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Un anno fa, la coalizione di Centrodestra vince le elezioni e Giorgia Meloni diventava Capo del governo. 365 giorni dopo, la Premier fa una riflessione su Facebook, respingendo ogni accusa di fallimento e di errori. Scrive: “Il 25 settembre di un anno fa dagli italiani arrivava una indicazione chiara: un governo di centrodestra a guida Fratelli d’Italia. Abbiamo dato il massimo per raggiungere la vittoria, consapevoli che quella non sarebbe stata un punto d’arrivo ma un punto di partenza. A distanza di un anno non mi sento di fare ancora bilanci, quello spetta ai cittadini. Ma una cosa la posso dire: avevo promesso di consegnare un’Italia migliore di come l’avevo ricevuta e posso affermare che oggi la nostra Nazione è più credibile, stabile e ascoltata”.

E ancora: “Sono soddisfatta dei risultati raggiunti, a partire dai dati economici che ci consegnano il record del numero degli occupati e quello dei contratti stabili. Penso anche a tutte le risorse che abbiamo concentrato per aiutare famiglie e imprese e ai provvedimenti che abbiamo attivato in materia di sicurezza e legalità. L’Italia cresce più della media europea e di questo ne vado fiera”.

“Il 2024 sarà un anno molto importante, l’anno delle grandi riforme di cui questa Nazione ha bisogno: la riforma fiscale in primis, ma anche l’avvio della riforma costituzionale e quella sulla giustizia. E poi, la grande riforma del merito, in particolare nella scuola. Di fronte a noi abbiamo un grande lavoro da fare ma questo è ciò che faremo nel rispetto degli impegni presi con gli italiani. L’Italia ha scelto noi e noi non la tradirei".

In questi primi 12 mesi dall'affermazione nelle urne c'è anche l'alluvione di maggio che ha piegato la Romagna: quindici morti, oltre 30mila sfollati e aziende in ginocchio. Il governo ha varato un decreto ad hoc con le risorse per sostenere la ricostruzione, poi lo scontro tra centrodestra e Pd sulla nomina del commissario e le accuse di Bonaccini sui ritardi dei fondi destinati ai privati. Altra accelerazione sulla delega fiscale ("era attesa da 50 anni", ha detto la premier) diventata legge a inizio agosto e ora entro 24 mesi ci saranno i decreti attuativi. La riforma fiscale, tra le altre cose, prevede la revisione graduale delle aliquote Irpef, che diventeranno tre, nella prospettiva della transizione verso l'aliquota unica.

Così Giorgia Meloni, tra i leader mondiali nel Palazzo di Vetro o nel fango della Romagna alluvionata. Nel 'cimitero dei barchini' a Lampedusa o al G20. Emergenza e agenda programmatica vanno in tandem nel primo anno di Giorgia Meloni da presidente del Consiglio. L'underdog della politica, così si è definita la stessa premier, determinata "a cambiare il Paese" ha sin qui operato in un contesto interno e globale condizionato dalla coda della pandemia da Covid, dalla guerra in Ucraina, dalla fiammata dell'inflazione, da sbarchi senza sosta di migranti sulle coste italiane, solo per accennare ai dossier di maggior spicco.

Proprio la questione migranti - il confronto è aspro con le opposizioni che accusano il governo di avere seppellito l'accoglienza diffusa - al momento rimane, insieme al varo della nuova legge di Bilancio, tra i dossier principali del governo. Sia sul fronte della politica estera, con il tentativo della premier di coinvolgere l'Europa - con Francia e Germania che alternano chiusure e dialogo - e l'Onu nel frenare le partenze dai Paesi di origine, sul modello dell'accordo con la Tunisia, e sia a livello interno, con il piano per la costruzione di nuovi Cpr e l'allungamento dei tempi di trattenimento fino a 18 mesi (norme inserite nel decreto Sud).

Contrasto al caro energia (22 miliardi di euro) e politiche per il lavoro e misure pensionistiche (8,7 miliardi), sono sul podio nel totale degli stanziamenti previsti dalle disposizioni legislative dell'esecutivo per l'anno finanziario 2023, secondo quanto si legge nella terza relazione, aggiornata dal 30 giugno scorso, del Dipartimento per il Programma di governo di Palazzo Chigi. Manca poco ai 12 mesi dal primo Cdm operativo, dopo la 'cerimonia della campanella' tra Mario Draghi e Giorgia Meloni, quello che approvo' il 'decreto Rave' con il giro di vite per i raduni illegali e la stretta sui benefici sull'ergastolo ostativo.

Una misura che ha segnato anche l'inizio, dal punto di vista del dibattito politico, di un acceso confronto tra il centrodestra e le opposizioni. Come le polemiche per il rinvio della discussione sul salario minimo, per l'abolizione del Reddito di cittadinanza o per la riforma della giustizia. Tra i principali provvedimenti del governo, fino a oggi, anche il nuovo Codice della strada con multe più' salate (fino a 2.600 euro) per chi guida usando lo smartphone. La prossima sfida del governo si giocherà su crescita, sostegno a famiglie e lavoratori, e capacita' di mettere a terra i fondi del Pnrr. Una partita non disgiunta dal dossier europeo sulla riforma del Patto di Stabilita'. "Il tempio della velocità diventa anche per noi fonte di ispirazione, perché' anche noi abbiamo bisogno di correre di più per far correre la nazione", ha detto Giorgia Meloni tra i box del Gran premio di Formula 1 a Monza.

Smantellata, infatti, la misura 'bandiera' M5s, il Reddito di cittadinanza considerato dal centrodestra "una forma mascherata di assistenzialismo" e ridimensionato il Superbonus ("una voragine per i conti pubblici", attacca il centrodestra). Altro provvedimento di spicco, la tassa sugli extra profitti delle banche (norma inserita nel dl Asset ora in esame al Senato) nonostante i malumori degli istituti di credito, il parere contrario della Bce e anche qualche mal di pancia tra gli alleati di Forza Italia.

Nel decreto Caivano - ancora da convertire in legge dal Parlamento - si prevede una stretta sulle baby gang (daspo e arresti in flagranza) e il carcere per i genitori che non mandano i figli a scuola, oltre a risorse per riqualificare l'area del Parco Verde. Ma a tenere banco è ovviamente anche il dossier immigrazione. I pezzi di legno del caicco e i corpi che galleggiano in mare, le bare bianche ammassate nella chiesa di un piccolo paese della Calabria: la scossa è arrivata a fine febbraio. Sulla scia della strage di migranti - oltre 90 le vittime - a Steccato di Cutro, il Cdm ha varato una serie di misure contro l'immigrazione illegale. Il Dl Cutro - già convertito in legge - prevede, ad esempio, nuovi reati e pene maggiori per gli scafisti oltre a una stretta sulla protezione speciale.

Così il sostegno ai redditi più bassi per combattere il carovita, con il taglio del cuneo fiscale, le misure per il lavoro e il contrasto alla criminalità, anche minorile, hanno catalizzato l'azione dell'esecutivo che si avvia alla boa dei primi dodici mesi, quando il partito del presidente del Consiglio celebra invece un anno dalla vittoria delle elezioni. In 'viaggio', a proposito dell'iter parlamentare, le riforme sull'Autonomia differenziata e sulla Giustizia (ddl Nordio) che prevede l'abolizione del reato di abuso di ufficio e un giro di vite sulle intercettazioni.

Procede anche il confronto sulle riforme costituzionali. La ministra Casellati lavora sull'elezione diretta del premier, assetto istituzionale con il quale però resta acceso il confronto con l'opposizione. Se la prima legge di Bilancio ("realistica" e "prudente") ha segnato una certa continuità con l'esecutivo Draghi - soprattutto in conseguenza dei tempi ristretti - la cesura con il Conte bis è stata sin da subito netta.

 

Il 25 settembre 2022 il centrodestra vinceva le elezioni politiche. Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si imponeva con il 26% e la leader iniziava il suo mandato da prima presidente del Consiglio donna italiana. Anniversario che Meloni ha ricordato con un post su Facebook: "Il 25 settembre di un anno fa dagli italiani arrivava una indicazione chiara: un governo di centrodestra a guida Fratelli d'Italia. Abbiamo dato il massimo per raggiungere la vittoria, consapevoli che quella non sarebbe stata un punto d'arrivo ma un punto di partenza", ha scritto Meloni, spiegando che "a distanza di un anno non mi sento di fare ancora bilanci, quello spetta ai cittadini. Ma una cosa la posso dire: avevo promesso di consegnare un'Italia migliore di come l'avevo ricevuta e posso affermare che oggi la nostra Nazione è più credibile, stabile e ascoltata".  

 

Fonte Agi e varie agenzie 

 

 

Mentre la UE lavora nell'ambito del sostegno alla Tunisia per gestire le migrazioni ed e allo studio anche l'istituzione di un'area Sar e un centro di coordinamento di soccorso marittimo (Mrcc) di competenza tunisina. E lo rende noto una fonte diplomatica europea. "Attualmente non hanno un'area Sar e li dobbiamo aiutare per averla. E lo possiamo farne fornendo gli asset necessari che ci chiederanno, parliamo ad esempio di imbarcazioni ricondizionate, pezzi di ricambio, carburanti, equipaggiamenti. E ovviamente la formazione necessaria", spiega la fonte.

L'attività rientra nell'ambito dell'attuazione del memorandum Ue-Tunisia di cui si è parlato in una colazione di lavoro tra i rappresentanti permanenti Ue e il dirigente della Commissione per il Vicinato, Gert Jan Koopman. "Italia e Francia hanno insisito in particolare affinché ci sia un aggiornamento costante sull'attuazione del memorandum", spiega la fonte.

Il dossier “migranti potrebbe dissolvere l’Europa”. Non nasconde i suoi timori l’Alto Rappresentante Ue per la Politica estera Josep Borrell, secondo cui l’incapacità di arrivare ad una politica comune mette in evidenza le profonde differenze culturali dei vari Paesi che compongono l’Unione. “Alcuni membri Ue hanno uno stile ‘giapponese’: non vogliamo mescolarci. Non vogliamo migranti. Non vogliamo accettare persone dall’esterno. Vogliamo la nostra purezza”, ha sottolineato Borrell osservando come, invece, l’Europa abbia bisogno dei migranti contro il calo demografico.

Ai timori di Borrell fanno da eco le nuove tensioni tra Italia e Germania proprio sui migranti. A scaldare gli animi è stata la notizia diffusa dall’Ansa circa una dichiarazione del ministero degli Esteri di Berlino secondo cui la Germania si appresterebbe a finanziare Ong per salvare i migranti in mare. Inoltre lo stesso ministero si sarebbe detto pronto a bloccare la ricezione di immigrati se l’Italia non rispetterà il trattato di Dublino, definito dal capo dello Stato Mattarelle “preistorico”.

Si acuiscono le tensioni tra Italia e Germania dopo la scoperta che Berlino finanzia le Ong che salvano i migranti nel Mediterraneo.  "È ampiamente noto che la presenza in mare delle imbarcazioni delle Ong ha un effetto diretto di moltiplicazione delle partenze di imbarcazioni precarie che risulta non solo in ulteriore aggravio per l'Italia, ma allo stesso tempo incrementa il rischio di nuove tragedie in mare", ha affermato il premier Giorgia Meloni in una lettera inviata al Cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Occorre "concentrarsi nel costruire soluzioni strutturali al fenomeno migratorio"., ha aggiunto Meloni. "Ritengo che gli sforzi, anche finanziari, delle Nazioni Ue interessate a fornire un sostegno concreto all'Italia dovrebbero piuttosto concentrarsi nel costruire soluzioni strutturali al fenomeno migratorio, ad esempio lavorando ad un'iniziativa Ue con i Paesi di transito della sponda sud del Mediterraneo, che peraltro necessiterebbe di risorse inferiori rispetto a quella da tempo in essere con la Turchia", ha scritto il premier.

"In queste settimane - premette il presidente del Consiglio - il governo italiano è impegnato in prima linea nel fare fronte ad una pressione migratoria eccezionale. Tale impegno si esprime sia sul fronte interno per dare il massimo sostegno alle regioni italiane più coinvolte, a partire dall'Isola di Lampedusa, sia su quello internazionale, dove abbiamo moltiplicato i contatti, da ultimo a New York, con i Partner internazionali ed i Paesi di origine e transito nonché con le Istituzioni e gli Stati membri Ue. Particolarmente importanti sono stati la visita della presidente della Commissione Europea von der Leyen a Lampedusa lo scorso 17 settembre e i progressi concreti nell'attuazione del Memorandum d'intesa Ue-Tunisia che ne sono scaturiti".

"Governi stranieri, che finanziano associazioni private straniere, per riempire di clandestini l'Italia. Vergognoso, inaccettabile", ha scritto su Instagram il vicepremier leghista e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini."

Per quanto riguarda i salvataggi in mare, voglio rammentare agli amici tedeschi che quelli effettuati dalle Ong rappresentano appena il 5%", ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto. All'Agi, Crosetto ha detto che "anche l'Italia salva, e ha salvato, migliaia di persone, anche senza l'aiuto delle Ong. Far finta che le migrazioni si affrontano solo finanziando le Ong e non stando accanto alle nazioni amiche è un modo poco congruo" di affrontare il problema".

Il ministro della Difesa italiano, ha espresso delusione per il fatto che la Germania stia finanziando le ONG invece di fornire aiuto diretto all'Italia.

Ha sottolineato che gli italiani sono noti per la loro solidarietà verso le nazioni in difficoltà e si aspettava lo stesso in cambio. Dall'altra parte, la Germania sta affrontando i propri problemi.

Con una recessione in corso, un aumento significativo del debito privato e un boom di lavoratori poveri, il Paese sta attraversando uno dei periodi meno favorevoli della sua storia recente. Inoltre, l'aumento dei flussi migratori verso l'Europa è una minaccia che preoccupa il cancelliere Olaf Scholz.

Il governo "semaforo" tedesco (composto da socialdemocratici, verdi e libdem) sta perdendo popolarità, mentre cresce il consenso per l'AfD, che ha sfruttato il malcontento per l'elevato numero di immigrati nel Paese.

In sintesi, c'è un bel po' di tensione tra Italia e Germania su come gestire la questione dei migranti.

Giovedì 28 settembre, il ministro degli Esteri Antonio Tajani sarà a Berlino per parlare con l'omologa tedesca di quello che ha definito "un atteggiamento strano". "Cercheremo di capire perché si muove in questa maniera", ha detto il vicepremier. "Il problema c'è ma va affrontato in maniera solidale, non in modo egoistico. La frontiera sud dell'Europa siamo noi".

Intanto si allenta la tensione con la Francia, dopo che Macron ha teso la mano alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni proponendole di lavorare insieme. "L'Italia si sta assumendo le sue responsabilità, ha fatto una scelta forte e sta svolgendo il suo ruolo di 'primo porto sicuro" ma, ha detto Macron, "la risposta deve essere europea''.

L'apertura è stata accolta dalla premier "con grande interesse". "È evidente che Italia, Francia e UE debbano agire insieme per sostenere gli Stati di origine dei migranti e per aiutare gli Stati di transito a smantellare le reti criminali di trafficanti di esseri umani. È la direzione che il governo italiano ha già intrapreso e che vuole perseguire insieme alle istituzioni europee e ai propri alleati europei", ha commentato Meloni.

Fonte agi e varie agenzie

Benzina, accise e immigrazione sono tra i temi più caldi dell'agenda Meloni. Tra promesse e cambi di rotta rispetto al passato, il governo si trova nella posizione oggi di dover dare risposte concrete in merito a situazioni che stanno accendendo parecchio l'opinione pubblica. Da sovranista e anti europeista la Premier è passata ad essere più "accogliente" nei confronti dell'UE. I toni sono meno accesi e le sue più ferrate convinzioni un po' riviste.

Non ci sono solo vecchi video che confermano il suo passo indietro, perché su benzina, accise e immigrazione l'attuale Presidente aveva messo nero su bianco sul suo programma elettorale cosa avrebbe fatto, o cosa aveva intenzione di fare, con Fratelli d'Italia una volta arrivata al governo. Questo, però, prima delle elezioni.

Ma cosa aveva promesso in campagna elettorale? Nel suo programma, al momento ancora disponibile sul sito di Fratelli d'Italia , riguardo ai costi dell'energia, carburanti compresi, a pagina 26 punto 17 si legge:

"Immediata costituzione di un'unità di crisi su energia";
"Contrasto alle speculazioni finanziarie sui costi delle materie prime e istituzione di un tetto europeo al prezzo del gas";
ma anche "Sterilizzazione delle entrate dello Stato da imposte su energia e carburanti e automatica riduzione di Iva e accise".

In questi giorni, 100 barche sono arrivate a Lampedusa in meno di 24 ore. Non era mai successo prima che un numero così alto di persone arrivasse in così poco tempo nelle coste italiane. Inoltre, secondo i dati del ministero dell'Interno, gli sbarchi quest'anno sono stati il doppio rispetto all'anno scorso (nello stesso periodo, ovvero da gennaio a settembre)

Non si tratta di supposizioni, né di cavalcare l'onda dei contenuti virali. Per chi se lo fosse perso, rimbalza sul web ciclicamente un video diventato virale in cui Meloni in persona anni fa, non ancora al capo dell'Esecutivo, chiedeva il taglio delle accise all'allora governo in carica, al suon di "è una vergogna". Era il 6 maggio 2019. Poi è salita al governo e il taglio non c'è stato. Ma non solo, è stato tolto anche lo sconto che l'ex Presidente Draghi aveva approvato riguardo ai carburanti.

A questo però la Premier stessa ha però risposto. "Sono ancora convinta che sarebbe un'ottima cosa tagliare le accise sulla benzina" ha replicato commentando il video del 2019 sui suoi profili social "il punto è che si fanno i conti con la realtà con la quale ci si misura. E non sfuggirà a chi non ha dei pregiudizi che dal 2019 ad oggi il mondo intorno a noi è cambiato e purtroppo noi stiamo affrontando una situazione emergenziale su diversi fronti che ci impone a fare alcune scelte".

"Punto primo io non ho promesso che avrei tagliato in questa campagna elettorale le accise sulla benzina perché sapevo qual era la situazione", aggiunge poi la stessa

Nessuna unità di crisi è stata costituita ad oggi, anche se si parla di misure contro il caro carburanti ed energia che potrebbero essere inseriti nella prossima Legge di Bilancio 2024, come il bonus benzina per i redditi bassi (anche se è ancora tutto da decidere, per esempio perché pare che manchino le risorse).

Riguardo al tetto al prezzo del gas, dopo un acceso dibattito a Bruxelles durato mesi e iniziato prima che Meloni si insediasse, già a fine gennaio due studi commissionati dalla Commissione europea per monitorare gli effetti del price cap – uno dell'ACER (l'Agenzia europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia) e uno dell'ESMA (l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) – escludevano che questa decisione potesse avere davvero un ruolo impattante nel tenere basso il prezzo del gas. E infatti mesi dopo, siamo a settembre, e i prezzi sono tornati di nuovo ad essere un problema per molte famiglie e imprese, perché insostenibili e instabili.

Ma passiamo alle accise. È vero, in campagna elettorale non era stato promesso di eliminarle del tutto, ma un taglio sì, dato che quando si parla di "sterilizzazione delle accise" si intende il ricorso a un sistema che prevede, in caso di aumento del prezzo oltre una determinata soglia dei benzina e diesel, l'utilizzo delle risorse incassate in più dallo Stato grazie all'IVA per finanziare interventi mirati ad abbassare i costi del carburante. Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy, ha però spiegato più volte e a tal proposito che uno sconto come quello introdotto da Draghi nel 2022 è escluso ad oggi, perché costerebbe troppo e lo Stato non può permetterselo. L'Esecutivo ha invece preferito investire le risorse "per il taglio del cuneo fiscale, i salari più bassi e le famiglie numerose".

Per le famiglie più in difficoltà, quindi solo per i redditi bassi e non per tutti, l'unica soluzione su cui si sta riflettendo è quindi il noto bonus benzina, che tuttavia (dovendo far parte della Manovra 2024) non sarebbe attivo prima di fine anno. A meno che non si decida di intervenire con un decreto legge ad hoc prima.

Non sembrano essere lontani i tempi in cui Giorgia Meloni definiva come possibile e immediatamente realizzabile un blocco navale immediato. Lo aveva scritto anche nel suo programma elettorale: "Difesa dei confini nazionali ed europei come previsto dal Trattato di Schengen e richiesto dall'Ue, con controllo delle frontiere e blocco degli sbarchi per fermare, in accordo con le autorità del Nord Africa, la tratta degli esseri umani".

E poi "creazione di hot-spot nei territori extra-europei, gestiti dall'Ue, per valutare le richieste d'asilo e distribuzione equa solo degli aventi diritto nei 27 Paesi membri (c.d. blocco navale)". E ancora "Accordi tra Ue e Stati terzi per la gestione dei rimpatri di clandestini e irregolari, subordinando gli accordi di cooperazione alla disponibilità al rimpatrio degli Stati di provenienza".

Diversi mesi dopo la sua elezione, il 16 luglio è stato effettivamente siglato il memorandum d'intesa con la Tunisia, a cui ha partecipato anche la Presidente Meloni. In sintesi, La Tunisia con questo accordo si sarebbe impegnata a contrastare le partenze clandestine e in cambio avrebbe ricevuto aiuti UE. Al di là delle polemiche legate alla questione dei diritti umani (e di come questi sarebbero stati tutelati o meno), ad oggi quei soldi promessi non sono arrivati, semplicemente perché non sono stati presentati i progetti da finanziare per rendere l'accordo operativo. Così gli sbarchi ci sono stati e non si sono fermati, al contrario: si torna a parlare di emergenza.

Lunedì 18 settembre il governo ha approvato nuove misure per reprimere l'immigrazione e la questione migratoria è tornata al centro della scena. Le misure approvate dal Consiglio dei Ministri si concentrano sui migranti che non hanno i requisiti per l'asilo e che dovrebbero essere rimpatriati nei loro paesi d'origine. Il governo ha anche esteso il periodo di detenzione di queste persone al massimo di 18 mesi previsto dall'UE.

Meloni, in visita sull'Isola di Lampedusa insieme a Ursula von der Leyen, ha riparlato di blocco navale.

Avvocati e accademici specializzati in diritti umani hanno però sottolineato più volte quanto tali piani siano irrealizzabili. Prima di tutto perché le autorità sono obbligate a rispettare il diritto internazionale, quindi se le persone vengono intercettate in alto mare devono essere aiutate, non attaccate. Una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 2012 infatti ha già condannato l'Italia per aver intercettato in mare e poi riportato in Libia un gruppo di 200 persone.

E a proposito di aiuti, è stata anche apertamente criticata da Meloni la missione Sophia, portata avanti durante i governi di Renzi e Conte, che aveva come obiettivo quello di individuare le navi utilizzate dai trafficanti di migranti e che ha salvato circa 45.000 persone. Più volte in passato e anche recentemente la missione è stata definita un fattore di attrazione per gli immigrati (sapendo di essere salvati o di trovare soccorso, secondo i sostenitori di questa tesi, chiunque sarebbe invogliato a partire). Gli studi hanno tuttavia dimostrato che le condizioni meteorologiche e l'instabilità politica, ad esempio in Libia, sono stati i principali fattori che hanno invogliato gli immigrati a partenza. Le attività di contrasto dell'UE, anche se più repressive, non hanno avuto risultato. Infatti, durante gli anni operativi di Sophia, dal 2015 al 2019, anche con un'operazione in mare aperto attiva che aveva come obiettivo il recupero delle persone in viaggi nel Mediterraneo (e non la cattura e la punizione), salvaguardando vite umane si è verificata una drastica diminuzione del numero di migranti che attraversano il Mediterraneo.

Fonte qui Finanza

La Corte di Giustizia dell'Unione europea ha bocciato i respingimenti dei migranti da parte delle autorità francesi al confine con l'Italia. Per i giudici di Lussemburgo - che si sono pronunciati su un ricorso di un gruppo di associazioni - la direttiva sui rimpatri va sempre applicata, anche nel caso di controlli ai confini interni.

il 31 agosto 2018 quando ministro dell’Interno e vicepremier era Matteo Salvini il 30 agosto aveva scritto su Facebook: “Da inizio 2017 ad oggi la Francia del ‘bravo Macron’ ha respinto più di 48.000 migranti alle frontiere con l’Italia, comprese donne e bambini”.

Secondo i dati che ha comunicato  l’ufficio stampa al epoca del Ministero dell’Interno – e che non risultano pubblicati sul sito del Viminale - nel 2017 sono stati respinti dalla Francia verso l’Italia 30.911 migranti (di cui 10.407 in possesso di un titolo di soggiorno valido in Italia).

Nel 2018, tra il primo gennaio e il 28 agosto, sono stati respinti 17.476 migranti, di cui 6.561 in possesso di permesso di soggiorno.

Dunque in totale si tratta di 48.387 migranti in circa 20 mesi.

Secondo il quotidiano francese le Monde, che riporta i dati del ministero dell’Interno francese sempre di quel periodo ottenuti dall’associazione di sostegno ai migranti la Cimade, i respingimenti francesi sono aumentati moltissimo da quando sono stati introdotti i controlli alle frontiere nel novembre 2015, per far fronte alla minaccia terroristica dopo gli attentati di Parigi.

In particolare, secondo i dati riportati da le Monde, nel 2017 nel dipartimento delle Alpi Marittime - quello al di là del confine di Ventimiglia - sarebbero stati 44.433 gli stranieri a cui è stato impedito l’accesso nel territorio francese (tra cui 13.500 minori), contro gli appena 1.193 del 2015.

Ma non solo. A questi quasi 45 mila stranieri respinti a Ventimiglia si possono aggiungere i 6.036 respinti ai valichi della Savoia, i 2.074 dell’Alta Savoia e i 1.899 delle Alte Alpi. Il totale dei respinti dalla Francia verso l’Italia arriva così a 54.442.

Ad ogni modo, questa politica di chiusura dei confini da parte di Parigi ha suscitato aspre critiche in Francia. Médecins sans frontières ad esempio, ancora a luglio, ha parlato di “pratiche illegali”, da parte di Parigi, che “respinge sistematicamente i migranti verso l’Italia”....pensate quanti saranno stati respinti questo difficile periodo...


Il migrante irregolare deve quindi "beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio". L'allontanamento forzato avviene solo in ultima istanza". La Corte ha dichiarato che, in una situazione del genere, un provvedimento di respingimento può essere adottato sulla base del codice frontiere Schengen ma che, ai fini dell'allontanamento dell'interessato, devono comunque essere rispettate le norme e le procedure comuni previste dalla direttiva "rimpatri", il che può condurre a privare di una larga parte della sua utilità l'adozione di un siffatto provvedimento di respingimento.

La direttiva rimpatri - hanno spiegato i giudici - si applica in linea di principio, a partire dal momento in cui il cittadino di un Paese terzo, in seguito al suo ingresso irregolare nel territorio di uno Stato membro, è presente in tale territorio senza soddisfare le condizioni d'ingresso, di soggiorno o di residenza, e vi si trovi dunque in una situazione di soggiorno irregolare. "Ciò vale anche qualora, come nell'ipotesi in esame, l'interessato sia stato sorpreso ad un valico di frontiera situato nel territorio dello Stato membro di cui trattasi. Una persona può infatti essere entrata nel territorio di uno Stato membro anche prima di aver attraversato un valico di frontiera".

La Corte ricorda inoltre che gli Stati membri possono trattenere un cittadino di un Paese terzo, in attesa del suo allontanamento, in particolare qualora il cittadino costituisca una minaccia per l'ordine pubblico, e che essi possono reprimere con la pena della reclusione la perpetrazione di reati diversi da quelli attinenti alla sola circostanza dell'ingresso irregolare. Inoltre - ricordano i giudici - la direttiva rimpatri non osta all'arresto o al fermo di polizia di un cittadino di un Paese terzo il cui soggiorno è irregolare quando egli sia sospettato di aver commesso un reato diverso dal semplice ingresso irregolare nel territorio nazionale, e in particolare un reato che può costituire una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza interna dello Stato membro interessato.

 

 

Fonte Agi

Il 26 luglio l’ormai ex presidente del Niger Mohamed Bazoum, eletto nel 2021 con elezioni democratiche, le prime dall’indipendenza dalla Francia del 1960, è stato deposto da un colpo di Stato militare. Bazoum è considerato il leader più filo-occidentale della storia del Niger, tanto da aver incontrato Sergio Mattarella lo scorso dicembre per ribadire la partnership strategica con l’Italia.

Diversi nigeriani hanno manifestato contro il golpe, ma la protesta è schiacciata in termini di quantità da tutte le persone favorevoli all’insediamento del generale Tchiani e al leader russo Vladimir Putin. La Russia è all'ammirazione di buona parte del Niger, vista come un’alternativa conveniente e fruttuosa al potere coloniale francese.

Il destino del Niger si appresta a segnare profondamente quello europeo, con un margine di imprevedibilità allarmante. Il Niger risulta particolarmente importante per l’equilibrio internazionale, non solo perché detiene più del 7% delle riserve mondiali di uranio (pur essendo tra i Paesi più poveri dell’intero pianeta), ma anche per la sua posizione strategica contro i gruppi jihadisti operativi in Maghreb e i trafficanti di migranti.

Ecco perché il risvolto del Niger può minare seriamente la sicurezza di tutta l’Europa, ma non meno rilevante è l’accrescimento di potere della Russia all’interno dell’Africa. Nel frattempo, i militari europei e quelli statunitensi sono chiusi all’interno delle basi locali, per il pericolo di essere coinvolti nella rivolta.

La riuscita dell’insediamento russo, attraverso la brigata Wagner, in Niger andrebbe ad accrescere un già vasto insieme di Stati africani che si trovano - più o meno esplicitamente – sotto il dominio russo, attenuando sempre più l’influenza dell’Europa e in genere dell’Occidente.

Due giorni fa si è svolto un summit in Nigeria proprio per valutare le possibili alternative, tra cui la mediazione politica affidata al presidente del Benin e l’intervento delle forze panafricane, proprio come avvenuto nel 2017 per sventare la guerra civile in Gambia.

Nel frattempo, il generale Omar Tchiani continua a ribadire di star agendo per il bene del Niger, mentre Macron è severamente preoccupato per “un colpo di Stato completamente illegittimo e profondamente pericoloso per il Niger e l’intera regione”.

Intanto gli Stati Uniti hanno ordinato l'evacuazione parziale della propria ambasciata in Niger. Lo ha reso noto il Dipartimento di Stato di Washington. "Il 2 agosto 2023, il Dipartimento ha ordinato la partenza dall'Ambasciata di Niamey dei dipendenti governativi statunitensi non essenziali e dei loro familiari", si legge nella nota.

L'avviso pubblicato sul sito del Dipartimento di Stato avverte i cittadini statunitensi di "non recarsi in Niger", ma non consiglia a tutti gli americani di lasciare il Paese africano. "L'Ambasciata degli Stati Uniti a Niamey ha temporaneamente ridotto il suo personale, ha sospeso i servizi di routine ed è in grado di fornire solo assistenza di emergenza ai cittadini statunitensi in Niger", rileva la nota.

Gli Stati Uniti hanno condannato con forza il rovesciamento del presidente Mohamed Bazoum ma, a differenza della Francia e di altri Paesi europei, non hanno ordinato evacuazioni né sospeso gli aiuti al Niger, che ammontano a diverse centinaia di milioni di dollari.

Matthew Miller, portavoce del Dipartimento di Stato sottolinea che l’America «respinge con forza tutti i tentativi di rovesciare l’ordine costituzionale del Niger e sostiene insieme al popolo nigeriano la governance democratica e il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto», sottolineando che «Washington è impegnata diplomaticamente ai più alti livelli».

Lo stesso Miller in precedenza aveva dichiarato che non vi erano rischi o minacce concrete per i cittadini americani in Niger o per le strutture statunitensi sul suolo africano. “Situazione fluida a Niamey”. Circa 1.000 militari degli Usa sono di stanza nel Paese, dove stavano aiutando il presidente spodestato, Mohamed Bazoum, a combattere un’insurrezione islamista regionale.

Non solo l’America, anche la Francia, temendo possibili escalation che possano vedere coinvolti cittadini francesi e membri dell’ambasciata, chiede, tramite il ministero degli Esteri, alle forze di sicurezza nigeriane, di “prendere le misure necessarie per garantire la sicurezza dei diritti di passaggio dei diplomatici stranieri e del personale” sottolineando che si tratta di “obblighi previsti dal diritto internazionale, in particolare dalla Convenzione di Vienna”.

È proprio un forte sentimento anti-francese scrive money,ad aver animato il colpo di Stato, per il quale l’appoggio della Russia si è rivelato fondamentale. Il capo della brigata Wagner, Evgeny Prigozhin, ha dichiarato di essere pronto a inviare “mille mercenari” russi a sostegno dei rivoltosi. L’appoggio filo-russo della Wagner è apertamente a favore dei regimi militari, tanto più ora che anche l’ultimo leader filo-occidentale della regione è stato deposto. A Niamey sono stati in moltissimi a protestare contro il colonialismo appoggiando i rivoltosi e sventolando le bandiere russe, proprio come era accaduto in Mali nel 2021 e in Burkina Faso nel 2022.

Dopo Mali, Burkina Faso, Libia, Repubblica Centrafricana e ora Niger, la brigata di Prigozhin continua "money" si appresta a ottenere lo stesso risultato anche in Ciad e Sudan, approfittando del debole e precario equilibrio politico. Il Ciad non ha ancora pienamente superato la dittatura di Idriss-Deby, il presidente deceduto nel 2021, mentre in Sudan i conflitti proseguono da oltre tre mesi, in un contesto già fortemente provato dalla crisi umanitaria.

Secondo il giornale on line money continua così a rafforzarsi la politica russa all’interno dell’Africa occidentale, proprio parallelamente al summit russo-africano che si è svolto a San Pietroburgo. Nel Sahel, l’unico Paese ancora alleato con gli Stati Uniti e l’Unione Europea è proprio il Niger, ma presto le cose potrebbero cambiare. Ci sono concreti sbocchi per i mercenari russi, mentre i soldati francesi sul posto – circa 1.500 - sono in grave pericolo.

 

Fonti Agi e  money e varie agenzie 

 

 

 

 

 

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