La questione dell'immigrazionei ncombe sull'Italia

immigrazionismo.

 

Dopo l’ennesimo naufragio e strage di immigrati al largo delle coste dell’isola di Lampedusa, una tragedia gravissima ma annunciata, scattano i soliti commenti e i giornali riempiono le pagine spesso di chiacchiere. Purtroppo quasi mai si riesce a fare la diagnosi giusta e soprattutto non si cerca di andare alla radice del problema. Si lanciano accuse contro questo e contro quello. Mi sembra interessante l’autorevole intervento di monsignor Luigi Negri su LaNuovaBQ.it, il problema è da dove fuggono questi disperati, c’è un’ipocrisia diffusa che giunge fino alla connivenza con i responsabili di questa situazione. Per monsignor Negri,“Non si può affrontare il problema prendendo in esame solo lo sbarco. Deve essere detto con chiarezza che sono gravissime le responsabilità della comunità internazionale perché queste persone fuggono da Stati dove non c’è libertà, non c’è pane, non c’è giustizia, dove i diritti dell’uomo e della donna vengono sistematicamente calpestati, dove - ci piaccia o no - un’ideologia di carattere religioso copre e giustifica tutto questo, dove esistono satrapie locali intollerabili nel terzo millennio, gente che vive concedendosi un lusso sfrenato depauperando le risorse del popolo e della nazione. E questi regimi sono stati e sono sostenuti non solo dai paesi occidentali, ma anche dalla Russia, dalla Cina”. (Luigi Negri, Immigrati, il problema è da dove fuggono, 7.10.13, LaNuovaBQ.it)

Giustamente questo è il momento del dolore come ha ricordato Papa Francesco ma un dolore che deve dar luogo a una azione di conoscenza della situazione e a una pressione sulle istituzioni internazionali perché il problema venga affrontato secondo tutta la sua profondità di analisi e soprattutto con la volontà di passare a una soluzione operativa. Altrimenti gridando, indignandosi, con inutili silenzi o giornate di lutto nazionale, si può rischiare di creare un’ideologia della reazione e dell’indignazione che non dà luogo a nessuna operazione costruttiva”.(Ibidem)

Pertanto, bisogna studiare la questione perché è abbastanza complessa,“nessuno ha la bacchetta magica,e non ci sono soluzioni miracolistiche o ad horas” prima di lasciarsi andare in improbabili invettive. Nel testo “Islam. Che cosa sta succedendo?” della Sugarcoedizioni del professore Massimo Introvigne che sto presentando in questi giorni, ci sono due capitoli che possono aiutarci a capire il problema dell’immigrazione. 

“Che fare”, di fronte al rischio che la crisi aggravi l’emergenza immigrazione? Per Introvigne la prima cosa da fare è“governare l’immigrazione”.“Nessuno Stato europeo oggi – a fronte delle cifre della denatalità – può pensare di ‘abolire’ l’immigrazione, e nessuna forza politica può ragionevolmente chiederglielo, a meno che si tratti di pura demagogia elettorale”.Peraltro il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2241 insegna che “le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l’esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche”. Pertanto, le autorità che rinunciano a governare l’immigrazione non sono buone, ma buoniste, e vengono meno ai loro doveri verso il bene comune. Lo aveva sottolineato abbastanza chiaramente il cardinale Giacomo Biffi nel settembre del 2000.

Nell’enciclica Caritas in veritate, la magna carta della dottrina sociale della Chiesa del secolo XXI, Benedetto XVI, fissava tre principi fondamentali relativi alla questione dell’immigrazione, che è di “gestione complessa”, che comporta “sfide drammatiche” e non tollera soluzioni sbrigative. Nell’enciclica il papa afferma che il primo principio è quello di affermare i “diritti delle persone e delle famiglie emigrate”, l’emigrante deve essere trattato sempre come persona e non come una merce. Il secondo principio è che si devono salvaguardare i diritti “delle società di approdo degli stessi emigrati”, non solo quelli della sicurezza, ma anche alla difesa della propria integrità nazionale e della propria identità. Il terzo principio è che bisogna riguardare i diritti delle società di partenza degli emigrati, non bisogna svuotarle di risorse e di energie, di persone che sarebbero utili e necessarie nel Paese di origine.

Nel 2008 in un viaggio negli Stati Uniti, papa Benedetto XVI precisava che la “soluzione fondamentale è che non ci sia più bisogno di emigrare, perché ci sono in Patria posti di lavoro sufficiente, così che nessuno abbia più bisogno di emigrare”. Occorre lavorare perché si offra ai cittadini lavoro e futuro nella terra d’origine. Tuttavia questi tre principi sono violati da due distinti atteggiamenti e ideologie. Il primo viene negato dalla xenofobia, l’altro è sempre un nemico da discriminare. Il secondo e terzo principio sono negati secondo Introvigne dall’immigrazionismo, espressione coniata dal politologo francese Pierre-André Taguieff e ripresa dal giornalista statunitense Christopher Caldwell, nel suo libro L’ultima rivoluzione dell’Europa. Che cosa sostiene l’ideologia immigrazionista? Che “l’immigrazione è sempre e comunque un fenomeno eticamente e culturalmente buono ed economicamente vantaggioso, e negare che lo sia è di per sé manifestazione di xenofobia e di razzismo”. A questo proposito secondo Introvigne non valgono le categorie politiche che la xenofobia sia sempre “di destra” e l’immigrazionismo sia sempre “di sinistra”.

Introvigne vede una differenza fra immigrazionisti di sinistra e di destra. “I primi pensano che – per fare ammenda del passato coloniale e del presente neo-colonialista e imperialista – l’Occidente debba tollerare dagli immigrati comportamenti che non sopporterebbero mai dai suoi cittadini”. Pertanto, “la delinquenza e perfino il terrorismo degli immigrati sono visti dall’immigrazionista di sinistra con una certa indulgenza: dopo tutto, dirà, ‘li abbiamo sfruttati per anni’, e se protestano in modo non precisamente educato ‘non è poi tutta colpa loro’. Quelli di destra, invece, assicurano che se l’immigrato viola la legge, sarà trattato con severità dalla polizia. Ma c’è da chiedersi subito,“un immigrato che non mette bombe nelle metropolitane, non brucia automobili del quartiere e non picchia i poliziotti, ma nello stesso tempo vive e pensa secondo valori antitetici a quelli europei – è veramente una risorsa per l’Europa oppure rimane un problema?.

Ma se la xenofobia, che difficilmente ha una cultura che la sostiene, si può combattere facendo riferimento alla figura naturale e cristiana della persona creata, voluta ed amata da Dio quali che siano la sua etnia, la sua lingua, la sua nazionalità, più difficile combattere sono i “professionisti dell’antirazzismo”, - scrive Introvigne - che manipolano pericolosamente la lotta alla xenofobia sfruttandola per diffondere il relativismo culturale, cioè l’idea che tutte le culture sono uguali e che non esistono culture migliori o peggiori di altre”.

La Chiesa non può accettare questo relativismo: “le culture non sono affatto tutte dello stesso valore. Vanno giudicate alla luce della loro capacità di servire il bene comune e i veri diritti della persona, che non tutte le culture rispettano nello stesso modo”.

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