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La pericolosa escalation di Erdogan, cosa succede tra Grecia e Turchia

La Oruc Reis, nave turca della discordia, e' ripartita verso l'isola greca di Kastellorizo, a pochi km dalle coste turche. La nave, secondo tiscali Notizie battente bandiera di Ankara, andrà' in cerca di giacimenti di gas in un territorio marino conteso fra le due nazioni. L'equilibrio fra Ankara e Atene e' sempre piu' fragile. Da una parte c'e' la Grecia, che rivendica la sovranità' delle acque attorno all'isola. Dall'altra parte la Turchia, che le ritiene zone di sua competenza. Le tensioni sono scoppiate tra luglio e agosto scorsi, quando la Turchia ha inviato per la prima volta una nave per esplorare l'area. L'atto ha riacceso in un attimo le tensioni storiche fra i due Stati che si affacciano sul Mediterraneo.La nave e' poi stata fatta rientrare in Turchia a settembre, in quello che e' stato letto come un segnale distensivo. Per la nuova missione esplorativa, rivela il quotidiano "Sabah", la Oruc Reis sara' accompagnata da altre due imbarcazioni. La nuova esplorazione arriva dopo l'accordo distensivo raggiunto.

L'Unione Europea rischia l’irrilevanza: c'è in ballo la nostra credibilità, ha riconosciuto una fonte diplomatica tedesca a Reuters. Gli analisti di politica estera, i consiglieri giuridici delle Cancellerie europee, lo stesso vertice politico della NATO prendono atto e riconoscono mestamente che l’affaire Turchia evidenzi la scarsa efficacia, anzi l’irrilevanza dell’approccio in politica estera dell'Unione Europea: le misure diplomatiche di sanzione assunte arrivano spesso in ritardo e sono spesso il frutto di compromessi al ribasso a favore dell’aggressività turca contro l’Europa,scrive Luca Della Torre al "Agenzia corrispondenza romana"  

Mentre un fragile cessate il fuoco sul Nagorno-Karabakh fa sperare in una soluzione dello scontro tra l'Armenia e l’Azerbajan, ecco che Erdogan rilancia la sfida con la Grecia sull'attività di ricerca sismica nel Mediterraneo orientale annunciando l'invio della nave Oruc Reis, accompagnata dalle navi di appoggio Ataman e Cengiz Han e scortata da due fregate della marina turca, nella zona di competenza di Atene.

La Siria, la Libia, la Grecia, Cipro, il Caucaso. È dall'inizio dell'anno scrive il Corriere della Sera, che il presidente turco accende e spegne incendi nelle zone limitrofe. A metà settembre la Turchia aveva deciso di ritirare la Oruc Reis come gesto di buona volontà «per consentire alla diplomazia» di lavorare a una soluzione, proprio a ridosso di un summit della Ue in cui Cipro invocava sanzioni nei confronti di Ankara. «Questa è la prova che non hanno alcuna credibilità - ha detto ieri il portavoce del governo greco Stelios Petsas — questo atto rappresenta una grande escalation ed una minaccia diretta alla pace ed alla sicurezza nella regione». Ankara, ha aggiunto il ministro degli Esteri greco è «il principale fattore di instabilità e criminalità dalla Libia all’Egeo e Cipro, Siria, Iraq e ora Nagorno-Kharabakh».


La Turchia, ormai da un decennio scrive Luca Della Torre al "Agenzia corrispondenza romana" sotto il tallone della muscolare quanto pericolosa ideologia panturanica e panislamica del Presidente Recep Erdogan si presenta sempre più spesso come un pericoloso competitor, addirittura un enemy, un nemico dell’Unione europea. Il paradosso politico istituzionale della Turchia contemporanea sta tutto qui: in virtù di una serie di decennali strategici trattati ed accordi di diritto internazionale la Turchia dal secondo dopoguerra è stata una pedina fondamentale dell’Alleanza atlantica, la NATO, e dell'Occidente intero nel contrastare la minaccia dell’ideologia marxista incarnata nel regime sovietico e nel Patto di Varsavia. Forte di una tradizione culturale nazionalista e militarista secolare, che giustifica il feroce anticomunismo del popolo turco, forte della sua posizione a cerniera di Occidente ed Oriente, lo Stato laico turco di Kemal Ataturk, liberatosi del fardello ideologico dell'Islam, è stato per decenni un fedelissimo partner dell'Europa, degli USA, della NATO nel garantire la stabilità delle relazioni internazionali nell’asse del Mediterraneo allargato al Mar Nero ed al Medio Oriente. Tutto ciò non esiste più: in un paio di decenni la Turchia ha subito una radicale evoluzione in chiave politico culturale, che l'ha condotta ad essere ora un problema, anzi “il problema” delle Cancellerie europee, USA, nel Mediterraneo. Ma la Turchia è al tempo stesso ancora un membro della NATO, con un esercito potentissimo. Con il crollo dell'Unione Sovietica ed il termine della Guerra Fredda, con la rinascita del mito politico militare islamico del Jihad nel Medio Oriente, la Turchia è divenuta sempre più una potenza regionale impazzita nelle relazioni con l'Occidente, come ha affermato un diplomatico al recente Consiglio degli Affari Esteri della UE. Nel recente vertice del Med7 di Ajaccio, che riunisce i Paesi europei e maghrebini del Mediterraneo, il Presidente francese Macron ha dichiarato espressamente che «la Turchia fa un gioco pericoloso» violando tutti gli impegni assunti alla conferenza di Berlino sulla sicurezza del Mediterraneo. Tre sono le partite geo strategiche che stanno facendo salire la tensione a livello di guardia nei trattati e accordi di diritto internazionale tra UE e Turchia nello scacchiere del Mediterraneo.

Scrive Luca Della Torre : mai come in questi giorni assume rilevanza politica internazionale la recente ricorrenza della memorabile battaglia di Lepanto, in cui il 7 ottobre 1571 la lungimirante alleanza strategica degli Stati europei permise la definitiva sconfitta dell'ambizioso piano politico militare ottomano di assoggettare il Continente europeo al proprio dominio. Fu una battaglia ed una vittoria prima ancora culturale che militare: le potenze europee, oramai travolte dal vortice rivoluzionario storico del Rinascimento postmedievale, stavano sperimentando la pericolosissima frammentazione politica della nascita degli Stati nazionali, che tra Riforma luterana e Guerra religiosa dei Trent'anni avrebbe portato l'Europa ad una condizione di conflitto permanente che ha sfregiato il Continente nella storia moderna. Solo la strategica visione di Papa S.Pio V degli assetti conflittuali tra Occidente ed Oriente, dell’inconciliabilità tra fede cristiana ed Islam, tra visione della Respublica Christiana della distinzione tra autorità temporale e spirituale ed il totalitarismo panislamico ottomano permise ad una riottosa Europa di trionfare contro la bellicosa dottrina del Jihad islamico.

Purtroppo la Storia si ripete, continua Luca della Torre, nella sua analisi,la prima e più drammatica è stata l’invio unilaterale, non concordato con UE e NATO di un contin­gente militare turco in assetto di combattimento (quindi non una semplice missione di peacekeeping) in Libia a sostegno del Premier Al-Sarraj in risposta all'offensiva del rivale generale Haf­tar, l’uomo forte della Cire­naica. Una prova di forza che ha permesso ad Ankara di stabilire una presenza strategica nella regione della Tripolitania, ricchissima di risorse energetiche, estromettendo di fatto le aziende petrolifere italiane e francesi: cosa che ha suscitato l’ira del Presidente francese Macron, mentre l’inetto governo italiano, privo da sempre di una muscolare responsabile visione strategica della tutela dei diritti e della sicurezza internazionale ha semplicemente preso atto dell’estromissione dell’Italia dallo scacchiere libico.

Il secondo scenario sottolinea Della Torre, su cui la minacciosa politica estera del Presidente Erdogan fa leva per garantirsi una forma di ricatto nei confronti dell'Europa, è la presenza sul proprio territorio di centinaia di migliaia di profughi, migranti, terroristi jihadisti scappati in Turchia a causa della guerra civile siriana e del crollo dell’ISIS. Con brutale cinismo ma efficace realpolitik Erdogan negli ultimi mesi ha “consentito” a molti di essi di lasciare la Turchia per approdare nelle isole greche limitrofe alla costa turca, in Bulgaria, nei Balcani, infine nei Paesi UE. Una situazione degenerata in una spada di Damocle sulla testa dell’Europa, che con il Patto sull'immigrazione del 2016 è costretta ad elargizioni miliardarie alla Turchia per evitare che il mare di profughi invada i Paesi della UE.

 

 

 

 

 

 

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