M5S, mancano i rimborsi

La restituzione «obbligata», fiore all'occhiello dei parlamentari Cinquestelle che si sono impegnati (e vantati) di donarli a un Fondo per il microcredito alle imprese istituito presso il Ministero dell'Economia, è diventata la spada dell'harahiri. Complice la desolante disorganizzazione e improvvisazione che regna attorno al samurai Giggi Di Maio, ancora ieri abbarbicato a concetti così elementari da testimoniarne la modestia, l'inadeguatezza. Dopo l'annunciata espulsione di Martelli e Cecconi, i primi due parlamentari pizzicati dalla Iene a truffare su bonifici e rendicontazione, il Capo politico ieri mattina ancora pensava di poter tenere sotto controllo la situazione. 

«Questo è un Paese strano... Restituisci 23,1 milioni e la notizia è che manca lo 0,1!». Logica minimizzatrice che sembrava reggere, almeno fino a quando la cifra «mancante» dal Fondo è rimasta confinata nei 100mila euro dei due inadempienti (uno, addirittura, s'era giustificato con «gravi problemi familiari», come a scuola). Ma con il passare delle ore la cifra sembrava crescere come una variabile impazzita. 

Fonti grilline utilizzavano un'altra di quelle scuse da asilo Mariuccia che fanno temere il peggio: «Abbiamo sbagliato i calcoli, il dato visibile su tirendiconto.it non corrisponde alle tabelle del Tesoro... A occuparsi delle rendicontazioni, centinaia e centinaia, c'è un unico tecnico che ha commesso degli errori...». Giarrusso invece esultava, dopo aver verificato i propri rimborsi: «Un funzionario della banca ha fatto un errore, ma i rimborsi ci sono, puntuali e precisi!».

"Tra deputati e senatori siamo ad una doppia cifra, è un partito fatto di furbi e furbastri che tradisce la fiducia dei cittadini". Sono queste le parole con cui un ex militante, ai microfoni de Le Iene nel servizio sul M5S trasmesso via internet domenica sera, svela i mancati rimborsi che, a suo parere, coinvolgerebbero diversi esponenti del M5S. L'inchiesta de Le Iene, che il programma sceglie di mandare sul suo sito web, ha portato al ritiro, di fatto, dalla campagna elettorale dei parlamentari Andrea Cecconi e Carlo Martelli. E' l'ex militante intervistato da Le Iene, infatti, a fare i nomi dei due esponenti pentastellati, rei - è la sua accuso ai microfoni del programma Mediaset - di aver finto di restituire oltre 21mila euro, nel caso di Cecconi, e oltre 76mila nel caso di Martelli. 

La mancata restituzione, spiega l'ex militante, si concretizza pubblicando sul sito "tirendiconto.it" i bonifici fatti salvo poi revocarli entro 24 ore dalla pubblicazione. Interpellati il 2 febbraio scorso dall'inviato de Le Iene Filippo Roma, sia Cecconi sia Martelli negano. "Non è vero, ho tutti i bonifici fatti, sono caricati online", spiega Cecconi prima di andar via mentre Martelli prima nega con forza ("A me questa cosa non risulta, questa cosa qua finisce adesso, è una cosa terribile") salvo poi rilevarsi più possibilista: "farà questa verifica, se è così provvederò a sistemare tutto". A entrambi Le Iene chiedono di contattare il programma dopo la verifica ma nessuno dei due parlamentari, spiega il programma nel servizio, si fa sentire.

"Quelle persone come Cecconi e Martelli le ho già messe fuori, per gli altri stiamo facendo tutte le verifiche che servono ma siamo orgogliosi di quello che è il Movimento. Non sarà qualche mela marcia ad inficiare questa iniziativa che facciamo solo noi e come sanno gli italiani da noi le mele marce si puniscono sempre". Così a Napoli, Luigi Di Maio, in merito ai rimborsi dei cinquestelle. "La notizia in un paese normale è che M5S ha restituito 23 milioni e 100mila euro di stipendi e questo è certificato da tutti quanti e ci sono 7mila imprese in Italia che lo testimoniano perché quei soldi hanno fatto partire 7mila imprese e 14mila posti di lavoro", ha spiegato. " Se ci saranno controlli da fare li stiamo facendo - ha concluso - ringrazio chi ha fatto queste inchieste ma questo è un paese strano in cui restituisci 23,1 milioni e la notizia è che manca lo 0.1".

Andrea Cecconi e Carlo Martelli sono, probabilmente, la punta di un iceberg. Un iceberg contro cui la campagna del M5s rischia di sbattere a un passo dal rush finale. Il caso degli ammanchi nelle restituzioni dei parlamentari, si allarga a macchia d'olio, potrebbe superare il milione di euro e irrompe nella tappa elettorale di Luigi Di Maio nella sua Campania. Tappa che vede, tra l'altro, il ritorno in campo di Beppe Grillo. Il caso è preso molto seriamente dai vertici, che reagiscono in maniera durissima. "Le mele marce le trovo e le caccio, nessuno inficerà il nome del M5S", è il diktat del capo politico. La questione, secondo il servizio delle Iene andato in onda ieri sera, riguarda almeno una decina di parlamentari e non solo Cecconi e Martelli. 

E dalle prime verifiche i vertici del Movimento ammettono come il "buco" sulle restituzioni per il fondo per il microcredito sia "più grande" degli oltre 200mila euro preventivati dai media. Sul totale delle cifre "vediamo domani", si limitano a dire, dopo aver chiesto in via ufficiale gli atti al Ministero dell'Economia presso cui è registrato il fondo per le pmi. I calcoli, fatto salvo eventuali errori commessi dai tecnici del Movimento nel riportare i dati delle restituzioni, sembrano volgere al peggio. Alla cifra di 226 mila euro di ammanco, che ha fatto scattare l'allarme per le mancate restituzioni, va infatti aggiunta la cifra versata al fondo dagli eurodeputati del M5s, pari a 606mila euro, come certificato dallo stesso blog giorni fa. E a questa si somma il totale dei rimborsi arrivati dalle Regioni: le stime sono approssimative ma si parla di oltre 500mila euro. Il tutto fa quindi aumentare la forbice tra quanto dichiarato dai parlamentari sul sito tirendiconto.it e quanto arrivato, in concreto, dai bonifici.

Intanto Il candidato premier M5S Luigi Di Maio si è presentato stamattina negli uffici dell'Istituto di credito che è a Montecitorio. In sua compagnia, oltre allo staff M5S, c'era l'inviato de "Le Iene", Filippo Roma, tra gli autori dell'inchiesta sulle "restituzioni" dei parlamentari M5S. La presenza di Di Maio in banca mostrerebbe la volontà del leader di fare chiarezza sulla vicenda: è presumibile che abbia chiesto allo sportello bancario di fornirgli copia dei bonifici al Fondo per il microcredito del Ministero dello Sviluppo sul quale i pentastellati devolvono parte del loro stipendio

"Di Maio come Craxi"? Bobo e Stefania replicano a Renzi : La frase non è piaciuta ai molti che continuano a nutrire stima nei confronti dell'ex leader socialista, scomparso nel gennaio del 2000. I primi a insorgere sono stati i figli di Bettino, che militano su fronti politici opposti. "Renzi dice a Otto e mezzo che Di Maio gli ricorda Craxi - scrive su Facebook e Twitter Bobo Craxi -. Un paragone miserabile pronunciato dal capo della banda dello scandalo Consip ed Etruria. Un altro buon motivo per non farlo votare dai Socialisti".

Anche la figlia maggiore di Bettino, Stefania Craxi, candidata al Senato nelle liste di Forza Italia, non le manda certo a dire a Renzi. ''I sondaggi che giungono al Nazareno fanno perdere sempre più la testa alla cricca etrusco-fiorentina, ormai al collasso e prossima a una sconfitta di portata storica, tanto da confondere Craxi con un insipiente Di Maio, in un rigurgito di antisocialismo che rappresenta una nota di continuità di certa sinistra 'vecchia' e 'nuova'". "L'ormai stantia retorica renziana, intrisa del solito moralismo e della solita, quanto poco credibile, superiorità morale, cozza con la ragione e con la cronaca di questi mesi e di questi anni. Se Renzi cerca formule a effetto o 'mariuoli' per sbugiardare le menzogne pentastellate, può benissimo rovistare nella sua cerchia ristretta affetta da una passione 'sinistra' e 'morbosa' per le banche e per gli affari che, come prestò si vedrà, non ha risparmiato neanche il campo internazionale".

"Renzi farebbe quindi bene a ripassare la storia - prosegue Stefania - non solo per capire chi è stato Craxi, ma anche per comprendere che il M5S figlia proprio da quella stagione di violenza, menzogne e falsità, chiamata Mani Pulite, a cui la sua battuta vuole ammiccare e fare riferimento. Per inciso, un periodo della nostra storia che ha distrutto il sistema politico ed istituzionale italiano aprendo la strada al giustizialismo, al populismo ed all'avventura.

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