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Un piano dettagliato per aggredire la crescente minaccia dello Stato islamico in Libia, insieme agli alleati Italia, Francia e Regno Unito.

 

Il Pentagono lo ha messo sul tavolo dello Studio Ovale presentando a Barack Obama una serie di opzioni a partire da quella che prevede un fuoco di fila di bombardamenti aerei. "L'obiettivo dei possibili raid - spiega il New York Times - sono campi di addestramento, centri di comando, depositi di munizioni e altri siti in cui si raggruppano i militanti dello Stato islamico". Nel mirino ci sono una quarantina di target dislocati in quattro aree diverse del Paese nordafricano

 

Matteo Renzi, per il momento, resta a guardare dalla finestra. "La formazione di un governo in Libia è una priorità per i popoli della Libia - ha spiegato il premier dopo il vertice con Francois Hollande a Venezia - nonostante le difficoltà che ancora oggi si sono manifestate, la comunità internazionale farà di tutto perchè il governo possa ottenere la fiducia e iniziare a lavorare il prima possibile a Tripoli.

 

I libici per primi devono sapere che il tempo a loro disposizione non è infinito". E, commentando gli ultimi sviluppi nel paese africano e i raid condotti dagli Stati Uniti, il premier invita ad avere "una visione di lungo periodo della Libia, che è il punto di approdo di molte tensioni in tutta l'Africa subsahariana

 

E questi sono i temi che hanno affrontato i due leader dopo il vertice a Venezia e riportano le agenzie stampa : In Libia bisogna "agire": la minaccia dell'Isis incombe, come hanno dimostrato anche gli attacchi di ieri al confine con la Tunisia, e bisogna evitare il "caos che alimenta solo il terrorismo. Deve agire l'Europa, devono agire i nostri paesi". Francois Hollande aspetta una domanda dei giornalisti, al termine della conferenza stampa con il premier Matteo Renzi per affrontare il dossier più spinoso.

 

Ma lascia capire, al di là delle parole, tutta l'urgenza e la determinazione nell'affrontare la questione e sottolinea che, forse, sulla Libia ci sono state "troppe aspettative e fatte poche pressioni". Perché se la linea rossa, anche per Parigi, rimane quella della formazione di un governo di unità nazionale che possa chiedere sostegno alla comunità internazionale, quell'esecutivo rimane ancora una chimera è di oggi l'ulteriore nulla di fatto al parlamento di Tobruk per il nuovo governo. Renzi lo ribadisce. E' nell'interesse di tutti, ma ancor prima del "popolo libico" la formazione del governo.

Quella che "ci aspettavamo, ci avevamo scommesso", dice ai giornalisti che gli chiedono un commento alla lettera Ue arrivata a 5 paesi tra cui anche Francia e Italia sugli "eccessivi squilibri". "Consideriamo un valore lo stimolo costante a fare sempre meglio in termine di riduzione del debito" ma il "lavoro che abbiamo fatto è straordinario" e "sono finiti i tempi in cui l'Italia doveva fare i compiti". Anche se - aggiunge - "c'è ancora molto da fare, tante riforme da portare avanti con determinazione". Renzi torna quindi anche a rilanciare il concetto di "flessibilità", che non è il contrario delle "regole ma il contrario della chiusura tecnocratica". E trova l'amico Francois a fargli da sponda nel sostenere un strategia pro-crescita e lavoro a Bruxelles.

I due non si sottraggono neanche a chi chiede loro come vedrebbero le integrazioni tra aziende, a cominciare dai rumors rimbalzati in giornata di un possibile avvicinamento Orange-Telecom Italia. "L'Italia è lieta di accogliere tutti gli imprenditori che vogliono investire nel futuro del paese, così come siamo orgogliosi dei nostri che vanno all'estero. E' finito il tempo degli amici degli amici, dei salotti buoni della finanza, si apre una pagina nuova, lasciamo che a parlare sia il mercato". "L'idea è avere campioni a livello europeo in particolari in settori del futuro come le rinnovabili, ma anche i settori navali, forse la difesa, e perché no le Tlc", gli fa eco Hollande lasciando aperta la porta.

Ma "i libici per primi devono sapere che il tempo a loro disposizione non è infinito". Il premier, nel giorno in cui il Nyt parla di piani del Pentagono per raid con target precisi in collaborazione con gli alleati europei, osserva: "Direi che più di scoop di giornali si parla di realtà. Non più tardi di 15 giorni fa c'è stato un intervento contro un gruppo di adepti di Daesh, vicini agli attentati del Bardo, di cui eravamo informati". Il premier parla di emergenza Libia ma anche di Tunisia, così come fa Hollande.

Entrambi non nascondo quanto anche l'unico esperimento riuscito della primavera araba sia "esposto" e rappresenti un'altra "priorità" assoluta. Ma la parola intervento non viene mai pronunciata. E la prudenza domina anche nelle dichiarazioni. Hollande fa le condoglianze all'Italia per i due tecnici della Bonatti.

E parla di "dramma" terrorismo, anche ricordando la strage di Parigi di novembre scorso che tiene banco in laguna. Il 33esimo vertice Italia-Francia è stato dedicato a Valeria Solesin, la ricercatrice veneziana uccisa al Bataclan. Renzi e Hollande ne parlano a lungo, annunciano la creazione di borse di studio congiunte e incontrano i genitori della ragazza, che insieme a quelli del suo fidanzato (che non ha voluto lasciare Parigi) li hanno raggiunti a Palazzo dei Dogi. La Libia, l'Isis, il terrorismo - come era atteso - hanno monopolizzato l'attenzione. Ma l'incontro di oggi è stato ricco anche di dossier bilaterali.

Con in cima all'agenda un protocollo, quello sulla Tav, che di fatto consente l'avvio dei lavori della Torino-Lione. Hollande scherza con Renzi: dopo 20 anni ci siamo riusciti anche se non so se "io vedrò l'inaugurazione, ma tu Matteo sì, sei più giovane di me...". E qualche battuta scivola anche quando il premier parla del vertice di ieri notte sui migranti a Bruxelles: "Lungo, è stato lungo, un po' troppo lungo...", dice prima di passare alla risposta successiva.

Intanto Un piano dettagliato per aggredire la crescente minaccia dell'Isis in Libia, insieme agli alleati Italia, Francia e Regno Unito: è quello che il Pentagono ha presentato alla Casa Bianca, mettendo sul tavolo dello Studio Ovale una serie di opzioni, a partire da quella che prevede un fuoco di fila di bombardamenti aerei. L'obiettivo dei possibili raid - spiega il New York Times - sono campi di addestramento, centri di comando, depositi di munizioni e altri siti in cui si raggruppano i militanti dello Stato islamico: fino a 30-40 'target' in quattro aree del Paese nordafricano, per aprire la strada alle milizie libiche sostenute dall'Occidente che dovranno combattere sul campo contro le forze jihadiste.

Il Nyt sottolinea come il nuovo dettagliato piano del Pentagono sia il frutto della presenza in Libia negli ultimi mesi di forze speciali americane, britanniche, francesi "e possibilmente anche italiane". Una presenza che ha permesso di raccogliere molte informazioni di intelligence e quindi di individuare con maggior precisione gli obiettivi da colpire. E che forse ha permesso anche di contattare e 'addestrare' alcune milizie libiche filo-ocidentali. Il generale David Rodriguez, comandante delle forze Usa in Africa, avverte comunque che per raggiungere una stabilita' di lungo termine in Libia ci vorranno almeno dieci anni. Intanto Francia ed Egitto hanno avviato la campagna di esercitazioni militari congiunte nel Mediterraneo con il supporto della portaerei Charles de Gaulle e sei navi d'appoggio. Le esercitazioni - denominate operazione 'Ramses 2016' - si svolgono al largo delle coste di Alessandria d'Egitto e nello spazio aereo controllato dal Cairo. Dureranno diversi giorni.

Sta ora a Barack Obama decidere quando dare il via libera al piano, messo a punto dal Pentagon's Africa Command e dal Joint Special Operations Command. Piano sottoposto al presidente americano dal segretario alla Difesa Ash Carter già qualche settimana fa. Ma al momento alla Casa Bianca sembra prevalere la prudenza, così come predica anche il Dipartimento di stato guidato da John Kerry.

Troppe ancora le incognite presenti per avviare un'offensiva militare con una potenza di fuoco cosi' massiccia. Innanzitutto una situazione della Libia che resta molto instabile, con l'impossibilita' finora di dare seguito concreto agli accordi sul nuovo governo di unita' nazionale. L'ultima battuta d'arresto nelle ultime ore, con il voto di fiducia sul nuovo esecutivo guidato dal premier designato Fayez al Sarraja saltato per la mancanza del numero legale al Parlamento di Tobruk. Anche Obama e' convinto che sia l'insediamento del governo di unita' nazionale il primo obiettivo da raggiungere, per far si' che il piano del Pentagono si riveli il piu' efficace possibile. Perche' un'offensiva dal cielo, se non coordinata in maniera adeguata, rischia di far saltare tutti gli sforzi delle Nazioni Unite per mettere insieme le varie fazioni libiche.

C'e' dunque un percorso diplomatico ancora da percorrere e da portare a termine. Nel frattempo gli Stati Uniti non intendono rinunciare alla forza quando, in base alla informazioni di intelligence raccolte, si valuti la presenza di una minaccia immediata per la sicurezza degli Stati Uniti o dei suoi alleati. Avanti, dunque, con i raid aerei mirati con droni e caccia militari, come quello di alcuni giorni fa sul campo di addestramento dell'Isis nell'area di Sabrata, nel quale e' rimasto ucciso Noureddine Chouchane, considerato la mente degli attacchi del museo del Bardo a Tunisi e della spiaggia di Sousse, sempre in Tunisia. O quello di novembre scorso che a Derna ha portato all'uccisione del leader dello stato islamico, Abu Nabil, il 'boia' dei copti egiziani sgozzati su una spiaggia.

 

 

E' stato duro il negoziato tra i 28 leader europei di fronte alla nuova proposta di Ankara concordata all'ultimo minuto dal premier Ahmet Davutoglu con la cancelliera tedesca Angela Merkel ed il premier olandese Mark Rutte nella notte che ha preceduto il vertice Ue. Tra i più arrabbiati: lo stesso presidente del consiglio europeo Donald Tusk sentitosi scavalcato, dopo il lavoro condotto in prima persona la settimana scorsa, alla ricerca di un'intesa. Merkel e Rutte, col sostegno del presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker hanno spinto per arrivare ad un accordo, a costo di andare avanti ad oltranza nella notte. La cena prevista col premier turco per le 19 non c'è stata. Intorno alle 21, vista l'inconciliabilità delle posizioni, si sono sospesi i lavori per consultazioni e bilaterali, con l'obiettivo di trovare il consenso su un nuovo testo di dichiarazione.

Tra gli ossi più duri: il premier ungherese Viktor Orban, che ha posto il veto sul meccanismo di reinsediamenti dalla Turchia. Perplessità molto forti sono state espresse anche da Cipro, in merito all'apertura di nuovi capitoli negoziali. Molti Paesi, soprattutto quelli dell'Est ed i Baltici, hanno chiesto di rinviare tutto al vertice della settimana prossima (17 e 18 marzo) perché la proposta non è stata negoziata. Il presidente francese Francois Hollande ha storto il naso. E anche il premier Matteo Renzi, che come altri colleghi, a partire dal britannico David Cameron, ha sollevato la questione della libertà di stampa al pranzo col premier turco Ahmet Davutoglu, ha chiesto un riferimento nelle conclusioni del summit, minacciando altrimenti un veto. L'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini ha incontrato i leader di Cipro, Germania, Francia e Regno Unito.

Il vertice dei leader Ue con la Turchia sulla crisi dei migranti si chiude con un'intesa di principio, di fatto un modo per prendere tempo fino al prossimo vertice del 17 e 18 marzo. Il premier Matteo Renzi lasciando il summit parla di "piccolo passo avanti" ma ancora "molto resta da fare", mentre per la cancelliera tedesca Angela Merkel si tratta di "un'intesa sui principi generali che dovranno essere tradotti in iniziative". Fonti Ue indicano un endorsement al meccanismo di reinsediamenti 'uno a uno' proposto dalla Turchia, alla road map per Schengen e agli aiuti umanitari alla Grecia, ma la sostanza resta ancora tutta da mettere nero su bianco.

Il Paese della Mezzaluna, che già ospita due milioni di rifugiati, ha proposto all'Ue un sistema di reinsediamenti secondo uno scambio di 'uno a uno', dicendosi disposto a riprendere tutti i migranti che hanno raggiunto illegalmente l'Ue da una certa data in poi (e non in modo retroattivo) - sia quelli economici che i richiedenti asilo - ma per ogni profugo siriano riammesso, chiede che i Paesi dell'Unione ne accolgano uno in modo legale dal suo territorio. In contropartita Ankara ha chiesto tre miliardi aggiuntivi (oltre ai tre già previsti) per il 2018, che l'Europa dovrebbe stanziare sulla base di progetti per migliorare le condizioni di vita dei profughi; l'apertura di cinque capitoli per il processo di adesione Ue (gli stessi che aveva messo sul tavolo già a novembre); la liberalizzazione dei visti a giugno, anziché ottobre; e 'aree umanitarie sicure' in Siria.

"E' il secondo vertice in tre mesi. Questo dimostra quanto la Turchia sia indispensabile per l'Ue" e viceversa, aveva detto Davutoglu al suo arrivo, sottolineando: "La Turchia è pronta ad essere un membro dell'Ue". L'Unione però non sembra altrettanto pronta e il vertice straordinario, che all'origine doveva durare una mezza giornata, si è trasformato in una lunga corsa a ostacoli. Durante il consesso c'è stata maretta anche sulla validità giuridica delle riammissioni prospettate. Alexis Tsipras dice di avere già un accordo in questo senso, altri però dubitano che sia giuridicamente sostenibile. Tra le varie opzioni circolate anche la possibilità di destinare i 54 mila ricollocamenti, di cui mesi fa Budapest aveva rifiutato di beneficiare, ai reinsediamenti dalla Turchia. "Molti sono disponibili a questa ipotesi" anche alcuni Paesi di Visegrad, spiegano fonti diplomatiche.

Intanto questa e una parte della dichiarazione dei Capi di Stato Europei riguardando Grecia e Turchia ...

Affinché tale situazione possa perdurare è necessario intervenire secondo le seguenti linee:

stare al fianco della Grecia in questo momento difficile e fare tutto il possibile per contribuire a gestire la situazione che si è venuta a creare in seguito a tali sviluppi. Si tratta di una responsabilità collettiva dell'UE che richiede una mobilitazione rapida ed efficiente di tutti gli strumenti e le risorse dell'UE disponibili, nonché dei contributi degli Stati membri;

fornire una risposta immediata ed efficace alla situazione umanitaria estremamente difficile in rapida evoluzione sul terreno. La Commissione, in stretta collaborazione con la Grecia, gli altri Stati membri e le organizzazioni non governative, fornirà urgentemente un sostegno di emergenza sulla base di una valutazione, effettuata dalla Commissione e dalla Grecia, delle necessità e di un piano di emergenza e di risposta. In questo contesto, i capi di Stato o di governo accolgono con favore la proposta della Commissione sulla fornitura di sostegno di emergenza all'interno dell'UE ed esortano il Consiglio ad adottarla prima del Consiglio europeo di marzo, ampliando in tale modo la gamma di strumenti finanziari utilizzabili, e invitano l'autorità di bilancio ad adottare le eventuali misure di follow-up necessarie; fornire ulteriore assistenza alla Grecia nella gestione delle frontiere esterne, comprese quelle con l'ex Repubblica jugoslava di Macedonia e l'Albania, e garantire il corretto funzionamento dei punti di crisi, con il 100% di identificazioni, registrazioni e controlli di sicurezza, e la messa a disposizione di sufficienti capacità di accoglienza.

Frontex lancerà al più presto un'ulteriore richiesta di agenti distaccati nazionali e tutti gli Stati membri dovrebbero rispondere in maniera esaustiva entro il 1º aprile. Europol schiererà rapidamente gli agenti distaccati in tutti i punti di crisi al fine di potenziare i controlli di sicurezza e sostenere le autorità greche nella lotta contro i trafficanti; aiutare la Grecia ad assicurare il ritorno generale, su larga scala e accelerato in Turchia di tutti i migranti irregolari che non necessitano di protezione internazionale, in base all'accordo di riammissione Grecia-Turchia e, dal 1º giugno, all'accordo di riammissione UE-Turchia; accelerare in maniera significativa l'attuazione della ricollocazione al fine di alleviare il pesante onere che grava attualmente sulla Grecia. L'EASO lancerà un'ulteriore richiesta di consulenze nazionali per sostenere il sistema di asilo greco e tutti gli Stati membri dovrebbero rispondere in maniera rapida ed esaustiva. Gli Stati membri sono altresì invitati a fornire con urgenza ulteriori posti di ricollocazione. La Commissione riferirà mensilmente al Consiglio in merito all'attuazione degli impegni in materia di ricollocazione;continuare a cooperare strettamente con i paesi dei Balcani occidentali non appartenenti all'UE e fornire la necessaria assistenza; attuare gli impegni di reinsediamento esistenti e proseguire i lavori su un programma volontario credibile di ammissione umanitaria con la Turchia;adottare immediatamente tutte le misure necessarie in relazione all'eventuale apertura di nuove rotte e intensificare la lotta contro i trafficanti;

Intanto circa 15 mila migranti e profughi sono in attesa di passare la frontiera e proseguire il viaggio lungo la rotta balcanica, con destinazione Germania e altri Paesi del nord Europa. La pioggia e il maltempo hanno reso nelle ultime ore ancora piu' difficile e precaria la situazione, con il campo divenuto un enorme catino di fango e pozzanghere. Tante le donne e i bambini che hanno bisogno di tutto, numerosi gli anziani e gli invalidi molti dei quali necessitano di assistenza medica. Scarseggia anche il cibo.

"Idomeni sprofonda nel fango. Lo stesso rischio che corre l'Europa. Migliaia di bambini e bambine, ci raccontano le cronache, vivono da giorni a Idomeni tra fango, melma, pioggia e freddo, in ripari di fortuna con altissimi rischi di malattie e morte. Dobbiamo impedirlo. Non ci sono più parole per definire questa situazione". Lo afferma Andrea Iacomini, portavoce Unicef Italia

Sul terreno intanto la situazione resta assai critica. A Idomeni, sul confine greco-macedone, è stato chiesto lo stato di emergenza e la Bulgaria ha inviato 400 militari a presidiare il confine con la Grecia. Ma i riflettori della politica sono comunque puntati in primis sulla Turchia, dove Erdogan ha oggi ipotizzato la realizzazione di una nuova città per i rifugiati in prossimità del confine siriano. Sul governo di Ankara pesa l'ombra del caso Zaman, ma l'Ue ha troppo bisogno del suo contributo nella gestione dell'emergenza per rischiare di compromettere i già fragili rapporti. A Davutoglu i leader europei chiederanno invece maggior collaborazione e impegno per arginare i flussi dei rifugiati.

Un passaggio cruciale per la chiusura della 'rotta balcanica' e il futuro di Schengen, tema al centro della seconda parte del summit, quando il premier turco lascerà la riunione e i 28 si confronteranno sulle tante questioni aperte e controverse. Come il fallimento del sistema dei ricollocamenti che, varato per ridistribuire 120 mila migranti, dopo cinque mesi ha 'spostato' solo 600 persone. Ma anche il pacchetto di aiuti umanitari alla Grecia per 700 milioni di euro e interventi per evitare che, una volta chiusa la rotta balcanica, non si riapra quella che dall'Albania porterebbe i migranti via mare direttamente verso l'Italia.

"Sono Gino Pollicardo e sono qui con il mio collega Filippo Calcagno. Siamo in un posto sicuro, in un posto di polizia qui in Libia. Stiamo bene e speriamo di tornare urgentemente in Italia perché abbiamo bisogno di ritrovare la nostra famiglia": questo il testo del primo video diffuso dei due ostaggi italiani in Libia. Aggiunge Calcagno: ci stanno trattando bene".

 

Cosi sono stati liberati questa mattina a Sabratha i due operai italiani ancora in mano all'Isis. Gino Pollicardo e Filippo Calcagno stanno bene e sono loro stessi a confermarlo. Gino Pollicardo ha chiamato la famiglia, il figlio Gino junior è felice: "È finita, è finita". La moglie Emma Orellana in lacrime ha detto: "L'ho sentito al telefono". Pollicardo le avrebbe detto: "Sto bene e presto vengo a casa", poi ha confermato anche la liberazione dell'altro ostaggio italiano Filippo Calcagno. Il figlio di quest'ultimo: "Abbiamo appreso la notizia dagli stessi giornalisti. Poi abbiamo ricevuto conferme attendibili sul fatto che mio padre sia libero. E ora voglio parlare con lui".

Filippo Calcagno e Gino Pollicardo sono in mano alla polizia locale. Fonti della Farnesina invitano alla prudenza: sono ancora in corso verifiche per accertare le effettive circostanze di quanto accaduto e che i due italiani si trovino effettivamente in mani sicure. Presto saranno trasferiti 'zona sicura' e presi in consegna da agenti italiani che li riporteranno in patria. La liberazione è uno sviluppo dei tragici fatti dell'altro ieri che hanno portato all'uccisione degli altri due sequestrati.

La 'cabina di regia' delle operazioni congiunte delle milizie di Sabrata ha confermato la liberazione dei due. Il profilo Facebook del Centro di informazione di Sabrata pubblica anche le loro foto scattate dopo la liberazione. Sul profilo appare la foto di un biglietto scritto a mano nel quale si legge: "Io sono Gino Pollicardo e con il mio collega Filippo Calcagno oggi 5 marzo 2016 siamo liberi. Stiamo discretamente da un punto di vista fisico, ma psicologicamente devastati. Abbiamo bisogno di tornare urgentemente in Italia".

Il presidente del Copasir, il senatore leghista Stefano Stucchi, ai microfoni di Rai News 24: "E' arrivata la notizia anche a me (della liberazione dei due ostaggi italiani, ndr). Avevanmo sempre detto che l'importante era riportarli a casa vivi".

Il capo del Consiglio municipale di Sabrata, Hussein al-Zawadi, ha sostenuto che Gino Pollicardo e Filippo Calcagno sono riusciti a sfondare da soli la porta principale della casa in un cui erano tenuti prigionieri nella parte nord-ovest della città libica, liberandosi così dalla prigionia di un gruppo affiliato all'Isis. Hussein al Zawadi, ha anche confermato all'Ap che i due ostaggi italiani, Fausto Piano e Salvatore Failla, sono rimasti uccisi negli scontri tra jihadisti dell'Isis e truppe fedeli a Tripoli insieme a milizie alleate.

Ieri il sottosegretario con delega all'Intelligence Marco Minniti, citando informazioni degli 007 sul terreno, aveva assicurato che i due italiani "sono vivi". Pollicardo e Calcagno erano stati rapiti in Libia nel luglio del 2015 insieme a Fausto Piano e Salvatore Failla.

Secondo le genzie di stampa Italiane la storia del rapimento e questo : Nel luglio scorso il rapimento dei quattro operai della Bonatti. Partono subito i tentativi dell'intelligence di stabilire il canale giusto con il gruppo dei sequestratori. Compito non facile in un Paese in cui spadroneggiano milizie tribali contrapposte le une alle altre. Trovato il contatto, partono le trattative per capire il tipo di contropartita richiesta.

Ma non tutto fila liscio. Nel corso dei mesi i mediatori si rivelano inattendibili, la posta in gioco sale: si parla di richieste di denaro, ma non solo. I rapitori, inoltre, tramite mediatori più o meno attendibili, avrebbero contattato direttamente le famiglie degli ostaggi chiedendo alcune condizioni per la loro liberazione. La situazione appariva difficile, dunque, ma non impossibile, anche perché fino a pochi giorni fa gli 007 erano ragionevolmente certi che i rapiti si trovavano ancora nelle mani di un gruppo criminale e non di fanatici dell'Isis.

Ma il 19 febbraio scatta lo 'strike' americano a Sabrata che uccide una trentina di miliziani tunisini di al Baghdadi ed anche due ostaggi serbi. Scatta l'allarme anche per gli italiani, che si trovavano in zona. E scatta anche la rappresaglia dell'Isis il 25 febbraio con la decapitazione di una decina di uomini della forza di sicurezza della città.

Nella zona è il caos: milizie contro Daesh. "Lo scenario - spiega il presidente del Copasir Giacomo Stucchi - cambia, le milizie presenti tentano di riprendersi le loro posizioni". In mezzo si trovano gli ostaggi italiani, all'epoca ritenuti dall'intelligence ancora tutti e quattro insieme.

Potrebbe esserci stata a quel punto una cessione o un 'furto' degli ostaggi, molto appetiti come merce di scambio. O anche un tentativo dei rapitori di spostarsi in un posto più al sicuro. Lo scontro a fuoco di ieri, la cui dinamica non è ancora chiara, è stato fatale a due italiani che viaggiavano in un convoglio attaccato da una milizia.

Non è detto, secondo l'intelligence, che fossero stati separati dagli altri due, ma potevano semplicemente viaggiare in convogli diversi. Gli 007 sono molto cauti anche perché la situazione sul campo è quanto mai caotica: difficile distinguere tra gruppi criminali, milizie islamiste e Isis. Un'analisi dei cadaveri dei rapitori che viaggiavano sul convoglio attaccato insieme ai due ostaggi uccisi potrebbe dare delle risposte: il gruppo che nel luglio scorso ha prelevato gli italiani era composto da libici, se invece i morti sono tunisini, ciò indicherebbe un passaggio di mano.

"Questo è il secondo vertice Ue-Turchia in tre mesi. Questo dimostra quanto è indispensabile la Turchia per l'Ue e l'Ue per la Turchia", così il premier turco Ahmet Davutoglu al suo arrivo al summit a Bruxelles. "La Turchia è pronta a lavorare con l'Ue - spiega Davutoglu -. La Turchia è pronta ad essere un membro dell'Ue, e spero che questo vertice, che non si focalizzerà solo sull'immigrazione irregolare ma anche sull'adesione della Turchia all'Ue, sia un successo ed un punto di svolta nelle nostre relazioni".

Riflettori puntati sul summit straordinario Ue-Turchia in programma a Bruxelles. Un appuntamento dal quale si attendono passi in avanti concreti nella definizione di una strategia comune per la gestione dell'emergenza migranti e, in particolare, un rinnovato impegno di Ankara per contenere se non bloccare i flussi di profughi che, attraverso il suo territorio, stanno raggiungendo la Grecia e lungo la rotta balcanica i Paesi del Nord Europa.

Sul tavolo del Consiglio Europeo anche la road map per arrivare al salvataggio di Schengen. I leader europei della famiglia socialista si stanno già incontrando nel consueto pre-vertice e per le 11 è prevista un meeting ristretto tra i presidenti della Commissione e del Parlamento Ue, Jean Claude Juncker e Martin Schulz, e il premier turco Ahamet Davutoglu. Per le 12.30 è invece fissato l'inizio del summit Ue-Turchia al quale seguirà poi una riunione dei soli capi di Stato e di governo dei 28.

Intanto ora che la rotta dei Balcani occidentali è chiusa, gli immigrati si riverseranno in Europa battendo nuove strade. E il Mar Mediterraneo rischia di tornare a essere affollatissimo. Nella versione ancora non definitiva della dichiarazione dei leader Ue preparata in vista del vertice straordinario Ue-Turchia si sottolinea anche che l'Unione europea"sarà al fianco della Grecia in questo difficile momento e farà tutto il possibile per aiutarla a gestire la situazione".

Gli sherpa dei 28 sono attualmente riuniti per preparare l'incontro che si terrà domani a Bruxelles. Nel documento si ricorda che già in occasione del vertice del 19 e 19 febbraio scorsi il Consiglio Europeo aveva deciso di ripristinare una situazione di "piena applicazione" del codice Schengen per il controllo delle frontiere da parte di tutti i Paesi aderenti all'accordo in modo da porre fine a un approccio caratterizzato dal "lasciar passare" gli immigrati. "Questa decisione - si legge ancora nella bozza - sta portando all'esaurimento dei flussi irregolari dei migranti lungo la rotta dei Balcani occidentali".

E le navi della Nato saranno impegnate nel Mar Egeo e in particolare nelle acque territoriali di Grecia e Turchia e l'obiettivo della flotta non sarà solo combattere i trafficanti di esseri umani, ma anche per fare fronte all'emergenza salvando gli immigrati in difficoltà. Le unità della Nato opereranno in stretto contatto con quelle dei due Paesi e di Frontex.

La chiusura delle frontiere sta, tuttavia, riaprendo il Mediterraneo. E, con l'avvicinarsi della primavera e della bella stagione, si teme una recrudenscenza negli sbarchi. Tanto che la Nato ha messo in mare altre navi per "accogliere" i clandestini che cercano di raggiungere il Vecchio Continente. "L'obiettivo dell'operazione - ha tenuto a precisare il segretario generale dell'Alleanza, Jens Stoltenberg - non è quello di fermare o rimandare indietro i migranti, ma di aiutare i nostri alleati, Grecia, Turchia e Ue nella lotta ai trafficanti di esseri umani e alle reti criminali che stanno alimentando questa crisi".

Insomma, faranno da ponte verso l'Europa incrementando un'invasione che è in atto ormai da mesi. Il comando navale dell'Alleanza ha già preso accordi con Frontex e con i governi di Atene e Ankara per poter procedere allo scambio di informazioni in tempo reale e, quindi, consentire loro di avviare altrettanto rapidamente le necessarie operazioni.

"Questa collaborazione - ha detto ancora Stoltenberg - è un eccellente esempio di come Nato e Ue possano lavorare insieme per affrontare sfide comuni. È molto positivo che sia stato possibile finalizzare un accordo in così poco tempo: in questa crisi il tempismo è essenziale e la cooperazione è un elemento chiave". Attualmente nell'area operano già tre unità Nato, ma altre, a quanto si è appreso, se ne aggiungeranno presto e una sarà sicuramente messa a disposizione dalla Francia.

"La massa di persone in movimento verso lo spazio comunitario - osserva la relazione - oltre a costituire un'emergenza di carattere umanitario, sanitario e di ordine pubblico, può presentare insidie sul piano della sicurezza"rileva la relazione annuale dell'intelligence inviata oggi al Parlamento, sottolineando come nella propaganda jihadista non siano mancati i riferimenti all' Italia come nemico per i suoi rapporti con Usa e Israele e per il suo impegno contro il terrorismo. In Libia, da dove proviene il 90% dei migranti sbarcati in Italia, "operano organizzazioni di trafficanti strutturate e flessibili, a prevalente composizione multietnica, in grado di gestire tutte le fasi del trasferimento

Secondo i 007 Il sistema bancario nazionale si trova esposto a rischi, secondo quanto emerge dalla Relazione annuale dei servizi segreti inviata oggi al Parlamento. Tra le criticità del sistema, gli 007 indicano la forte incidenza degli accantonamenti, derivanti dall'esigenza di coprire perdite potenziali per crediti deteriorati; l'ingresso nell'azionariato di soggetti stranieri animati da intenti speculativi ed il contagio, per le banche con un profilo internazionale, derivante da situazioni di instabilità in altri Paesi. La relazione evidenzia inoltre problemi, soprattutto negli istituti medi e piccoli, in relazione alla "lenta ripresa degli impieghi, l'ammontare delle sofferenze, le perdite di bilancio, la concentrazione degli attivi, la gravità delle carenze patrimoniali (registrate, in particolare, con riguardo ad alcuni istituti popolari), l'ingresso nell'azionariato di nuovi soci (anche attraverso l'utilizzo di veicoli societari 'fiduciari') e, infine, i casi di disinvolta gestione del credito".

Il fenomeno dei foreign fighters in Italia, "inizialmente con numeri più contenuti rispetto alla media europea, è risultato in costante crescita". Lo rileva la relazione annuale dei servizi d'intelligence al Parlamento. Particolarmente critico appare, secondo le analisi degli 007, "l'auto-reclutamento di elementi giovanissimi, al termine di processi di radicalizzazione spesso consumati in tempi molto rapidi e ad insaputa della stessa cerchia familiare". Massima vigilanza operativa, pertanto, è stata riservata al possibile rientro in Italia di soggetti che hanno combattuto nei teatri di guerra, nonché dei cosiddetti 'pendolari' in grado di muoversi liberamente nello spazio Schengen perché già residenti sul territorio italiano o i altri Paesi europei.

"E' da ritenere elevato il rischio di nuove azioni in territorio europeo" da parte del terrorismo jihadista; potrebbero essere "attacchi eclatanti sullo stile di quelli di Parigi". Lo indica la relazione annuale dell'intelligence inviata oggi al Parlamento. Parigi, evidenzia la relazione, "ha verosimilmente inaugurato una strategia di attacco all'Occidente destinata a consolidarsi". I rischi arrivano sia da emissari dello Stato Islamico inviati ad hoc, inclusi foreign fighters addestrati in teatri di guerra, che da militanti già presenti e integrati-mimetizzati in Europa.

L'Italia "appare sempre più esposta" alla minaccia jihadista, anche se non sono emersi specifici riscontri su piani terroristici rileva la relazione annuale dell'intelligence inviata oggi al Parlamento, sottolineando come nella propaganda jihadista non siano mancati i riferimenti all' Italia come nemico per i suoi rapporti con Usa e Israele e per il suo impegno contro il terrorismo. La maggiore esposizione al rischio emerge anche in relazione al Giubileo e alla possibile attivazione di nuove generazioni di aspiranti mujahidin che aderiscono alla campagna promossa dall'Isis.

Nessun riscontro di infiltrazioni terroristiche nei flussi migratori dal Nordafrica, mentre il rischio "si presenta più concreto" lungo la rotta balcanica. Lo indica la relazione annuale dei servizi di intelligence inviata al Parlamento, evidenziando come la regione balcanica sia zona di transito privilegiato di foreign fighters (oltre 900 sono partiti da lì per i teatri di guerra), nonchè area di "realtà oltranziste consolidate".

E l'attività d'intelligence si è focalizzata sulle possibili contaminazioni tra immigrazione clandestina e terrorismo, anche alla luce del fatto che "i contesti di crisi siriana, irachena, libica, subsahariana e del Corno d'Africa sono infiltrati in parte da espressioni terroristiche di matrice islamista che possono inquinare i canali dell'immigrazione e sottoporre alla radicalizzazione elementi poi destinati ad emigrare nei Paesi europei". Va poi considerato, aggiungono gli 007, "come l'aver vissuto in aree di guerra, talvolta partecipando attivamente ai combattimenti, possa conferire ai nuovi migranti un profilo potenzialmente critico, derivante soprattutto dall'expertise 'militare' acquisita".

In Italia proliferano gruppi criminali etnici composti prevalentemente da egiziani, del Corno d'Africa e rumeni, specializzati sia nella falsificazione documentale sia nel fornire assistenza ai migranti per il trasferimento dai centri di accoglienza alle località di destinazione nel Nord Europa. È emersa inoltre l'operatività di sodalizi brindisini attivi nel trasferimento di migranti dalle coste della penisola balcanica meridionale verso l'Italia. Quanto alla diffusione del radicalismo islamico nei Balcani, i servizi indicano rischi "sia per il suo potenziale destabilizzante, sia per l'eventualità di un insediamento nella regione di basi logistiche in grado di supportare pianificazioni terroristiche contro Paesi europei, incluso il nostro".

"Siamo di fronte ad una proliferazione della rete internazionale di finanziamento del terrorismo che sta inquinando i sistemi finanziari e i mercati e di conseguenza richiede particolare attenzione". E' l'allarme lanciato dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che - nel corso di un convegno sull'antiriciclaggio alla Luiss - ha invocato una maggiore cooperazione a livello nazionale ed internazionale per fronteggiare l'emergenza.

Con la globalizzazione dell'economia, ha proseguito il ministro, c'è "la possibilità che il circuito finanziario possa essere utilizzato come base per azioni terroristiche internazionali, mettendo a rischio la sicurezza nazionale ed internazionale. La complessità della minaccia richiede un rinnovato sforzo di collaborazione a livello nazionale e internazionale". Padoan ha ricordato le azioni intraprese a livello di G7 e G20, oltre che dai singoli Stati, sullo scambio di informazioni, il rafforzamento dei meccanismi di congelamento e le valute virtuali. "Le azioni nazionali e internazionali di lotta al finanziamento del terrorismo e al riciclaggio sono complementari. - ha aggiunto - L'Italia è in prima linea, ma molto resta da fare, serve un coordinamento ancora maggiore tra i vari organismi di controllo e di lotta agli illeciti. Alle reti illecite dobbiamo contrapporre una rete di contrasto".

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