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Lettera aperta ai lettori: ricordare è una cosa seria

La proverbiale memoria degli elefanti, forse non esiste, ma gli archivi segreti, come i giornali, pur non essendo i depositari incontrovertibili della memoria storica di un paese,permettono talvolta, ai lettori più attenti dei fatti pubblici, di stabilire delle connessioni o di leggere la Storia come una concatenazione di cause e di effetti solo apparentemente disparati.

Gli elefanti e, in particolare, le femmine più anziane, mettono il loro intuito e la loro esperienza di vita vissuta a disposizione del branco, aiutandolo a distinguere gli amici dai nemici.

Nella società umana, gli elefanti dalla lunga memoria sono i lettori smaliziati che non si limitano a consumare le notizie riportate dai mass-media, ma le “ruminano” per comprendere dove vanno a parare. Quei lettori siamonoi quando non ci lasciamo accecare dai polveroni politici o dalle cortine fumogene che ogni tanto si alzano per depistare o per allontanare la gente comune dalla comprensione di eventi che stanno sotto gli occhi di tutti.

Questo tipo di strategia mistificatrice è facilmente riconoscibile perché è sempre la stessa. Per distogliere l’attenzione da una notizia dalle conseguenze potenzialmente devastanti per alcuni partiti o centri di potere, nazionali o internazionali, si architettano piccoli e subdoli scandalipiù o meno pruriginosio diffamanti contro quegli avversari che sono in grado di mettere sotto i riflettori verità scottanti nell’ambito della lotta politica.

Il recente provvedimento di Palazzo Chigisulla declassificazione degli atti relativi ai “misteri d’Italia” e il trasferimento all’Archivio pubblico centrale di tutti i documenti processuali,in precedenzacoperti dal vincolo di segretezza, fanno parte di un pacchetto d’iniziative politiche,promosse dall’attuale esecutivo, allo scopo di rendere un “contributo alla memoria storica del paese” e confermare il principio di “trasparenza e di apertura” che qualifical’azione del governo in carica. Questa encomiabile operazione in stile “glasnost”,appena iniziata, riguarda però esclusivamente vicende accadute tra gli anni Settanta e Ottanta.

Non sono molto più recenti nemmeno gli atti deldossier di “Vasilij Mitrokhin”, ex archivista del KGB che, rifugiatosi in Inghilterra, avrebbe fornito, tra l’altro,informazioni circa l’attività dei servizi segreti russi in Italia tra il 1917 e il 1984. Tali informazioni riguarderebbero i finanziamenti illegali sovietici al Partito Comunista Italiano, al Partito Socialista di Unità Proletaria e al Partito Comunista di San Marino, nonchéi nomi degli agenti sovietici e dei loro collaboratori, pronti ad entrare in azione con atti di sabotaggio ed interventi speciali nel caso in cui un colpo di Stato di destra avesse messo fuori legge il PCI.

Tra i numerosi nomi e cognomi menzionati nel “dossier Mitrokhin” figuravano, accanto avari politici di sinistra, diplomatici ed alti funzionari, anche giornalisti del Corriere della Sera, del Manifesto, dell’Espresso e della Repubblica. Non si sa con precisione se ci siano stati capri espiatori, perchénel corso della trattazione del materiale informativo da parte della magistratura, non sarebbero emersi"elementi probatori giudiziariamente rilevanti a carico dei nominativi contenuti nel dossier Mitrokhin”.

In seguito, l’apertura degli archivi del KGB, a partire dal 1994, avrebbein gran parte svuotato il “dossier Mitrokhin” dell’importanza che gli era stata attribuita dall’FBI,secondo cui la sua acquisizione sarebbe stato il più grande successo in materia di contro-intelligence del dopoguerra.

Nel 2001, durante il governo di Lamberto Dini, l’affaire innescata dalle rivelazioni dell’ex funzionario del KGB registrò una brusca impennata.

Nel 2004 furono iscritti nel registro degli indagati Romano Prodi eMassimo D’Alema, assieme ad altre diciannove persone.

Nel Febbraio del 2006, i pubblici ministeri della procura di Roma,titolari dell’inchiesta e dei fascicoli inviati al Tribunale dei Ministri, chiesero però l’archiviazione dell’inchiesta, ritenendo che "le scelte e le determinazioni assunte in relazione al dossier Mitrokhin”, non fossero rilevanti sotto il profilo penale.

Il disegno di legge del secondo governo Berlusconi, che prevedeva l’istituzione di una commissione d’inchiesta riguardante il “dossier Mitrokhin” inasprì all’improvviso il clima politico e fu probabilmente una delle cause principali della campagna di demonizzazione lanciatagli contro dagli ex leader del PC, nonché dai parlamentari e dai giornali di sinistra e di centro-sinistra, che accusarono il Premier di utilizzare in maniera strumentale documenti contestati dai servizi segreti russi e italiani, ma non da quelli americani.

Forse non esiste una relazione di tipo causale tra questo episodio poco noto e il numero impressionante di processipenalie civiliavviati contro Silvio Berlusconinegli ultimi vent’anni. Nessuno più di questo imprenditore di successo, oltre che leader politico,fondatore di Forza Italia e statista votato da milioni d’Italiani, è statoinquisito, intercettato, bombardato da avvisi di garanzia e convocato in giudizio. Dal Nord al Sud del paese, dalle procure di Milano, fino a quelle di Roma, di Trani, di Bari e di Napoli, Berlusconi potrebbe ben dire di aver vinto il guinness dei primati in campo giudiziario. Dei 108 procedimenti penali avviati contro il Gruppo Fininvest e dei tanti reati contestati direttamente o indirettamente al suo maggiore azionista, soltanto uno si è concluso, il 1 Agosto del 2013, con una condanna di frode fiscalepassata in giudicato. Eppure la Fininvestha versato, dal 1994 ad oggi, oltre nove miliardi di euro nelle casse dello Stato, ma si sa che la matematica è talvolta un’opinione (politica).

Il semplice fatto che nessun criminale incallito sia mai stato così tanto perseguito per vie legali e sottoposto alla gogna mediatica, ha incoraggiato qualcuno a sospettare che si trattasse, in realtà, di un autentico “complotto”, ordito contro la persona e il patrimonio di Silvio Berlusconi. Questo legittimo sospetto si sarebbe dimostrato più che fondato dall’intervista rilasciata al “Tempo”, nel Febbraio del 2014, da Amedeo Laboccetta, ex braccio destro di Gianfranco Fini.Basta estrapolare solo alcune affermazioni di questo ex leader di Alleanza Nazionale e delPopolo della Liberà per comprendere i retroscena di un’effettiva azione di “killeraggio” politicodel Cavaliere.

Il golpe contro Berlusconi, afferma Laboccetta, non è cominciato nell’estate del 2011 come scrive Friedman. Ma molto prima, nel 2009”, e taleoperazione si sarebbe attuataper iniziativa di Gianfranco Fini, conl’aiuto di settori della magistratura e il «placet» di ambienti internazionali”.

Lo scopo di Fini sembra essere stato, in un primo tempo:tenere per le palle Berlusconi”,affinché quest’ultimo gli concedesse, su un piatto d’argento, la “testa” dei suoi vecchi amici: La Russa, Matteoli e Gasparri. Non avendo ottenuto ciò che aveva chiesto, la posta in gioco sarebbe aumentata vertiginosamente.

Secondo quanto Finiavrebbe confidato a Laboccetta, “varie procure erano già al lavoro” per “massacrare” Berlusconi e far nascere un governo di “salvezza nazionale” presieduto da lui stesso, in qualità di Presidente della Camera.

Le cose andarono invece altrimenti, come tutti sanno.

L’intervista rilasciata da Laboccetta comprendeva molti altri passaggi interessanti, come d’altronde l’articolo di Alan Friedman sullo stesso argomento, pubblicato recentemente sul Corriere della Sera. In questo articolo, Friedman accennavaad ambienti internazionali concordi nell’utilizzare strumenti di pressione economica, oltre che giudiziale, per estromettere Berlusconi dal governo.

Ciò che però lascia sbigottiti, a dir poco, è la sincronizzazione tra le tornate elettorali e la diffusione da parte dei mass media delle motivazioni depositate a seguito delle sentenze pronunciate contro Berlusconi dai Tribunali. Un esempio vale per tutti.

n questi giorni, trovano un grande risalto mediatico le motivazioni del gup del Tribunale di Bari, in merito allasentenza emessa il 10 Dicembre del 2013, nel processo a carico di Gianpaolo Tarantini e delle “escort” da lui reclutateche, a quanto pare, erano solite recarsi alle loro attività ordinariemunite di registratori e di videocamere.

Tra queste motivazioni,di cui il Corriere della Seraha pubblicato uno stralcio il 28 Aprile ultimo scorso, non compaiono però unicamentele conclusioni processuali riguardanti i sette principali imputati ma,guarda caso, vengono espresse anche valutazioni etiche sulla vita privata di Berlusconi.

La Storia politica di un paese è sempre una “interpretazione” del materiale documentale a cui lo storico ha accesso.

L’OGGETTIVITÀ STORICA è una grossa bufala.

Ai lettori di giornali indipendenti non interessa, in via prioritaria, sapere come sarà scritta la Storia dell’Italia dell’ultimo ventennio.

Ai lettori più avveduti basta l’esperienza di vita vissuta per formarsi una convinzione sugli amici da sostenere e sui nemici da evitare, prendendo ad esempio la saggezza degli elefanti.

Le mezze verità godono di una buona diffusione nei mass media. I sospetti circa gli intrighi che si svolgerebbero tra le quinte nazionali e internazionalicontro Berlusconi appaiono quindi più che giustificati. Perché? Lascio ai lettori il compito di tirare le conclusioni e di regolarsi di conseguenza.

Il motto forzista: “più Italia in Europa e meno Europa in Italia” dovrebbe essere, nel segreto delle urne, il motto di tutti gli Italiani o di buona parte di essi.

Gli elefanti siamo noi quando ci accorgiamo che ricordare è una cosa seria.

Sorelle mie, svegliamoci!

Dobbiamo far sentire la nostra voce!

È un appello accorato che vi rivolgo, non per finalità personali, ma per il bene di tutte quante noi.

È un appello alla vostra intelligenza, in un momento difficile della realtà sociale e politica in cui viviamo.

Noi donne, non abbiamo bisogno di “quote rosa”, ma di far valere le nostre “quotazioni” come persone, a livello nazionale e internazionale.

Per millenni siamo state in silenzio e abbiamo lasciato fare ai nostri uomini.

Adesso il vento è cambiato e non possiamo far finta di niente.

Ci hanno fatto credere che eravamo deboli, invece noi siamo una forza.

Ci hanno detto che la politica era “cosa” da maschi e che noi non dovevamo metterci il “becco”.

Ci siamo rassegnate? No!

Abbiamo lottato e ci siamo conquistate il nostro posto nella società, nella cultura e in tutti quei settori dai quali eravamo state escluse.

Noi siamo più della metà della popolazione umana.

Abbiamo sempre lavorato in casa e fuori casa.

Abbiamo cresciuto figli e nipoti.

Chi meglio di noi conosce la fatica di far quadrare il bilancio della famiglia per portare, sempre e comunque, un piatto in tavola?

Tutto questo non è una novità per nessuna di voi.

Ve lo volevo semplicemente ricordare.

Perché?

Ebbene sì, perché adesso c’è più che mai bisogno di noi, del nostro intuito, della nostra saggezza e del nostro cuore.

Non possiamo chiamarci fuori.

Non possiamo permetterci di essere sfiduciate, scoraggiate e pessimiste.

In tante avevamo creduto e sperato che i governi di Silvio Berlusconi avessero potuto attuare nel 2006 quelle stesse riforme che oggi vengono proposte al Parlamento a distanza di otto anni. Nei programmi del “Popolo della Libertà” c’erano già tutte ma chi le aveva impedite allora tenta tuttora di sabotarle.

Siamo rimaste male? Oh, sì!

Ci siamo allora trincerate nelle nostre delusioni, pensando che era tutto inutile e che non avremmo mai potuto cambiare il corso degli eventi.

Avevamo ragione di temere fin tanto che una vecchia classe politica, di sinistre memorie, avrebbe ostacolato la novità delle nostre scelte.

Hanno inventato gioiose “macchine da guerra” per demolire, accusare, demonizzare, condannare il nostro leader. Lo avevano chiamato “giaguaro” e lo volevano “smacchiare”, mentre lui era un leone.

I “giaguari” stavano, infatti, dall’altra parte della barricata, abbarbicati da decenni sulle loro poltrone, ma non si erano guardati allo specchio nel timore di riconoscersi.

Gli hanno rovesciato contro un mare di fango nella speranza di seppellirlo, reo solo di ostacolare la loro presa di potere. L’hanno insultato, umiliato e fatto soffrire in mille modi.

Hanno insultato, umiliato e fatto soffrire anche noi che gli avevamo dato fiducia e l’avevamo votato.

Quante tra noi, donne, gli abbiamo girato la faccia per non vedere il suo volto, quando un folle, istigato da altri, glielo aveva insanguinato?

Alcune poi, aspiranti “veline”, si sono fatte comprare e gliele hanno cantate e suonate di tutti i colori.

Ci siamo vergognate? Sì, di noi stesse.

Le abbiamo credute?

Tutto poteva essere e il contrario di tutto, ma, come spesso accade, abbiamo alzato la mano per scagliare la prima pietra.

Chi tra noi era ed è senza colpa?

Cerchiamo di non ripetere, oggi, lo stesso errore quando saremo chiamate a decidere per l’Europa.

Qualcuna penserà magari che l’Europa è lontana e che abbiamo ben altre cose di cui preoccuparci.

Invece no!

Sarebbe letteralmente drammatico se ascoltassimo i “vaffan” di chi ci vuole far uscire dalla Comunità e dall’Euro.

L’inflazione polverizzerebbe in poco tempo i nostri sudati risparmi e i prezzi dei beni di consumo sulla nostra lista spesa si gonfierebbero a dismisura, unitamente alle bollette dell’energia comprata all’estero.

Ma c’è molto di più in gioco.

Il Mediterraneo è già pieno di barconi e di altri pericoli molto, ma molto, più insidiosi!

In un mondo globalizzato, l’Italia non può permettersi il lusso d’isolarsi.

È facile far leva sulle nostre insoddisfazioni e predicare rimedi salvifici che tali non sono affatto.

Dobbiamo fare attenzione e ragionare prima di lasciarci coinvolgere con leggerezza in avventure politiche che non portano da nessuna parte.

I canti delle Sirene lasciamoli all’Ulisse di turno che, magari, recita commedie e predica tragedie.

Purtroppo c’è tanta negatività che sobilla le piazze.

Noi siamo invece positive e creative.

Non facciamoci turlupinare!

Papa Francesco ha reso omaggio alle donne perché loro videro per prime Gesù risorto.

La nostra testimonianza, anche quando non valeva nulla nella Storia antica, è stata tramandata dai Vangeli.

Dentro la Chiesa e fuori dalla Chiesa siamo sempre noi donne, nonne, madri, figlie, spose o sorelle, a fare la differenza.

Nel mio piccolo, vi ho semplicemente fatto sentire la mia voce.

Non vi voglio convincere di alcunché, perché rispetto la vostra libertà, come la mia.

Desidero solo pregarvi di riflettere bene sulle finalità dei partiti che scegliete nel segreto delle urne.

Andate caute!

Pensate con la vostra testa!

Approfondite le cose e, soprattutto, leggete i programmi dei vari schieramenti.

Non possiamo permetterci di essere superficiali!

Non lasciatevi convincere dalle chiacchiere.

L’Europa siamo noi!

A ragion veduta, io ho deciso. Voterò sempre Berlusconi perché mi fido della sua geniale lungimiranza politica.

E voi?

 

Caro Silvio,

Mezzo secolo fa ti avrei scritto una lettera molto più affettuosa, ma allora tu facevi sentire la tua bella voce ai crocieristi e io pagavo ancora il mutuo di casa. Ecco perché oggi ho scelto la formula della “lettera aperta” che, pur essendo rivolta ad un unico destinatario, riguarda fatti e problemi di un più diffuso interesse.

Le “lettere aperte” propongono, infatti, una lettura dei segni dei tempi in una chiave storica razionale, al fine d’individuare nel passato quei semi che portavano già in grembo l’avvenire.

Il coraggio che ha sempre contraddistinto il tuo pensiero è stato visto e compreso da molti, e da chi ti scrive, nonostante le mistificazioni giornalistiche di una certa stampa.

Nel passaggio dal Secondo al Terzo millennio, molte ombre pesano ancora sulla storia politica dell’Italia. Di certo non saranno mai diradate da quei “mostri sacri” a cui le lottizzazioni della Prima Repubblica ha conferito fin troppo credito.

Nel mio piccolo, vorrei comunque tentare di gettare uno sguardo retrospettivo sulla tua figura di leader.

So bene che è tanto il mio ardire.

Tu sei stato e sei tuttora un Grande; io, invece, un metro e cinquantotto in altezza! È poco, lo so, ma sono una donna e so che le donne ti stanno a cuore; il che, per me, è un punto a tuo favore.

Eppure, nel frattempo mi sono un po’ distratta e, come tanti altri, ho preferito il silenzio.

Beh, ho sbagliato e sono pentita.

Sarai “decaduto” da qualche parte, ma in cambio sei cresciuto nella mia stima e di tutte quelle persone, che, come me, talvolta si scoraggiano, ma poi ci ripensano.

Di un uomo come te, caro Silvio, scrive la Storia, e se gli capita malauguratamente di “cadere” si rialza come tu hai sempre fatto dando un ottimo esempio.

Questo è il motivo principale che mi ha convinto a rompere il silenzio.

Forse bisogna prima dimenticare per poter poi ricordare ciò che eravamo e ciò che siamo.

Il primo ricordo che affiora alla mia mente riguarda la volta che ti ho visto, durante una convention di “Forza Italia”, a Napoli, nella primavera di 1994. Mi trovavo alla Mostra d’Oltre Mare in mezzo ad una folla oceanica, assieme ad alcune mie amiche giornaliste. Quando hai cominciato a parlare è accaduto l’incredibile! Le mie amiche, chiacchierone impenitenti, sono rimaste zitte per un’ora ad ascoltarti, mentre io pensavo tra me: “ecco il siluro che affonderà la Prima Repubblica». Non mi sbagliavo affatto.

Il tuo programma era davvero una “favola”, e io di favole me ne intendo, perché di tanto in tanto ne scrivo una. A quel tempo, qualcuno affermava che facevi “sognare” la gente.

Le favole, come i miti, sono messaggi di speranza per un futuro migliore e rimangono scolpite nella coscienza collettiva.

Tu dicevi, invece, pane al pane e vino al vino. Avevi il carisma di un vero leader, e tuttora non ti manca, ma credo che tu, caro Silvio, sia stato sempre, in realtà, un pragmatico, un “ingegnere dell’organizzazione”.

I Club di Forza Italia, fin dal loro sorgere, hanno rappresentato il modello organizzativo di un Partito strutturato. Per curiosità giornalistica, ho studiato anch’io qualcuno dei Club della prima ora, ma poiché non avevo nulla da chiederti, ho smesso di frequentarli. In cuor mio avrei forse preferito una formula intermedia trascajolianie publitalisti, ovvero circoli formati da tre o quattro “Amici di Silvio” alla pari, con nomi suggestivi o buffi e senza oneri di sorta. Previa una buona visibilità mediatica, ognuno di questi “Amici” avrebbe potuto dar vita a un altro circolo di tre o quattro componenti e così via, ingenerando una rete del tipo: “catena di Sant’Antonio”, estesa in modo capillare sul territorio. Forse questa formula non t’avrebbe convinto, anche perché non credo che tu abbia una grande dimestichezza con i Santi.

Beh, non importa. Siamo tutti peccatori.

Sono però sicura che sarebbe piaciuta ai giovani che ti seguono in tanti. Purtroppo, in amore e nell’amicizia, non sempre si ha fortuna e mi pare che nemmeno tu sia ben messo in questo settore.

Secondo la saggezza popolare, non tutto il male viene per nuocere, e credo fermamente che dal male che ti è stato fatto ti verrà anche del bene.

La gente vede, pensa e valuta nel segreto delle urne.

I tempi storici sono lunghi, ma talvolta risolvono problemi apparentemente irrisolvibili.

Pochi mesi fa, nessuno, nella palude della sinistra, sembrava avere il coraggio di tagliare i rami secchi in casa propria e di fare il salto nell’era post ideologica. Invece il ribaltamento si è verificato. Ciò che a Berlusconi i cosiddetti “parrucconi” non hanno permesso di fare nel 2006, oggi diventa attuabile grazie all’opposizione costruttiva di Forza Italia.

Quel passo indietro che hai fatto nel 2011 è stato a misura di un vero Statista. Hai dato tempo al tempo, rendendo possibile un riassetto generale delle forze politiche in campo.

A rifletterci bene, potrei formulare l’ipotesi che uno dei motivi principali della distrazione di alcuni milioni tra i vecchi elettori dall’ex “Popolo della Libertà”, sia da addebitarsi, nell’ultima tornata elettorale, alla difficoltà di riconoscersi in un partito in cui tutti erano tutto.

La nascita delle coalizioni attuali dei Moderati di destra ha permesso il disegno di un’architettura più interessante perfino del Beaubourg di Parigi. Finalmente, ora, si vede chiaramente, guardando dal di fuori, ciò che si trova nell’edificio. E vi sono proposte e programmi in abbondanza per tutti i palati.

Il cammino verso la Terza Repubblica resta tuttavia ancora disseminato d’insidie.

Non ho nessun dubbio che tu sia stato e che sei tuttora “l’uomo della Provvidenza”.

Nei momenti più tragici della Storia di questo Paese ci sono sempre state grandi personalità politiche in grado di fronteggiarli.

Non ti ho scritto questa lettera aperta per osannarti, ma per dare merito al merito.

Ahimè, “MERITO”, parola magica che ha così poco corso e che la Storia riconosce solo a posteriori!

Ho deciso di scriverti semplicemente pensando che potrebbe esserti utile sentire l’opinione di qualcuno fuori dal coro.

Vorrei solo aggiungere un’ultima cosa, nello stile della lettera che non ti ho mai scritto. Tu sei un combattente e lo sarai fino al tuo ultimo respiro. È in questa ottica che ti prego di guardare alle vicende che tanto ti amareggiano.

Ad ogni buon conto, se il 10 Aprile decideranno d’inviarti ai “servizi sociali”, io sarei disposta a venire a darti una mano. Sai, noi donne, siamo brave a “fare i servizi”, anche a settant’anni.

Ogni riferimento a persone, partiti, movimenti o Istituzioni è di pura invenzione.

Vi voglio raccontare una favola

che si ascolta meglio a tavola

sorseggiando un bicchiere di vino

con la vicina … o con il vicino …

 

C’era una volta in un bel paese

un piccolo villaggio alle prese

con vicende molto serie

accadute in un grande prato

da tempo abbandonato

alle intemperie.

I rumori, provenienti dal prato,

avevano molto allarmato

l’intero vicinato.

Fu quindi convocato il sindacato

per deliberare sul fatto,

ma nessuno seppe dire

come fare per zittire

i “vaffan” di una tribù di grilli

i cui continui e snervanti strilli,

soprattutto nel mese di maggio,

tenevano sveglio tutto il villaggio.

Difficile capire, infatti,

da dove e come erano nati

e da chi fossero mandati.

Organizzati in movimento

davano il tormento

al Parlamento

del villaggio

accusato di brigantaggio.

Riuniti per deliberare

e per appurare

come screditare l’Istituzione,

con una dura opposizione,

fu deciso, seduta stante,

che il “grillo parlante”,

era solo UNO

capace, come nessuno,

di fare tabula rasa

e mandare tutti a casa.

La sua missione?

era la non collaborazione,

e, come esito finale,

a livello nazionale

e internazionale,

fare la festa

a chi non avesse grilli in testa.

Nel nostro famoso prato

fu subito organizzato

un dibattito infocato

tra le opposte tifoserie

di due partigianerie.

C’era chi diceva:

«l’essere grillo è bello!»

e chi ne faceva

un proprio zimbello.

 

Il capo grillo s’infuriò e disse:

vorrei che la commedia finisse.

I detrattori delle idee grilline

devono fare una brutta fine”.

Il grillo padrone,

ispirato “capobastone”,

pur senza mandato popolare

si dichiarò la stella polare,

aconfessionale

e pluridimensionale.

della democrazia digitale.

E fu così che diventarono tanti,

i “grillo” simpatizzanti.

Negli spazi siderali,

i grilli, avendo le ali,

non temevano rivali.

Ma era per mare

che vollero andare

a navigare e a pescare.

Cosa presero nella rete?

granchi, cefali e trigliette.

I candidati esperti e navigati

non furono tra i più votati.

Invece, le mezze calzette

risultarono politicamente corrette.

Anche se il grillo, per natura

e morfologica struttura,

malgrado i suoi grandi progetti,

nel regno degli insetti,

sia poco più di un pigmeo,

il lancio di un “grillo europeo

sembrò a molti la soluzione

per infestare la Comunione.

 

Il villaggio era rinomato

per aver sempre esportato

ottime merci in tutto il mondo,

ma nessuno si aspettava, in fondo,

che tra tanti pregiati oggetti

avrebbe esportato anche gli insetti!

Pensate gente, pensate,

quando votate:

il grillo è un animale strano

buono soprattutto a far baccano.

 

 

Firmato

«Un moscherino»

Sono una pensionata, come voi, e non me ne vergogno.

Siamo in 24 milioni e ci dobbiamo far rispettare. Dobbiamo prendere coscienza che siamo una forza perché, nel nostro piccolo, abbiamo sempre dato da giovani e tuttora continuiamo a dare a figli e a nipoti disoccupati. La cosiddetta “spina dorsale” dell’Italia, di cui oggi si parla tanto, siamo noi, perché è sotto la nostra pelle che cresce quella dei giovani, dei lavoratori e degli imprenditori.

Siamo i “nonni saggi”, come direbbe Papa Francesco, e non “morti che camminano” come ci vogliono far credere!

In quanti, tra giovani e meno giovani, sarebbero arrivati alla disperazione senza il nostro conforto e aiuto economico?

Dobbiamo svegliarci!

Abbiamo ancoro un ruolo e dei compiti da svolgere nel campo politico e a tutti i livelli, privati ed istituzionali.

Non diamoci per vinti!

Noi ci siamo ancora!

Non possiamo assistere inermi ad altri tagli delle pensioni, senza gridare all’ingiustizia, mentre i vari “paperon dei paperoni” sguazzano nell’oro che noi stessi paghiamo.

Siamo scoraggiati, è vero! Siamo stanchi di lottare contro i mulini a vento? Beh, abbiamo torto.

Molti tra noi, nel 2006, nel segreto delle urne avevano accordato la loro fiducia a un imprenditore di talento, come Silvio Berlusconi. Avevamo creduto in lui perché aveva costruito dal nulla un vero e proprio impero mediatico.

E poi? La nostra fiducia e soprattutto la nostra attenzione sono state sviate, ad arte, da giornali e dagli stessi che oggi impediscono a Renzi di percorrere fino in fondo la strada delle riforme.

Sono sempre gli stessi.

Sono i “rottamati” che non vogliono rinunciare alle loro poltrone.

Sono quelli che avevano demonizzato Silvio per impedirgli di portare a termine il rinnovamento delle Istituzioni e del sistema giudiziario, gridando a presunti scandali giudiziari.

Avevamo forse pensato, allora, che una giustizia giusta per tutti fosse una legge ad personam, come ci volevano far credere? Se l’abbiamo fatto, ci siamo sbagliati, dobbiamo riconoscerlo. La giustizia è veramente giusta quando lo è per ciascuno di noi ed anche per Berlusconi. Di certo nessuno, più del Cavaliere ha subito un numero così esorbitante di processi spesso basati su “mere illazioni” o su “teoremi” senza riscontri probatori. Se si pensa ai tanti magistrati entrati tra le fila dei Parlamentari di sinistra, qualche sospetto di persecuzione politica verrebbe a chiunque. Berlusconi ha certamente pagato colpe reali o presunte. Vi ricordate il suo volto insanguinato quando un folle l’aveva colpito al volto con una statuina?

Ecco perché alla fine ci siamo rattristati e abbiamo perduto la fiducia nella politica. Ecco perché i “vaffan” di Grillo hanno fatto breccia tra i tanti arrabbiati. Con i “vaffan” ci si sfoga, magari, ma non si va lontano.

Lo sapevamo? Oh, sì. Ci siamo però trincerati in noi stessi piangendo sulla nostra impotenza.

Abbiamo preferito il silenzio e la fuga nell’astensionismo?

Ebbene sì. L’abbiamo fatto!

Ci siamo sentiti vecchi e superati?

Quanti errori, Dio mio.

Lo ripeto, sono una giornalista pensionata come voi, e non me ne vergogno.

Abbiamo una certa età, ma non siamo stupidi.

Nessuno tra noi è obbligato a salire sul carro del vincitore di turno, ma possiamo dire la nostra comunque, indipendentemente dai risultati elettorali.

Possiamo farci ancora valere, credetemi.

Per quanto mi riguarda, le mie scelte sono chiare. Andrò magari contro corrente, ma voterò ancora Berlusconi come nel 1994, nel 2001, nel 2005 e nel 2008.

Come la vedo io, un uomo che si rialza quando cade e che ha la tempra di un combattente è un vero uomo.

A questo punto vi domanderete perché vi scrivo.

Tranquilli!

Non vi chiedo di votarmi, perché non mi sono candidata ad alcunché e mi basta la poltrona di casa mia.

Vi scrivo per dirvi come la penso.

Sono convinta che molti tra voi ragionano come me.

Vi scrivo perché stiamo nella stessa barca.

Tutti noi abbiamo sofferto per le nostre idee e forse soffriamo ancora, ma se non combattiamo siamo perdenti in partenza.

Non lasciamoci rottamare!

Noi ci siamo ancora.

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