Nuovo processo per l'ex premier Berlusconi

Il gup Amelia Primavera ha rinviato a giudizio Silvio Berlusconi e Valter Lavitola per la vicenda della compravendita di senatori. Stamani l'udienza preliminare in cui Silvio Berlusconi, Valter Lavitola e Sergio e Gregorio erano imputati per la presunta compravendita di senatori che nel 2008 provocò la caduta del governo guidato da Romano Prodi. L'accusa sarà rappresentata dai pM Henry John Woodcock e Alessandro Milita, titolari dell'inchiesta assieme ai colleghi Vincenzo Piscitelli e Maurizio Vanorio. De Gregorio ha chiesto il patteggiamento della pena.

Il gup di Napoli, pm a parte, è il primo giudice a credere a De Gregorio. All'ex senatore, a marzo, non aveva creduto una sua collega, il gup di Napoli Marina Cimma, che aveva detto «no» alla richiesta di rito immediato presentata dai pm capeggiati da Henry John Woodcock: «All'esito di un'attenta e approfondita disamina delle dichiarazioni rese da De Gregorio – aveva scritto – non può farsi a meno di evidenziare che la prova circa l'esistenza di un accordo corruttivo intervenuto tra gli imputati è tutt'altro che evidente». Non solo. Per quel gup «le somme corrisposte a dire di De Gregorio da parte di Berlusconi per il tramite di Lavitola erano destinate a finanziare il movimento politico», (Italiani nel mondo). Insomma, De Gregorio non era attendibile. Come non attendibile si è rivelato De Gregorio per i pm milanesi del processo Mediatrade, che sentito De Gregorio e le sue rivelazioni (aveva detto di avere rallentato una rogatoria in Cina sui diritti tv) hanno spedito a Hong Kong la Guardia di finanza a caccia di un misterioso appunto che avrebbe dovuto trovarsi al ministero degli Esteri. Niente appunto in cassaforte, niente di niente. Il governo di Hong Kong ha spiegato: Mr. Gregorio chiese solo informazioni. E nella rogatoria non ci fu alcuna ingerenza. Non attendibile l'ex senatore è apparso anche ai pm di Roma, che, dopo averlo ascoltato, nel settembre scorso hanno chiesto l'archiviazione di un'inchiesta gemella, quella sul passaggio da Idv al Pdl di altri due senatori, Domenico Scilipoti e Antonio Razzi, nel 2010: la scelta di cambiare partito, hanno detto, non è sindacabile in base all'articolo 67 della Costituzione, perché un eletto alla Camera o al Senato non ha vincolo di mandato

Come difensore di Berlusconi c'era presente al momento l'avvocato Michele Cerabona, che lo assiste assieme a Niccolò Ghedini. Davanti al Tribunale è assiepata una folla di fotografi e cameraman. Agenti di polizia impediscono l'ingresso di cronisti e curiosi nell'aula 213, in cui si svolgerà l'udienza, che per legge è a porte chiuse.Intanto

E' stata accolta dal gup la richiesta di patteggiamento a 20 mesi di reclusione avanzata dalla difesa di Sergio De Gregorio, nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta compravendita di senatori. Il dispositivo - con il rinvio a giudizio per Berlusconi e Lavitola - è stato letto dal giudice Amelia Primavera dopo circa un'ora e mezza di camera di consiglio. L'avvocato Carlo Fabbozzo, che assiste l'ex senatore De Gregorio, si è detto soddisfatto.

Valter Lavitola ha reso dichiarazioni spontanee da più di un'ora. Secondo quanto si è appreso da fonti del collegio difensivo, il giornalista, parlando a braccio, ha ammesso di avere consegnato consistenti somme di denaro a Sergio De Gregorio, ma ha affermato che quei soldi provenivano dal finanziamento al quotidiano L'Avanti!, dei quali entrambi erano soci, e che parte del denaro era stato in precedenza prestato da De Gregorio allo stesso Lavitola. Al termine delle dichiarazioni spontanee dell'imputato prenderanno la parola i pm e gli avvocati delle parti civili; successivamente toccherà alla difesa degli imputati. L'avvocato Cerabona ha preannunciato che la sua linea (confortata dall'ordinanza del gip Marina Cimma, che respinse la richiesta di giudizio immediato per Berlusconi avanzata dalla Procura) sarà quella di sostenere che il reato di corruzione non si configura, dal momento che i parlamentari sono liberi di esercitare le loro funzioni.

Continua la polemica tra il PdL e il presidente del Senato Grasso dopo le sue dichiarazioni in vista del voto sulla decadenza dal seggio parlamentare di Silvio Berlusconi. ''Se il voto sarà segreto bisognerà vedere se sarà davvero un voto di coscienza o se dipenderà piuttosto da interessi diversi - aveva detto - mentre se il voto sarà palese, tutto sarà più chiaro''.

"Le dichiarazioni del presidente del Senato sul voto segreto o palese non sono da presidente del Senato - dice Renato Brunetta - ma da uomo di parte, anzi di fazione. Ritenere che i senatori col voto segreto possano rispondere a 'interessi diversi' dalla coscienza è una insinuazione gravissima". Secondo il capogruppo Pdl alla Camera le parole di Grasse contraddicono il "suo ruolo di garante della dignità dei parlamentari". "Ricordo all'ex procuratore Grasso una frase di Falcone: 'Il sospetto è l'anticamera della calunnia'. Cerchi di far valere le regole, il presidente Grasso, invece che inventarne di nuove ad uso delle sue attitudini inquisitorie", conclude Brunetta.

Per Schifani, "E' molto grave che il presidente Grasso ipotizzi il voto palese, essendo il Regolamento sul punto chiaro ed inequivocabile. Sospettare, poi, che attraverso il voto segreto i senatori possano perseguire interessi diversi rispetto alla propria coscienza è incredibile. Un chiarimento sarebbe quantomeno opportuno". "E' molto grave - dice Schifani nella sua dichiarazione - che il presidente Grasso ipotizzi il voto palese sulla decadenza, essendo il Regolamento sul punto chiaro ed inequivocabile. Un' eventuale interpretazione diversa in Giunta per il Regolamento, a colpi di maggioranza, sarebbe inaccettabile e noi ci opporremmo strenuamente ad una simile forzatura. Sospettare, poi, che attraverso il voto segreto i senatori possano perseguire interessi diversi rispetto alla propria coscienza è incredibile, e ci auguriamo che si sia trattato di un malaugurato fraintendimento. Un chiarimento sarebbe quantomeno opportuno".

"Il presidente si stupisce per il vespaio di polemiche scatenatosi per una constatazione ovvia in cui si sottolineava che il voto palese sia palese mentre il voto segreto possa essere utilizzato seguendo logiche diverse dalla coscienza, come successe in passato". Il portavoce di Grasso commenta così le polemiche per la frase sul voto segreto

"Questo governo doveva garantire un clima di pacificazione e ciò non vuol dire che bisognava garantire un favore o un trattamento privilegiato a Berlusconi perché questo noi non l'abbiamo mai chiesto, non è nelle corde e nel carattere del presidente Berlusconi e credo sarebbe stato anche sbagliato". Così Maria Stella Gelmini del Pdl dopo la dura smentita del Quirinale su una promessa di grazia nei confronti di Silvio Berlusconi. "Il clima di pacificazione voleva dire introdurre tra le riforme da fare quella della giustizia - spiega - significava garantire nella Giunta per le elezioni un comportamento corretto e una terzietà sul caso Berlusconi e non un plotone di esecuzione per eliminarlo. Anche su temi come il finanziamento pubblico sembrava più importante per il Pd impedire a Berlusconi di finanziare il suo partito che garantire il risultato" osserva. "Quindi il clima di pacificazione non c'è stato e non mi riferisco al presidente Napolitano, ma penso che nei confronti di Berlusconi c'è stato un totale disinteresse rispetto alla sua condizione, nonostante abbia garantito i numeri al Governo e sia stato il primo ad appoggiarlo".

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