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"Non ce la facciamo più, qui siamo come in prigione, aiutateci a sbarcare presto, a mettere i piedi giù da questa barca". E' l'appello lanciato dai migranti a bordo della Sea Watch 3 da 13 giorni al largo di Lampedusa. "Siamo tutti stanchi, esausti, stremati - dice uno di loro in un video della Ong postato sulla pagina facebook del 'Forum Lampedusa solidale' - pensate ad una persona appena uscita di prigione e fuggita dalla Libia, che ora si trova qui seduta o sdraiata. Immaginatevi come debba sentirsi questa persona".

I migranti sottolineano che a bordo "manca tutto, non possiamo fare niente, non possiamo camminare né muoverci perché la barca è piccola mentre noi siamo tanti. Non c'è spazio". L'Italia "si rifiuta di farci approdare", proseguono, "chiediamo l'aiuto delle persone a terra, qui non è facile, non è facile stare su una barca piccola. Per favore - concludono i migranti - non ci lasciate qui cosi, non ce la facciamo più".

La Sea Watch in Italia non ci arriva, possono stare lì fino a Natale. In 13 giorni se avessero avuto veramente a cuore la salute dei migranti sarebbero andati e tornato dall'Olanda.". È una presa di posizione politica, è una provocazione”. “L’Italia – continua – non si fa dettare le regole da una ong pagata da chissà chi”. Il vicepremier poi annuncia che “qualunque sarà la decisione di Strasburgo, la nostra linea non cambia. È una nave olandese di una ong tedesca, il problema lo risolvano Berlino e Amsterdam. Il mio atteggiamento non cambia neanche se arrivasse la Regina di Svezia. Come stabilisce il decreto Sicurezza bis, per chi infrange la legge il mezzo verrà sequestrato e rischia una multa fino a 50 mila euro. Ognuno risponde di quel che fa”.

Lo ha detto il ministro dell'interno Matteo Salvini ribadendo che non consentirà alla nave di entrare in acque italiane e aggiungendo che "l'Italia non si fa dettare la linea da una ong che non rispetta le regole

Oltre all'Italia, anche Malta ha negato l'autorizzazione a sbarcare. E, nonostante la lettera di Matteo Salvini, nemmeno l'Olanda sembra voler in qualche modo collaborare alla soluzione della vicenda. Resta l'ipotesi Tunisia, ma la Rackete non vuol cedere: "Non ha una normativa che tuteli i rifugiati", spiega. La "capitana", del resto, aveva rifiutato anche di portare i naufraghi salvati a Tripoli, nonostante fosse stato indicato proprio quel porto come approdo.

Sto aspettando cosa dirà la Corte europea dei diritti dell'uomo. Poi non avrò altra scelta che sbarcarli lì", ha detto a Repubblica, sostenendo di essere pienamente consapevole del fatto che sarà accusata di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. "Ma io sono responsabile delle 42 persone che ho recuperato in mare e che non ce la fanno più", insiste, "Quanti altri soprusi devono sopportare? La loro vita viene prima di qualsiasi gioco politico o incriminazione. Non bisognava arrivare a questo punto".

Da 13 giorni la nave olandese della Ong tedesca è ferma davanti alle coste italiane. "I migranti sono disperati", dice la Rackete, "Qualcuno minaccia lo sciopero della fame, altri dicono di volersi buttare in mare o tagliarsi la pelle. Non ce la fanno più, si sentono in prigione. L'Italia mi costringe a tenerli ammassati sul ponte, con appena tre metri quadrati di spazio a testa". A bordo ci sono anche tre ragazzini di 11, 16 e 17 anni.

"Siamo stanchi, siamo esausti. Fateci scendere", chiede uno dei naufraghi in un video pubblicato da Forum Lampedusa Solidale, "Immaginate come deve sentirsi una persona che è scappata dalle carceri libiche e che ora si trova sui, costretta in uno spazio angusto, seduta o sdraiata senza potersi muovere. Inevitabilmente rischia di sentirsi male Non ce la facciamo più, la barca è piccola e non possiamo muoverci. Non c'è spazio. L'Italia non ci autorizza a sbarcare, chiediamo il vostro aiuto, chiediamo l'aiuto delle persone a terra. Pensateci perché qui non è facile".

La Chiesa cattolica, come di consueto, sta facendo sentire con forza la sua voce. La richiesta è una sola: aprire i porti del Vecchio continente, quindi far sbarcare le persone.

"L’Europa è così grande, non credo che così poca gente possa mettere in crisi un continente", ha detto il porporato italiano, come riportato dalla Sir, ponendo quindi al centro il tema dell'accoglienza, ma anche quello della misericordia. Il territorio continentale, insomma, non dovrebbe essere sconvolto dall'arrivo di qualche decina di persone. "A volte – ha continuato il cardinale Montenegro – sembra che l’unico parere possibile sia il silenzio perché determinati atteggiamenti sono incomprensibili. Le norme, le leggi dovrebbero essere fatte per rispettare gli uomini ma a quanto pare ci dimentichiamo che abbiamo davanti degli esseri umani".

Chi ha il comando del timone di Sea Watch 3 ha da poco paventato l'eventualità di forzare il blocco imposto dalla linea del rigore sui fenomeni migratori. Gli ecclesiastici che hanno detto la loro sulla vicenda non hanno citato questa possibilità, ma sembrano tutti concordi - come ribadito pure dall'alto ecclesiastico del Belpaese - sulla mancanza di logicità alla base di questa situazione: "Che esseri umani debbano vivere così, in attesa chissà di chi o cosa, soltanto perché ci sono dei ‘no’ - ha insistito il membro di spicco delle istituzoni ecclesiastiche - mi sembra incomprensibile".

Il quotidiano il Giornale ricorda la memoria corta dell'Europa sull'Olanda.In quella bacchettata all'Italia colpevole, anzi colpevolissima, di non accogliere con i tappeti rossi le navi di Sea Watch e delle altre Ong pronte a trasformarla in un immenso campo profughi c'è un'amnesia degna dello smemorato di Collegno. C'è da chiedersi dove fosse, o in quali faccende fosse affaccendata, la solerte Commissione Europea tra novembre e lo scorso gennaio. In quei mesi l'Olanda, il paese che offre gentilmente la sua bandiera alla Sea Watch, ma si rifiuta di accogliere uno solo dei suoi ospiti, tentò di deportare con la forza il dissidente armeno Sasun Tamrazyan, sua moglie Anousche e i loro tre figli Hayarpi, Warduhi e Seyra di 21, 19 e 15 anni. Quei cinque disgraziati, a differenza dei 42 migranti che la Sea Watch pretende di sbarcare in Italia, non erano approdati in Olanda spinti dal miraggio di un impossibile benessere. Ci erano arrivati perché papà Sasun era stato costretto fuggire dal proprio Paese in quanto perseguitato politico.

E i Tamrazyan non erano sbarcati in Olanda pochi giorni prima della richiesta di rimpatrio, ma ben nove anni addietro. Nove anni durante i quali i giudici avevano riconosciuto per ben due volte la fondatezza della loro richiesta d'asilo. Al terzo ricorso degli avvocati dello Stato, andato in giudicato sei anni dopo l'arrivo, un tribunale aveva però sposato le ragioni del governo respingendo la richiesta d'asilo. Lo scorso novembre le autorità erano dunque pronte a prelevare con la forza e a mettere su un aereo non solo Sasun e sua moglie, ma anche i tre figli cresciuti ed educati in Olanda. Nel frattempo il governo dell'Aja aveva smantellato anche il «kinderpardon» la vecchia legge - a cui come extrema ratio si erano appellati Sasun e i suoi - che vietava la deportazione dei minori rimasti per più di cinque anni nei Paesi Bassi. Assieme ai Tamrazyan sarebbero stati dunque deportati anche altri 600 figli d'immigrati. Il tutto senza che nessuno a Bruxelles, o nelle sedi delle compassionevoli Ong europee, s'interessasse del caso. Gli unici pronti a correre in soccorso della famigliola armena furono i preti della parrocchia di Bethel Chapel a L'Aja. Ricorrendo ad un'antica legge medievale che vieta alla polizia d'interrompere una funzione religiosa accolsero Tamrazyan nelle stanze della Chiesa e diedero il via alla recita della messa più lunga della storia. 

Per 96 giorni preti e diaconi si alternarono giorno e notte sull'altare fino a quando il governo, pressato da stampa e opinione pubblica, si vide costretto a rinunciare alla deportazione. Peccato che in quei 96 giorni di preghiere e appelli non si sia mai sentita né la voce dell'Europa, né quella della sua Commissione. Fosse stato per le autorità di Bruxelles - oggi così sollecite a sventolare in faccia all'Italia le bandiere dell'«imperativo morale» - il signor Sasun e la sua famiglia sarebbero stati messi su un aereo e rispediti al loro paese d'origine. E con loro sarebbero stati rimpatriati, nella più solidale indifferenza, altri 600 bambini immigrati. Oggi, invece, nella versione della Commissione Europea i 43 migranti accolti da una nave di proprietà tedesca e battente bandiera dell'Olanda, rappresentano un «imperativo morale» esclusivamente per l'Italia. Tutti gli altri, Germania e Olanda in testa, possono, invece, continuare a infischiarsene. Con il beneplacito dell'Europa.

E' duello totale tra Italia e Ue sui conti pubblici. Il premier Conte ribadisce che 'dobbiamo riuscire ad evitare la procedura, confido in una soluzione'. Il capo del Governo, che ha avuto un lungo colloquio con Macron, Merkel ed il lussemburghese Bettel, sottolinea di attendersi 'fair play' dalla Commissione Ue uscente verso l'Italia e sostiene che la richiesta di una manovra correttiva sarebbe 'ingiusta e inaccettabile'

Nell'intervista al Corriere della Sera, Salvini affronta anche il capitolo dei conti pubblici e la difficile trattativa con Bruxelles. "Per il 2019, se è vero come è vero che lo Stato spende di meno ed incassa di più, possiamo utilizzare quella cifra per abbattere il debito, e va bene...", apre puntualizzando che per gli anni futuri non vuol più sentir parlare di "gabbie" che strozzano "la crescita possibile". Né vuole avere nella maggioranza uno come Alessandro Di Battista che se ne va in giro a sparare contro il governo che, invece, dovrebbe sostenere. "Il fatto che io oggi sia qui, al lavoro, è la migliore risposta ai chiacchieroni come Di Battista", ribatte prontamente il leader del Carroccio accusando l'ultrà pentastellato di voler far cadere l'esecutivo. "Lui va a spasso e noi siamo sul pezzo", conclude annunciando che a luglio ci saranno gli Stati generali dell'economia a cui saranno invitati tutti: dalle imprese ai sindacati, passando per tutte le associazioni di categoria. "Noi questo facciamo: lavoriamo. Altri... Vabbè".  

Quello sulla procedura "è un negoziato molto complesso e difficile, non ho mai pensato che ci fosse una strada spianata, anzi mi sono anche meravigliato che a fine anno c'era una particolare sensibilità da parte della pubblica opinione, oggi sembra esserci una valutazione di strada spianata". Lo afferma il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa al termine del Consiglio Ue. "L'obiettivo è di condurre in porto il negoziato, siamo in una fase in cui vi invito a non isolare singole considerazioni", aggiunge.

"Se la domanda è avete raggiunto un accordo sulle nomine la risposta è non ancora". Lo afferma il premier al termine del consiglio Ue a chi gli chiede se anche alla luce degli incontri durati fino alle prime ore del mattino con gli altri leader europei si sia raggiunto un accordo sulle nomine.

"I numeri reali o quantomeno una proiezione molto più rispondente alla realtà perché aggiornati a giugno ce li abbiamo noi" sui conti. "Io non ho mai avuto atteggiamento di chi si presentava con un cappello in mano, l'Italia non ha nulla di cui farsi scusare". Lo afferma il premier in conferenza stampa al termine del Consiglio Ue.

"Non possiamo mettere in campo qui pubblicamente le misure" che si hanno in mente sulla trattativa sulla procedura d'infrazione, "a me interessa che ci sia un approccio costruttivo da parte di tutte le parti che siedono attorno al tavolo e siccome io rappresento l'Italia, coadiuvato dal ministro Tria, sono certo di avere un approccio costruttivo. L'interesse dell'Italia è l'interesse dell'Europa".

In un colloquio con il Corriere della Sera, Matteo Salvini scandisce l'ultimatum sul taglio delle tasse spiegando che dopo la trasferta negli stati Uniti ha maturato "una convinzione fortissima": all'Italia serve una riforma fiscale coraggiosa. "E quindi, il mio dovere è farla - avverte il vice premier leghista - se non me la dovessero far fare, io saluto e me ne vado".

Per Salvini il vero problema è che non esiste un taglio delle tasse serio che possa richiedere meno di dieci miliardi di euro. Questo è dunque il punto di partenza base per iniziare a discutere la riduzione fiscale che il leader del Carroccio vuole a tutti costi sia fatta entro la fine del 2019. Tagli che, però, trovano resistenze sia in parlamento sia a Bruxelles. "Ma poi, i liberali non vogliono il taglio delle tasse?", si chiede nella chiacchierata con il Corriere della Sera ricordando agli scettici che tagliare le tasse serve, in primis, a rianimare l'economia e a rimettere i soldi in circolazione. E, a riprova di questa tesi, cita i dati che l'Istat ha pubblicato in questi giorni e che sottolineano che in Italia la vera recessione è quella demografica. "Il blocco delle nascite è un dramma", ammette il vice premier leghista promettendo di tagliare le tasse a lavoratori e famiglie "a prescindere dal parere di qualche burocrate". "Il futuro, dei nostri figli e dell'Italia - avverte - viene prima dei vincoli decisi chissà dove".

Per Salvini la situazione che si è venuta a creare con la presenza del Sea Watch 3 al largo delle nostre coste è di una gravità estrema. E non solo perché non si può "consentire ad alcuno di decidere autonomamente, al di fuori dell'esistente quadro giuridico, dove e come condurre cittadini di Paesi Terzi". Anche il perdurare della presenza della Sea Watch 3 al largo delle nostre coste e la possibile evoluzione della situazione a bordo dimostrano il grave ricatto politico della Ong che, per i suoi fini ideologici, sta mettendo in pericolo decine di persone. A fronte di tutto questo il provvedimento di "divieto di ingresso, transito e sosta della nave nel mare territoriale nazionale" non è più sufficiente. Per quanto si stia dimostrando estremamente efficace, Salvini vuole che Conte chieda alle autorità olandesi di esercitare "i propri poteri sovrani sulla nave e sulle persone a bordo". Un intervento sul piano internazionale che nell'ottica el leader leghista servirebbe a completare le recenti iniziative adottate dal governo sul controllo delle frontiere e sulla gestione dei flussi migratori illegali via mare. D'altra parte il recente rigetto del Tar dell'istanza cautelare presentata dalla Sea Watch ha, di fatto, già legittimato l'operato del Viminale. Adesso è importante che anche la comunità europea faccia la propria parte.

Da alcuni giorni l'imbarcazione si trova a 16 miglia dal porto di Lampedusa, al limitare con le acque italiane. E, sebbene la Guardia di Finanza abbia notificato il divieto assoluto di sbarco, il capitano Carola Rackete ha fatto sapere più volte che per loro "Lampedusa è e rimane il porto sicuro più vicino al punto dove abbiamo effettuato il salvataggio". Una situazione insostenibile che ha spinto Matteo Salvini a scrivere ufficialmente al premier Giuseppe Conte per ribadire la politica dei porti chiusi e sollecitare una "energica nuova iniziativa di sensibilizzazione" nei confronti dei Paesi Bassi, visto che la Sea Watch 3 batte bandiera olandese.

È come in una partita di scacchi. Era chiaro sin dall'inizio. Il modo, in cui la Sea Watch è andata a recuperare 53 immigrati, sin sotto le coste libiche, facendo uno sgambetto alla Guardia costiera di Tripoli che stava intervenendo, già faceva prevedere le prossime mosse degli ultrà dell'immigrazione. Che, come da copione, dopo essersi rifiutati di sbarcare in Tunisia, ha puntato la prua verso Lampedusa. L'obiettivo è ovviamente andare a dar fastidio a Salvini e, in seconda battuta, all'Unione europea. Non è la prima volta che le organizzazioni non governative fanno questo "giochetto" facendo carta straccia di qualsiasi legge internazionale. A questo giro, però, il capitano Rackete non è potuta entrare in acque italiane che le sono precluse dal decreto Sicurezza bis. Tuttavia, avere una nave carica di persone in condizioni non del tutto ottimali a poche miglia dal porto di Lampedusa resta, comunque, un problema per tutto l'esecutivo gialloverde. Da qui il pressing di Salvini su Conte a cui fa notare che lo stallo dura "da ben sette giorni" e che "con una navigazione di durata inferiore" la nave avrebbe potuto raggiungere l'Olanda, il proprio Paese di bandiera

"L'Italia ha la responsabilità di far sbarcare queste persone" e "nessuno dovrebbe tornare" nella Libia scossa dalla guerra. Lo ha detto la portavoce dell'agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) Babar Baloch, riferendosi ai 43 migranti a bordo della Sea Watch 3, da 9 giorni ferma in acque internazionali a 15 miglia da Lampedusa. "Questi disperati devono essere sbarcati, è un obbligo sancito dalle norme internazionali", ha aggiunto. Da Napoli, il Papa invita al dialogo con i musulmani ed esorta i popoli del Mediterraneo 'a rifiutare ogni tentazione di riconquista e di chiusura identitaria'.

"A fronte della presenza della nave Sea Watch 3 al largo delle nostre coste e della possibile evoluzione della situazione a bordo - scrive Salvini nella lettera inviata per conoscenza anche al titolare della Farnesina Enzo Moavero - ritengo necessario che la perdurante efficacia del provvedimento di divieto di ingresso, transito e sosta della nave nel mare territoriale nazionale sia accompagnata da un'energica nuova iniziativa di sensibilizzazione nei confronti dell'autorità dei Paesi Bassi, quale stato di bandiera".

Olanda, dice ancora il ministro, a cui spetta un "responsabile esercizio dei propri poteri sovrani sulla nave e sulle persone a bordo, nonché sulla conseguente esigenza di porre in essere, prontamente ed efficacemente, ogni azione necessaria, anche sotto il profilo dell'ordine pubblico, affinché sia assicurato il rispetto integrale del complessivo quadro normativo".

Quanto a Sea Watch, nella lettera Salvini ribadisce che la Ong ha tenuto fin dall'inizio della vicenda una "condotta la cui gravità è resa palese dalla ferrea volontà" di far rotta verso l'Italia dopo aver rifiutato "il Pos (place of safety, porto sicuro, ndr) offerto dalle competenti autorità libiche" ma anche dal fatto di esser rimasta ferma davanti a Lampedusa sette giorni "pur avendo richiesto sin dall'inizio un porto di sbarco anche al proprio paese di bandiera che avrebbe potuto raggiungere con una navigazione di durati inferiore". Per questo, aggiunge ancora Salvini, "non appare potersi legittimamente consentire ad alcuno di decidere autonomamente, al di fuori dell'esistente quadro giuridico, dove e come condurre cittadini di paesi terzi".

 

 

 

È scontro nel governo sui minibot, con il leader della Lega Matteo Salvini pronto ad andare avanti con l'adozione di questa misura economica e il titolare del dicastero di via XX settembre, Giovani Tria, su tutt'altra posizione

"Il nostro obiettivo è pagare i debiti dello Stato sennò lo stato non ha nessuna credibilità per chiedere le tasse ai cittadini", ha detto il vice premier Luigi Di Maio all'assemblea di Confartigianato precisando: "Non mi affeziono a un nome in particolare".

Anche il deputato della Lega, Claudio Borghi, va all'attacco del ministro dell'Economia: "Ci vuole una grande pazienza, non so perché la pensi così, quando potremo fare una riunione gli spiegheremo che non è così. Il Ministro dell'Economia deve fare quel che il programma di governo, che lui ha visto e sottoscritto, dice",  afferma, ad un Giorno da Pecora, su Rai  Radio1, Claudio Borghi. Poi aggiuge: il ministro "non li ha ancora capiti. Non sono illegali, perché nessuno è obbligato ad accettarli. Gli faremo cambiare idea".

Una bella 'gatta da pelare' per il Presidente del Consiglio Conte, che dovrà trovare un punto di contatto tra le due posizioni di Salvini e Tria. Nel frattempo, quest'ultimo continua la propia azione di moral suasion nei confronti dell'Ue e dichiara che "la nostra politica fiscale è prudente", aggiungendo che "questo governo è più prudente di prima. Non considerate i 'rumori' elettorali". Poi, sempre su Salvini bacchetta sulle dichiarazioni del ministro dell'interno che auspica una prossima legge di bilancio "trumpiana" con la maxi sforbiciata fiscale messa in atto dal presidente statunitense. "Una manovra trumpiana implica avere il dollaro, e noi abbiamo l'euro", ha ribadito Tria che continua: "a parte questo la nostra manovra è quella che abbiamo deciso e approvato", "basata su "una politica fiscale prudente, ma compatibile con la necessità di crescere di più".

Ma sulle scelte in campo economico della maggioranza di Governo Salvini precisa che i "non sono solo nel contratto di governo, ma sono anche stati votati dalla Camera dei deputati".

Dall’Euromoney conference di Londra, il ministro dell'Economia boccia l'eventuale introduzione dei minibot e afferma:"su questo argomento voglio essere chiaro, non credo che i minibot verranno introdotti - perché, scono il ministro si tratta di uno strumento - pericoloso e non necessario". Dall'assemblea 2019 di Confartigianato, invece Matteo Salvini ha dichiarato che i minibot "sono uno strumento per pagare i debiti della pubblica amministrazione" e poi continua: "se qualcuno ha uno strumento più intelligente bene, altrimenti si va avanti con quello".

Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, sotto assedio della Lega su minibot e fisco. "Vuo fare il ministro? Deve ridurre le tasse", dice il ministro dell'Interno, Matteo Salvini. E aggiunge:  "Mi pagano lo stipendio per dare lavoro agli italiani, non per dire signor sì, signor padrone in un ufficio a Bruxelles.

Tria è un nostro ministro che porterà avanti il programma di tutto il governo che nella prossima manovra economica avrà il taglio delle tasse come punto centrale. Chi vuole fare il ministro di questa squadra sa che il taglio delle tasse è la priorità di questo Paese", ha affermato Salvini a Confartigianato. "Tagliare le tasse non è un capriccio di Salvini, è un'emergenza", ha aggiunto.

Parlando a Londra di fronte ad una platea di investitori e operatori finanziari, Tria ha detto che i minibot sono una misura "illegale e non necessaria". "Credo che il parlamento non avesse compreso la situazione reale, a volte decide cose solo per ragioni politiche - ha proseguito, notando per altro come già "il giorno dopo alcuni partiti" si fossero "chiamati fuori".

Ma, a stretto giro, arriva la replica di Salvini, intervenuto oggi all'assemblea di Confartigianato. "I minibot non stanno solo nel Contratto di governo ma sono stati anche votati dalla Camera: sono uno strumento per pagare i debiti della Pubblica amministrazione. Se qualcuno ha un mezzo più intelligente bene, altrimenti dico che si va avanti".

Intanto «In assenza di miglioramenti» sul fronte dell'inflazione «saranno necessari ulteriori stimoli». Lo sottolinea in un discorso al forum Bce di Sintra il presidente dell'Eurotower Mario Draghi, ricordando come «ulteriori tagli dei tassi e misure per mitigare eventuali effetti collaterali continuano a far parte degli strumenti a nostra disposizione».

Lo spread fra il Btp decennale e il bund scivola sotto i 250 punti base, a 246, segnando il minimo dallo scorso aprile. Mario Draghi, il presidente della Bce, ha detto che ulteriori tagli dei tassi restano fra le opzioni disponibili, che che il quantitative easing (Qe) ha ancora spazio.

Ma sul tema è il presidente americano Donald Trum ad attaccare attraverso Twitter: "Mario Draghi ha appena annunciato che potrebbero arrivare altri stimoli (all'economia europea),che hanno immediatamente fatto scivolare l'euro rispetto al dollaro. Così per gli europei diventa ingiustamente più facile competere con gli Stati Uniti. Sono anni che vanno avanti così insieme con la Cina ed altri Paesi

Scrive sul suo twwet il Presidente Americano : Mario Draghi just announced more stimulus could come, which immediately dropped the Euro against the Dollar, making it unfairly easier for them to compete against the USA. They have been getting away with this for years, along with China and others.

Per il leader degli Stati Uniti, l’unione europea rischia di essere uno schermo con cui Berlino applica la sua strategia sfidando la politica industriale americana. Ed è per questo che da tempo parla di dazi nei confronti dell’Europa che sarebbero in particolare tesi a colpire l’industria automobilistica tedesca, così come è questo il motivo per cui il presidente americano vede con estremo favore la Brexit e anche l’ascesa di governo ed esponenti politici tendenzialmente euro scettici o contrari all’asse franco-tedesco. La strategia di Trump è molto più complessa e articolata di quanto si voglia credere.

Un tweet che arriva dopo alcuni giorni in cui lo stesso presidente Usa aveva rilanciato un articolo di Bloomberg in cui si parlava del fatto che grazie all’euro i Paesi dell’Eurozona facessero di fatto concorrenza sleale nei confronti degli Stati Uniti sul fronte del turismo. In quell’occasione il leader della Casa Bianca aveva attaccato la moneta unica europea era un problema per gli Stati Uniti in quanto era proprio la sua svalutazione a creare le premesse per danneggiare l’economia americana. Per Trump, il tweet aveva due obiettivi: da un lato l’euro, dall’altro la Federal Reserve. Perché è chiaro che quel messaggio rivolto all’euro rappresentava anche l’ultimo episodio di uno scontro con la Banca centrale americana che vede il presidente Usa sostenere, l’abbassamento dei tassi mentre la Fed perseguire su un’altra direzione, mostrando una divergenza senza precedenti fra Washington e i vertici della Fed.

La guerra di Trump nei confronti dell’euro continua quindi. Ed è un conflitto che va avanti da parecchi mesi, se non direttamente dall’inizio dell’ascesa del tycoon alla guida della Casa Bianca. Una guerra che ha un chiari significato strategico. Da una parte, Trump vuole sostenere la politica di abbassamento dei tassi mettendo nel mirino le politiche della Bce. Il suo messaggio nei confronti della Fed è chiaro: “Se gli altri fanno così, dobbiamo farlo anche noi”. Dall’altro lato, non per il caso specifico di Draghi, l’obiettivo a medio e lungo termine è anche quello di colpire non tanto l’euro in sé quanto il fatto che esso si sia trasformato in uno strumento da parte della Germania per accrescere la sua leadership all’interno dell’Unione europea e sostenere il surplus commerciale che è da sempre il vero obiettivo della politica europea di Trump

Appena ricevuto la notizia delle parole del presidente della Banca centrale europea, Trump è intervenuto con uno dei suoi soliti tweet con cui annuncia battaglia. Il presidente degli Stati Uniti ha scritto: “Mario Draghi ha appena annunciato che potrebbero arrivare altri stimoli, che hanno immediatamente fatto cadere l’euro contro il dollaro, rendendo più facile e in maniera scorretta competere contro gli Stati Uniti. Sono anni che l’hanno fatta insieme alla Cina e ad altri”. Un attacco su tutta la linea che è stato seguito da un altro tweet con cui il leader della Casa Bianca ha detto: “I mercati europei sono cresciuti dopo i commenti (non equi per gli Stati Uniti) di Mario D”.  

Cosi Donald Trump continua la sua guerra all’euro. E questa volta lo fa attaccando direttamente il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. Durante il simposio di Sintra, in Portogallo, Draghi ha parlato della possibilità di “ulteriori stimoli” nei confronti dell’economia dell’Unione europea. E questa frase ha scosso il presidente degli Stati Uniti, che da tempo accusa la Bce di applicare tassi ridotti e far calare il prezzo dell’euro per effettuare una sorta di concorrenza sleale nei confronti del dollaro.

L'Italia intende rispettare le regole europee, senza che ciò impedisca che, come paese fondatore e terza economia del continente, ci facciamo anche portatori di una riflessione incisiva su come adeguare le regole stesse affinché l'Unione sia attrezzata ad affrontare crisi finanziarie sistemiche e globali e assicuri un effettivo equilibrio tra stabilità e crescita".  In vista delle nomine europee, l'Italia fa sapere di volere un portafoglio economico di prima linea, spiega il premier Conte alla Camera, perché serve un segnale di cambiamento. Dopo il vertice sulle risposte da dare a Bruxelles, il premier riferisce sul Consiglio Europeo del 20 e 21 giugno, ed evidenzia la necessità che la crescita non sia più antitetica alla stabilità.

Il premier ha poi indicato quelli che dovrebbero essere gli obiettivi dell'Unione europea. "Migrazioni, rimpatri e contrasto al traffico illegale di esseri umani. Realizzare forme minimo di salario europeo. Un budget dell'Eurozona per la stabilizzazione economica, che mettano al riparo da turbolenze. Politiche ambientali per l'economia circolare. Tutela europea dei prodotti agricoli, etichettatura e tracciabilità, rispettosa di imprenditori e consumatori. Miglioramento della cooperazione al contrasto del terrorismo internazionale e del crimine organizzato. Una politica di difesa comune adeguata".

Tra i temi affrontati da Conte anche la Brexit "Rimaniamo impegnati per un'uscita ordinata", ha affermato e l'allargamento dell'Ue nei Balcani.

Infine una dichiarazione sui conti pubblici. "Sulla procedura di infrazione ho avuto modo di affermare anche pubblicamente che siamo tutti intenzionati a evitarla e siamo tutti ben convinti della nostra politica economica. Intendiamo mantenere un dibattito costruttivo con la commissione Ue", ha affermato il premier.
Il vertice è andato bene, ci siamo confrontati sulla strategia sulla procedura di infrazione, che vogliamo tutti evitare". Lo afferma il premier Giuseppe Conte interpellato dai cronisti a Montecitorio sul vertice economico di questa mattina.

"Quanto alla procedura d'infrazione ho avuto modo di affermare anche pubblicamente che siamo tutti determinati a evitarla ma anche che siamo ben convinti della nostra politica economica. Intendiamo mantenere un dialogo costruttivo con l'Ue e questa determinazione la sto rappresentando con chiarezza anche ai vertici europei e ai miei omologhi". Lo dice il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nell'informativa alla Camera sul Consiglio europeo

A  proposito della procedura di infrazione verso l'Italia ma anche sul "completamento dell'Unione economica e monetaria", crediamo che "l'Eurosummit del 21 giugno debba assumere decisioni non divisive". Lo dice il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nell'informativa alla Camera sul Consiglio europeo.

Le priorità europee indicate dal presidente del consiglio sono  una "governance europea multi livello sull'immigrazione, basata sulla solidarietà e sull'equa condivisione, una decisa politica europea dei rimpatri e del contrasto al traffico illegale degli esseri umani", interventi sul "pilastro dei diritti sociali per proteggere i disoccupati e realizzare il salario minimo europeo" e il "budget dell'eurozona". Sono le priorità in Europa indicate dal premier Giuseppe Conte riferendo alla Camera in vista del consiglio europeo di domani e dopodomani.

Intanto nuovo attacco alla conduttrice del Tg Marina Nalesso perche è andata in onda indossando il rosario. Non è la prima volta che Marina Nalesso, che non fa affatto mistero della sua fede, attira le rabbie laiciste. La giornalista aveva già fatto vedere in passato, allora alla conduzione del TG1, il crocifisso e alcune medagliette della Madonna Miracolosa. Era accaduto nel 2016. Ad agosto del 2018 ha deciso di andare in video con un rosario al collo. E anche allora non mancarono sfoghi rabbiosi di blog e, addirittura, di telespettatori di altre religioni. “Un’offesa” tuonarono. Come se quel crocefisso potesse fare del male a qualcuno.  

Lo stesso mostrato in piazza Duomo da Matteo Salvini, quello usato ogni giorno da preti e suore, monaci e laici per pregare. Un simbolo di pace e non di guerra, un simbolo che, certamente, non offende. Eccetto qualcuno, che ha dato sfogo alla polemica dalle colonne di Repubblica che non tarda a definire, la croce della giornalista, uno sfregio alla laicità nonché uno spot del motto “Dio, Patria, Famiglia… che incombe su ogni inquadratura”.

Questa volta ad essere affetto da cristo-fobia è Michele Serra. Il giornalista, dalle righe che compongono la sua “Amaca”, arriva a definire la conduttrice del TG2 un “mezzobusto confessionale” che, addirittura, “fa impressione”. E grida alla censura: “Non si potrebbe cortesemente evitare? […] Basta infilare il crocefisso sotto la camicetta, badando che non urti il microfono”. Scrive Serra, visibilmente offeso da Gesù.

Dalle scuole agli ospedali, fino ai seggi elettorali, lo spazio concesso al Figlio di Dio appeso sulla Croce si restringe ancora. È accaduto a Firenze durante le elezioni, quando la presidente del seggio ha deciso di coprire la Croce con del nastro isolante per paura di offendere i musulmani. Ora vogliono sfrattare Gesù anche dal collo dei giornalisti. Ma questo avviene solo con i cristiani. Nessuna donna di religione musulmana è mai stata costretta a togliere il proprio velo, nessun ebreo a rimuovere dal capo la kippah, ma si chiede ai Cattolici di nascondere la croce.

Così, la scelta di Marina Nalesso appare come una provocazione. Eppure, non c’è divieto nel nostro Paese che imponga alla giornalista di non testimoniare la propria fede, il proprio credo. La stessa Costituzione, inquadrando il nostro Stato come laico e aconfessionale, garantisce “la protezione della coscienza di ogni persona che si riconosce in una fede”.

Ma lo scrittore, simpatizzante della sinistra, non lo accetta. E con la sua condanna decide di mettere un limite alla libertà individuale di esprimere la propria persona, il proprio pensiero, la propria fede e religione. Ma dove va la democrazia Italiana se uno non e libero di dimostrare la sua fede Cristiana perche l’occultamento di un simbolo religioso si avvicina più alla censura delle vecchie e ormai passate dittature, e non una vera democrazia come la nostra ....

Intanto da una parte l’Italia ha mostrato forti aperture di credito nei confronti degli Stati Uniti di Donald Trump che tutto vogliono me no che Francia e Germania continuino nei loro progetti di Difesa europea a guida franco-tedesca. Dall’altra parte, il governo italiano ha deciso di non puntare su progetti di difesa Ue che non siano inseriti nell’ambito Pesco e nell’ambito Nato. Infine, non va dimenticato neanche un ultimo dato di natura squisitamente politica: Sanchez rappresenta l’unico governo europeo pro-Ue, sostenuto da Francia e Germania e con la Commissione europea uscente che ne ha certificato la bontà delle riforme. Di fatto questo momento storico può rappresentare per Madrid il passaggio di consegne da parte di Roma. E così, questo accordo militare può rivelare molte cose sul futuro dell’Unione europea, che da tempo sembra aver deciso che il futuro di Bruxelles spasserà per Francia e Germania con il sostegno della Spagna. Escludendo, per il momento, l’Italia.

L’asse franco-tedesco ha una terza gamba: la Spagna di Pedro Sanchez. Sia chiaro, Madrid ha da sempre rappresentato un Paese fondamentale legato sia a livello politiche che a livello economico all’alleanza tra Francia e Germania. Ma adesso, con Sanchez, Emmanuel Macron ed Angela Merkel tutto appare più nitido. Le elezioni europee hanno confermato che Berlino, Parigi e Madrid hanno costruito un asse sempre più solido che serve non solo a Francia e Germania per rafforzarsi in Europa, ma anche alla stessa Spagna per scalzare l’Italia come terza potenza dell’Unione europea. Una convergenza di interessi che adesso si ripercuote su uno dei fronti più importanti dell’alleanza tra Berlino e Parigi: la difesa europea.

Dopo mesi di trattative, infatti, il governo spagnolo  ha aderito al progetto del nuovo caccia europeo. Come scrive il quotidiano spagnolo Abc, il ministro della Difesa, Margarita Robles, ha firmato l’accordo con il quale la Spagna aderisce formalmente al Future Combat Air System (Fcas) durante il Salone internazionale dell’aeronautica e dello spazio a Le Bourget, Parigi. Il memorandum d’intesa del Fcas è stato firmato, oltre che dalla Robles, anche dal ministro della Difesa francese, Florence Parly, e dal ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen. L’accordo servirà alle difese di Berlino, Madrid e Parigi per sostituire entro il 2040 gli attuali Rafale ed Eurofighter e ha una durata di almeno dieci anni. Uno strumento che serve ai governi dell’asse franco-tedesco di mostrare la propria volontà di competere rispetto ai giganti dell’industria aeronautica militare mondiale, ma serve soprattutto per dare un’accelerata a quella difesa di matrice europea su cui Parigi sta puntando moltissimo e su cui sembra avere investito anche la Germania, preoccupata dall’essere una potenza industriale ma esclusa dai grandi giochi strategici internazionali.

Intanto Giorgia Meloni attraverso radio Cusano Campus,sostiene che le prime vittime di questo disegno siano proprio gli immigrati, che "nella stragrande maggioranza dei casi vengono trascinati in Europa con l'inganno, con promesse di vita che non potranno mai avere, o con riti voodoo come nel caso delle nigeriane che vengono costrette a prostituirsi. Io dico che questo non è umano".

Dobbiamo capire che dietro questo grande tema dell'immigrazione incontrollata, non c'è il tentativo episodico di persone che sperano di sbarcare in Europa. C'è un movimento organizzato", incalza la Meloni, che fa notare come le Ong siano finanziare da Soros, "la finanza speculativa". E questo, "non è un caso".

Non solo. Secondo la Meloni, intervistata da radio Cusano Campus, infatti, "c'è anche un disegno di destrutturazione della società", che mira a "privarci della nostra identità, costruendo una società multiculturale senza identità, radici, consapevolezza, in modo che le persone diventino consumatori tutti uguali in balia del capitale". Poi, si chiede come mai siano arrivati nigeriani e pakistani e non venezuelani, "che vivono un momento di crisi e di guerra civile". 

Per la leader di Fratelli d'Italia, la risposta sarebbe semplice: "Perchè molti venezuelani sono di origine italiana, europea, sono cristiani, quindi non sono distanti da noi e non interessano a chi vuole portare avanti quel modello di destrutturazione della società. Soros è accusato del dissesto finanziario di alcune nazioni, compresa l'Italia, perchè una persona del genere dovrebbe essere così umana verso i migranti  ?". 

In vista del 9 luglio, quando l' Ecofin potrebbe lanciare ufficialmente la procedura d'infrazione contro l'Italia per la mancata discesa del debito, Salvini ha aggiunto: «Noi passiamo dalle grandi strategie economico-commerciali e geopolitiche qua a Washington alle piccolezze delle "multine", delle infrazioni, dei controllori imposti da Bruxelles. Abbiamo visto in Grecia come è finita. Hanno ammazzato un popolo e spalancato le porte ai cinesi che si sono comprati un paese attraverso un porto. L'Italia non è la Grecia. Noi puntiamo a convincerli coi numeri, i dati, il buon senso e la cortesia. Altrimenti le tasse le tagliamo lo stesso agli italiani, a Bruxelles se ne facciano una ragione».

La flat tax si farà». Parola di Matteo Salvini. Da Washington, dove ieri ha parlato alla stampa, il vice presidente del consiglio ha spiegato che la flat tax «non è una scelta» e che «ci devono essere i margini» per farla. Poi si può decidere come modularla negli anni, visto che abbiamo davanti quattro anni ma un taglio delle tasse non per tutti ma per tanti ci deve essere dalla prossima

Per Salvini sarebbe poi «un errore strategico, non solo commerciale ma geopolitico, allontanare la Russia dall'Occidente per lasciarla nelle braccia della potenza cinese». Per questo «credo si debba fare di tutto per tornare al tavolo» delle discussioni. Parlando da Washington - dove ieri ha parlato alla stampa italiana alla vigilia del suo incontro odierno con il segretario di Stato, Mike Pompeo, e con il vicepresidente, Mike Pence - il vice presidente del consiglio ha aggiunto: «Al di là della convenienza economica per le nostre aziende, preferisco ragionare con Mosca piuttosto che rinsaldare l'asse Mosca-Pechino. Mi sembra banale».

Intanto secondo il quotidiano della famiglia Berlusconi, lo scorso anno Sea watch aveva raccolto 1.797.388,49 euro spendendo oltre il 55%, ovvero 784.210 euro per la sua nave già sequestrata tre volte dall'Italia e da Malta, che sta ciondolando davanti a Lampedusa con una quarantina di migranti a bordo. I principali sostenitori, che ci mettono la faccia, pubblicata sul bilancio della Ong estremista tedesca, sono un gruppo variegato di personaggi molto noti in Germania. Uno dei più attivi è il capogruppo dei Verdi nel Parlamento di Berlino, Hofreite, deputato dal 2005. Al suo fianco per aiutare Sea watch il discusso Gregor Gysi, leader riformista alla fine della Germania Est sopravvissuto al crollo del muro di Berlino. Anche l'attrice tedesca Katja Hannchen Leni Riemann e il gruppo rock di Amburgo, Revolverheld, sono testimonial e finanziatori di Sea watch. Una delle sostenitrice più influenti è Barbara Lochbihler, europarlamentare dal 2009 fino a quest'anno ed ex segretario di Amnesty international in Germania. A Strasburgo ha fatto proseliti: Elena Ethel Schlein è stata eletta eurodeputata del Pd nell'ultima legislatura, anche se nel 2015 ha lasciato il partito per aderire al movimento di Giuseppe Civati.

In febbraio, dopo il primo sequestro di Sea watch 3, ha organizzato una raccolta fondi per i talebani dell'accoglienza. In quattro mesi ha raccolto da 48 sostenitori appena 3.567 euro che sono andati «direttamente a Sea watch per sostenere le loro operazioni».

Scrive il quotidiano il giornale : I talebani dell'accoglienza tedesca, Sea watch e Sea eye, su un portale ad hoc, «ringraziano le Chiese per la promozione del salvataggio in mare nel Mediterraneo». E pubblicano le dichiarazioni ed i volti di alti esponenti ecclesiastici come testimonial per le donazioni. Fra i sostenitori c'è anche il cardinale cattolico Reinhard Marx che si appella ai cristiani: «Finché ci sono persone che nella loro angoscia e disperazione si fanno strada attraverso il Mediterraneo, la nostra missione è la misericordia». E sotto si può donare qualsiasi cifra, che verrà così suddivisa: 10% ad Alarm phone, il centralino dei migranti che vuole sostituirsi ai Centri di soccorso degli Stati, 40% a Sea eye e Sea watch ed il rimanente 10% a Solidarity at sea, che sostiene legalmente gli equipaggi delle Ong «minacciati da un processo» per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Nel bilancio 2018 di Sea watch l'esborso dei 262.435 euro per l'aereo di ricognizione Moonbird, che decolla da Lampedusa individuando i gommoni dei migranti, è stato «sostenuto in modo significativo dalla Chiesa evangelica in Germania».

È continua il quotidiano,  e interessante spulciare nella raccolta fondi odierna di Sea watch organizzata sulla piattaforma tedesca Better place, dove sono stati già donati oltre 370mila euro. I finanziatori sono quasi 7mila, ma nella stragrande maggioranza anonimi con cifre che variano da 5 ad un massimo di 790 euro. Pochissimi i donatori che pubblicano il nome intero, come Ines Schimidt, 252 euro donati e raccolti per il suo compleanno. Alcuni rendono noto solo il nome con l'iniziale del cognome come Rosa R., che ha finanziato Sea watch due volte per un totale di 232 euro.

In Italia la pseudo Ong Mediterranea, di nave Jonio sotto sequestro, ha raccolto 769.748,50 euro con 3306 sostenitori. Sulla sua pagina in rete cita come supporter i sindaci Leoluca Orlando di Palermo e Luigi de Magistris di Napoli, Greenpeace Italia e Fondo Fuocoammare creato sulla scia del successo del film che ha vinto l'Orso d'oro a Berlino nel 2016. Non mancano Comitato Addiopizzo, la Cgil, i Giuristi democratici, la Lega coop sociali Friuli-Venezia Giulia e Potere al Popolo di Palermo, orfani del comunismo duro e puro. Non solo: L'Arci fa strenua campagna per raccogliere il 5xmille a favore di Mediterranea. E Banca Etica, preferita dai parlamentari grillini, ha permesso l'acquisto della nave sotto sequestro con quasi mezzo milione di euro.

Fra i testimonial è spuntato pure il cardinale Reinhard Marx. E per il 2019 il fabbisogno, come raccolta fondi, è di «110-130mila euro al mese» secondo l'Ong tedesca.

In Italia la nave Mare Jonio, sotto sequestro dopo sbarchi illegali di migranti, è appoggiata addirittura dall'Arci con il 5 per mille, sindaci e organizzazioni si sinistra. L'Ong Open arms, appena attraccata a Napoli con la nave omonima, è nata con i fondi di una compagnia marittima spagnola, il Gruppo Ibazibal, ma ha ricevuto donazioni pure dall'attore americano Richard Gere e da una società calcistica come il Manchester city.

La Chiesa evangelica tedesca, Anton «Toni» Hofreite, capogruppo dei Verdi nel Bundestag, Gregor Gysi, l'ultimo leader della Germania Est pro Gorbaciov, l'ex europarlamentare del Pd, Elena Ethel Schlein, sono alcuni dei principali sostenitori di Sea watch, la Ong talebana dell'accoglienza.

La sfida della "capitana", scrive il quotidiano il giornale,  della Sea Watch non è solo a Salvini, ma anche al decreto Sicurezza bis che, appena approvato, ha subito trovato applicazione. Sabato scorso il governo, in modo compatto, ha firmato "il divieto di ingresso, transito e sosta alla nave Sea Watch 3 nelle acque italiane". Il divieto è, poi, stato notificato dagli uomini della Guardia di Finanza alla comandante dell'imbarcazione. Ma l'ong tedesca, da sempre restia a rispettare le leggi (italiane e internazionali), ha subito fatto sapere, tramite la portavoce Giorgia Linardi, di non essere intenzionata a fare marcia indietro. "Riportando indietro queste persone", ha spiegato, lo staff della Sea Watch "commetterebbe un crimine per cui l'Italia è già stata condannata, ovvero quello del respingimento collettivo". Gli ultrà dell'accoglienza si appigliano da sempre a una sentenza del 2009 della Corte Europea dei Diritti dell'uomo che aveva sanzionato l'Italia proprio per aver rimandato in Libia un gruppo di migranti soccorsi in mare. Ma dall'anno scorso non trovano più a Roma chi è disposto ad ascoltarli. Dopo aver chiuso tutti i porti italiani, Salvini ha anche blindato le nostre acque.

In queste ore Salvini sta facendo leva sulla convinzione che l'ong tedesca sia in torto per aver disobbedito alle indicazioni della Guardia costiera libica che aveva indicato Tripoli come porto di sbarco per i migranti. E, grazie al decreto Sicurezza bis approvato dal Consiglio dei ministri nei giorni scorsi, può, appunto vietarne l'ingresso nelle acque italiane. Ma la situazione di stallo rischia di trasformarsi nell'ennesimo braccio di ferro giuridico e politico. La capitana Rackete, trentunenne tedesca dai capelli rasta, sembra infatti non avere alcuna intenzione di mollare di un solo millimetro. "Non abbiamo ancora preso alcuna decisione, dobbiamo valutare molti aspetti e lo faremo con la consulenza del nostro team legale", spiega a Repubblica rimarcando, però, che "Lampedusa rimane il porto sicuro più vicino al punto dove abbiamo effettuato il salvataggio". Chiusa, dunque, qualsiasi possibilità di riportarli in Libia o di attraccare in Tunisia. "Non li riporterò mai lì - scandisce - queste persone sono sotto la mia responsabilità. Alcune hanno sulla pelle i segni della tortura e sul corpo quelli dell' abuso sessuale". Il suo obbiettivo (dichiarato) è solo l'Italia. E farà di tutto per riusciure ad arrivarci, anche infrangendo un'infinità di leggi come ha già fatto per recuperare i 53 immigrati a poche miglia dalle coste libiche. Ma Salvini non è certo una persona che si arrende facilmente. "Per me - ha fatto sapere nei giorni scorsi - possono rimanere lì a galleggiare fino a Capodanno...".

 

 

 

 

 

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