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Recovery: Ancora stallo nell'UE

Sullo stato di diritto l'Ue non arretra di un millimetro e lo stallo sul Recovery resta. La videoconferenza dei leader, come peraltro era previsto, non ha sbloccato il veto di Polonia e Ungheria sul pacchetto economico da 1.800 miliardi di euro con cui i governi nazionalisti di Mateusz Morawiecki e Viktor Orban stanno tenendo in ostaggio il futuro dell'Europa. 

L'Ungheria e la Polonia hanno deciso di porre il veto sul Recovery Fund: al centro di tutto c’è la condizionalità che lega l’erogazione dei fondi al rispetto dello Stato di diritto, con Orban e Morawiecki che rischiano di far saltare il Next Generation Ue e i 209 miliardi destinati all'Italia.

Ma perché Ungheria e Polonia hanno deciso di porre il veto sul Recovery Fund? Tutto ruota intorno alla condizionalità che lega l’erogazione dei fondi al rispetto dello Stato di diritto, un cavillo non di poco conto viste le politiche messe in atto negli ultimi anni da Viktor Orban e da Jarosław Kaczyński.

Secondo l'Articolo 2 del Trattato sull'Unione europea, lo stato di diritto è uno dei valori fondanti dell'UE. Vale a dire che i governi dovrebbero essere vincolati dalla legge, che non dovrebbero prendere decisioni arbitrarie e che i loro cittadini dovrebbero essere in grado di contestare l'operato in un tribunale indipendente.

Esso sancisce inoltre la lotta contro la corruzione, per cui alcuni traggono indebito vantaggio a danno degli altri, e protegge la libertà di stampa, assicurando così che la collettività sia adeguatamente informata sugli interventi del governo.

Lo stato di diritto è di interesse comune secondo i cittadini europei. Secondo un sondaggio dell'Eurobarometro pubblicato nel 2019, almeno l’85% dei partecipanti UE ha considerato essenziale o importante ogni aspetto dello stato di diritto. Un altro sondaggio pubblicato a ottobre 2020 ha riportato che il 77% dei cittadini europei (in Italia l'81%) sostiene che l'UE dovrebbe fornire fondi agli stati membri solo se il governo nazionale rispetta lo stato di diritto e i principi democratici.

La corruzione o la presenza di tribunali non indipendenti possono significare che non esiste una reale protezione contro l’uso improprio dei fondi UE destinati a uno stato membro. Nel 2018, la Commissione ha presentato una proposta legislativa con lo scopo di difendere gli interessi finanziari dell’UE, nel caso in cui vengano rilevate irregolarità nello stato di diritto.

Il Parlamento ha adottato la sua posizione sulla proposta a inizio 2019. Il documento è legato al risultato dei negoziati sul bilancio a lungo termine dell'UE, e il Parlamento ha ribadito che un accordo sul bilancio 2021-2027 è possibile solo se ci sarà sufficiente progresso in questa legislazione.

I leader europei hanno raggiunto nel luglio 2020 l'accordo di introdurre la condizionalità dello stato di diritto, per esempio subordinando la ricezione dei fondi europei di uno stato membro al suo rispetto dello stato di diritto. La presidenza tedesca del Consiglio dell'Unione europea ha presentato una proposta di compromesso a inizio autunno, giudicata insufficiente dagli eurodeputati durante la sessione plenaria del 5 ottobre.

“Un meccanismo che non può nemmeno essere attivato nella pratica, a causa di procedimenti incerti e con potenziali scappatoie, è utile solo agli interessi di chi non desidera vedere nessuna misura in azione”, ha detto Petri Sarvamaa, del Partito popolare europeo (Finlandia).

Ma il messaggio emerso forte e chiaro, per bocca del presidente del Consiglio Charles Michel, è che sul rispetto dello stato di diritto l'Unione non è disposta a fare compromessi. Un punto fermo del negoziato che ripartirà già da domani, sotto la regia della presidenza di turno tedesca, alla ricerca di una via d'uscita per liberare il Bilancio 2021-2027 ed il Recovery fund dal ricatto dei due Paesi recalcitranti di fronte alla clausola che lega l'erogazione dei fondi al rispetto delle regole fondamentali della democrazia.  

Ci vorrà ancora tempo per risolvere la clamorosa crisi scoppiata tra i Ventisette dopo che Ungheria e Polonia si sono opposti all'adozione del bilancio comunitario per protestare contro un nuovo meccanismo che condiziona l'esborso dei fondi comunitari al rispetto dello stato di diritto. La giornata di giovedì ha ribadito il braccio di ferro.

I capi di Stato e di governo hanno tenuto giovedì sera una riunione in teleconferenza, come ormai avviene una volta al mese da quando è scoppiata l'epidemia influenzale. Esponenti politici avevano avvertito che non vi sarebbero state novità. La crisi è scoppiata lunedì, ed è ancora presto per risolvere la questione: “Dobbiamo continuare le discussioni per trovare un compromesso”, ha detto in una conferenza stampa alla fine della riunione il presidente del Consiglio europeo Charles Michel

Per cercare di convincere Budapest, Varsavia e Lubiana, la Francia ha minacciato di chiudere l'accordo a 25, lasciando fuori i due Paesi: anche in questo modo, non avrebbero accesso ai fondi. Ma una spaccatura così plateale, paradossalmente, potrebbe avere conseguenze destabilizzanti per l'intera Unione. Una discussione sostanziale, forse, arriverà con il prossimo Consiglio europeo, in agenda per i primi di dicembre.  

L'ufficio per la comunicazione internazionale di Orban, su Twitter, ha fatto sapere che "il governo di Budapest ha posto il veto sul pacchetto di bilancio Ue in linea con la sua posizione comunicata già nel summit di luglio": le capitali dell'Est non vogliono vedersi negati i fondi perché, a giudizio della Commissione Ue, non rispettano lo Stato di diritto.

"A luglio abbiamo trovato un accordo e abbiamo bisogno che l'intero pacchetto riceva il via libera, dobbiamo andare avanti", ha detto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen al termine del summit Ue. "La Commissione europea sostiene l'accordo trovato nei negoziati, e per me è anche importante per il futuro avere un bilancio" con il meccanismo dello "stato diritto - ha aggiunto - dobbiamo trovare una soluzione, milioni cittadini aspettano una risposta in questa crisi senza precedenti e dunque continuiamo a lavorare sodo per raggiungere un accordo al più presto".

"Ungheria e Polonia hanno posto un veto alla decisione sul Recovery Fund e hanno detto chiaramente che non possono accettare la condizionalità sullo stato di diritto. Questo significa che non possiamo inviare la proposta al Parlamento Ue", ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel al termine della videoconferenza tra i leader Ue. "Non voglio fare speculazioni su come verrà risolta la questione con Ungheria e Polonia, dobbiamo continuare a lavorare e sondare tutte le opzioni possibili", ha detto la Merkel. "Siamo ancora all'inizio della questione".

Il negoziato ripartirà già oggi, ma sembra difficile che il via libera sul Recovery Fund e sul bilancio 2021-2027 dell'Unione Europea arrivi nelle prossime ore. Durante la videoconferenza dei leader UE tenutasi ieri, tramite le parole dei loro capi di governo Mateusz Morawiecki e Viktor Orban, Polonia e Ungheria hanno confermato il veto con cui stanno tenendo in ostaggio il pacchetto economico pensato per fronteggiare la crisi causata dal coronavirus. Dall'altro lato, la maggioranza degli Stati membri è decisa a non scendere a compromessi sulla clausola che lega l'erogazione dei fondi al rispetto delle regole fondamentali della democrazia.

L'Unione Europea potrebbe aggirare l'ostacolo entrando in un esercizio di bilancio provvisorio, ma ciò finirebbe per accumulare ritardi sugli esborsi del Recovery Fund. Resta positivo il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, che ha detto: "La magia dell'Unione Europea è quella di trovare soluzioni anche quando sembra impossibile. Nessuno sottovaluta la situazione, e la natura seria di quanto affrontiamo. Ma c'è la determinazione di lavorare in modo intenso per superare gli ostacoli".

"Ungheria e Polonia hanno posto un veto alla decisione sul Recovery Fund e hanno detto chiaramente che non possono accettare la condizionalità sullo stato di diritto. Questo significa che non possiamo inviare la proposta al Parlamento UE", ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel al termine della videoconferenza. "Non voglio fare speculazioni su come verrà risolta la questione con Ungheria e Polonia, dobbiamo continuare a lavorare e sondare tutte le opzioni possibili", ha aggiunto.

"Gli emendamenti alla costituzione e ad altre leggi presentati dal governo ungherese al parlamento potrebbero avere gravi effetti negativi sui diritti umani" e "minare lo stato di diritto".

I "parlamentari dovrebbero rinviare il voto sul pacchetto". Così Dunja Mijatovic, commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa. "Temo che diverse proposte del pacchetto legislativo, presentato senza consultazione su questioni come il funzionamento della magistratura, la legge elettorale, strutture nazionali per i diritti umani, controllo dei fondi pubblici e i diritti delle persone lgbti, possano minare la democrazia" avverte Mijatovic.  

Il recovery plan dell'Italia "lo vedrete entro i tempi stabiliti, stiamo lavorando con grande intensità e siamo in una interlocuzione con la Commissione europea, come altri Paesi. Nessun paese ha presentato il piano finale, stanno tutti lavorando con la Commissione per affinare i progetti e noi lo stiamo facendo piuttosto intensamente": Lo ha detto il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, a Omnibus ribadendo che il negoziato europeo per superare i veti di Ungheria e Polonia sul bilancio pluriennale comunitario e dare il via al recovery fund può risolversi a dicembre.

Nonostante gli attriti fra i due Paesi dell'Est e l'Ue non siano proprio una novità, è la prima volta che Budapest e Varsavia pongono il veto all'interno del Consiglio europeo, per giunta su una questione di vitale importanza come i fondi comunitari. Al bilancio pluriennale, quest'anno, è legato anche il Recovery Fund, lo strumento finanziario dell'Ue per far fronte alla crisi economica e sanitaria causata dalla pandemia di Covid-19. Agli Stati membri, saranno distribuiti i 750 miliardi di euro previsti dal fondo congiunto, di cui 390 trasferiti in sovvenzioni e 360 in prestiti.

Sbloccare l’approvazione del Mff, pertanto, è fondamentale per tutti in Unione europea, la quale si sta trovando in un’impasse senza precedenti per la sua storia. Il Parlamento europeo ha già dichiarato che non è disposto a negoziare i termini dello stato di diritto con Budapest e Varsavia. I leader del Consiglio europeo, riunitosi virtualmente nella giornata di giovedì 19 novembre, sono tuttora alla ricerca di una soluzione diplomatica. Per riuscire a utilizzare almeno il Recovery Fund, infatti, l’unica alternativa a una ritrovata unanimità sarebbe quella di trasformare il fondo comunitario in uno strumento intergovernativo, che tuttavia si dimostrerebbe una procedura lunga e non risolverebbe il problema del ricatto di fondo da parte dei due Paesi dell’Est – spiega l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi).

Sul fronte sanitario, l'Unione europea non ha alcuna intenzione di fermare i due vaccini. L'Ema potrebbe dare il via libera alla loro commercializzazione nella seconda metà di dicembre. Sempre se non dovessero emergere problemi, ha fatto capire la presidente della commissione Ue, Ursula von der Leyen.

Capitolo debiti. La presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, è stata chiara nel rispondere indirettamente alla proposta avanzata dal presidente dell'Europarlamento David Sassoli: "Leggo sempre con interesse tutto quello che dicono i rappresentanti del Parlamento Ue e soprattutto i presidenti, la mia risposta è molto corta: tutto quello che va in quella direzione è contro i trattati, c'è l'articolo 103 che proibisce quel tipo di approccio e io rispetto i trattati". Dunque, semaforo rosso alla cancellazione del debito contratto dai vari Paesi con la Bce.

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