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E' braccio di ferro in Europa sul dopo-Brexit. Londra prende tempo, con la sponda di Angela Merkel, mentre Parigi e Roma chiedono di avviare subito le procedure per l'uscita dall'Unione. Sulla stessa linea il Parlamento e la Commissione Ue che sottolinea: "Non ci sarà alcun negoziato" con la Gran Bretagna "se non sarà stato prima notificato l'art.50" del Trattato.

Ma se la cancelliera dice di comprendere l'esigenza di Londra di aspettare prima di premere il pulsante rosso, l'Eliseo tuona: "Temporeggiare è surreale. Quando si divorzia si deve abbandonare il letto coniugale", fanno sapere fonti vicine a Hollande. Sulla stessa lunghezza d'onda della Francia c'è l'Italia di Matteo Renzi. "Tutto può fare l'Europa tranne che aprire per un anno una discussione sulle procedure dopo aver discusso un anno sulle trattative. Così si perde di vista il messaggio del referendum" inglese, ha tagliato corto il premier in Parlamento.

A Berlino però non tutti sposano la linea Merkel. Il leader della Spd e vicecancelliere Sigmar Gabriel chiede alla Merkel una "linea chiara" sui tempi dell'uscita di Londra. "Il governo - ha spiegato Gabriel - deve dare un segnale di chiarezza, deve attuare un'azione decisa invece di rinviare", ha detto alla Dpa.

E la Brexit continua ad agitare lo scenario politico britannico: il nuovo leader del Partito Conservatore britannico, in sostituzione del dimissionario David Cameron, dovrà essere operativo entro il 2 settembre. Lo ha deciso il comitato esecutivo del partito.

Rimpasto lampo per il Labour britannico dopo la rivolta contro il leader Jeremy Corbyn, che ha resistito alle richieste di dimissioni e rinnovato il suo governo ombra. Sono stati così rimpiazzati dieci fra ministri e sottosegretari ombra che si erano dimessi in aperto contrasto coi vertici del partito. "Mi dispiace che ci sia chi si è dimesso dal mio governo ombra, ma non tradirò la fiducia di chi ha votato per me. Chi vuole un cambiamento di leadership si dovrà confrontare in elezioni democratiche e io mi candiderò", ha detto.

La Gran Bretagna avvierà i negoziati quando avrà messo a punto un piano, il rinvio "aiuterà", ha detto stamattina il cancelliere allo Scacchiere George Osborne, dopo che ieri si è saputo che il premier David Cameron non attiverà la Brexit al vertice europeo di domani.

Quella britannica, ha sottolineato Osborne, è "un'economia robusta", e il Regno Unito non "vuole voltare le spalle a Ue e al resto del mondo" ed è "aperta al business". Gli fa eco Boris Johnson, paladino della Brexit: "Non c'è una grande fretta di lasciare l'Ue", ha detto. Così, mentre Londra esclude la possibilità di un nuovo referendum, gli occhi sono ora puntati sul vertice a tre di Berlino che inizia tra qualche ora, dove ci saranno il presidente francese Francois Hollande, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier italiano Matteo Renzi. Parteciperà anche il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk.

Rispetteremo quello che decidono i britannici ma l'Europa deve smuoversi perché se si sta un anno ad aspettare perdiamo le sfide con le priorità del nostro tempo. Ciò che è avvenuto nel Regno Unito può essere la più grande occasione per l'Europa se smettiamo di stare sulla difensiva. Le ragioni per le quali abbiamo criticato dall'interno le istituzioni Ue cercando di portare il nostro contributo sono rese più forti che mai dalle dinamiche voto inglese. L'Ue si deve occupare più di questione sociali e meno di questione burocratiche.

Quello che si apre domani - dice ancora Renzi - è un vertice Ue, temo non sarà l'ultimo a occuparsi di questi argomenti, che dovrà essere concentrato non solo sull'uscita della Gran Bretagna ma anche su rilancio dell'Ue, su come impostare una strategia. Questo è momento per riportare Ue alla sua forte identità, un'Ue che combatte una battaglia di giustizia sociale non solo burocratica. Oggi manca la consapevolezza della gravità della situazione: non vorrei che si potesse pensare di far finta di niente o che si possa immaginare un percorso molto lungo in attesa di un altro referendum.

Il voto del popolo inglese sull'uscita della Gran Bretagna dalla UE "è una vicenda storica, chi cercasse oggi di minimizzare o di strumentalizzare ciò che è avvenuto commetterebbe un errore politico".  Così in Senato il premier Renzi, ricordando che quel voto "pesa come un macigno per la storia del'Ue. Non entro qui nel merito dell'articolo 50  che aprirà il negoziato per l'uscita dall'Ue della Gran Bretagna - ha proseguito - e sulle regole del gioco. Sono dinamiche che affronteremo in sede europea.

Ma l'Italia dice che tutto può fare l'Europa tranne che aprire per un anno una discussione sulle procedure dopo aver discusso un anno sulle trattative. Così si perde di vista il messaggio del referendum. Se oggi, a dispetto di larga parte delle previsioni, con affluenza straordinaria , ha vinto la Brexit, tutto possiamo fare tranne che fare finta di niente. Se il popolo vota e altrove si cerca di mettere la pezza su ciò che il popolo ha deciso, si mina il gioco democratico. Serve questa consapevolezza indipendentemente dalle opinioni del singolo.

Renzi ha avuto questa mattina un colloquio telefonico con il segretario di Stato americano John Kerry. Tra i temi affrontati, a quanto si apprende, le conseguenze della Brexit ma anche l'accordo tra Israele e Turchia sulla normalizzazione dei rapporti tra i due Stati. Il colloquio è avvenuto poco prima dell'incontro di Renzi con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

 

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I cittadini britannici hanno deciso: il Regno Unito è fuori dall'Unione europea. Dopo una notte di incertezza sui risultati, il 'Leave' ha vinto il referendum con il 51,9% dei voti, scatenando una valanga di reazioni politiche e finanziarie in tutto il mondo. Il 'Remain' ha vinto a Londra, Irlanda del Nord e Scozia, dove non è escluso che il governo indipendentista convochi un nuovo referendum per staccarsi da Londra e riabbracciare l'Ue.

Il premier britannico David Cameron ha deciso di rassegnare le dimissioni, e lo ha comunicato questa mattina a Downing Street, dopo la vittoria dei ‘leave’ – ovvero degli inglesi che vogliono lasciare l’Unione Europea – al referendum di ieri, una consultazione voluta dallo stesso Cameron.

“Mi dimetto, il Paese ha bisogno di una nuova leadership”, ha detto Cameron, aggiungendo: “Prendo atto della volontà del popolo. Il popolo britannico ha votato per l'uscita dall'Unione Europea, la sua volontà sarà rispettata. Assicuro ai mercati ed agli investitori che l'economia è fondamentalmente forte. E rassicuro i cittadini britannici che vivono all'estero ed ai cittadini europei qui che non ci saranno cambiamenti immediati", ha aggiunto Cameron, precisando che “il nuovo primo ministro sarà eletto in ottobre", quando si terrà il congresso del Partito conservatore.

Lo stesso Cameron ha concluso affermando che “sarà  il nuovo primo ministro a condurre i negoziati" per l'uscita dall'Unione Europea

Esultano i leader nazionalisti europei, dopo il voto inglese. Mentre Nicholas Farage, leader dell’Ukip inglese, afferma che adesso anche altri (come Danimarca, Svezia, Austria e anche l’Italia) seguiranno l’esempio della Gran Bretagna, dalla Francia Marine Le Pen ha commentato così: "Vittoria della libertà! Come chiedo da anni ora serve lo stesso referendum in Francia e nei Paesi dell'Ue", ha scritto la leader del Front National in un tweet.

Anche il numero 2 del Front National, Florian Philippot, ha twittato: "La libertà dei popoli finisce sempre per vincere. Bravo Regno Unito. Ora tocca a noi".Dall’Olanda il premier Mark Rutte invita a cogliere l’occasione per riformarsi. Come dire: anche noi vogliamo fare come gli inglesi.

Ci pensa anche la Finlandia, anche se per ora il ministro degli Esteri finlandese e leader del partito euroscettico, Timo Soini, si limita a dire che “il risultato deve essere rispettato senza vendette”.

Dall’altra parte, il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz ha detto: “I negoziati per gestire l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea cominceranno presto, ma non ci sarà la catena di reazioni celebrata ovunque dagli euroscettici”.

Vittoria!". Esultano gli euroscettici di mezza Europa per il risultato del referendum britannico sull'uscita dall'Ue. A partire dai leader dei partiti anti-Ue che sui social network ringraziano i sudditi di sua Maestà per il coraggio e per aver aperto la strada per l'addio all'Europa. Ora tocca a "Frexit" e "Nexit", invocano in Francia e Olanda, incoraggiati dal vincitore del voto di ieri, il leader dell'Ukip, Nigel Farage, che auspica: "Altri Paesi potrebbero seguire l'esempio della Gran Bretagna".

Matteo Salvini, da sempre sulle posizioni euro scettiche interviene per invitare l'Italia a non essere l'ultima a lasciare l'Ue. "L'importante è che l'Italia non sia l'ultima a scendere da questa nave che affonda". "Da Londra è arrivato uno schiaffone ai Renzi, ai Napolitano, ai Monti che dicono che gli italiani non devono occuparsi d'Europa".

"Vittoria della libertà! Come chiedo da anni ora serve lo stesso referendum in Francia e nei Paesi dell'Ue", scrive in un tweet la leader del Front National, Marine Le Pen, che terrà una conferenza stampa alle 11.30 nel suo quartier generale di Nanterre, alle porte di Parigi. Le fa eco il numero 2 del partito, Florian Philippot: "La libertà dei popoli finisce sempre per vincere. Bravo Regno Unito. Ora tocca a noi".

In Olanda è Geert Wilders a congratularsi: "Hurrah per i britannici. Ora è il nostro turno. E' tempo per un referendum olandese", scrive sempre su Twitter il leader del Pvv. E in un comunicato, ribadisce: "Se diventerò primo ministro, ci sarà un referendum anche in Olanda per abbandonare l'Unione europea, lasciamo decidere il popolo olandese: vogliamo essere responsabili per il nostro stesso paese, la nostra stessa moneta, le nostre stesse frontiere, e la nostra stessa politica migratoria".

Twitta anche l'astro nascente del Fn, Marion Le Pen, nipotina del fondatore Jean-Marie: "Dalla Brexit alla Frexit, è ormai ora di importare la democrazia nel nostro paese. I francesi devono avere il diritto di scegliere!".

"Per favore ditemi che sto ancora dormendo e che tutto questo è solo un brutto incubo". Così l'ex premier europeista finlandese Alexander Stubb su Twitter dopo la Brexit. "Di solito queste cose avanzano in tre stadi: crisi, caos e soluzione non ottimale, non so dove siamo a questo stadio"

E adesso inizia la terra incognita. E' quella che si apre dopo il voto in Gran Bretagna con la vittoria del 'Leave'. Prima del Trattato di Lisbona, non era nemmeno prevista la possibilità di uscita dall'Ue. Ora è contemplata dall'articolo 50, finora mai utilizzato.La sola certezza è che sarà un processo lungo e complesso, di almeno due anni dal momento in cui verrà fatto scattare l'articolo di 'addio'. Ma potrebbe durare fino a una decina se si considerano anche i rapporti post-Brexit da rinegoziare tra Gb e Ue: il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, nei giorni precedenti al referendum ha parlato di "7 anni almeno", il governo britannico di "un decennio o più".

Il referendum sulla Brexit non è legalmente vincolante, ma il premier David Cameron ha già annunciato che il negoziato di uscita sarà guidato da un nuovo leader.

La riunione del vertice Ue di martedì e mercoledì prossimi potrebbe essere la prima occasione per Cameron di attivare l'articolo 50. Prima di quel vertice a 28 ci sarà una "riunione informale a 27" per "una riflessione", ha annunciato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Una volta pigiato il 'bottone rosso', scatta immediatamente il conto alla rovescia dei due anni massimi previsti per negoziare l'uscita, quindi la richiesta formale all'Ue potrebbe avvenire successivamente, anche dopo l'estate.

"Non ci sarà vuoto legale" ha assicurato Tusk, precisando che "fino all'uscita formale della Gran Bretagna la legge Ue resta valida nel Regno Unito, ciò significa diritti e doveri".

Con l'articolo 50 attivato, comincia il negoziato, verosimilmente gestito dalla Commissione Ue su mandato del Consiglio, per l'uscita della Gran Bretagna da quasi 45 anni di legislazione europea, dall'energia al mercato interno ai servizi finanziari. Nel frattempo, Londra continuerà a essere membro a tutti gli effetti dell'Ue, quindi a votare e prendere decisioni ma sarà esclusa da quelle sulla 'Brexit'. I parlamentari britannici diventeranno di fatto 'osservatori'.
Spetterà poi a Consiglio e Parlamento Ue dare o meno l'ok all'accordo per l'exit. Se al termine dei due anni questo non fosse stato raggiunto, o la Gran Bretagna cessa di colpo di essere membro oppure - ma solo su decisione unanime dei 27 - potrà esserle concesso più tempo per chiudere l'intesa.

Tutto dovrà essere rinegoziato per i nuovi rapporti, che potrebbero essere improntati a quelli dei Paesi Efta come Norvegia e Islanda: dagli accordi commerciali ai programmi di ricerca e per le pmi, dall'Erasmus alle norme di conformità dei prodotti. Le discussioni potrebbero andare in parallelo a quelle per l'exit, ma difficilmente si potrebbero chiudere in due anni. Senza contare il 'phasing out' dei programmi Ue in corso, e l'annosa questione dei funzionari e dei traduttori britannici Ue.

Intanto il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ha però assicurato che la vittoria del Leave non è l'inizio della fine dell'Europa. Per la cancelliera tedesca Angela Merkel, la Brexit è un taglio netto per l'Europa. Ma avverte che ora serve un'analisi "calma e composta" dell'esito del referendum

"Non ci sarà un vuoto legislativo", ha assicurato il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, che ha convocato un vertice informale a 27, a margine di quello già previsto a 28 per martedì prossimo. Già oggi a Lussemburgo si vedranno i ministri degli Esteri Ue, mentre lo stesso Tusk è atteso a Roma, poi a Berlino e Parigi. I leader di Italia, Francia e Germania, Matteo Renzi, François Hollande e Angela Merkel, si sono già consultati in una frenetica girandola di telefonate e Berlino ospiterà domani una riunione dei sei Paesi fondatori. Intanto in ogni singola capitale i governi convocano riunioni di crisi per valutare le prossime mosse.

Dopo l'esito del voto in Gran Bretagna che ha visto la vittoria della Brexit ci si interroga sugli eventuali ricaschi anche sull'Italia. Il premier matteo Renzi in mattinata ha fatto il punto in un vertice con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il Ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, il Ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Marco Minniti e il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco. Renzi si è sentito sempre in mattinata prima con il presidente francese, Francois Hollande, e poi con la cancelliera tedesca, Angela Merkel, per fare il punto su come l'Unione europea debba muoversi. I tre si vedranno lunedì a Berlino.

"Dobbiamo cambiarla per renderla più umana e più giusta. Ma l'Europa è la nostra casa, è il nostro futuro", ha scritto su twitter il premier Matteo Renzi.

Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, sta preparando una agenda per gli incontri con i leader europei alla luce della crisi per il voto nel referendum britannico e in vista del vertice della prossima settimana. Fonti europee riferiscono che l'agenda non è ancora confermata, ma il programma al momento attuale prevede una incontro a Roma col premier Matteo Renzi che potrebbe avvenire già oggi. Nei prossimi giorni, probabilmente lunedì, Tusk dovrebbe incontrare Merkel a Berlino e Hollande a Parigi.

La UE, a mia opinione, puo cambiare adesso che gli Inglesi per loro volonta hanno abbandonato la Unione,puo essere salvata come Unione cambiando e diventando uno vero Stato,con una politica Estera,Economica e Militare,puo cambiare creando una vera moneta,e una vera Banca e una Fed, e non come adesso che la meta UE, fa la guerra in Libia, o in Siria e l altra meta mette sotto economicamente il sud Europeo, grazie ai parametri matematici di grigi funzionari della UE,senza scrupoli,vedi Grecia con la Troica , puo a mio avviso cambiare solo cosi,diventare uno vero Stato.

 

Si macchia di sangue la campagna referendaria in vista del voto della Gran Bretagna sull'Ue. Jo Cox, deputata emergente del Labour impegnata contro la Brexit e per i diritti dei migranti, è stata aggredita e uccisa selvaggiamente per strada da un uomo che ha infierito su di lei con un coltello e l'ha poi finita senza pietà con tre colpi di pistola. Un gesto di violenza bruta che ferma il circo elettorale, fa saltare il banco delle previsioni e potrebbe determinare il risultato delle urne di qui a una settimana. Lo scempio è avvenuto a Birstall, vicino a Leeds, nello Yorkshire, cuore - talora nero - dell'Inghilterra profonda.

"Un orribile atto di odio che getta un'ombra sul cuore di tutti noi; odio che non prevarrà mai né in Inghilterra né altrove". Sono le parole del presidente del Consiglio Matteo Renzi, che esprime al leader laburista Jeremy Corbyn e al premier britannico David Cameron lo sgomento e il dolore suo personale, di tutto il governo italiano e del Pd per la gravissima aggressione che ha portato alla morte della giovane parlamentare Jo Cox.

"Una tragedia per il Paese" le ha reso omaggio per primo, da avversario politico, ma alleato sul fronte referendario, il premier conservatore David Cameron. Poi è stata una sequela di messaggi nel mondo: dal leader laburista Jeremy Corbyn a esponenti stranieri. Il partitino Britain First, parafascista - islamofobo, suprematista e visceralmente anti-immigrazione, ha preso le distanze.

"Abbiamo visto cosi' tante cose terribili in questi ultimi giorni. Non voglio fare paragoni con la strage di Orlando o gli attacchi di Parigi, ma siamo di fronte ad una situazione difficilissima, che ci preoccupa e dovrebbe ricordarci di dimostrare unità politica ogni qual volta e "possibile": cosi' la cancelliera tedesca Angel Merkel sull'omicidio della deputata laburista Jo Cox.

Sull'uomo arrestato spuntano ombre: si sospetta un legame con il gruppo suprematista bianco Springbok Club, visceralmente ostile all'Europa e simpatizzante del vecchio apartheid sudafricano. Mair è nel database della rivista online da 10 anni. L'Independent riprende poi dagli Usa la denuncia del Southern Poverty Law Centre, un'associazione per i diritti civili, secondo la quale Mair avrebbe comprato anni fa un manuale sulla fabbricazione di armi da un sito della National Alliance, organizzazione neonazista e suprematista americana. Mair avrebbe pagato 670 dollari.

Risulta anche l'acquisto fra il 1998 e il 2003 di volumi sulla realizzazione di esplosivi, bottiglie incendiarie e armamenti vari, con tanto di ricevuta intestata a un indirizzo di Batley: il comune del West Yorkshire in cui il presunto killer risiede e che fa parte del collegio elettorale di Jo Cox.

La deputata aveva ricevuto diversi messaggi di minacce negli ultimi tre mesi. Ma nonostante questo, sottolinea il Times, la revisione delle misure di protezione da parte della polizia era ancora in corso.

Secondo un testimone l'agguato è stato annunciato da un grido belluino: niente 'Allah Akhbar' ma un 'patriottico' "Britain first" la Gran Bretagna prima di tutto urlato a quanto pare dall'assassino. L'uomo arrestato, Tommy Mair, 52 anni, bianco, è originario di Batley. E' un solitario e viveva appartato.

Il racconto di chi ha assistito alla scena è quello di un agguato. Jo Cox, 42 anni non ancora compiuti, moglie di Brendan, madre di due figli piccoli, ex attivista di Oxfam e beniamina del Labour in prima fila nel sostegno a un'azione internazionale per far finire la guerra in Siria come nella lotta alle nuove schiavitù e per l'apertura dei confini britannici ai profughi (in testa i piccoli siriani), è stata attaccata di fronte alla biblioteca di Birstall, dove secondo la tradizione britannica aveva in programma l'incontro settimanale con gli elettori del suo collegio.

L'impatto sul referendum del 23 giugno è tuttavia innegabile. La piattaforma Vote Leave - al cui interno erano state già denunciate infiltrazioni d'estrema destra - è stata la prima a sospendere la campagna, per decisione di Boris Johnson. Poi è stata la volta di Remain. Restano ora da misurare gli effetti esatti dell'accaduto su un panorama politico segnato negli ultimi giorni da un'ascesa apparentemente irresistibile dei 'brexiter' nei sondaggi.

Seggi aperti stamattina nel Regno Unito dalle 7.00 ora locale (le 8.00 in Italia) e fino alle 22.00 per il referendum sulla Brexit, destinato a decidere della permanenza o meno di Londra nell'Ue.

 

All'addio inglese Bruxelles potrebbe anche sopravvivere, ma alle sue conseguenze di certo no. Lo chiamano «effetto domino» ed è il vero incubo degli «euroburocrati» e di tutti gli ultimi aficionados di quest'Unione Europea. Un effetto capace di replicare su scala continentale il malessere britannico e generare tanti altri «exit» nazionali capaci in pochi anni di sgretolare e distruggere dalle fondamenta gli assetti di Bruxelles.

Al voto sono chiamati circa 46,5 milioni di elettori. Il quesito e' secco: "Il Regno Unito deve rimanere un membro dell'Unione Europea o uscire dall'Unione Europea?". E le alternative sono due: "Remain" o "Leave", dentro o fuori. Gli ultimi sondaggi indicano un testa a testa.

In caso di Brexit  in Italia il primo a piangere sarebbe il premier Matteo Renzi costretto a far i conti con una valanga «Brexit» pronta a travolgere lui ed il referendum istituzionale del prossimo ottobre. In Francia, invece, i primi a ridere e ad approfittarne per lanciare la loro sfida all'establishment sarebbero Marie Le Pen ed il suo Front National. La data fatale sarebbe in questo caso quella delle elezioni presidenziali del prossimo aprile affrontate al grido di «Fuori dall'Europa». Un grido capace di ammaliare non solo la destra tradizionale, ma anche buona parte di quella sinistra nazionalista delusa da Hollande e dal socialismo d'Oltralpe. Ma l'effetto domino va anche analizzato alla luce di un altro potente catalizzatore rappresentato dal problema migranti. Da questo punto di vista neppure la Cancelliera Angela Merkel può dirsi tranquilla.

Grazie alla sua decisione di aprire le porte ad un milione di profughi in arrivo dalla rotta balcanica le forze della destra anti sistema, riunite sotto l'etichetta di «Alternativa per la Germania» sono già cresciute, stando ai sondaggi, ben oltre il 15%. Un addio inglese all'Europa regalerebbe ulteriori energie sia alla destra estrema sia ai verdi, confinando i partiti della «Große Koalition» della Cancelliera ben sotto il 50 per cento in occasione delle elezioni federali che si svolgeranno tra l'agosto e l'ottobre del 2017. In Austria dove lo scorso maggio il candidato del Partito della Libertà (Fpo) Norbert Hofer ha perso per un soffio le elezioni presidenziali l'effetto sarebbe pressoché scontato.

Anche perché la formazione di destra ha già auspicato l'organizzazione di una consultazione sulla falsariga di quella britannica. Nella vicina repubblica Ceca è invece lo stesso premier socialdemocratico Bohuslav Sobotka a prevedere «un dibattito sul possibile ritiro dall'Unione da qui a qualche anno» in caso di uscita inglese. Più a nord le paure di un contagio capace d'innescare un referendum simile a quello britannico riguardano soprattutto la Danimarca e la Svezia i due paesi che - al pari di quanto fatto dalla Gran Bretagna con la sterlina - sono entrati nell'Unione Europea tenendosi ben strette le rispettive «corone» locali. In un paese come la Svezia dove già oggi - stando ai sondaggi- la percentuale degli elettori decisi a restare in Europa cala dal 42 al 32 per cento in caso di uscita inglese, l'effetto Brexit rischia di rivelarsi devastante.

I giochi sono chiusi, il futuro dell'Europa è ora affidato agli umori e ai malumori dei britannici. Gli elettori sono chiamati a rispondere 'Leave' o 'Remain' al referendum sull'Ue. Dentro o fuori, tertium non datur, come ha avvertito in queste ore il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. Le ultime cartucce di una campagna elettorale al veleno, più emotiva che ragionata, sono state sparate. In primo luogo dai due dioscuri-rivali dei Tory: il premier David Cameron, 'campione' di Remain, e l'ex sindaco di Londra Boris Johnson, l'uomo bandiera dei Leave sui media, ma anche il pretendente ombra alla poltrona di Downing Street.

«L'angoscia più grande - ammette lo stesso presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk - è che un eventuale risultato negativo finisca con il rafforzare i partiti euroscettici in tutto il resto dell'Europa». Angoscia giustificatissima visto che - a differenza dei normali incubi - l'effetto domino non è solo tremendamente reale, ma anche misurabile. Per capirlo basta consultare i sondaggi che da mesi testano gli umori dei cittadini dei 28 paesi dell'Unione Europea e valutano le loro reazioni all'approssimarsi della decisione dei sudditi di Sua Maestà. In Italia e Francia, stando ai rilevamenti Ipsos dello scorso maggio, il 58 e il 55 per cento degli elettori auspica lo svolgimento di un referendum simile a quello organizzato in Inghilterra. Ed il 48 ed il 41% rispettivamente si dice pronto a votare l'addio a Bruxelles. Tendenze destinate a venir inevitabilmente amplificate da un'eventuale vittoria dei «sì» nella consultazione d'Oltremanica. Le conseguenze a quel punto sono facili da immaginare. Il successo degli anti europei rappresenterebbe un autentico volano per le tesi della Lega di Matteo Salvini e dei Cinque Stelle, il movimento che da tempo propone - per bocca di Beppe Grillo - un referendum per l'uscita dell'Euro.

Cameron, colui che a questo referendum ha aperto le porte per calcoli di politica interna, ha rivolto i suoi appelli finali in una raffica di interviste sui giornali, ma anche fra la gente nel suo collegio elettorale nell'Oxford shire e fra i giovani di una scuola, la generazione che potrebbe avere più da perdere dal taglio netto: la Gran Bretagna - ha insistito come in un mantra - è e sarà "più prospera, più forte e più sicura" se resta "in un'Unione Europea riformata". Ma lui è pronto ad "accettare le istruzioni del popolo", ha aggiunto.

Due sondaggi dell'ultim'ora, diffusi nell'imminenza dell'apertura dei seggi per il referendum britannico sulla Brexit, danno il fronte del si' all'Ue (Remain) in vantaggio su quello del no (Leave): Yougov di un soffio, con il 51% contro il 49, mentre Comres piu' nettamente, 54% a 46. Poche ore fa altri due istituti avevano invece dato leggermente in testa Leave. I dati di un'ultima rilevazione, di Ipsos-Mori, completata oggi come impone la legge, sono attesi in mattinata.

Anche l'istituto demoscopico Ipos Mori da' il si' all'Ue (Remain) in vantaggio di misura sul no (Leave) in attesa dell'esito del referendum di oggi sulla Brexit. La rilevazione, completata ieri sera, ma diffusa oggi sui media, dice Remain al 52% e Leave al 48. Fra gli ultimi altri 4 sondaggi pubblicati ieri in Gran Bretagna, due (di Comres e Yougov) hanno pure dato Remain in testa, mentre altri due (Opinium e Tns) hanno accreditato un lieve vantaggio a Leave.

'84% dei scommettitori britannici punta su una vittoria del 'Remain' al referendum di oggi sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea. Lo scrive il Financial Times online citando Betfair, uno dei colossi delle scommesse online. Un'ora prima, sempre secondo i bookmakers, la percentuale era del 78%. "Arrivano così tanti soldi in questo momento, con percentuali che oscillano non poco, ma le tendenza è fermamente per il Remain", ha detto all'Ft Naomi Totten di Betfair.

Il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha chiesto agli "amici britannici" di non abbandonare l'Ue perché altrimenti "si aprirà un periodo di incertezza nell'Ue e nel mondo". Ma se la Brexit dovesse materializzarsi, "l'Ue non sarebbe in pericolo di vita e il percorso di integrazione continuerebbe, anzi verrebbe aumentato". Junker ha concluso: "abbiamo affrontato molte crisi non ne abbiamo bisogno di un'altra".

E' ondata pro-Brexit anche secondo Ipsos-Mori, il piu' importante istituto demoscopico britannico rimasto fino a ieri a indicare un vantaggio del fronte filo-Ue in vista del referendum del 23 giugno. La svolta arriva oggi, riferisce l'Evening Standard online, con un nuovo sondaggio telefonico che ribalta i dati e accredita allo schieramento del no all'Europa (Leave) sei punti di vantaggio su quello del si' (Remain): 53% a 47.

Una vittoria del 'si' al referendum britannico sulla Brexit sarebbe "una catastrofe", la "peggiore notizia in termini economici" ha avvertito il premier uscente spagnolo Mariano Rajoy, che si è detto però fiducioso che i britannici "alla fine voteranno per restare in Europa". Una uscita di Londra sarebbe "una catastrofe per l'economia britannica ma anche per quelle europee". Rajoy ha ricordato fra l'altro che la Spagna riceve ogni anno 15 mln di turisti dal Regno Unito e che sono 400mila i britannici che vi risiedono.

Un'eventuale 'Brexit' rappresenta un rischio per la crescita dell'Eurozona. Lo dice ripetutamente la Bce nel suo bollettino, secondo cui "i rischi al ribasso sono ancora connessi all'andamento dell'economia mondiale, all'imminente referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea e ad altri rischi geopolitici". La stessa crescita inglese "è potenzialmente limitata dall'incertezza circa il referendum". Le ultime stime della Bce danno una crescita dell'1,6% nel 2016 e dell'1,7% nel 2017 e nel 2018.

Il quantitative easing della Bce sta aiutando l'economia e un "ulteriore stimolo" dovrebbe provenire dalle misure ancora da attuare. Tuttavia il consiglio direttivo "seguirà con attenzione l'evoluzione delle prospettive per la stabilità dei prezzi e, se necessario per il conseguimento del suo obiettivo, agirà ricorrendo a tutti gli strumenti disponibili nell'ambito del suo mandato". Lo scrive la Bce nel bollettino economico.

Un voto a favore della 'Brexit' nel referendum del 23 giugno rischia di innescare "ripercussioni negative" sull'economia globale, e rappresenta la maggiore minaccia alla stabilità finanziaria britannica, ma potenzialmente anche a quella mondiale, con il potenziale di un "acuto" deprezzamento della sterlina. A ribadire l'allarme, rinforzandolo, è la Banca d'Inghilterra, che a una settimana dal voto ha lasciato i tassi fermi.

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