Sono trascorsi più di cinquant’anni da quando Domenico Fisichella affrontò per la prima volta in un proprio testo edito la riflessione politica di Joseph de Maistre (Giusnaturalismo e teoria della sovranità in Joseph de Maistre). Vi è tornato più volte, in altri densi volumi. Esce ora Sovranità e diritto naturale in Joseph de Maistre, pubblicato dall’editore Pagine nella “Biblioteca di Storia e Poliica” (pp. 240, € 17).
L’ampio studio, denso di riferimenti sia all’opera del pensatore savoiardo, sia a svariati studi, affronta molteplici problemi. Come viene rilevato, “la decadenza della democrazia, espressione del disagio della civiltà europea e occidentale, riapre il dibattito sui grandi temi della sovranità e del diritto naturale. Individualismo, contrattualismo sociale, legalità e legittimità, elefantiasi legislativa, ruolo dell’etica e della religione, rapporto tra autorità e libertà, sono altrettanti problemi che ripropongono la crucialità della riflessione di quella che è stata definita la Destra tradizionalista e controrivoluzionaria”. Si comprende quindi come Fisichella non si limiti a inserire il pensiero demaistriano nel suo tempo, ma ne colga motivi da considerare fino all’attualità, per interrogarsi altresì sull’odierna, paventata finis Europae. E si capisce la molteplicità di pensatori cui Fisichella fa riferimento, per chiarirne rapporti, derivazioni, spunti rispetto a de Maistre: da Montesquieu a Hobbes, da Burke a Comte a Popper.
Fisichella si preoccupa di smentire la riduttiva e poco storica immagine del pensatore savoiardo come puro teorizzatore della reazione, gretto e limitato. De Maistre si sofferma su un caposaldo come l’autorità, certo, ma non gli è estraneo il problema dell’equilibrio e del bilanciamento. Non trascura nemmeno accenni d’interesse economico. Sostiene l’ineliminabilità della politica. Quale convinto assertore della socialità naturale dell’uomo, de Maistre rifiuta il contrattualismo (se l’ordine sociale viene dalla natura, non può derivare da una convenzione) e nega l’individualismo (anche per la sua radicale impossibilità di serbare un ordine morale). Non pensa a un regime di democrazia liberale e competitiva, ma sostiene una monarchia rappresentativa anche se non parlamentare, con propri modi di designazione, composizione e competenze.
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