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Strage in due moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda: il bilancio è di 49 morti. L'autore dell'attacco si chiama Brenton Tarrant ed è un australiano bianco di 28 anni. L'uomo, originario dello Stato di New South Wales, sulla costa orientale del Paese, lo ha rivendicato con motivazioni anti-immigrati. In tutto arrestate 4 persone. La premier neozelandese Jacinda Ardern ha affermato che la strage è stata frutto di un "attacco terroristico", ed ha aggiunto: "E' uno dei giorni più bui" per il Paese.

Come in un videogame "spara spara", un suprematista bianco di un commando terroristico si è filmato in "soggettiva" e in diretta Facebook per 17 minuti con una mini telecamera su un elmetto mentre commetteva una strage in una moschea. La premier neozelandese  in conferenza stampa ha parlato espressamente di terrorismo e di un bilancio di 49 morti e 48 feriti.  

Ad aprire il fuoco è stato un commando di cui hanno fatto parte 3 uomini e una donna. Uno degli attantatori ha deciso di "raccontare" sui social, in diretta, l'attacco. Nelle immagini un uomo parla davanti alla videcoamera mentre guida e impugna un'arma. Poi mostra il suo arsenale nel bagagliaio e inzia a sparare. La sua fuga però dura poco e la polizia arresta in pochi minuti l'attentatore. Si tratta di Brenton Tarrant, 28 anni. Prima della strage ha pubblicato una sorta di manifesto razzista e suprematista. Le sue parole sono chiare: "Mi sono ispirato a Breivik". Nel manifesto pubblicato online lo stesso attentatori spiega i motivi dell'attacco: "Ho letto gli scritti di Dylann Roof e di molti altri, ma ho tratto vera ispirazione dal cavaliere giustiziere Breivik", scrive Tarrant nel documento, intitolato "The Great Replacement".  

L'autore degli attacchi odierni ha ripreso la strage in diretta streaming. Il video, pubblicato su Facebook, è durato 17 minuti ed è poi stato rimosso dal social network, ha spiegato la responsabile dei contenuti di Facebook Australia-New Zealand, Mia Garlick

Le due mitragliatrici usate dal killer erano coperte con scritte in inchiostro bianco che facevano riferimento ad antiche battaglie e più recenti attacchi contro le comunità musulmane: tra queste, una riportava anche il nome 'Luca Traini', l'estremista di destra autore dell'attacco contro migranti compiuto l'anno scorso a Macerata. Parla il suo legale: "Sconcerto e condanna"

Un attacco senza precedenti per la Nuova Zelanda. Un commando di almeno quattro persone è entrato in due diverse moschee di Christchurch aprendo il fuoco sui fedeli e uccidendo almeno 49 persone.

Dopo qualche minuto dalla strage è arrivata la reazione del primo ministro della Nuova Zelanda, Jacinta Arden. "Un atto di violenza senza precedenti" ha detto Arden parlando alla nazione. "E' uno dei giorni più bui della Nuova Zelanda", ha proseguito, confermando che un sospetto è stato preso in custodia. Non si è sbilanciata sul numero delle vittime ma ha ammesso che "si tratta di un evento significativo".

Altre 50 sarebbero ferite in ospedale. Nella prima moschea, quella di Al Noor c'erano almeno 300 persone. Il commando composto da almeno 4 persone indossava tute militari. Subito dopo la strage gli attentatori si sono dati alla fuga. Uno dei killer sarebbe stato fermato subito dopo. Gli altri tre successivamente. Nella squadra della morte c'erano 3 uomini e una donna. Poco prima della strage sui social era stato postato da uno dei killer una sorta di "manifesto anti-immigrati e anti-musulmani".

Nel dossier sottolinea "che è necessario difendere la razza bianca" e parla degli invasori "che hanno causato centinaia di migliaia di morti, di voler vendicare gli attacchi terroristi di matrice islamica in Europa e dello stato di schiavitù causato dai supposti invasori". Poi si riferisce ad un attacco in Svezia del 2017. Da qui sarebbe scattato il suo piano di vendetta: "In quel periodo cui cambiai drasticamente le mie opinioni. Il primo evento che fece iniziare il cambiamento era l’attacco terroristico a Stoccolma, il 7 aprile 2017. Non potevo voltare le spalle alla violenza".

A questo punto Tarrant parla anche dell'uccisione di una ragazza che fu uccisa "da un islamista" mentre andava a scuola con sua madre. Tarrant descrive se stesso come "un normale uomo bianco nato in Australia, proveniente dalla classe lavoratrice, con una famiglia dal basso reddito". Nella lista degli "obiettivi" anche Angela Merkel, il sindaco di Londra ed Erdogan. Infine spiega la sua scarsa passione per lo studio e soprattutto per l'università: "Non l'ho frequentata perchè non avevo particolare interesse in quello che poteva offrire". Il suo "manifesto" dell'orrore si chiude con la scelta dell'obiettivo da colpire: "Nelle moschee di Al Noor e Masjid sono frequentate da un numero ben più grande di invasori...". Un agghiacciante conto sui "bersagli" da colpire.  

Ha anche detto di non essere membro di nessuna organizzazione, ma di aver fatto donazioni e interagito con molti gruppi nazionalisti, sebbene abbia agito da solo e nessun gruppo abbia ordinato l’attacco. Ha aggiunto di aver scelto la Nuova Zelanda a causa della sua posizione, per dimostrare che anche le parti più remote del mondo non sono esenti da “immigrazione di massa“.

La canzone inneggia al "risveglio degli Ustascia", il gruppo fascista croato durante la seconda guerra mondiale. Nel testo, si legge anche unì'invocazione nei confronti di Radovan Karadžić, il criminale di guerra jugoslavo e presidente della Repubblica serba di Bosnia ed Erzegovina, affinché mandi "i suoi serbi" e che faccia "vedere a tutti che non hanno paura di nessuno". E vengono richiamati anche i lupi di Vucjak, i paramilitari serbi che combattevano in Craozia: "Combattiamo per i Serbi, per l'amata libertà".

Come spiega l'Huffington Post, secondo il sito di inchieste Bellingcat la canzone "proviene da un video musicale di propaganda realizzato da soldati dell'esercito serbo come tributo al criminale di guerra Karadžić". E non a caso, tra la varie scritte poste sul fucile di Tarrant, c'era impressa anche la frase "Remove Kebab". Un segnale ancora più chiaro di come il terrorista neozelandese avesse fra i suoi miti anche quello della Serbia durante la guerra nella ex Jugoslavia.

Nelle immagini choc del video vengono mostrati i caricatori delle armi con sopra alcune scritte contro gli immigrati e i musulmani. In uno dei caricatori c'è anche una dedica a Luca Traini, il ragazzo che a Macerata qualche tempo fa ha aperto il fuoco contro gli immigrati. 

E’ una cosa che lascia senza parole. Non ho ancora avuto modo di parlare con Traini, ma l’ho sentito ieri sera per telefono. Luca sicuramente si dissocia da questa cosa, poca importa che nel suo caso non ci fosse nessun riferimento religioso, ma sicuramente lui condannerà il suo accostamento a questa strage, perché è da tempo che ha maturato forte pentimento per il gesto che aveva fatto a Macerata”.

Così, Gianluca Giulianelli, avvocato di Luca Traini commenta l’accostamento del Traini alla strage terroristica di Christchurch, in Nuova Zelanda, su Radio 24.

Nel video emerge con chiarezza la lucidità dei terroristi che non si sono fatti scrupoli nel portare avanti il piano di morte anche sui social. Le autorità hanno chiesto ai social di rimuovere le immagini dal web e di fatto da una portavoce di Facebook è arrivata una risposta in questo senso: "La polizia della Nuova Zelanda ci aveva allertato relativamente al video su Facebook poco dopo l'inizio dello streaming live e noi abbiamo velocemente rimosso sia il video e sia gli account Facebook e Instagram dell'attentatore". Video però rimosso troppo tardi.

Nelle immagini si vede un'auto piena di armi con a bordo il commando che si dirige verso le due moschee di Christchurch. I terroristi fermano il mezzo proprio a pochi passi dall'ingresso di una delle due moschee. Dopo aver aperto il bagagliaio prendono le armi e si dirigono verso il cortile della mosceha. Iniziano immediatamente a fare fuoco. Nel delirio assassino dei 4 componenti del commando (3 uomini e una donna, secondo quanto ricostruito dalla polizia) c'è un lucido piano di morte.  

Il commando di morte ha infatti "dedicato" la macabra e folle strage ad alcune persone. Tra questi c'è anche Luca Traini. In rete infatti c'è una foto di quelli che si pensa siano i caricatori delle armi utilizzate per la strage nelle moschee di Christchurch. E su uno dei caricatori appinto c'è il nome del 28enne responsabile della sparatoria di matrice razzista di Macerata contro gli immigrati. Sui caricatori compaiono anche i nomi di Alexandre Bissonette, il 29enne che nel 2017 uccise sei persone in una moschea di Quebec City, in Canada, e di Sebastiano Venier, il Doge veneziano che sconfisse i turchi durante la battaglia di Lepanto del 1571.

Insomma tutti nomi "simbolo" della battaglia anti-islam e anti-immigrati che la follia dei componenti del commando ha portato avanti. Tutto è stato documentato sui social con foto e video che di fatto hanno raccontato minuto per minuto quanto accaduto sin dai primi istanti dell'attacco. Un video ripreso in soggettiva mostra poi il vero e proprio assalto alla moschea. Nelle immagini è possibile vedere anche le armi che vengono prelevat dal bagagliaio e che vengono impugnate per sparare all'impazzata sui fedeli musulmani. Uno degli attentatori è stato arrestato dalla polizia. Almeno altre tre persone invece hanno proseguito la fuga. Il commando sarebbe composto da tre uomini e una donna. Adesso è caccia all'uomo in tutto il Paese.

La strage in Nuova Zelanda è figlia del razzismo". Alessandra Moretti, ospite di Serena Bortone ad Agorà, su Raitre, commenta l'attentato in due diverse moschee e avverte: "Noi politici abbiamo una responsabilità enorme e dobbiamo avere una grande attenzione. Se noi con il nostro linguaggio alimentiamo l'odio e la distinzione tra le razze", continua la piddina, siamo in qualche modo responsabili.  

il popolo social si scatena: "Quando le stragi le fanno loro non è razzismo?". E ancora: "Basta che vi aprite la bocca e gridate al razzismo per ogni cosa. Siete rivoltanti, buonisti con il c***o degli altri e vi permettete anche di parlare sempre di Salvini, l'unico che vi ha buttato in faccia la realtà. Difendete l 'indifendibile".

Il premier australiano Scott Morrison ha confermato che uno dei sospetti arrestati è un cittadino australiano. “Posso confermare che l’uomo arrestato è nato in Australia – ha detto Morrison ai giornalisti a Sydney – le nostre agenzie di sicurezza stanno lavorando in stretto contatto con le autorità della Nuova Zelanda e sono pronte altre risorse per impegnarsi a sostegno della Nuova Zelanda se e quando verrà richiesto”.

In salvo per un soffio il team di cricket del Bangladesh, che si stava dirigendo verso una delle due moschee assaltate. Cancellato il test match di domani contro la Nuova Zelanda.

Alla vigilia degli incontri fra i Ministri degli Esteri che si terranno a Bruxelles in occasione della terza Conferenza Sostenere il futuro della Siria e della regione (Supporting the Future of Syria and the Region), tre alti rappresentanti delle Nazioni Unite hanno dichiarato oggi che la crisi in Siria non è ancora terminata e hanno lanciato un appello affinché venga assicurato supporto ininterrotto e su vasta scala ai siriani vulnerabili, ai rifugiati e alle comunità che li accolgono.

Mentre la crisi si avvia ormai al suo nono anno, le esigenze umanitarie all’interno della Siria continuano a toccare livelli record, con 11,7 milioni di persone che necessitano di una qualche forma di assistenza umanitaria e di protezione. Gli sfollati interni sono circa 6,2 milioni e oltre 2 milioni di ragazzi e ragazze non possono ricevere un’istruzione in Siria. Si stima che l’83 per cento dei siriani viva sotto la soglia di povertà e che le persone siano sempre più vulnerabili a causa della perdita o dell’assenza di mezzi di sostentamento duraturi.

“Senza un’iniezione considerevole e immediata di fondi, è probabile che l’erogazione di beni di prima necessità quali alimenti, acqua potabile, cure mediche, alloggi e servizi di protezione dovrà essere interrotta”, ha dichiarato Mark Lowcock, Sottosegretario Generale delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari. “È fondamentale che la comunità internazionale resti al fianco di donne, uomini, bambine e bambini che in Siria hanno bisogno del nostro aiuto per soddisfare le esigenze più elementari e poter vivere una vita dignitosa. Se i donatori assicureranno i fondi necessari, potremo implementare i piani volti a conseguire tali risultati.”

Tale situazione è, inoltre, all’origine della più vasta crisi di rifugiati del mondo. Vi sono oltre 5,6 milioni di rifugiati siriani, mentre nei paesi confinanti sono 3,9 milioni i membri delle comunità ospitanti coinvolti dalla crisi.

Le Nazioni Unite, pertanto, chiedono con urgenza di incrementare i finanziamenti per assistere le popolazioni colpite lanciando un appello per la raccolta di 3,3 miliardi di dollari USA da destinare alla risposta in Siria, e di 5,5 miliardi di dollari USA per il Piano per i rifugiati e la resilienza nei Paesi confinanti.

“Essendomi recato in visita pochi giorni fa in Siria e presso i rifugiati siriani in Libano, sono profondamente preoccupato dal divario sempre più ampio riscontrato fra le loro enormi esigenze e il supporto attualmente garantito alla risposta internazionale alla crisi in atto. A otto anni dall’inizio della crisi di rifugiati di più ampia portata degli ultimi decenni, circa il 70 per cento dei rifugiati siriani vive un’esistenza al limite, sotto la soglia di povertà”, ha affermato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “La riduzione dell’assistenza dovuta al taglio dei fondi comporta che i  rifugiati debbano fare ogni giorno scelte strazianti, quali ritirare i propri figli da scuola per farli lavorare o ridurre i pasti. In tal modo, divengono inoltre più vulnerabili a sfruttamenti e abusi.”

“È essenziale che la comunità internazionale rimanga salda nel sostegno ai milioni di rifugiati siriani che vivono nei Paesi confinanti e che ancora necessitano di protezione e assistenza. Allo stesso modo, il supporto deve essere esteso alle comunità locali e ai governi che hanno garantito accoglienza a milioni di rifugiati siriani negli ultimi otto anni”, ha dichiarato Grandi. “È necessario aiutare, inoltre, quei rifugiati – nonché gli sfollati interni, presenti in numeri ancora più elevati – che scelgono di fare ritorno nel proprio Paese, in condizioni davvero difficili.”

I Paesi di accoglienza e le relative comunità necessitano di finanziamenti sicuri per continuare a sostenere i rifugiati, garantire che i servizi pubblici siano disponibili, e ampliare le opportunità sia per i rifugiati sia per i cittadini. Essi hanno accolto i rifugiati con generosità, offrendo loro asilo e protezione, rendendo accessibili i servizi pubblici, consentendo a un numero sempre più elevato di persone di contribuire alle economie locali e rafforzando in egual misura la resilienza tanto dei rifugiati quanto delle comunità locali.

“In Siria la povertà è in crescita, le infrastrutture dei servizi di base sono danneggiate o distrutte e il tessuto sociale è ormai al limite”, ha affermato Achim Steiner, Amministratore dell’UNDP. “I governi e le comunità di accoglienza dei Paesi confinanti con la Siria hanno bisogno del nostro sostegno per continuare a dare prova di generosità ai rifugiati, senza rinunciare allo stesso tempo a investire nel proprio sviluppo. È necessario che la comunità internazionale incrementi il sostegno alla resilienza sia in Siria che nei Paesi confinanti.”

Nonostante la quantità significativa di fondi garantita dai donatori nel 2018, l’anno scorso solo il 65 per cento dei 3,4 miliardi di dollari USA necessari per il Piano d’intervento in Siria è stato finanziato. Nel 2018, il Piano regionale per i rifugiati e la resilienza da 5,6 milioni di dollari USA è stato finanziato per il 62 per cento. I tre alti rappresentanti delle Nazioni Unite lanciano un appello congiunto alla comunità internazionale dei donatori affinché si impegni con generosità a sostenere gli obiettivi del 2019, in occasione della conferenza di alto profilo che si terrà domani.

 

Il governo italiano è pronto a firmare il memorandum d’intesa per aderire alle nuove vie della seta. Il sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci ha dichiarato al Financial Times che, pur non essendo ancora conclusa la trattativa, il documento verrà siglato durante la visita del presidente cinese Xi Jinping nel nostro paese, che inizia il 22 marzo.

L’Italia sarebbe il primo membro del G7 a entrare nel progetto infrastruttural-commerciale di Pechino. Sviluppo sgradito agli Stati Uniti, che hanno subito esternato la propria contrarietà, mettendo in dubbio l’effetto benefico dell’iniziativa per il Bel paese. Washington interpreta le nuove vie della seta come strumento di espansione globale dell’influenza cinese, al pari degli investimenti di Huawei nelle reti 5G dei principali paesi europei Italia inclusa.

Di fronte a tale pressione, per Roma si apre una fase molto delicata. Tassello per nulla irrilevante dell’impero americano, l’Italia non può gettarsi nell’abbraccio cinese perché gli Usa non lo accetterebbero: hanno gli strumenti per farle pagare un conto salato. Primo fra tutti la minaccia di rimuovere l’ombrello bellico-finanziario, che garantisce la protezione della penisola. Ma non può nemmeno rinunciare agli investimenti della Repubblica Popolare, occasione per rilanciare soprattutto le infrastrutture portuali e il loro indotto.

“Né l'Ue né alcuno dei suoi Stati membri possono effettivamente realizzare i loro obiettivi con la Cina senza piena unità”, si legge nella bozza. Nella comunicazione, la Commissione indicherà 15 azioni concrete che dovrebbero essere avallate dal Consiglio europeo per determinare le relazioni future con la Cina sia in termini di sfide che di opportunità. La posizione della Commissione, a quanto si apprende, sarà illustrata dal vicepresidente dell’esecutivo Ue, Jirki Katainen con un esplicito riferimento all’Italia.  

Dopo lo stop Usa anche l’Unione europea si prepara a mettere i suoi paletti all’Italia sull’operazione via della Seta. La Commissione europea oggi dovrebbe lanciare un richiamo formale agli Stati membri che intendono cooperare con la Cina, anche nel quadro della 'Belt and Road Initiative', chiedendo loro di mantenere la “piena unità” dell'Ue. Il collegio dei commissari che si riunisce oggi a Strasburgo, adotterà infatti una comunicazione sulle relazioni con la Cina, destinata a alimentare il dibattito durante il Vertice dei capi di Stato e di governo del 21 e 22 marzo. “Nel cooperare con la Cina, tutti gli Stati membri, individualmente o all'interno di quadri di cooperazione subregionali hanno una responsabilità di assicurare coerenza con il diritto, le regole e le politiche dell'Ue”..

All’Italia spetta il difficile compito di selezionare con cura i progetti cinesi non lesivi non solo della sicurezza nazionale ma pure degli interessi militari Usa nella penisola. Con una consapevolezza: essere teatro dello scontro Cina-Stati Uniti è un’opportunità da non sprecare per aumentare il profilo e il peso negoziale del paese.

Sul tema è intervenuto anche il vicepremier Matteo Salvini, che ha replicato da Matera: "Via della seta con la Cina? Non abbiamo pregiudizi, ma molta prudenza. Siamo favorevoli al sostegno e all’apertura dei mercati per le nostre imprese. Altre però sono le valutazioni, sempre attente, che occorre fare in settori strategici per il nostro Paese come telecomunicazioni e infrastrutture. Non vorremmo diventare una colonia. Laddove, e si è visto, la Cina ha effettuato investimenti, ha aperto il suo mercato nel Paese che lo ha ospitato. Pertanto - ha concluso il vicepremier - molta prudenza".

La Via della Seta si presenta infatti come un'arma a doppio taglio. Se da una parte infatti apre alla possibilità di nuovi investimenti, dall'altra rischia di porre Pechino in una posizione di egemonia.

"Si sta facendo credo una gran confusione su questo accordo, che non è un accordo ma un Memorandum of Understanding in cui si ribadiscono accordi di cooperazione commerciale presenti in tutti i documenti europei. Detto questo credo che si debba tranquillizzare e tenere conto di alcune preoccupazioni", dice in proposito il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, arrivando alla riunione dell'Ecofin."Credo si sia creata un po' di confusione attorno a questa cosa - ha aggiunto a Bruxelles - nessuna regola commerciale ed economica viene cambiata e non sarebbe nemmeno nella possibilità italiana, visto che il commercio internazionale è una competenza europea. Credo che sia una tempesta in un bicchier d'acqua. Detto questo credo che si debba tranquillizzare e tenere conto di alcune preoccupazioni".

E a dividere il governo. Sul piatto ci sono gli equilibri internazionali e i timori che, in questo modo, la Cina possa metter le mani sul Vecchio continente. E mentre il Movimento 5 Stelle corre per la realizzazione di questo progetto, dall'altra parte la Lega frena. Oggi, da Bruxelles, il ministro dell'Economia Giovanni Tria ha detto:"Si sta facendo credo una gran confusione su questo accordo, che non è un accordo, è un Memorandum of understanding. Si ribadiscono i principi di cooperazione economico e commerciali presenti in tutti i documenti europei, nessuna regola commerciale ed economica viene cambiata". Il ministro ha poi spiegato che cambiare le regole commerciali "non sarebbe nelle possibilità italiane visto che è una competenza europea, credo che si stia facendo un po’ una tempesta in un bicchier d’acqua".

Da cinque anni parlare di Cina significa parlare, esplicitamente o meno, della “Nuova via della seta“. Della Belt and Road Initiative, il grande progetto ma sarebbe meglio dire “sistema” con cui  Pechino punta a rilanciare la connettività infrastrutturale e commerciale della grande massa continentale eurasiatica e a edificare una nuova architettura economico-commerciale.

Annunciata nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping e promossa sin dalle prime battute dal primo ministro Li Keqiang nel corso di diversi viaggi in Europa e Asia, la Nuova via della seta è presentata dal governo cinese come il primo passo per “rinforzare la connettività regionale e costruire un radioso futuro condiviso”, come dichiarato nel marzo 2015 dall’agenzia di stampa Xinhua.

La Nuova via della seta richiama, nel suo stesso nome, l’epoca d’oro degli scambi nei grandi spazi euro asiatici, l’era delle carovane che attraversando Siria, Iran e Asia Centrale consentivano il commercio tra il bacino del Mediterraneo e la Cina.  Risulta, al tempo stesso, una strategia, un cambio di paradigma e, a suo modo, un auspicio

Come scrive Francesco De Palo alle Formiche : nella strategia cinese Pireo è il collegamento chiave per il progetto logistico Belt and Road Initiative, una sorta di moderna via della seta per aumentare il commercio all’interno dell’Unione europea. Secondo quanto osservato dai funzionari ellenici, la presenza di Cosco sta migliorando l’economia dell’area portuale. Lo ha definito un “progetto faro per la Grecia” il vertice della Camera di commercio e dell’industria del Pireo, perché si inserisce in un momento di ripresa dopo la crisi economica di oltre 8 anni da cui la Grecia sta tentando di uscire. 

L’investimento cinese nel Pireo da oltre 3,5 miliardi di euro trova la sua utilità anche nelle attività collegate allo sviluppo del porto: il riferimento è da un lato ai posti di lavoro “ricettivi” prodotti da Cosco in loco, dall’altro da nuovi potenziali business che nasceranno in occasione delle future privatizzazioni che la Grecia dovrà attuare per far fronte agli impegni con la troika (Bce, Ue e Fmi). Uno di questi riguarda l’ex aeroporto Ellenikon, che dovrebbe essere trasformato in un grande villaggio vacanze a cinque stelle, sulla scorta di ciò che è stato fatto a Dubai.

Ma la presenza cinese in Grecia trova attuazione anche in un altro settore: Fosun International è il più grande private equity cinese che investe in Europa ed è coinvolto proprio nella privatizzazione dell’ex aeroporto Ellenikon. Intende utilizzare la propria partecipazione nell’agenzia Thomas Cook come veicolo per creare pacchetti di viaggio speciali per il mercato cinese: un bacino dalle proprozioni interessanti, infatti il governo cinese prevede che 1,5 milioni di cittadini cinesi sceglieranno come destinazione la Grecia, nel medio periodo (oggi sono solo 100mila).

Per questa ragione Fosun ha già avviato alcune trattative per l’acquisto di unità alberghiere esistenti, o per nuove costruzioni attraverso il Club Med, che appartiene al gruppo cinese

 

 

 

 

 

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Il "guru" dei 5 Stelle se la prende in particolare con i calabresi, rei - a suo dire - di aver presentato poche domande per il sussidio grillino. "La Calabria è una terra strana", ha detto il comico aprendo il suo spettacolo, "La Calabria è la regione che ha fatto meno domande per il reddito di cittadinanza. C'è il paese più povero d'Italia, che si chiama Dinami, e a Dinami neanche una domanda di reddito di cittadinanza. E allora non rompetemi più i c...i perché o lavorate in nero o siete tutti della 'ndrangheta. Va bene? Cominciamo bene?".  

Grillo rappresenta un movimento politico che e’ al governo e non puo’ permettersi di etichettare i cittadini calabresi, anziani, giovani incensurati e neonati come ‘ndranghetisti per “sillogismo” o soltanto perche’ nati in Calabria. Torni a fare il comico, che e’ una vera professione, perche’ come politico ha dimostrato di non essere all’altezza del nostro Paese”. Siclari chiede agli amministratori calabresi di condannare e opporsi a chiunque offenda e mortifichi la dignita’ dei calabresi. La Calabria deve liberarsi da stereotipi – continua – ed etichette che non gli appartengono perche’ questa terra e’ composta da cittadini onesti, che sono oltre il 99%, che soffrono per la mancanza di pari opportunita’, dalla sanita’ al lavoro fino al problema della criminalita’ organizzata che ripudiano tutti i cittadini onesti. Grillo – a parere di Siclari – con la sua uscita non fa altro che umiliare, danneggiare e mortificare il presente ed il futuro della Calabria e dei calabresi. Bisogna far sapere a Grillo che i rappresentanti delle istituzioni, dei partiti ed i politici in particolare modo, hanno l’obbligo di incoraggiare e promuovere il nostro Paese e questo vale soprattutto per la parte piu’ sofferente dell’Italia.  

Parole che hanno ovviamente scatenato la bufera. "Non si possono offendere tutti in Calabria per i maledetti delinquenti calabresi che sono sempre meno grazie alla magistratura", ha detto il senatore di Forza Italia, Marco Siclari, "Grillo ha superato ogni limite ed ancora una volta confonde i ruoli. Non può fare il comico violentando la dignità di milioni di calabresi. Grillo rappresenta un movimento politico che è al governo e non può permettersi di etichettare i cittadini calabresi, anziani, giovani incensurati e neonati come 'ndranghetisti per "sillogismo" o soltanto perchè nati in Calabria. Torni a fare il comico, che è una vera professione, perchè come politico ha dimostrato di non essere all'altezza del nostro Paese".  

Un altro esponente di Forza Italia, il consigliere regionale Domenico Tallini, parla di "inaccettabile teorema del povero comico che ha fondato il Movimento Cinquestelle". Per Tallini è come dire: "Calabresi non cercate un lavoro onesto, non chiedete allo Stato di promuovere l'occupazione, non studiate. C'è il reddito di cittadinanza che risolve tutto. State seduti sul sofà di casa e vi arrivano 780 euro. Che vi devono bastare". Insomma, un invito all'assistenzialismo. "Ci sarà un motivo se c'è un crollo verticale nei sondaggi per un ex movimento diventato partito, con tanto di poltrone, ministri e sottosegretari, presidenti di commissione", continua Tallini, "Meditino i calabresi che un anno fa hanno assegnato ai Cinque stelle il 40% dei voti. Anzi, hanno già riflettuto, a giudicare dal teatro semivuoto che ha accolto il re dei ciarlatani"

Bisogna far sapere a Grillo che i rappresentanti delle istituzioni, dei partiti ed i politici in particolare modo, hanno l'obbligo di incoraggiare e promuovere il nostro Paese e questo vale soprattutto per la parte più sofferente dell'Italia. Mi appello a tutti gli amministratori locali, le autorità religiose, a tutte le istituzioni, affinchè condannino e si oppongano in ogni modo legittimo a tutti coloro, Grillo compreso, che vogliono affossare il futuro della Calabria con etichette che non ci rappresentano e che servono solo per avere visibilita'. Non possiamo essere affossati dalla 'ndrangheta e allo stesso tempo essere etichettati 'ndranghetisti da chi dovrebbe essere contro ogni forma di mafia soltanto perché nati in Calabria». Il senatore annuncia una lettera al Presidente della Repubblica «perchè i calabresi non possono più essere etichettati solo per le loro origini e gli chiederò di venire in Calabria ad incontrare i calabresi».

Intanto Il ministro degli Interni rimette al centro del dibattito lo "sblocca cantieri" e va in pressing sul premier e sul Cdm per ottenere una approvazione rapida: "Per quanto mi riguarda è pronto. A me interessa che sia pronto, poi non convoco io il Consiglio dei ministri, basta che si faccia in fretta". Il premier però ha chiesto più tempo su questo fronte e ha affermato: "Il dl sblocca cantieri non adrà in Cdm questa settimana". Ma da fonti M5s di governo, come rirporta l'Adnkronos, arrova una indicazione chiara sulle tempistiche per il decreto: "Il timing è il seguente: venerdì incontro con le Regioni e poi, lunedì prossimo, il decreto ' sblocca cantieri' dovrebbe approdare in Cdm per il via libera. Non vogliamo approvarlo - spiegano le stesse fonti - senza un passaggio con Regioni, Anci e Ance. Prima il confronto, poi il disco verde allo sblocca cantieri".

Insomma a quanto pare all'inizio della prossima settimana il testo sullo "sblocca cantieri" potrebbe dunque entrare in Consiglio dei Ministri. È un tema molto delicato. I cantieri infatti sono al centro dello scontro nel governo tra M5s e Lega soprattutto dopo i recenti scontri sulla Tav che ha creato non pochi problemi alla tenuta dell'esecutivo. Il leader della Lega di fatto adesso punta a sbloccare anche tutte quelle opere che da tempo sono ferme su tutto il territorio nazionale. I grillini vogliono consultare gli Enti locali. E il rischio è che i tempi possano allungarsi...

 

 

 

 

 

La Tav rischia di mandare in crisi l'esecutivo di Conte: Salvini vuole completare l'opera ed è pronto ad "andare fino in fondo"; Di Maio gli dà dell'"irresponsabile" e tiene il punto sullo stop all'alta velocità.

Al centro del dibattito c'è la questione dei bandi. Entro lunedì dovrebbero essere avviati, altrimenti si rischiano ricorsi e penali. Il M5S vuole rimandarli a data da destinarsi, magari quando verrà rivista l'opera. Per la Lega è folle impedirne l'avvio. "Non si può fare l'arbitro a partita conclusa - dice Di Maio - L'analisi costi-benefici è stata complessa, non si può dire ora che non convince."Siamo consapevoli che ci sono degli impegni, delle leggi ma non si possono vincolare soldi degli italiani ad una opera che si deve ridiscutere. Se stiamo parlando dei soldi degli italiani prima vai a ridiscutere l'opera e poi decidi cosa vai a farne dei soldi"  

Pero oggi, a spiegare le sue motivazioni è Ponti stesso, interpellato a Mattino 5, il programma in onda tutti i giorni sul Canale 5: "Quella (il secondo documento, ndr) non è un'analisi costi benefici, ma sull'impatto, che si basa su analisi di valore aggiunto, che nulla hanno a che fare con l'analisi costi benefici. Non ci sono i costi in quello studio: non misura i costi ma il traffico, l'occupazione e l'impatto sulle imprese. L'analisi di impatto si occupa di ipotesi di valore aggiunto".

Ponti, quindi, ha scelto di spiegare le sue due diverse posizioni: "L'analisi costi benefici sulla Tav del 2011 fu promossa da un soggetto che aveva già deciso per il sì. Noi l'abbiamo criticata quell'analisi, avevano fatto degli errori metodologici. Ho fatto analisi per Ocse, Commissione europea, banca mondiale. Io credo di far bene il mestiere, credo di non essere uno schiavo di Toninelli. Abbiamo ottenuto un grande risultato: per la prima volta si paròa di numeri, così, finalmente, l'Italia diventa un Paese civile perché si critica e si discute di numeri".

Stando a quanto riportato, poche ore fa, dal tg La7, lo studio a cui ha fatto riferimento Ponti, avviato due anni fa, sarebbe stato condotto da circa 30 esperti del settore. Al centro del documento, lungo 116 pagine c'è, questa volta, l'impatto socioeconomico e ambientale delle reti transeuropee, di cui fa parte anche il Tav. E tra le firme di questo report c'è anche quella della società di Ponti. Nello studio, tra i riferimenti, c'è quello al risparmio di tempo per i passeggeri e per le merci, ma non solo. Anche i benefici, infatti, sarebbero evidenti anche in termini di occupazione. Per ogni miliardo speso nel cantiere si creerebbero 15mila posti di lavoro.

Ponti ha poi voluto chiarire: "Lo Stato è uno degli attori interessati nel progetto Tav. Noi guardiamo come stanno tutti gli attori in gioco e poi sommiamo tutti gli impatti. Lo Stato è un attore e valutiamo quanto sono i cost: con la Tav incasserebbe meno accise sulla benzina, sono soldi in meno per lo Stato, quindi giusto mettere questa voce nell'analisi costi-benefici. La somma di queste altissime accise sulla benzina e dei pedaggi autostradali che non incasserebbe sono costi per lo Stato, incassi che perderebbe rispetto ai danni ambientali che verrebbero limitati con la Tav".

Per fermare l'opera le opzioni, spiegava Di Maio ai suoi ieri sera, sono due. "Il primo è quello del blocco dei bandi - diceva - e ciò può avvenire o tramite una delibera del consiglio dei ministri o tramite un atto bilaterale Italia-Francia che intervenga direttamente sul CdA di Telt la società italo francese che gestisce gli appalti del Tav. Il secondo è quello del passaggio parlamentare per il no definitivo all'opera". I grillini non vogliono che il governo scarichi sull'Aula la decisione, perché in quel caso il fronte unito di Lega, Fdi, Forza Italia e Pd farebbe partire l'opera. I voti sono assicurati.  

Verrebbe da dire che alla fine tutti i nodi vengono al pettine. Quando, poco meno di un anno fa, si stava delineando la possibilità che si formasse una maggioranza parlamentare e di governo formata da Lega e Movimento Cinque Stelle, tanti osservavano con scetticismo le trattative, alla luce dei molteplici e noti punti di disaccordo tra i due partiti. Tutto risolto, sembrava, con la firma del contratto di governo

È difficile fare previsioni su quello che succederà: ma guardando al Paese, invece che al Palazzo, la sensazione è che la necessità di investimenti e di infrastrutture per lo sviluppo sia molto sentito su tutta la penisola. Al Nord come al Sud, tra i privati cittadini così come tra le tante aziende sempre più deluse e arrabbiate. L’atteggiamento del Movimento Cinque Stelle sulla Tav, infatti, è emblematico di una chiusura ben più ampia: non solo quindi rispetto alla sola Torino-Lione, bensì con riferimento alle tante opere che servirebbero al Paese stesso. Ne è la riprova il fatto che grandi alternative a questo progetto non ne sono state avanzate: che fine hanno fatto le promesse di investimenti nell’Alta Velocità al Sud? O quelle di grandi interventi per il trasporto regionale? Nulla di tutto questo nella legge di bilancio, nulla che faccia pensare che il Movimento abbia davvero capito le reali esigenze degli italiani in termini di crescita.

In fin dei conti, leggendo il contratto di governo, sulla Tav c’erano poche parole ma compatibili con qualche tipologia di intervento: un impegno a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia». Una frase che certo non sposa il progetto originario ma nemmeno indica chiusura pregiudiziale. E invece a sentire il premier Conte e le sue elucubrazioni causidiche, Palazzo Chigi nutre forti perplessità sull’opera, a tal punto che potrebbero risultare fatali. Si capisce che la base del movimento su questo argomento sia molto sensibile: il “No Tav” è stata una battaglia della prima ora del popolo a Cinque Stelle. Ma un anno dopo la vittoria delle elezioni e sei anni dopo l’ingresso in Parlamento, la classe politica del Movimento avrà ormai capito che l’arte della politica è e deve essere quella del compromesso, inteso nella sua più nobile forma, e non la chiusura a priori. E che cambiare un’idea, motivando la scelta, permette di fare passi in avanti nell’interesse di tutti. 

Da un lato i grillini di fatto agitano il governo con il "no" all'Alta Velocità dall'altro c'è il Carroccio che sostiene sempre di più il "sì" alla Torino-Lione. Queste sono ore di grande tensione nel governo. Il ministro degli Interni riaprirà il dossier lunedì e quindi questo che è appena cominciato sarà un weekend di riflessione. "Ne riparliamo lunedì. Ne riparliamo da lunedì in avanti. Io sono per fare e non per disfare. C’è tempo, il venerdì è lungo, quindi ci sentiamo stanotte per chi vuole avere la mia sensazione sulla sensibilità del presidente del Consiglio, sulla Tav, sul Terzo Valico, sulla Tap, sul metano, sull’eolico e su tutto quello che può interessarvi".

Ma di fatto il ministro usa parole che fanno temere una crisi dietro l'angolo: "Se i tempi sono quelli che ho sentito, la legittima difesa, il codice rosso e la certezza della pena entro la primavera saranno realtà". L'orizzonte temporale della primavbera dunque potrebbe essere una sorta di assicurazione sulla vita del governo, ma Salvini anche su questo punto afferma: "Siamo tutti nelle mani del buon Dio. Non c’è niente di certo. È molto probabile che queste tre leggi siano leggi dello Stato entro questa primavera. Che ci sia un Parlamento è fondamentale perchè le leggi le approva il Parlamento". Insomma tra la Lega e Movimento Cinque Stelle è ancora alta tensione. E il rischio di una crisi di governo resta sempre sul campo...

Voci di crisi di governo, muro contro muro sulla Tav, distanze tra Lega e M5S. Oggi Di Maio torna a riptere, come fatto ieri, che è da "irresponsabili" mettere a rischio il governo sull'alta velocità, definita questione "marginale". E poi si dice "interdetto" dalla Lega "che mette in discussione" l'esecutivo.

La pensa diversamente il collega Salvini. "Io sono per fare e non per disfare - dice il ministro dell'Interno - C’è tempo, il venerdì è lungo, quindi ci sentiamo stanotte per chi vuole avere la mia sensazione sulla sensibilità del presidente del Consiglio, sulla Tav, sul Terzo Valico, sulla Tap, sul metano, sull’eolico e su tutto quello che può interessarvi". Non è un caso che sempre oggi abbia evocato la crisi di governo: "Siamo nelle mani di Dio", dice il leghista.

Ecco allora che si torna al muro contro muro. Se Lega e M5S continueranno a voler andare "fino in fondo", ci sarà la crisi di governo. Lo ha detto chieramente ieri Stefano Patuanelli, capogruppo M5S al Senato: "Se c'è l'Alta velocità, non c'è il governo. E viceversa". Nel mezzo, il caso Diciotti. Senza esecutivo gialloverde, i Cinque Stelle non si sentirebbero obbligati a "salvare" Salvini dal processo.

Mai prima d'ora, al di là dei bisticci di secondo piano, Lega e M5S erano arrivano così ai ferri corti. Secondo il Messaggero, mercoledì notte - quando a Palazzo Chigi si è svolto il vertice senza risultati - Di Maio avrebbe confidato a Salvini che "se perdo questa partita non c'è più campionato". Il leader della Lega è forte del "75% degli italiani che viole fare la Tav", ma il M5S avrebbe già lanciato il suo avvertimento. Un monito che investe non solo il tema Torino-Lione, ma anche il caso Diciotti. A fine marzo il ministro dell'Interno dovrà affrontare il voto di Palazzo Madama sull'autorizzazione a procedere richiesta dal tribunale dei ministri di Catania. Se il M5S dovesse abbandonare Salvini, non è detto che il leghista non ne esca con le ossa rotte. Il vicepremier M5S lo avrebbe detto al collega direttamente: "Io non posso fare la Tav, cade il governo e verrebbe giù il governo". Secondo il Messaggero, che cita "qualcuno ai piani alti del Movimento!", il riferimento è anche al caso Diciotti.

Lo scontro fino a ieri pomeriggio vedeva contrapposti Salvini e Di Maio, con Conte da fare da ponte. Poi, però, il premier ha convocato una conferenza stampa per prendere posizione al fianco di Giggino e mettere in chiaro i "dubbi sulla tav". Il problema rimane. L'obiettivo del M5S è bloccare i bandi che dovrebbero partire lunedì. La società che gestisce la Torino-Lione ha già fatto sapere che lo stop costerebbe subito 300 milioni. Poi il conto potrebbe addirittura salire. Senza contare che l'Europa ha già quantificato in 800 milioni la perdita di finanziamenti stanziati da Bruxelles per l'Italia.

Il M5S però non cede. Rischia di implodere. "Conosco gli umori e le psicologie dei nostri - confessa al Messaggero Francesco Silvestri -non reggeremmo mai la partenza dei bandi, figurarsi un mezzo sì". Ecco perché Giggino, per evitare spaccature, ieri sera ha fatto sapere che "non sono disponibile a mettere in discussione il nostro no".

Secondo l’Istituto di sondaggi Index continua la discesa dei pentastellati. In una settimana giù di un altro 0.4% ma rispetto al 4 Marzo di un anno fa il consenso crolla di ben 11 punti percentuale. Cosa inversa e ben maggiore il dato per l’alleato che viene definito irresponsabile per il proposito di andare avanti sul valico Torino - Lione.

La Lega aumenta ancora negli ultimi sette giorni ma rispetto a 369 giorni fa (4 Marzo 2018- 8 Marzo 2019), porta a casa un + 17.2% con solo un - 0.2% per ottenere il raddoppio, tondo tondo, del 17.4% delle elezioni politiche 2018. Anche il Pd cresce di quasi un punto in sette giorni rasentando il 19% (18.9%) e pensando, ironicamente parlando, che le primarie dovrebbero esser celebrate quasi mensilmente per risalire una china rispetto ai minimi storici di questi mesi. Forza Italia è al 9%, Fratelli d’Italia al 4.5, + Europa al 2.8, Potere al Popolo all’1.8% ed altri di sinistra al 3.4%. Centrodestra al 48.1% (Lega + F.I. + Fratelli d’Italia); centrosinistra 25.1% (Pd+ Più Europa + altri di sinistra ad esclusione di Potere al Popolo) e Cinque Stelle al 21.7%.  

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