio, necessario per offrire, a tutti, una determinata certezza di vita.

Ma la pace non si ottiene né si raggiunge una volta per tutte. Bisogna ricercarla sempre, di continuo, ininterrottamente e, sebbene questa ricerca incessante, non sarà mai definitivamente raggiunta. È, nello stesso tempo, ricerca e conquista continua. Lo stesso Salvatore, Gesù Cristo, si è fatto uomo per portare la pace nel mondo. Egli si annuncia agli uomini con il messaggio: “Pace agli uomini di buona volontà”.

La pace è un impegno, una grazia, una promessa divina; è una benedizione del Signore che arricchisce e pervade la vita degli uomini. È dalla pace con se stessi che sboccia e cresce l’amore per l’altro e per il creato; mentre è dalla pace con se stessi, con il mondo e con Dio che nasce la Fede.

Ma la pace può anche venir meno, può essere persa; la sua conservazione è legata al modo in cui gli uomini riescono a salvaguardarla, a difenderla ed a tutelarla.

Ecco perché salvaguardare e promuovere la pace vuol dire agire sempre verso la sua più completa e piena attuazione.

Non un segnale di fiducia, non uno spiraglio di speranza, non un segno di ottimismo sembra giungere dalla realtà che ci circonda. Ma ormai il Natale è vicino.

Il Natale non è solo una importante occasione per stare insieme con altri; non è neanche un momento opportuno per scambiarsi dei doni, né una favorevole circostanza per ritrovarsi nella intimità familiare e con gli amici. Il Natale è qualcosa di più significativo e profondo. È la festa dell’uomo. È la ricorrenza della rivelazione di Dio all’uomo. È un evento che determina un cambiamento profondo nella vita degli uomini.

Per il Natale ogni persona è un valore da rispettare e tutelare. Questo vuol dire che gli avvenimenti che, oggi, sovvertono e turbano la nostra realtà, se vissuti alla luce che il Natale emana e diffonde, acquistano un significato particolare, diverso e profondo. Si tratta, comunque, di eventi importanti e, spesso, drammatici; ma si tratta, comunque, di eventi che ci offrono la possibilità di sentirci vicini a quanti soffrono e di condividere le loro difficoltà. Condividere non significa commuoversi di fronte alle altrui difficoltà; vuol dire, invece, denunciare le prepotenze e l’arroganza di quanti detengono il potere commettendo varie forme di abusi nei confronti della collettività. Ma significa, soprattutto che nessuno potrà mai sentirsi in pace con se stesso fino a quando la luce della speranza in una realtà migliore e più umana non ritornerà ad illuminare il volto dei disoccupati, degli emarginati, dei sofferenti, degli ammalati. Ecco perché il Natale deve entrare nel cuore di ogni persona per portare quella percezione e quel senso di fiducia, di serenità e di pace che solo il Natale emana ed effonde nell’aria e nell’animo di ogni persona.

Se ognuno pulisse davanti al proprio portone, alla fine tutta la strada risulterebbe pulita; se ognuno vivesse il Natale tutti i giorni, il mondo diventerebbe certamente migliore!

 

All'inizio del terzo millennio, noi cristiani siamo chiamati a vivere una nuova primavera della fede, ad impegnarci in nuove iniziative pastorali perché la Chiesa per bocca del suo Pastore supremo  ci spinge a compiere una nova evangelizzazione.

Credo che non ci sia nulla di più immediato e di più stimolante , per entrare nel tessuto vivo della nostra società , che imitare  la vita dei santi e nel nostro caso specifico di San Rocco, cioè  di coloro  che, seguendo le orme di Cristo, non hanno anteposto nulla al suo Regno.

Hanno dato tutto con coraggio, senza chiedere nulla in cambio, sono passati  facendo del bene e amando, escono morti perdonando.

A volte mi sono chiesto perché il signore mi abbia messo davanti San Rocco, come santo da invocare, da proclamare, da venerare.

Siccome nulla il Signore fa "per caso ", allora ho creduto che l'esempio di carità verso i poveri, gli ultimi, i malati  che San Rocco ha dato, mi ponga sul binario della carità .

Una carità vissuta, praticata, per la quale ognuno deve dare il meglio di se.

Questo nostro quindicesimo anno di cammino della nostra Associazione vuole proporre e vuole aiutarci a capire come anche San Rocco che tanto amiamo abbia posto a fondamento della sua vita Cristo Gesù.

Anche Lui ha bene dimostrato, come San Paolo , che "Per me il vivere è Cristo  e il morire un guadagno" ( Fil.1,21).

Il Signore oggi ci dice a tutti noi, nuovi evangelizzatori, che che il nostro cammino personale, quello delle nostre famiglie e delle nostre comunità parrocchiali, la nostra Associazione, deve essere un cammino di santità.

Non possiamo esimerei nessuno da questo.

Noi cristiani, sempre e in ogni luogo, dobbiamo essere disposti a diffondere. La luce della vita che è Cristo  (cfr. Dignitatis humanae, n. 14).

La Chiesa  proclamando santo il nostro caro San Rocco, lo ha reso nella liturgia. Oggetto di rispetto e di venerazione e lo ha  indicato all'umanità come modello a cui far riferimento.

È noi tutti rapiti dal l'esempio di vita di San Rocco ci rivolgiamo in questi giorni che veneriamo le reliquie del suo corpo glorioso per ricevere protezione e conforto nelle sofferenze.

Il mondo ha bisogno di valori autentici.

Si può immaginarlo senza questo campione di fede e di umanità che ci fa scoprire o riscoprire  nella sua testimonianza il senso vero della vita?

 

Fraternamente

Fratel Costantino

Siamo tutti a conoscenza del continuo dilagare della violenza. Si tratta, di certo, di una modalità della condotta dell’uomo che, nell’attuale realtà sociale, ha assunto una portata e una entità allarmanti. Viviamo, oggi, sommersi da comportamenti violenti, sebbene il proliferare di sempre nuove ed articolate indagini e teorie sulla sua origine.

Sia nelle grandi città che nei piccoli centri la violenza non è da addebitare alla sola presenza di gruppi eversivi, ma soprattutto al comportamento di tanti giovani che, noncuranti delle conseguenze, saccheggiano, violentano, abusano, prevaricano, devastano locali e interi quartieri. Sono giovani che si mostrano sempre più baldanzosi, arroganti, presuntuosi e convinti di poter calpestare, a loro piacimento, le regole più comuni del vivere civile. Si tratta, in ogni caso, di forme di violenza prettamente giovanile che nulla hanno a che vedere con proteste di ordine sindacale o politico.

E proprio nel momento in cui si parla della giovane generazione, l’attenzione viene subito rivolta alleistituzioni, le quali se da una lato hanno contribuito notevolmente alla crescita culturale ed alla solidarietà sociale, dall’altro hanno dato origine anche alla nascita di un elevato numero di persone incuranti di compiere azioni di devastazione, di distruzione, di inaudita violenza. Quantoaccaduto nel quartiere di Pianura, a Napoli, rappresenta uno dei tanti incresciosi, spiacevoli e condannabili casi di assurda e non giustificabile violenza.

L’ignara vittima è Salvatore, un quattordicenne, ricoverato, in gravissime condizioni, all’ospedale San Paolo di Napoli, dove gli èstato asportato il colon, a seguito delle numerose e gravi lesioni riportate. Gli autori del raccapricciante gesto sono tre giovani di 24 anni, di cui uno fermato con l’accusa di tentato omicidio e violenza sessuale.

Ai medici che l’hanno preso in cura il minorenne ha raccontato di essere stato oggetto, in un primo momento, di insulti perché troppo grasso e,poco dopo, di una violenta aggressione.

La dinamica dei fatti è spaventosa, terribile, sia per la violenza usata, sia per lo strumento adoperato: una pistola compressore utilizzata per gonfiare pneumatici.

Siffatti episodi denotano che la violenza rappresenta, ormai, uno degli elementi costitutivi di una società, in cui il degrado culturale, sociale ed economico dell’ultimo decennio, associato alla crescente crisi di valori e assenza dello Stato e delle Istituzioni, sta determinando un profondodeclino. Questo vuol dire che la violenza può insorgere in qualsiasi momento e senza motivo alcuno.

Cosa ancora meno accettabile è la giustificazione fornita dai familiari dell’irresponsabile gesto, i quali hanno asserito, in modo semplicistico, che si trattava solo di un “gioco”.

Si tratta di affermazioni che ci presentano una società deviata, degenerata, deteriorata nei valori e nella stima degli elementi portanti e connotativi della coesistenza socialee dei suoi sentimenti essenziali.

Si tratta di un gesto del tutto privo di qualsiasi senso della vita, di rispetto dell’altro e dell’altrui decoro.

Anche questi parenti dell’autore del censurabile e spiacevole gesto, nel cercare in tutti i modi di giustificare il proprio congiunto, dimostrano di non essere esenti da colpe in quanto, con le loro scelte educative e con la loro discutibile e opinabile idea di rispetto dell’altro, hanno contribuito ad infondere ed ispirare la formazione di questo giovane. Si tratta, quindi, di una persona cresciuta nella convinzione che il rispetto delle leggi e delle norme che regolano la convivenza civile sono solamente degli ostacoli che bisogna superare ad ogni costo; che la vita degli altri è semplicemente un “gioco”, e che il proprio compito e il proprio dovere, è quello di prevalere sugli altri, di vincere sempre e ad ogni costo, di prevaricare, di opprimere, di soffocare e annientare i più deboli e gli indifesi.

Ebbene, è proprio il desiderio di sentirsi superiori che fa nascere, in queste persone,il desiderio di assumere comportamenti primitivi, incivili, privi di qualsiasi oggettività morale.

Oggi viviamo fenomeni di devianza nuove sia nei modi in cui si presentano, sia nell’insieme dei sistemi che coinvolgono. Per quanto riguarda le cause delle devianze, allo stato attuale, vengono valutate nuove ipotesi rispetto al passato. In un recente passato si sosteneva che le persone che presentavano comportamenti deviati erano dei soggettiaffetti da disturbi del comportamento e da disturbi psicologici. Oggi, invece, si valutano anche i disturbi a livello medico, sociale, sociologico. Spesso ci si interroga su che cosa questi ragazzi intendono comunicare ai propri familiari, agli adulti, alla comunità sociale,con questi loro gestianomali e deviati.Ecco perché è necessario, sempre di più, far leva sulla prevenzione; ma è necessario soprattutto valutare con attenzione i problemi dei fanciulli, degli adolescenti, dei giovani, attribuendo loro l’oggettiva responsabilità per gli eventuali reati e misfatti che compiono, senza mai dimenticare che la pena o la sanzione da infliggere rappresenta la giusta e necessaria dimensione.

Siamo, perciò, tutti vicino al giovane Salvatore ed alla sua famiglia e ci auguriamo che, in tempi brevi, possa uscire dalla grave situazione clinica in cui, attualmente, versa.

Di fronte a siffatti eventi nascono spontanee tante domande: è vero che la violenza è una caratteristica del nostro tempo o c'è sempre stata? Forse l'uomo è violento per natura e non avendo le ultime generazioni potuto scaricare in guerra la loro innata violenza lo fanno con altre forme? Non è forse vero che queigenitori che si disinteressano dei propri figli equegli insegnanti che picchiano i propri alunni,assumono comportamenti violenti? E, poi, è giusto parlare solamente di violenza giovanile? Dove l'hanno respirata gli attuali giovani? Da dove l'hanno assimilata? A quali figure di adulti si sono ispirati?

Anche nelle scuole e nelle famiglie, istituzioni con competenze intenzionalmente educative e formative, il più delle volte non c'è rispetto per i ruoli, per le istituzioni, per i colleghi, per i propri superiori gerarchici, per i vari componenti; non c’è più rispetto per niente!

Questo significa che ogni adulto dovrebbe chiedersi con maggiore frequenza: con quale coraggio, domani, potrò chiedere ai miei alunni di attendere il loro turno, di ascoltare i propri compagni e i docenti, di non essere prepotenti e prevaricatori? Con quale coraggio potrò dire a mio figlio di compiere il proprio dovere di studente, di rispettare le leggi, le istituzioni, gli altri?

Ebbene, sono proprio taluni comportamenti discutibili di tanti adulti che rappresentano le radici della violenza; sono una grave forma di violenza, anzi, costituiscono la base di ogni forma di violenza.

In Parlamento, nei Consigli comunali, provinciali e regionali non siedono ragazzini; nelle riunioni dei collegi dei docenti non ci sono giovani, così come in alcune famiglie, oggi, non si riesce più a dialogare, a discutere. Assistiamo, spesso, a sceneggiate veramente deprimenti; in questi adulti c'è violenza allo stato puro! Ci sono genitori che giustificano, padri che istigano, docenti che non sanno "docere"; dall’altra parte ci sono, invece, tanti ragazzi e tanti giovani che imparano!

Ma, in definitiva, dove sono le radici della violenza? È certamente difficile dare una risposta esauriente e completa a questa domanda. In effetti non lo sappiamo, forse "è la somma che fa il totale", diceva il grande “Totò”. E, allora, dove ricercarle, dove risiedono! Non nella crisi economica e nella disoccupazione .... ma è pur vero che l'ozio è il padre di tutti i vizi; non nella società ..... ma è pur vero che l'ambiente in cui viviamo ci condiziona; non nella famiglia .... ma è pur vero che è nel periodo dell'infanzia che si plasma il nostro "io"; non nella scuola .... ma è pur vero che è una delle prime forme di aggregazione sociale che incontriamo; non nella fede .... ma è pur vero che spesso ideali religiosi o politici sono il paravento di gravissime violenze!

La violenza è una pianta che ha tantissime radici; radici che pescano nel presente e nel passato, radici che assorbono veleni, radici che vanno in profondità e che è difficile sradicare.

Ma anche questa pianta, come tutte le piante, se incontrerà il sole, riuscirà a trasformare tutto in linfa vitale: il sole dell'AMORE, che è rispetto, tolleranza, solidarietà, disponibilità, speranza! La speranza non può mancare perché sono "giovani" anche i ragazzi che vanno a spalare il fango nelle zone alluvionate, i ragazzi che operano in tante associazioni di volontariato, i tanti ragazzi che in modo semplice e naturale fanno il loro dovere in un mondo non certo facile!

 



Chi vi scrive è una pubblicista francescana terziaria secolare, senza tessere di partiti in tasca, che si sente in dovere di offrire il proprio modesto servizio contribuendo alla riflessione sui criteri che dovrebbero guidare le nostre scelte politiche nelle prossime elezioni europee.

La mia “lettera”si rivolge in particolare a coloro che, impegnati a vario titolo personale o professionale nel secolo, sentono, chiari e distinti, i valori che qualificano la loro identità di cattolici, ma hanno scarse possibilità d’informarsi sui programmi dei diversi schieramenti. È una“lettera aperta” perché riguarda, nello stesso tempo, i problemi della società civile del mondo in cui noi tutti viviamo egli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, unitamenteagli approfondimenti formativi dei suoi Vescovi.

Quei “pochi che salveranno i molti”, chiamati a testimoniare il Vangelo “fino agli estremi confini della terra” (At 1,8), dispongono certamente di un senso di responsabilità e di un discernimento che non tutti noi abbiamo. Ecco perché, ponendomi dalla parte dei “molti” laici cattolici, ho deciso di scrivervi per ricordarvi che nessuno, per quanto deluso o preoccupato della personale situazione economica o esistenziale, si può chiamare fuori e astenersi dall’esercitare il proprio diritto-dovere di votare.

Vi sono almeno due imperativi ai quali noi non possiamo sottrarci: ricordare e discernere.

Ricordare di esseri liberi di avere la nostra sensibilità politica e di farla valere in vista del bene comune.

Ricordare ed essere consapevoli della responsabilità che comporta l’espressione delle nostre convinzioni e del nostro modo di pensare e di agire.

Ricordare, soprattutto, che l’essere umano, soggetto della libertà, non è un individuo autoreferenziale, e che le scelte del singolo influiscono sulle condizioni d'ordine economico e sociale, politico e culturale della società in cui tutti noi viviamo.

Ricordare, infine, il magistero dei Pontefici e le linee direttive della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Alla luce dei decreti[1]delConcilio Vaticano II, l’azione di formazione sociale e politica dei fedeli laici, svolta dai Vescovi[2], dovrebbe essere per tutti i cattolici il punto di riferimento irrinunciabile per discernere i criteri di valutazione ai quali ispirarsi nella partecipazione alla vita pubblica.

Nella prossima tornata elettorale del 25 Maggio per l’elezione del Parlamento europeo, saremo chiamati aesprimere le nostre scelte politiche. Se tali scelte[3] saranno coerenti con i valori della fede cristiana che professiamo, e si baseranno su un’attenta riflessione sui programmi presentati dai vari partiti in competizione, non dovremo avere paura diaprire“i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo[4] ad una visione cristiana che guarda al futuro in una prospettiva storica e spirituale.

Leggendo i segni dei tempi in questa chiave, il nostro voto non dovrebbe essere mai un atto d’impulso, a seconda delle nostre private simpatie e antipatie nei riguardi di determinati politici. Non dovrebbe altresì essere dettato dalle cosiddette ragioni della “pancia” alla quale si rivolgono di solito i discorsi elettorali.

So fin troppo bene che non è affatto facile discernere, tra i tanti messaggi ingannevoli con cui ci bombardano quotidianamente i mass media, quelli che non rischierebbero di metterci in contraddizione con noi stessi.

La strategia della confusione, messa in atto da giornali di parte o dai talkshow televisivi, ci rendono un po’ tutti frastornati e confusi. Questo è, appunto, il secondo motivo per cui ho deciso di scrivervi.

A differenza di tutte le altre categorie sociali, i cattolici non sono una massa amorfa ed inerte da manipolare e strumentalizzarea proprio uso e consumo, ma persone ben consapevoli delle proprie convinzioni. Vi sono, infatti,alcuni principi propri della coscienza cristiana che informano non solo l’esistenza personale, ma anche i fini da perseguire.

L’assunzione consapevole di questi principi, richiede la conoscenza e la valutazione degliobiettivi[5] non solo programmatici, ma anche ideologici di ciascun partito.

All’azione diplomatica e politica di Giovanni Paolo II si deve, in gran parte, il crollo dei sistemi del socialismo reale nell’Unione Sovietica e nei paesi dell’Est Europa.

A distanza di mezzo secolo, il suo esempio e la sua Esortazione Apostolica rivolta ai laici[6] deve restare per tutti noi un monito. Da qui nasce il mio appello rivolto ai cattolici.

L’esercizio del discernimento ci impone uno sguardo critico. Poiché nessun schieramento politico corrisponde completamente alle esigenze di un cristiano autentico, è gioco forza scegliere quello che risulti compatibile con i valori cristiani.

Non cadiamo nell’errore di sottovalutare la tentazione di guardare alla sinistra dell’arco costituzionale, oppure di assecondare i fuochi di paglia di movimenti contestatari spuntati dal nulla nel panorama politico italiano. La marginalizzazione del Cristianesimo, ormai imperante in Europa, e soprattutto i repentini attentati alla legge morale naturale, propagandati dalle ideologie di sinistra in nome al pluralismo etico, sono tra i pericoli più subdoli che si annidano nelle proposteelettorali.

Alla coscienza di un laico credente, la fiducia accordata a un partito somiglia molto da vicino ad un atto di fede in difesa dei valori che professiamo. Facciamo quindi molta attenzione ai suggerimenti che ci vogliono far credere che la soluzione delle soluzioni sarebbe uscire dalla Comunità e dall’Euro. Sarebbe un grosso errore! In poco tempo l’inflazione brucerebbe i nostri risparmi e aumenterebbe il costo dell’energia e delle materie prime che consumiamo e che dobbiamo importare.

Informatevi bene prima di decidere a chi accordare la vostra fiducia!

Per quanto mi riguarda, faccio mio il programma e ilmotto: “Più Italia in Europa; meno Europa e Germania in Italia” con cui “Forza Italia” si presenta alle elezioni.

Mi auguro che la mia “Lettera aperta” possa esservi stata utile. Me lo auguro di vero cuore.



[1]Apostolicamactuositatem, n.7, Lumen gentium, n.36 e Gaudium et spes, nn. 31 e 43.

[2]Nel 2004la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea, si pronunciava in questi terminiin vistadell’elezione del Parlamento europeo:A partire dalla prima elezione a suffragio diretto, ormai 25 anni fa, i suoi poteri si sono estesi considerevolmente. Con il Consiglio dei ministri, che riunisce i governi nazionali, esso adotta leggi che hanno un impatto su numerosi aspetti della nostra vita quotidiana. In quanto espressione diretta della volontà dei cittadini dell’Unione, il Parlamento contribuisce a orientare l’azione politica a livello europeo. È nei suoi confronti che la Commissione europea e gli altri organismi dell’Unione rispondono delle loro azioni ed è il Parlamento che ha l’ultima parola circa il modo con cui il bilancio comunitario è gestito. Coloro che limitano le sue attività a «chiacchiere» dimenticano di mettere in conto un aspetto importante del processo decisionale democratico europeo. La legittimità e l’autorità con le quali il prossimo Parlamento europeo rappresenterà i valori e gli interessi dei cittadini dell’Unione dipenderanno dall’impegno di questi cittadini ad andare a votare (…). Per tale motivo, la nostra partecipazione alle elezioni europee risponde allo stesso tempo sia al nostro interesse sia a un nostro dovere morale.

[3]La legittima pluralità di opzioni temporali mantiene integra la matrice da cui proviene l’impegno dei cattolici nella politica e questa si richiama direttamente alla dottrina morale e sociale cristiana. È su questo insegnamento che i laici cattolici sono tenuti a confrontarsi sempre per poter avere certezza che la propria partecipazione alla vita politica sia segnata da una coerente responsabilità per le realtà temporali(Congregazione per la dottrina della fede, nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica).

[4]Papa Giovanni Paolo II, Omeliadella messa di inaugurazione del pontificato, pronunciata il 22 Ottobre 1978.

[5]Quando l’azione politica viene a confrontarsi con principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno, allora l’impegno dei cattolici si fa più evidente e carico di responsabilità. Dinanzi a queste esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili, infatti, i credenti devono sapere che è in gioco l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona. E’ questo il caso delle leggi civili in materiadi aborto e di eutanasia (da non confondersicon la rinuncia all’accanimento terapeutico, la quale è, anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Allo stesso modo occorre ribadire il dovere di rispettare e proteggere i diritti dell’embrione umano. Analogamente, devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale. Così pure la garanzia della libertà di educazione ai genitori per i propri figli è un diritto inalienabile, riconosciuto tra l’altro nelle Dichiarazioni internazionali dei diritti umani. Alla stessa stregua, si deve pensare alla tutela sociale dei minori e alla liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù (si pensi ad esempio, alla droga e allo sfruttamento della prostituzione). Non può essere esente da questo elenco il diritto alla libertà religiosa e lo sviluppo per un’economia che sia al servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale, del principio di solidarietà” (Congregazione per la dottrina della fede, nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica).

[6] Papa Giovanni Paolo II, Christifideles laici, n. 42.

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