Si tratta per convincere Berlusconi a votare Mattarella

E' il candidato che sta dividendo il Patto del Nazareno. Un politico di lungo corso Sergio Mattarella. Rappresenta la continuità di una storia, anche familiare, che fa parte della vicenda italiana: figlio di Bernardo Mattarella e fratello Piersanti (presidente della Regione Sicilia, assassinato dalla mafia).
La tradizione democristiana è il suo ubi consistam, dai tempi dell'Azione Cattolica fino alla fine della Dc e poi del Partito Popolare di cui è stato uno dei principali rappresentanti. Prima di aderire alla Margherita. Ora è giudice costituzionale. Ed è stato più volte ministro. Si dimise nel luglio 1990, insieme agli altri ministri della sinistra Dc, dal governo Andreotti VI - dove ricopriva la carica di titolare della Pubblica Istruzione - per protestare contro l'approvazione della legge Mammì sulle televisioni. Considerata troppo favorevole al Cavaliere.

Ciriaco De Mita, che gli vuole bene e lo stima, disse di lui: «Forlani, in confronto a Mattarella, è un movimentista». In effetti, il tipo è pacato e mediatore. Ma non ebbe esitazioni, da ministro della Difesa (oltre che vicepremier nel governo D'Alema), ad aderire alla guerra della Nato in Kosovo. Guadagnandosi la stima degli Stati Uniti. E però, non può vantare per ora una fitta rete di rapporti internazionali. Porta il suo nome la legge elettorale maggioritaria del '93: il Mattarellum. Non è mai andato troppo a genio a Silvio Berlusconi.

Si va avanti sulle riforme anche senza Silvio", è il ritornello che in queste ore parte dai banchi del governo. Forza Italia, il giorno dopo l'indicazione di Sergio Mattarella come possibile
successore di Giorgio Napolitano da parte di Matteo Renzi, non ha ancora smaltito l'irritazione.

I falchi del partito azzurro hanno ripreso vigore e Berlusconi è tornato ad Arcore per decidere cosa fare alla quarta votazione cercando consigli dai collaboratori di un tempo. L'idea di disertare il voto al quarto scrutinio non rispondendo alla chiama, lanciata dal capogruppo azzurro della Camera Renato Brunetta, non convince i grandi elettori di FI e soprattutto stride con la telefonata fatta ieri a Mattarella da Berlusconi che prometteva scheda bianca anche al quarto scrutinio.

Soprattutto rischia di incrinare l'asse con i centristi di Alfano che compongono la maggioranza di governo e che non possono permettersi una posizione al limite dello sgarbo istituzionale. Brunetta evoca anche il rischio di voto a primavera. Un modo per spaventare la sinistra del Pd e Sel che condividono con Renzi la scelta Mattarella, ma che conferma come il timore di elezioni anticipate alberghi anche dentro FI.

Renzi, forte di tre maggioranze, una per le riforme con FI, una con Alfano per il governo è una con la sinistra e Sel per il Quirinale, alle elezioni anticipate non pensa proprio. Anche perché forse, come farebbero pensare i dati che segnalano un aumento degli occupati, è possibile che il nostro Paese agganci un minimo di ripresa.

La trattativa per convincere Silvio Berlusconi a convergere su Mattarella è andata avanti tutta la notte. Ma Renzi, nonostante il no del Cav non si è fermato. «Il nostro candidato è lui, non abbiamo altri nomi», è la decisione che il premier annuncia davanti ai grandi elettori del Pd, ricevendo il voto unanime di un Pd, fino a ieri diviso, e un applauso per sè e il candidato al Quirinale. Il Cav ed Angelino Alfano non cedono ma non rompono il Patto del Nazareno: sabato, il giorno decisivo dopo tre fumate nere, la prima oggi pomeriggio, voteranno scheda bianca.

Nell'atmosfera delle grandi occasioni, i 1009 grandi elettori arrivano alle 15 per la prima votazione per il presidente della Repubblica. Senza sorprese, la prima chiama si chiude con 538 schede bianche e i piccoli partiti compatti sui candidati di bandiera: i grillini votano Ferdinando Imposimato, primo eletto delle «quirinarie» M5S seguito da Romano Prodi e Nino Di Matteo; Fdi-Lega scrivono Vittorio Feltri e Sel sceglie per le prime tre votazioni Luciana Castellina. Ma è Nichi Vendola, con una chiamata mattutina a Renzi, a spostare Sel dall'opposizione al sostegno nella partita del Quirinale.

Il Pd non rinuncia ad allargare il consenso sul giudice costituzionale e lavora sia su Fi sia su Ncd per convincerli a ripensare la decisione. l sottosegretario Luca Lotti risponde a brutto muso al pasdaran azzurro Renato Brunetta, per il quale Matteo Renzi, dopo aver "rotto il patto" con il Cav, "non ha più la maggioranza e quindi andrà alle elezioni anticipate".
Forza Italia spaccata dopo la decisione di puntare su Sergio Mattarella per il Quirinale. «Azzeramento totale nel partito e nei gruppi parlamentari dopo il totale fallimento politico del Nazareno. È impensabile che i cultori del Nazareno pretendano ora di travestirsi da oppositori di Renzi»: così Raffaele Fitto europarlamentare di Fi in una nota.

«Se vogliamo fare una commedia, possiamo dire che va tutto bene in Forza Italia. Se invece vogliamo fare una cosa seria, occorre l'azzeramento totale nel partito e nei gruppi parlamentari», sottolinea Fitto.

«È semplicemente impensabile, oltre che offensivo dell'intelligenza dei nostri elettori, che, dopo un fallimento politico totale, i cultori e i sostenitori del Nazareno, ora, in un attimo, come se nulla fosse, pretendano di travestirsi da oppositori di Renzi. Da tempo, con tanti amici, sostengo una linea politica che è stata criminalizzata e ostracizzata. Ci hanno perfino chiamato traditori. Ancora all'inizio di questa settimana, avevo caldamente invitato Berlusconi a dire no alla legge elettorale, o almeno a rinviare il voto al Senato a dopo l'elezione del capo dello Stato. Per tutta risposta, c'era chi festeggiava l'ormai prossima "sostituzione" dei dissidenti Pd con i voti di Forza Italia. Che facciamo ora? Facciamo finta che tutto vada bene?».

"Noi domani voteremo scheda bianca ma nell'incontro con Fi parleremo anche di questo", sostiene il capogruppo Ncd Nunzia De Girolamo. Il partito di Angelino Alfano è diviso al suo interno: alcuni, tra i quali il ministro Beatrice Lorenzin e l'ala siciliana del partito, vogliono sostenere Mattarella e l'alleanza con Matteo Renzi. Mentre un'altra area, che comprende il ministro Maurizio Lupi, insiste per fare asse con Forza Italia e seguire le scelte che faranno domani gli azzurri. Tensioni che inevitabilmente si intrecciano sul futuro delle riforme. Ma il Pd garantisce che il governo andrà comunque avanti. "Chi si sfila" dal percorso delle riforme, sostiene Guerini, "dovrà farlo di fronte al Paese. Ci siamo assunti tutti una responsabilità, le riforme devono andare avanti".

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