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Shulginov: per l'Europa sara difficile abbandonare il gas russo

"L'Europa non ha nessuno su cui fare affidamento tranne gli americani, che stanno aumentando la produzione di Gnl". Lo afferma in un'intervista all'agenzia Tass il ministro dell'Energia russo Nikolai Shulginov, secondo il quale L'Europa che "prevede di abbandonare del tutto le forniture di gas russo", per raggiungere l'obiettivo deve essere sicura "di poterlo fare entro il 2027".

Nikolai Shulginov, parlando all'Eastern Economic Forum ha aggiunto che il programma europeo di indipendenza energetica dalla Russia avra' varie conseguenze. "La stessa situazione dei prezzi conferma che non e' cosi' facile", ha osservato. "Oltretutto, cio' comportera' una battuta d'arresto nel settore, compresa la produzione di prodotti chimici e gas . Sarà una vita completamente nuova per gli europei. E' troppo per loro", ha concluso.

La risposta dei produttori di petrolio del Medio Oriente alla richiesta di Joe Biden rappresenta uno smacco: l’Organizzazione dei Paesi esportatori e i suoi alleati hanno concordato il taglio di 100.000 barili di greggio al giorno da ottobre.

È la prima volta in più un anno che la produzione viene ridotta, dopo diciotto mesi costanti di crescita.

L’Opec+ ha lasciato aperta la porta a nuove decisioni in futuro, ma al momento la risposta, arrivata nello stesso giorno in cui Biden si rivolgeva agli americani parlando di energia e futuro, è uno schiaffo non solo simbolico. L’assenza di ogni riferimento ai produttori nel comunicato della Casa Bianca sembra confermarlo.

“Il presidente - riporta una nota di Washington - è stato chiaro sul fatto che le forniture energetiche dovrebbero soddisfare la domanda per sostenere la crescita economica e abbassare i prezzi per i consumatori americani e per quelli di tutto il mondo”. Ma questo non è avvenuto. 

Il gruppo dell’Opec+, il cartello economico formato da tredici Paesi, tra cui Arabia Saudita, Emirati e Kuwait, aveva tagliato la produzione al culmine della pandemia di Covid nel 2020 per invertire il trend negativo dei prezzi, ma poi aveva ricominciato, nel 2021, ad aumentarli. Il mese scorso l’Opec+ aveva comunicato la decisione di aumentare la produzione di soli 100 mila barili di greggio al giorno.

La decisione era parsa subito una risposta molto debole alla attesa e controversa visita di Biden in Arabia Saudita, il maggior produttore di petrolio. L’incremento, equivalente allo 0,1 per cento della domanda globale, rappresentava il più piccolo da quando l’Opec è nata, nel 1982.

Oggi, poi, l’annuncio del taglio alla produzione è un altro duro colpo a Biden. Il risultato immediato è stato un nuovo rimbalzo dei prezzi del greggio saliti di quasi il 4 per cento subito dopo l'annuncio.

L’annuncio è arrivato dopo settimane di analisi sul reale senso del viaggio di Biden in Medio Oriente e il contemporaneo via libera di Washington alla vendita agli Emirati di sistemi missilistici di difesa.

“Il presidente - ha commentato la Casa Bianca oggi - ha agito, incluso lo storico rilascio di petrolio da parte degli Stati Uniti, e ha lavorato in sinergia con gli alleati per mettere un tetto al prezzo del petrolio russo per garantire le forniture mondiali”. La produzione americana, "è cresciuta di mezzo milione di barili al giorno dall’inizio dell’anno”.

Biden ha ricordato come gli americani abbiano “visto scendere il prezzo del carburante, dodici settimane di prezzo in calo, il ribasso più veloce in un decennio”.

Il presidente ha poi detto di “essere determinato a continuare ad assumere ogni passo necessario per abbassare i prezzi dell’energia”, ma dai produttori del Medio Oriente si aspettava un segnale di sostegno, mentre gli alleati in Europa si trovano davanti alla prima grande crisi energetica da quando la Russia ha invaso l’Ucraina.

E tra poche settimane si entrerà nell’autunno, quando la domanda di energia salirà in modo vertiginoso. Anche lo stesso deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro alimenta incertezza nei mercati e tensione tra i partner europei.

la nuova premier britannica Liz Truss secondo Agi compare su tutte le prime pagine internazionali, che danno risalto alla notizia della sua designazione e offrono una quantità di analisi sulle sfide che dovrà affrontare da subito e di ipotesi sulle decisioni che prenderà, ma anche sulla linea in politica estera. Molti giornali esprimono il timore di un’accentuata conflittualità di Londra con l’Ue, visto che la Truss ha annunciato una linea durissima sulle regole commerciali per l’Irlanda del Nord. Altro tema in primo piano, la crisi del gas con la comunicazione della Russia di non poter riaprire il gasdotto Nord Stream 1 finché non saranno revocate le sanzioni occidentali.

Trump ha ottenuto, come chiedeva, la nomina di un perito super partes per l’esame dei documenti sequestrati nella sua residenza di Mar-a-Lago e questa “vittoria legale” dell’ex presidente è l’apertura del Washington Post, che sottolinea che comunque l’indagine del Dipartimento della Giustizia potrà proseguire. L’ordinanza del giudice della Florida Aileen Cannon (che fu nominata da Trump nel 2020) riconosce infatti che l’ex presidente mantiene alcuni “privilegi” e che tra il materiale prelevato dall’Fbi vi siano anche suoi documenti personali, e dispone che gli inquirenti non potranno perciò esaminare quegli atti finché il perito non li ha avrà valutati. I tempi dunque si allungano, anche se frattanto però l’indagine continuerà, e sarà anche possibile sentire testimoni.

Tra le altre notizia in evidenzia, la strage consumata a coltellate da due fratelli in Canada, e la designazione di Liz Truss a nuovo premier britannico: “eredita un Regno Unito in pericolo”, secondo il Post, che elenca i vari e urgenti problemi del prossimo governo, a partire dall’inflazione e dal caro energia, ma anche le frizioni con l’Ue sulla frontiera con l’Irlanda del Nord dopo la Brexit, e le aspirazioni indipendentiste della Scozia. Temi che, secondo il giornale, “cancellano la luna di miele”, ossia i primi mesi in cui i cittadini guardano con favore ai nuovi leader, tanto più che la Truss è stata scelta dalla ristrettissima platea degli iscritti al partito conservatore, e che nei sondaggi è sgradita alla maggioranza dei britannici: il 52% pensa che sarà un premier disastroso, e solo il 12% ha fiducia in lei.

 

fonte Agi

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