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Riccardo Fenizia: soffermiamoci sul significato delle parole

C’era anche Riccardo Fenizia tra i partecipanti al convegno sul tema «L’Italia del Family Day dinanzi alla trappola del referendum» tenutosi il 22 ottobre scorso a Napoli, presso la sala Sisto V del complesso monumentale San Lorenzo Maggiore. 

Docente napoletano di storia e filosofia, membro della Società Internazionale san Tommaso d’Aquino, nonché autore dell’agile – ma profondo – Gen(d)erAzione nuova. Oltre il senso comune (PassioneEducativa 2015), il prof. Fenizia si è detto ben lieto di rispondere a qualche domanda per i lettori del Corriere del Sud.

Professor Fenizia, il dottor Gandolfini, presidente del Comitato Difendiamo i nostri figli, sta girando l'Italia spiegando che dovrebbe votare NO al referendum costituzionale del 4 dicembre chiunque abbia a cuore la libertà di educare i propri figli e intenda fermare l’infiltrazione dell'ideologia gender nelle scuole. Lei è dello stesso parere?

I relatori dell’incontro di oggi [i magistrati Domenico Airoma, Alfredo Mantovano e il dottor Massimo Gandolfini (ndr)] hanno esposto motivi validi per votare NO. Non le nascondo che lo scenario della vittoria del SÌ, combinato con l’avvento dell’Italicum, preoccupa anche me, forse ancor più dei relatori stessi: non mi rasserena l’idea che un partito che vincesse le elezioni con il solo 25% dei voti validi (e sostenuto quindi da una percentuale ancora più bassa d’italiani, considerando anche gli aventi diritto al voto che non lo esercitano) venga premiato con il 55% dei seggi in Parlamento, scelga il Presidente della Repubblica, nomini i giudici costituzionali e la Direzione della RAI.

Non equivale al controllo totale del Paese, ma poco ci manca. Oltre a ciò, la riforma prevista ridurrebbe l’influenza degli corpi sociali; i senatori – con competenze bizzarre – sarebbero scelti non si sa bene come, ma non dagli elettori direttamente; aumenterebbe il controllo da parte di lobby e di poteri forti (multinazionali, governi esteri e agenzie), mortificando la sovranità popolare.

Professore, la sua risposta mi ha completamente spiazzato! Da uno studioso di filosofia ero pronto a registrare parole come «gnoseologia» e «epistemologia»; termini che a me sarebbe poi toccato «de-criptare» per i lettori... non iniziati. Lei ha invece ha fatto osservazioni di carattere molto pratico...

Quindi lei ritiene che la filosofia sia una disciplina praticata nella storia da sfaccendati perché altri abbiano di che tormentare i liceali!? Spero di no. La filosofia prova a dare delle risposte alle domande dell’uomo, e a riflettere su ciò che egli trova vero, giusto, buono e bello. Vuole che un appassionato di filosofia non abbia a cuore la libertà dell’uomo e la sua salvaguardia? Vuole che non abbia a cuore la famiglia, cioè il luogo dove l’uomo impara ad amare il prossimo più prossimo e, quindi, a vivere in società? Ecco: io credo che vi siano correnti culturali in Occidente – molto motivate e ben finanziate – che promuovono una rivoluzione antropologica che va nello stesso senso di quella auspicata da Karl Marx nel suo Manifesto del Partito Comunista: abolire la famiglia. Leggi come la Cirinnà e la teoria del gender vanno precisamente in questo senso...

A questo punto, però, i sostenitori della legge Cirinnà che comporta il riconoscimento giuridico di «unioni civili» anche fra persone dello stesso sesso, le obietterebbero che questa legge ha l’effetto di moltiplicare il numero delle famiglie, non di azzerarlo...

La sua osservazione mi ha fatto tornare in mente l’attuale Presidente del Consiglio che, in occasione del primo Family Day, quello del 20 giugno 2015, manifestò estraneità e disinteresse, ironizzando sull’evento parlando di «famiglie» in maniera equivoca.  In un mondo dominato dal relativismo, è ancor più necessario soffermarsi innanzitutto sul significato delle parole che utilizziamo.  Quando dico «famiglia» e affermo che è un tesoro da custodire, la intendo nella sua accezione unica e insostituibile, quella di società naturale fondata sul matrimonio tra una donna e un uomo per dare eventualmente origine a nuovi uomini e donne, persone da educare amandole in quel tessuto di relazioni che sono la paternità, la maternità e la fraternità. Il matrimonio, già di diritto naturale, assurge poi nella fede cattolica a sacramento grande con la grazia, immagine dell’amore trinitario, che è Dio stesso, origine e fonte di ogni vero amore, e immagine della unione sponsale tra Cristo e la Sua Chiesa, tra Cristo e l’anima, tra Dio e l’uomo.

Ritorno alla sua prima domanda. Penso che il dottor Gandolfini sia nel giusto quando individua nel referendum un possibile snodo lungo un processo di scristianizzazione e disintegrazione dell’uomo e della famiglia. Chi lo propugna è alfiere di un progresso illusorio, incentrato sull’espansione dell’individualismo libertario, coerente con le logiche della massificazione e della riduzione della persona a merce e a consumatore – un tema caro anche a Papa Francesco –, tagliando ogni radice e solida relazione umana e famigliare.

Effettivamente la sua explicatio terminorum era necessaria. Mi sbaglio o la passione per le definizioni è collegata a quella per il pensiero di san Tommaso d’Aquino?

Tra i molti meriti della filosofia scolastica c’è quello di insistere sulla chiarezza e sulla precisione del linguaggio che viene utilizzato. Può sembrare paradossale, ma quelle correnti culturali cui facevo riferimento, al fine di cambiare la mentalità diffusa e i giudizi di valore condivisi, si servono precisamente della studiata mutazione del significato di parole comuni. Tutta la teoria del gender ha origine – o, se preferisce, trova linfa – in un inganno linguistico: disancorare le parole «maschio» e «femmina» dall’oggettivo significato biologico. Se ho scritto Gen(d)erAzione Nuova. Oltre il senso comune l’ho fatto proprio per evidenziare la gravità del momento presente: qualcuno, infatti, nel nostro occidente spiritualmente dissanguato, sta con discreto successo negando la centralità della figura della madre e del padre per la vita del bambino e per la stessa società umana. Padri e madri, che ne siano oppure no consapevoli, sono oggi i garanti di una visione antropologica coerente con il reale, ben fondata e non nichilistica.

 

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