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La Chiesa ha sempre condannato chi pone fine volontariamente alla vita dell'uomo

In un messaggio inviato ad un convegno sul "fine vita" promosso dalla Pontificia Accademia Papa Francesco tocca un tema che di sicuro farà discutere.

Papa Francesco ha inviato al presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Vincenzo Paglia e a tutti i partecipanti al Meeting Regionale Europeo della World Medical Association un messaggio sul fine-vita. Servono leggi condivise. 

In questo messaggio Bergoglio ricorda che è «moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito proporzionalità delle cure». Francesco si rifà alla dottrina classica della Chiesa, enunciata anhce nel Catechismo. L’aspetto di tale criterio è che prende in considerazione «il risultato che ci si può aspettare, tenuto conto delle condizioni dell’ammalato e delle sue forze fisiche e morali» e consente quindi di giungere a una decisione che si qualifica moralmente come rinuncia all’accanimento terapeutico.

Papa Francesco invita i governi a procedere in questo campo con calma e dialogo per arrivare a leggi il più possibili condivise. «In seno alle società democratiche, argomenti delicati come questi vanno affrontati con pacatezza: in modo serio e riflessivo, e ben disposti a trovare soluzioni – anche normative – il più possibile condivise. Da una parte, infatti, occorre tenere conto della diversità delle visioni del mondo, delle convinzioni etiche e delle appartenenze religiose, in un clima di reciproco ascolto e accoglienza. D’altra parte lo Stato non può rinunciare a tutelare tutti i soggetti coinvolti, difendendo la fondamentale uguaglianza per cui ciascuno è riconosciuto dal diritto come essere umano che vive insieme agli altri in società».

«Una particolare attenzione va riservata ai più deboli, che non possono far valere da soli i propri interessi. Se questo nucleo di valori essenziali alla convivenza viene meno, cade anche la possibilità di intendersi su quel riconoscimento dell’altro che è presupposto di ogni dialogo e della stessa vita associata. Anche la legislazione in campo medico e sanitario richiede questa ampia visione e uno sguardo complessivo su cosa maggiormente promuova il bene comune nelle situazioni concrete». 

Negli anni passati si è acceso un vero e proprio scontro su alcuni casi che hanno scosso la coscienza del Paese. Pensiamo ad esempio a Piergiorgio Welby (2006) o a Eluana Englaro (2009). Nei loro confronti si è trattato di porre fine all'accanimento terapeutico o si è preticata, invece, una forma mascherata di eutanasia? La Chiesa ha sempre condannato chi pone fine volontariamente alla vita dell'uomo. 

Anche se sul tema dell'accanimento terapeutico la Chiesa è fermamente contraria. L'articolo 2278 del Catechismo recita: "L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente se ne ha competenza e capacità".

E lo stesso dicasi per l'uso degli antidolorifici, per alleviare le profonde sofferenze in caso di gravi malattie. "L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, - si legge nell'articolo 2279 - anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile". A ben vedere, quindi, papa Francesco non ha detto nulla di nuovo rispetto alle posizioni ufficiali della Chiesa.

In un altro messaggio Papa Francesco inviato a Frank Bainimarama, premier delle Fiji, presidente della 23/ma Sessione della Conferenza sulla Convenzione-Quadro dell'Onu sui Cambiamenti Climatici (COP-23), in corso a Bonn, letto nel corso dei lavori ha detto che :

"In questi giorni - afferma il Papa - siete riuniti a Bonn, per portare avanti un'altra fase importante dell'Accordo di Parigi: il processo di definizione e costruzione di linee guida, regole e meccanismi istituzionali affinché esso sia realmente efficace e in grado di contribuire al conseguimento degli obiettivi complessi che si propone. In un siffatto percorso è necessario mantenere alta la volontà di collaborazione". In tale prospettiva, prosegue, "desidero ribadire il mio 'invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. 

In tale prospettiva, "appare sempre più necessario prestare attenzione all'educazione e agli stili di vita improntati a un'ecologia integrale, capace di assumere una visione di ricerca onesta e di dialogo aperto dove si intrecciano tra di loro le varie dimensioni dell'Accordo di Parigi". Per il Papa, "si tratta, in concreto, di far propagare una 'coscienza responsabile' verso la nostra casa comune attraverso il contributo di tutti, nell'esplicitazione delle differenti forme di azione e di partenariato tra i vari 'stakeholders', alcune delle quali non mancano di mettere in luce l'ingegno dell'essere umano in favore del bene comune". L'appello del Pontefice alla Cop-23 è quindi di "accelerare la presa di coscienza e di consolidare la volontà di adottare decisioni realmente efficaci per contrastare il fenomeno dei cambiamenti climatici e contestualmente combattere la povertà e promuovere un vero sviluppo 

Tale transizione viene poi ulteriormente sollecitata dall'urgenza climatica che richiede maggiore impegno da parte dei Paesi, alcuni dei quali dovranno cercare di assumere il ruolo di guida di tale transizione, avendo ben a cuore le necessità delle popolazioni più vulnerabili". D'altronde, aggiunge, "non ci si può limitare alla sola dimensione economica e tecnologica: le soluzioni tecniche sono necessarie ma non sufficienti; è essenziale e doveroso tenere attentamente in considerazione anche gli aspetti e gli impatti etici e sociali del nuovo paradigma di sviluppo e di progresso nel breve, medio e lungo periodo".

Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati [per vari motivi che] vanno dalla negazione del problema all'indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche' (cfr Enc. Laudato si', 14)". Francesco ricorda che "lo storico accordo di Parigi" sul clima "indica un chiaro percorso di transizione verso un modello di sviluppo economico a basso o nullo consumo di carbonio, incoraggiando alla solidarietà e facendo leva sui forti legami esistenti tra la lotta al cambiamento climatico e quella alla povertà.

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