Hillary, la prima donna verso la Casa Bianca

Con l'inattesa vittoria schiacciante che si profila in California, lo stato piu' popoloso, ricco e culturalmente influente degli Usa, e il bersaglio piu' grosso (con i suoi 475 delegati) di questo ultimo super tuesday delle presidenziali, Hillary suggella trionfalmente la conquista di una storica nomination, la prima di una donna nei 240 anni della democrazia americana.

Hillary. La si chiama per nome in America, neanche fosse una pop star o una personalità della tv. Hillary è nei ricordi degli americani 'da sempre', parte della storia recente e del tessuto politico del Paese. Si conoscono le sue immagini da studentessa con l'acconciatura anni '60, da giovane avvocato con occhialoni anni '70, da first lady accanto a Bill Clinton. Adesso Hillary è la prima donna candidata per la presidenza degli Stati Uniti, e non è accaduto per caso. Né è stato facile o senza intoppi e cadute. Esattamente otto anni fa cedeva il passo all'allora senatore dell'Illinois Barack Obama che, conquistata la nomination democratica, sarebbe diventato il primo presidente afroamericano degli Stati Uniti. Lo fece 'ammettendo' che il soffitto di cristallo non era stato del tutto infranto. Aveva però "18 milioni di crepe", i 18 milioni di voti ottenuti nelle primarie del 2008 a "far passare una luce come mai prima, riempiendoci della speranza e della consapevolezza che il percorso sarà un po' più facile la prossima volta", disse. Eccola 'la prossima volta' e l'opportunità della vita per Hillary Rodham Clinton, che ha conquistato ora la nomination democratica.

"Questa sera chiudiamo un capitolo di Storia e ne apriamo un altro", ha esordito vantando a suo modo anche lui un merito storico per aver raccolto un numero record di voti nelle primarie repubblicane. Poi si e' lanciato a testa bassa contro i "fallimenti" di Obama, contro gli "errori" di Hillary, "estensione dei disastri di Obama", colei che ha "trasformato il dipartimento di stato nel suo hedge fund privato". E contro i Clinton, che hanno "trasformato la politica dell'arricchimento personale in una forma d'arte per se stessi". Il tycoon ha promesso altre accuse contro l'ex coppia presidenziale lunedì prossimo ma per ora appare in difficolta'. Anche se stasera ha vinto i sei stati con percentuali sopra il 67%, nel partito sta crescendo la protesta per le sue dichiarazioni contro il giudice messicano dell'inchiesta contro la sua universita', unico vero ostacolo nella sua corsa alla Casa Bianca. Commenti definiti "razzismo da manuale" dallo speaker della Camera Paul Ryan, che sta facendo acrobazie per non spaccare il partito. Ma alcuni governatori e senatori gia' hanno annunciato che non voteranno piu' per il magnate.

La Clinton ha dato una convincente dimostrazione di forza e di superiorita' nel Golden State (con il 39% dei voti scrutinati guida 60,1% a 38,0%) seppellendo definitivamente le velleita' di Bernie Sanders di un ribaltone alla convention di luglio, con un cambiamento di fronte dei superdelegati. Hillary ha vinto non solo in California ma anche in tre degli altri cinque Stati chiamati al voto (New Jersey, New Mexico e South Dakota) cedendo a Sanders solo il Montana e il North Dakota (caucus). Un finale di partita che non lascia adito a dubbi, tanto che gia' in serata il presidente Barack Obama, ormai prossimo a dare il suo endorsement al suo ex segretario di stato, ha telefonato ad entrambi per unire ora il partito. Giovedi' vedra' Sanders, che pero' questa sera, pur ribadendo di voler impedire l'elezione di Donald Trump, ha annunciato che la sua lotta continuera' sino alle ultime primarie a Washington Dc e poi alla convention.

Al Brooklyn Navy Yard di New York, i fan dell'ex first lady sono andati in delirio e lei ha sprizzato felicita' e orgoglio, tendendo nuovamente la mano al senatore del Vermont e attaccando il suo futuro rivale Donald Trump. "Grazie a tutti, abbiamo raggiunto una pietra miliare, e' la prima volta nella storia della nostra nazione che una donna sara' la candidata di un partito importante", ha esordito "La vittoria di questa notte non e' di una persona sola, appartiene a generazioni di donne e di uomini che si sono battuti e si sono sacrificati e hanno reso possibile questo momento", ha proseguito. Poi si e' complimenta con Bernie "per la sua straordinaria campagna", per aver portato al voto milioni di nuovi elettori, soprattutto giovani, per "il dibattito vigoroso sulle ineguaglianze". Ma l'ex first lady ha sferrato anche un nuovo attacco al "divisivo" Trump, "caratterialmente inadatto a fare il presidente e il commander in chief". Ma il tycoon ha gia' dato fuoco alle polveri del futuro duello.

Hillary è nei ricordi degli americani 'da sempre', parte della storia recente e del tessuto politico del Paese.....'Prima della classe' da sempre, alle porte del traguardo ultimo e nonostante le critiche, l'impopolarità, la poca capacità di infondere fiducia e suscitare empatia, suo tallone d'Achille che resta anche alla vigilia dello sprint finale verso l'election day dell'8 novembre Studentessa modello e impegnata, giovane avvocato di successo, poi al fianco di un carismatico giovane governatore dell'Akansas, quindi first lady, senatrice, segretario di Stato. Da first lady, Bill Clinton le affidò uno dei compiti più ambiziosi della sua amministrazione: trasformare il sistema sanitario. Fallì e per poco non mise a repentaglio la presidenza del marito. 'Temuta' all'interno della Casa Bianca, a lungo si tenne in disparte dagli affari più ufficiali e pubblici, ma quando decise di parlare lasciò il segno, come alla conferenza dell'Onu sulle donne nel 1995 a Pechino, definendo i diritti delle donne "diritti umani". Un intervento forte e intelligente, che però ancora non bastò a fugare i dubbi che alla fine non sarebbe stata quella che era se non avesse sposato Bill.

E invece Bill lo ha salvato lei, quando con l'esplosione dello scandalo Lewinsky da first lady mise da parte l'umiliazione e rimase al suo fianco. Una scelta pure altamente criticata e guardata con sospetto da chi la interpretò come il sigillo, la prova ultima del 'sistema Clinton'. C'è stata poi la corsa da senatore di New York, vinta. E quella per la nomination democratica nel 2008, combattuta fino all'ultimo voto mettendo in moto l'ancora potente 'macchina Clinton'. Allora non bastò contro il carisma di Obama e il messaggio del cambiamento. Ne scaturì però un mandato da segretario di Stato nell'amministrazione del suo ex rivale. Se abbia fatto bene o male come capo della diplomazia americana è tema di discussione, ma l'attacco al consolato Usa a Bengasi nel 2011 con la morte dell'ambasciatore americano in Libia resta un neo indelebile, soprattutto per i suoi oppositori, così come l'utilizzo di account e-mail e server privati è considerato molto più che una 'distrazione'. Ma Hillary, che ha fatto della resilienza uno stile di vita, è rimasta in campo e adesso corre verso la Casa Bianca.

 

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI