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Artigiani e commercianti in piazza

"Il prossimo governo ed il Parlamento devono prendere atto di questa grande forza, dell'enorme malessere, delle difficoltà che vivono le nostre imprese e devono cambiare registro" dice il presidente di turno e portavoce di Rete Imprese Italia, Marco Venturi chiedendo "al nuovo presidente del Consiglio chiediamo di convocarci subito". "Noi non molleremo - aggiunge - saremo propositivi ma incalzanti. Saremo dialoganti ma pronti a tornare in piazza, in tutte le piazze italiane, se non avremo concrete e rapide risposte".

Artigiani e commercianti in piazza, con le cinque associazioni che aderiscono a Rete Imprese Italia, per la prima volta insieme per una manifestazione, a Roma. "Siamo 60mila, arrivati da tutt'Italia", stima l'organizzazione. "Senza impresa non c'è l'Italia. Riprendiamoci il futuro", è lo slogan: "Vogliamo che il 2014 diventi l'anno di svolta".

"Non abbiamo perso la speranza, abbiamo perso la pazienza: non siamo sereni, siamo incazzati, la politica ci ha deluso". Il leader della Cna, Daniele Baccarino, lo ha urlato dal palco della manifestazione di commercianti ed artigiani. "E' un evento storico di cui la politica deve tenere conto". Con la manifestazione di oggi "gli invisibili ora sono diventati visibili perché le ragioni dell'impresa diventino le ragioni dell'Italia".

"Basta, basta, basta". Il leader di Casartigiani, Giacomo Basso, lo ha ripetuto dal palco della manifestazione di Rete Imprese a Roma. "Piazza del Popolo è diventata oggi la piazza degli imprenditori italiani. Fate sentire il vostro urlo, fatevi sentire - ha detto alla folla di artigiani e commercianti - perché vale più un urlo della piazza che cento discorsi".

La mobilitazione nazionale, che segue di appena pochi giorni la 'marcia dei 40mila', iniziativa web accompagnata dai flash mob di Confindustria, segnala un fenomeno in atto, la rivolta 'pacifica delle imprese, dell'economia reale.

I numeri sono da brivido: negli ultimi cinque anni hanno chiuso circa 1.000 aziende ogni giorno, la ricchezza prodotta dall'Italia e' diminuita del 9%, la disoccupazione e' raddoppiata, passando dal 6,4% al 12,7% per un totale di 1,2 milioni di disoccupati in piu'. Nel frattempo la pressione fiscale ha raggiunto il 44,3% del Pil (e restera' sopra il 44% per molto tempo) mentre quella "legale" (su ogni euro di Pil dichiarato) si aggira intorno al 54%. La burocrazia costa alle Pmi 30 miliardi di euro l'anno e il credito e' in calo dal 2011. La piccola impresa, che rappresenta il 94% del tessuto produttivo dell'Italia e ne e' il principale motore contribuendo per il 62% al valore aggiunto, chiede al governo ''subito un cambio di rotta e risposte concrete per uscire da una crisi che ha colpito duramente. Stavolta davvero la pazienza e' finita".

Dall'inizio di quest'anno scrive Nicola Porro sul quotidiano il giornale le imprese sono obbligate a far valutare lo stress a cui sottopongono i propri collaboratori. Un contadino che usa il gasolio agricolo ha un gradino in più nella trafila. Un barista che voglia assumere un apprendista deve riempire scartoffie da avvocato per il percorso formativo e poi, se dopo tre anni non lo assume, deve pagare una tassa per licenziarlo come se fosse un dipendente della Fiat. A Milano, se si dispone di un giardinetto condominiale, è necessaria una certificazione (ovviamente da parte di un'azienda specializzata) sulla de-zanzarizzazione.

Mentre nella buca sulla strada prospiciente, le larvette fanno festa. Un iscritto ad un albo professionale continua il Giornale è obbligato a partecipare a dei corsi formativi (in genere fatti da colleghi che arrotondano) per rimanere nel medesimo albo. Che peraltro è obbligatorio per esercitare la professione. Un estetista deve sottoporsi a 118 procedure amministrative per aprire la sua attività, se invece l'officina è meccanica ne servono 84.

È una lista disordinata, conclude Nicola Porro ma possiamo continuare all'infinito. Viene da chiedersi come mai ci siano ancora imprenditori in Italia. L'idea di base è che imprenditori, partite Iva, siano lestofanti o cretini e che dunque la burocrazia, cioè lo Stato, debba controllare, normare, legiferare, bollinare. In Italia c'è un imprenditore ogni quattro famiglie. E per il 95 per cento dei casi, si tratta di piccoli e medi. Veniamo trattati come dei minus habens. Ciò che non viene prelevato dalle tasse, viene concesso ai burocrati, che rispondono a leggi fatte da essi stessi. Il ministro dell'Economia uscente, Saccomanni, che è un burocrate, due giorni fa ha detto: «L'Italia ostaggio della burocrazia? Una balla». E be' certo: mica poteva autodefinirsi un rapinatore. L'Italia è spaccata in due. C'è chi fa e chi regola. Il primo viene pagato dal suo lavoro e dai suoi successi, e il secondo pure: cioè viene pagato dal lavoro e dai successi del primo.

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