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La verità su come è stata fatta l'unificazione del paese

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Il libro di Vito Tanzi, “Italica. Costi e conseguenze dell'unificazione d'Italia”, Grantorinolibri (2012) oltre ai temi economici e finanziari della conquista del Regno delle Due Sicilie, racconta anche come è stata conquistato e poi annesso. Con la caduta del Muro e delle ideologie, c'è stata una ondata di sano revisionismo che ha toccato anche gli anni e il periodo dell'unificazione del nostro Paese. Così a partire dagli anni 90 sono stati pubblicati ottimi e ben documentati testi che finalmente scrivono la verità su come è stata fatta l'unificazione del Paese. Poi ci si aspettava che nel 2011, in occasione del 150° anniversario dell'unità d'Italia, si potesse continuare nell'opera di revisionismo, invece la cultura e la storiografia ufficiale, ha continuato a raccontare la Storia edulcurando i fatti e i personaggi del cosiddetto Risorgimento. Ci ha pensato Alleanza Cattolica, che ha proposto una serie di convegni in Italia, “Unità si, Risorgimento no”, per raccontare la Verità, senza inseguire facili nostalgismi di epoche passate. Infatti è utile ribadire che nessuno vuole incensare il passato borbonico. Come per ogni epoca storica, occorre calarsi in quell'epoca, più volte ho scritto sullo stato di salute del Regno borbonico, ma certamente c'erano tante cose che non funzionavano, soprattutto al tempo del giovane Francesco II. Del resto come si fa a conquistare in poco tempo un Regno senza quasi mai combattere, tranne l'ultimo sussulto di Gaeta? I tradimenti dei generali borbonici che si sono venduti a Vittorio Emanuele, la corruzione della burocrazia e della nobiltà, dei vari galantuomini latifondisti soprattutto in Sicilia, tutti tramavano contro il giovane re napoletano.

A questo punto è opportuno fare qualche nome degli storici, scrittori, giornalisti, che hanno rotto quel muro ideologico, di omertà e di silenzio sulla conquista del Sud. Uno dei primi è stato negli anni 70, Carlo Alianello, con il suo “La Conquista del Sud”, io possiedo l'edizione del 1970, pubblicata dal coraggioso editore Rusconi. Poi ci sono stati altri libri, alcuni di questi dopo averli letti, li ho presentatati nelle mie collaborazioni.

Tra questi, l'ottimo testo di Patrick Keyes O' Clery, La Rivoluzione Italiana”, ristampato nel 2000, dalla battagliera Edizioni Ares. Forse è il testo più completo che conosco sul tema. Angela Pellicciari, con “Risorgimento da riscrivere”. Lorenzo Del Boca, con i suoi “Maledetti Savoia”, e “Indietro Savoia”; Fulvio Izzo,“I Lager dei Savoia”; Giordano Bruno Guerri, con “Il sangue del Sud”; Arrigo Petacco, “La Regina del sud”, e poi Silvio Vitale, con la sua mitica rivista de “l'Alfiere” di Napoli, il prof. Tommaso Romano, direttore della gloriosa Edizioni Thule, ricordo i suoi ottimi testi di sano revisonismo:“Sicilia 1860-1870. Una storia da riscrivere”, e “Contro la Rivoluzione la fedeltà”,opera omnia sul marchese Vincenzo Mortillaro. Nonché l'agile volumetto su “La beata Maria Cristina di Savoia, Regina delle Due Sicilie (1812-1836).

Inoltre il sacerdote don Bruno Lima, con “Due Sicilie. 1860.L'invasione”, Massimo Viglione con “Le Due Italie”. Infine Francesco Pappalardo, con “Il mito di Garibaldi” e “Dal banditismo al brigantaggio”, pubblicato da D'Ettoris Editori di Crotone. Per ultimo Pino Aprile con il suo “Terroni”, che forse ha avuto il merito di divulgare e rendere più “giornalistico”, la brutalità e l'aggressione al Regno napoletano. Naturalmente si potrebbe continuare e fare altri nomi, magari quelli che il professor Tanzi cita nel suo libro.

E ritornando a “Italica”, anche Tanzi sgretola alcuni luoghi comuni sul Risorgimento, sulla cosidetta “Italia morale” e “Italia reale”, l'idea di una nazione italiana era esistita, ma nelle menti di pochi “patrioti”, “sarebbe difficile definire il Risorgimento come un movimento popolare o di massa. Era e rimase un movimento di èlite...”. A questo proposito Tanzi fa notare che i cosiddetti “quattro giganti del processo risorgimentale”, cioè Cavour, Mazzini, Garibaldi e Vittorio Emanuele,“forse non a caso, nacquero in un angolo relativamente piccolo del vecchio territorio della penisola italiana, il triangolo di Torino, Genova, e Nizza”. Forse solo Napoleone III conosceva il Sud dell'Italia meglio dei quattro giganti”. Cavour non era mai stato a Sud di Pisa, e non aveva mai espresso particolare interesse a visitare o anche conoscere il Mezzogiorno.“Quella parte dell'Italia semplicemente non lo interessava,- scrive Tanzi - forse perchè non era un'area che lui associava con il futuro e con l'idea di progresso, sia economico che politico e sociale, come lo erano Francia ed Inghilterra”. A questo punto non si comprende perchè ancora bisogna tenersi vie e piazze per ricordarlo e venerarlo come un santo.

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Peraltro questa elite risorgimentista, rimase tra loro divisa, tra repubblicani e monarchici. Per il popolo comune, l'idea di una nazione italiana, e di un governo nazionale italiano, era, e rimase per molto tempo, un concetto astratto. Gli italiani conoscevano ed avevano come loro punto di riferimento il loro re, specialmente, gli abitanti del regno più grande di allora, quello di Napoli. “La nazione creata nel 1861, era una nazione la cui amministrazione statale...sarebbe stata presto aspramente criticata da buona parte delle proprie stesse elite politiche, a causa del suo centralismo”. Nel libro Tanzi critica, l'unità forzata del popolo italiano, bisognava rispettare, almeno nella fase iniziale,“le grandi differenze culturali, economiche, e storiche che esistevano nelle varie regioni, e specialmente tra il Regno di Napoli e delle Due Sicilie, da un lato, ed il regno di Sardegna, dall'altro”. Lo aveva scritto nel 1848, il siciliano Francesco Ferrara, il più importante economista italiano di quel periodo. “Ferrara avvertiva anche sul pericolo che la libertà sarebbe stata perduta se il disegno piemontese di unificare l'Italia fosse andato a termine”.

L'indipendenza dallo straniero si sarebbe potuto ottenere anche senza l'unificazione. Con una “confederazione” degli stati esistenti, come aveva immaginato Metternich e perfino lo stesso Cavour. C'era l'esempio tedesco, e la vicina Svizzera.

Comunque sia anche Tanzi ci tiene a dire che lui ama l'Italia ed è orgoglioso di essere italiano e non intende mettere “in questione il merito della creazione di una nazione italiana e di uno stato chiamato Italia, ma il modo in cui quel progetto fu portato a termine. C'erano altre strade, oltre a quella che fu presa, che, forse con più tempo, potevano portare ad una simile destinazione, ed ad un costo più basso, in termini sociali ed economici. Sapendo ciò che sappiamo ora, è possibile sostenere che alcuni errori, con enormi consequenze future, furono fatti e che almeno alcuni di questi errori potevano essere stati evitati”.

Anche se il libro di Tanzi non intende sviluppare e descrivere gli aspetti e le azioni più o meno eroici del periodo risorgimentale, lui scrive che lo hanno fatto benissimo altri libri e non sarebbe utile ripetere quello che già si sa. Tuttavia il libro di Tanzi offre interessanti spunti per la discussione sugli errori e sulle enormi conseguenze future che hanno avuto soprattutto per il Mezzogiorno d'Italia. Dopo l'invasione del Regno di Napoli e delle Due Sicilie nel 1860 da Garibaldi prima, e dalle forze piemontesi dopo, si scatenò il cosiddetto “brigantaggio”, una “opposizione di massa, che sorprese i 'liberatori' del Nord che avevano pensato di essere ricevuti come eroi liberatori,solleva molte questioni scomode sulla legittimità della conquista del regno di Napoli...”. L'occupazione fu un vero atto di pirateria, anche perchè il Piemonte aveva avuto relazioni diplomatiche con il Regno di Napoli; i due sovrani erano perfino cugini. Tra l'altro l'atto di conquista del Regno dei piemontesi non era stato gradito da molti stati europei. Per questo motivo, diventò politicamente corretto, per le autorità del nuovo Regno d'Italia, di definire “brigantaggio” qualunque opposizione armata contro il nuovo regno e la nuova “patria” italiana, e definire tutti i meridionali dei comuni criminali, dei “briganti”. Infatti a Torino, avevano appreso la lezione dai cugini francesi della Rivoluzione giacobina del 1789, che considerava “cittadini” i rivoluzionari, mentre chi si opponeva come i vandeani, dei “briganti” da eliminare in tutti i modi.

Certo i fenomeni criminali erano sempre esistiti al Sud, ma adesso, assunse dimensioni straordinarie, causato, secondo Tanzi, da diversi fattori. Per motivi politici contro le nuove autorità, che avevano sostituito spesso in maniera arbitrario e violento, le istituzioni del governo borbonico. Un altro motivo, è stato quello delle promesse non mantenute, in particolare, la non distribuzione delle terre ai contadini. Infine per le forti tasse introdotte che colpiraono in particolare il Sud che non era abituato rispetto al Nord.

Comunque, soprattutto nel V° capitolo (Annessione del Mezzogiorno, Unificazione, e Brigantaggio) il professor Tanzi racconta tutto con obiettività sulla famiglia borbonica, il giovane re “francischiello”, figlio di Maria Cristina di Savoia, “la Santa”. L'impresa dei mille di Garibaldi, finanziata da massoni italiani e stranieri (principalmente inglesi) non aveva nessuna legittimità legale o politica, assomigliava molto a un atto di banditismo, favorito naturalmente dai tradimenti degli alti ufficiali borbonici. Praticamente la fine del Regno di Napoli per Tanzi assomiglia molto al crollo dell'Unione Sovietica, un impero che si sfasciò quasi all'improvviso e quasi per miracolo. Infine anche per Tanzi la guerra dell'esercito piemontese ben 120 mila uomini contro i cosiddetti “briganti” del Sud, Paolo Mieli, poteva scrivere: “il fenomeno ricordato nei nostri manuali come brigantaggio in realtà fu una guerra civile che sconvolse l'intero Sud. Gli sconfitti lasciarono le loro terre e alimentarono la gigantesca emigrazione verso l'America”. Per Tanzi fu una guerra civile, come quella americana. Potremmo continuare, certamente bisogna farlo perchè la nostra Storia ci aiuterà a capire anche il nostro presente.

 

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