Nuovo scontro sui migranti nel Governo

Nuovo scontro sui migranti nel governo dopo il recupero, da parte di una nave privata battente bandiera italiana di alcuni migranti in acque libiche. La nave Vos Thalassa, rimorchiatore a servizio di piattaforme petrolifere è, infatti, intervenuta ieri sera per recuperare una sessantina di migranti e "ha anticipato l'intervento della guardia costiera libica che era già stata allertata". La posizione del ministro dell'Interno, si è appreso dal Viminale, è che non avrà l’autorizzazione ad avvicinarsi ai porti italiani.

Ma successivamente la nave ha lasciato i migranti a una nave della guardia costiera italiana, la Diciotti, "che pure era più lontana rispetto ai libici che stavano entrando in azione", fa sapere il Viminale . A questo punto - però - si fa sepere dal Viminale la posizione del ministro dell'Interno "non cambia". Il "problema politico" posto dal ministro dell'Interno.

E così, dopo gli stop alla Aquarius e alla lifeline , questa notte ha deciso di bloccare anche una nave battente bandiera italiana. Si tratta della Vos Thalassa, un'imbarcazione che ha salvato 66 stranieri nelle acque libiche dopo essere intervenuta in seguito ad un Sos nella zona di Sar.

Secondo quanto scrive Reppublica, Salvini ha fatto sapere che non intente indicare alcun porto di approdo per l'imbarcazione Vos Thalassa, che lavora come nave rifornimento per una piattaforma petrolifera della Total nel Mediterraneo. Dopo lo stop a organizzazioni non governative, mercantili e navi militari straniere, per la prima volta il disco rosso del leader leghista riguarda una nave italiana che viaggia con un carico di clandestini. "Si tratta infatti - spiegano le fonti del ministero degli Interni all' Huffington post- di una nave privata". Non solo. Secondo la ricostruzione del Viminale, la Vos Thalassa avrebbe anche "anticipato l'intervento della Guardia costiera libica che era già stata allertata". Da qui lo stop immediatamente condiviso con il premier Giuseppe Conte, il vicepremier Luigi Di Maio e il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli.

Già a metà giugno la Vos Thalassa era stata protagonista di un salvataggio di immigrati che erano stati, poi, affidati alla nave militare italiana "Diciotti". Anche oggi ha poi lasciato gli immigrati recuperati alla Diciotti che, come spiega il dicastero guidato da Salvini, "era più lontana rispetto ai libici che stavano entrando in azione". Come spiegato da Toninelli i 66 immigrati, che si trovavano a bordo della Vos Thalassa, "stavano mettendo in pericolo di vita l'equipaggio dell'incrociatore italiano", probabilmente perché non volevano essere riportati in Africa. Ciò nonostante ciò, fanno sapere dal Viminale, la posizione "del ministro non cambia": gli extracomunitari non sbarcheranno in Italia. Per questo non è stata ancora data alcuna indicazioni sul porto d'arrivo.

Paolo Savona torna al centro dell'attenzione dopo qualche tempo da quegli infuocati giorni di un mese fa, quando il presidente Mattarella ha fatto resistenza su una sua salita al ministero dell'Economia.

Il tema è il tanto discusso piano B " per l'uscita dall'euro. Piano ipotizzato da uno studio realizzato da scenari economici,ma da cui lo stesso in parte le distanze. Seconso il quotidiano Il Giornale in prima pagina mette in evidenza che oggi il ministro delle politiche europee, di fronte alla commissione sulle Politiche Ue di Senato e Camera è tornato a precisare la sua posizione. E a chi gli dice "Ma tu vuoi uscire dall'euro" risponde che "possiamo trovarci nelle condizioni in cui non siamo noi a decidere ma siano altri. La mia posizione del piano B, che ha alterato la conoscenza e l'interpretazione delle mie idee, è essere pronti a ogni evento".

Il piano B, insomma, come sottolinea il quotidiano il giornale come exit strategy non per decidere di abbandonare la moneta unica. Ma per essere pronti a reagire nel caso in cui altri decidessero di porre fine all'Euro. Nel presentare le sue idee alle commissioni, Savona ha rivelato che presto vedrà il governatore della Bce, Mario Draghi. Exd è a Supermario che esporrà le sue idee sulla banca centrale, la sua governance e gli errori fatti nell'impalcatura finanziaria dell'Eurozona. "Se alla Bce non vengono affidati compiti pieni sul cambio - ha detto il ministro - ogni azione esterna all'eurozona si riflette sull'euro senza che l'Unione europea abbia gli strumenti per condurre un'azione diretta di contrasto. L'assenza di pieni poteri della Bce sul cambio causa una situazione in cui la crescita dell'economia dell'eurozona risulta influenzata, se non determinata, da scelte o vicende che accadono fuori dall'Europa". Non solo. Perché, per sperare che "l'euro sopravviva", secondo Savona è necessaria "una stretta connessione tra architettura istituzionale dell'Ue e politiche di crescita".

Sul lato delle politiche che il governo intende mettere in campo, Savona suggerisce a Conte di "tenere conto" dei timori dei mercati quando si parla di flat tax, reddito di cittadinanza e Fornero. Questo non significa non attuare le promesse elettorali, ma per "rilanciare gli investimenti e la crescita" non occorre mostrare "fretta sul lato della spesa corrente prima che gli investimenti manifestino gli effetti attesi". "Il problema -è il ragionamento di Savona - non è quindi se attuare o meno le promesse ma i tempi e i modi in cui verranno attuate". Unica certezza: "Dicono che stiamo vivendo al di sopra delle nostre risorse, non è vero: stiamo vivendo al di sotto delle risorse, a causa dei vincoli Ue".

Infine, il ministro si è preso il tempo per lanciare una frecciata a chi l'ha accusato di aver fatto salire lo spread durante i giorni del braccio di ferro con Mattarella. "Sarei felice di governare lo spread, lo farei in senso opposto ma non coinvolgetemi in queste banalità Sono banalità irrilevanti, io non rappresento nessuno".

Le crisi sono costate alle banche "circa 12 miliardi per i salvataggi e per nuovi fondi europei e nazionali di garanzia", ma la tenuta del sistema è stata garantita da "addirittura 70 miliardi di aumenti di capitale e ancor più colossali continui prudenziali accantonamenti": in occasione dell'Assemblea Annuale, il presidente dell'Abi Antonio Patuelli (rieletto per acclamazione anche per il biennio 2018-2020) rivendica i risultati ottenuti, a cominciare dal forte calo delle sofferenze, che, "al netto degli accantonamenti, sono ridotte a circa 50 miliardi rispetto al picco del 2015", e dei crediti deteriorati netti, 135 miliardi rispetto ai 200 di giugno 2015. 

Mette in guardia dai rischi "strategici" dell'Italia dal non partecipare maggiormente all'Ue, scelta che potrebbe porci nei "gorghi di un nazionalismo mediterraneo molto simile a quelli sudamericani". E chiede anche gli strumenti perché in futuro banche e risparmiatori non debbano sopportare un peso così gravoso: "L'Unione Bancaria deve consentire ai sistemi nazionali di garanzia dei depositi di poter effettuare interventi preventivi per le banche in crisi, per evitare danni maggiori". E anche una maggiore razionalizzazione dei costi per gli interventi: "Chiediamo che le norme dispongano che ciascuna banca debba contribuire ai Fondi di garanzia di cui può teoricamente usufruire e non ad altri".

"La scelta strategica deve essere di partecipare maggiormente all'Unione Europea impegnando di più l'Italia nelle responsabilità comuni, anche con un portafoglio economico nella prossima Commissione Europea. - sostiene Patuelli - Altrimenti l'economia italiana potrebbe finire nei gorghi di un nazionalismo mediterraneo molto simile a quelli sudamericani. In questa primavera, in Argentina, il tasso di sconto ha perfino raggiunto il 40%. Con la lira italiana, negli anni Ottanta, il tasso di sconto fu anche del 19%".

Le banche italiane "proseguono i grandi sforzi e progressi" per la ripresa e l'opera di riduzione dei crediti deteriorati, passati in due anni da 200 a 135 miliardi ma "ogni aumento dello spread impatta su Stato, banche, imprese e famiglie rallentando la ripresa", afferma Patuelli. 

Ma l'Unione bancaria deve anche permettere alle banche in ciascun Paese di agire in maniera razionale, e tempestiva, per evitare i costi esorbitanti sostenuti nelle ultime crisi. "Le crisi bancarie si sono sviluppate in Italia più tardi rispetto al resto dell'Occidente e sono state affrontate, il più delle volte, con le nuove regole dell'Unione Bancaria nata il 4 Novembre 2014, purtroppo senza norme transitorie". I risultati sono stati vissuti sulla pelle dei risparmiatori, per il futuro occorre agire in un altro modo: "Chiediamo che le norme dispongano che ciascuna banca debba contribuire ai Fondi di garanzia di cui può teoricamente usufruire e non ad altri".  

Patuelli, da sempre deciso sostenitore dell'Unione Europea e dell'Unione bancaria, sottolinea come in questo momento occorra "una nuova spinta per un'Unione bancaria con regole identiche, con Testi unici di diritto bancario, finanziario, fallimentare e penale dell'economia e con coerenza fra regole contabili e prudenziali.

Occorre superare le contraddizioni a cui sono soggette le banche che debbono operare come banche d'Europa, con la Vigilanza unica, e contemporaneamente come banche con ancora nazionali e diversi diritti bancari, finanziari, fallimentari, penali dell'economia e soggette alla concorrenza dei diritti tributari". L'Unione passa anche per la semplice applicazione di regole di buon senso, osserva Patuelli: "L'Europa vince tutta insieme come quando riduce gli assorbimenti patrimoniali a fronte dei prestiti a diverse categorie di imprese e realizza i bonifici istantanei che consentono, in massimi dieci secondi, di trasferire denaro tracciato nell'area unica dei pagamenti in Euro".

Patuelli torna a chiedere che la Ue eviti l'imposizione "di un assorbimento patrimoniale sulle banche per il possesso di titoli pubblici che sono riserve di liquidità bancaria". Lo afferma il presidente Abi Antonio Patuelli all'assemblea dell'associazione rilevando come "i conflitti fra gli Stati in questi campi metterebbero in difficoltà gli stati che hanno più debiti". Patuelli ha inoltre sottolineato come i "numeri dei 'tettì dei crediti deteriorati debbono essere motivati in modo trasparente" e non "debbono soffocare la ripresa"

Patuelli rivendica anche il successo di un consistente piano di riduzione dei costi e degli sportelli: "A dicembre 2017 l'Italia ha visto ridurre a circa 27 mila il numero di sportelli bancari, con tendenza a ulteriori diminuzioni, mentre crescono, con varie denominazioni, gli uffici finanziari. I canali distributivi sono sempre più concorrenti per le libere e responsabili scelte di risparmiatori e investitori". A questo, sottolinea, si è giutni in accordo con i sindacati, di cui si apprezzano "rispetto reciproco e costruttività", nel comune obiettivo di definire "insieme i percorsi delle ristrutturazioni basati sempre su scelte volontarie, rifiutando l'indifferenza sociale".

 

 

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