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I geologi entrerano in un Supervulcano nel cuore delle Alpi

Circa 100 milioni di anni fa l’Africa, staccatasi dal Sudamerica, iniziò la sua deriva andando successivamente a collidere con l’Europa ed originare con l’orogenesi alpina le nostre montagne. In tempi molto più recenti, circa 30 milioni di anni di anni fa, nell’area che comprende la Valsesia la spinta dell’Africa causò il ripiegamento dell’intera crosta terrestre, spingendola verso l’alto e facendo risalire le sue parti più profonde con tutto il sistema di alimentazione del supervulcano. Questo è avvenuto in corrispondenza della Linea Insubrica che a partire da Ivrea percorre tutte le Alpi lungo il limite tra la zolla africana e quella europea.

Così, grazie a questo processo qui descritto in modo molto semplice, oggi possiamo osservare direttamente quello che succedeva nella crosta terrestre sotto al vulcano fino a profondità di circa 25 chilometri: lo si vede percorrendo in discesa la valle, lungo il fiume Sesia, da Balmuccia (la parte più profonda del vulcano risalita in superficie) fino a Prato Sesia. È una situazione unica al mondo e continuare a studiarla consentirà di migliorare la comprensione dei sistemi magmatici con evidenti benefici per il monitoraggio dei vulcani attivi”.

La presenza del supervulcano nelle valli del Sesia, abbinata alla vasta area di Wilderness rappresentata dall'area montuosa del Parco nazionale della Val Grande che si estende tra Ossola e Lago Maggiore, ha portato nel settembre 2013 al riconoscimento da parte dell'Unesco del Sesia Val Grande Geopark. Questo ha consentito all’Italia di essere il primo Paese in Europa, il secondo al Mondo per numero di Geoparchi; un richiamo per studiosi e turisti da tutto il mondo che possono visitare le grandi ricchezze geologiche, naturalistiche, storiche e culturali.

 

Nel cuore delle Alpi occidentali, nella parte più settentrionale del Piemonte al confine con la Valle d’Aosta e la Svizzera, c’è il fossile di un supervulcano e noi saremo lì, scenderemo a vederlo da vicino durante La Settimana del Pianeta Terra” ha affermato Alice Freschi, Presidente Associazione Geoturistica Supervulcano Valsesia al Corriere del sud, annunciando la spettacolare escursione che vedrà protagonista il Supervulcano scoperto nella Valle del Sesia ed in programma durante La Settimana del Pianeta Terra organizzata, solo in Italia, dalla Federazione Italiana Scienze della Terra. “Saremo ai piedi del Monte Rosa – ha proseguito Freschi– e vedremo il S. Monte di Varallo uno dei sette Sacri Monti riconosciuti dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità di grande valore artistico. Entreremo in un vero Museo all’aperto con continue e straordinarie opere lungo l’escursione. Ammireremo i vigneti ed i terreni strettamente legati alla presenza del supervulcano.

Il merito della scoperta di questa realtà geologica – è infatti qui esposto il sistema di alimentazione di un vulcano, caso unico al mondo - va ai professori Silvano Sinigoi dell’Università di Trieste e James E. Quick della Southern Methodist University di Dallas, che da oltre trent’anni studiano la geologia del bacino del Sesia.

In Valsesia da oltre cento anni si sapeva infatti dell’esistenza di rocce vulcaniche  ma non ne era chiara l’origine e che tutte avessero all’incirca la stessa datazione”.

La storia ha inizio circa 290 milioni di anni fa quando sulla Terra esisteva un unico ed enorme continente, la Pangea, che comprendeva tutti i continenti come li conosciamo oggi. La zona della futura Africa, ancora attaccata a quello che è ora il Sudamerica, era teatro di eruzioni vulcaniche disastrose, spesso esplosive.

“È una situazione straordinaria unica al Mondo. Vedremo direttamente e da vicino quello che accadde milioni di anni fa nella crosta terrestre sotto al vulcano fino ad una profondità di 25 chilometri, nel cuore delle Alpi” dichiara Freschi...

“Qui, circa 280 milioni di anni fa e dopo quasi dieci milioni di anni di eruzioni – ha concluso Freschi -  dove si era formato un grosso complesso vulcanico è avvenuta la catastrofe: il vulcano è collassato formando una voragine di almeno 15 chilometri di diametro. In poco tempo sono stati sparati in aria più di 500 chilometri cubi di materiale piroclastico, nubi ardenti e ceneri, che hanno sicuramente oscurato il cielo per anni.

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