Il miracolo della conversione

Copertina-il miracolo della conversione

 

Oggi in generale si parla molto, ed in maniera fin troppo sensazionalistica, di 'miracoli'. In un'epoca segnata dall'incredulità di massa, per uno di quei paradossi di cui è pieno il tempo presente, si torna a parlare di miracoli e miracolati, cercando a tutti i costi la guarigione fisica straordinaria inspiegabile per la scienza. Esiste anche però un altro tipo di miracolo, non meno importante e senz'altro più frequente, quello della guarigione completa del cuore dal male, che i cristiani, alla scuola del loro Divin Maestro Gesù, da sempre chiamano 'conversione'. L'ultimo libro di padre Livio Fanzaga, direttore dell'emittente Radio Maria, fa il punto sul tema rivolgendosi direttamente ai tanti uomini inquieti del nostro tempo e proponenendo con convinzione un autentico cammino di vita cristiana (cfr. P. Livio Fanzaga, Il miracolo della conversione, Piemme, Milano, Pp. 175, euro 13,50). D'altronde, citando un vecchio adagio, non è mai troppo tardi per convertirsi. La stessa Rivelazione propone, sulla Croce, il significativo esempio di Disma, il famoso 'buon ladrone', che proprio in virtù del suo pentimento è stato il primo a entrare con Gesù in Paradiso. Da allora in poi la storia del cristianesimo è stata popolata di grandi e mirabili conversioni, come quelle di San Paolo di Tarso o di Sant'Agostino, prima scettici e peccatori incalliti e poi apostoli delle genti, evangelizzatori instancabili e persino guide della comunità e vescovi. Fanzaga li cita entrambi più volte a dimostrazione del fatto che non c'è mai un limite alla misericordia divina e che ognuno - allora come oggi - è chiamato alla salvezza. Occorre però una premessa decisiva per potere iniziare il cammino: “è fondamentale rendersi conto che la vita é un'occasione unica, che ti é dato di vivere una sola volta” (pag. 25) e non ammette 'tempi supplementari', è sul palcoscenico di questo mondo che ognuno si gioca - letteralmente - la vita eterna. Certo, ci possono essere delle conversioni improvvise, immediate e letteralmente piovute dal Cielo (come quella clamorosa dell'ebreo francese Alphonse Ratisbonne (1812-1884), entrato miscredente in una chiesa di Roma e uscitone cattolico dalla testa ai piedi fino a volere diventare sacerdote, in seguito ad un'apparizione della Madonna nella chiesa di Sant'Andrea delle Fratte, il 20 gennaio 1842), ma in tutti gli altri casi solitamente la strada è più lunga e complessa. Nel cuore di ognuno di noi si svolge infatti quotidianamente la battaglia fra la sequela di Dio e quella di Satana e tertium non datur, non esiste neutralità in questa partita. E' il Signore stesso a proclamarlo nel Vangelo: “Se uno viene a me, e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Luca 14, 25-26).

La conversione dunque è un cammino esigente e profondo, non di un giorno soltanto, in cui ciascuno è chiamato a dover combattere contro la carne, il mondo e il demonio che tentano di distrarre l'anima dalle realtà celesti e dal suo destino soprannaturale. Però, e qui sta il primo segnale di gioia, non è impossibile. Scrive l'autore: “Se tu mi chiedessi: 'Ma, infine, che cosa devo fare per essere un buon cristiano, un cristiano santo?' ti risponderei: 'Sforzati di avere un cuore come quello di Gesù'. E' San Paolo che ci esorta a coltivare in noi gli stessi sentimenti che furono di Gesù Cristo. Ed é Gesù stesso che ci invita ad imparare da lui che è mite e umile di cuore” (pag. 120). Un altro equivoco ricorrente è dato dall'idea che la santità sia un qualcosa di utopico, irraggiungibile e in sostanza per pochi eletti; in realtà è piuttosto vero il contrario, perchè tutti - ognuno nella propria specifica condizione di vita - siamo chiamati a realizzarla: “la santità é il fine stesso della vita, raggiungendo il quale l'uomo si realizza e consegue la felicità” e d'altronde lo stesso Sant'Agostino all'inizio del suo complicato cammino di conversione si chiedeva non a caso: “'Se questo e quello sono diventati santi, perchè non io?'” (pag. 126). Tuttavia, una volta presa la decisione per la via della santità con la propria libera volontà, occorre considerare che “la santità é un'opera di pazienza quotidiana. Ogni giorno devi fare un passo in avanti. Ogni giorno devi aggiungere un mattone all'edificio che stai costruendo. Non servono gesti sensazionali, ma piuttosto l'oscura dedizione al dovere quotidiano” (pagg. 124-125) coltivando sempre la virtù della perseveranza perchè “solo chi persevererà fino alla fine sarà salvo (cfr. Matteo 24, 13)” (pag. 125).    Oltre alla perseveranza, inoltre, fondamentale é poi l'aiuto della preghiera: Fanzaga richiama qui la massima di un grande maestro della spiritualità cristiana di tutti i tempi come Sant'Alfonso Maria de' Liguori (1696-1787) secondo cui “chi prega si salva, chi non prega si perde” (pag. 141). L'esortazione a pregare sempre, senza stancarsi mai, è presente d'altronde fin dalle pagine del Vangelo (cfr. Luca 18,1) dove è Gesù in persona a mettere in guardia quanti vogliano seguirLo seriamente sulla necessità di non staccarsi mai dall'unione col Padre. Ed è proprio alla luce di questo che “nella preghiera sperimenti il mistero della divina amicizia. Non vi é nulla di più desiderabile nella vita. L'amicizia con Dio é la fonte dell'eterna felicità” (pag. 143) perchè é ciò che dà senso e pienezza all'insaziabile sete di verità presente nell'uomo e quindi alla vita intera. Infine, per sostenersi nel cammino, il cristiano può sempre fare affidamento sui sacramenti e in particolare sull'Eucaristia: “abbi per certo che l'Eucaristia é il cuore di tutta la vita sacramentale del cristiano, perchè in essa ci viene donato l'Autore della grazia. Nell'Eucaristia non solo ti viene donata la grazia di Cristo ma Cristo stesso. In essa ricevi nel medesimo tempo la redenzione e il Redentore, la vita divina e Gesù glorificato” (pag. 152). Così, il cammino di conversione acquista progressivamente solidità, forza e – pur nelle cadute – che non mancheranno, il fedele viene guidato a contemplare la bellezza infinita che lo attende nell'aldilà e che – per quanto sia difficile da immaginare – questa volta non lo abbandonerà mai più perchè sarà eterna: “ora davanti a te si profila la luce dell'eternità. Vorrei che fissassi lo sguardo su questa luce, che è lo sbocco finale della tua vita. E' una luce che ha un volto e un nome. E' quello del Signore risorto, il tuo salvatore e redentore, il tuo compagno di viaggio, l'amico intimo del tuo cuore. La morte, che tanto spaventa l'uomo di tutti i tempi, é l'abbraccio con Gesù, il figlio eterno del Padre, che si è incarnato per elevare tutti gli uomini alla dignità di figli di Dio. Per chi ha incontrato Gesù e cammina con lui nell'oscurità della fede, il momento della morte è quello in cui vedi Gesù così come egli é, nello splendore della sua gloria divina. La vita umana, caro amico, ha uno sbocco di gloria e di gioia senza fine. Non si tratta di un desiderio del cuore inquieto, che non si arrenderebbe di fronte alla durezza della realtà. Non si tratta di una speranza senza fondamento, ma di una certezza che si fonda sulla vittoria di Gesù sul male e sulla morte. Si tratta di quel Gesù che è vivo in te e al quale sei unito come il tralcio alla vite [...] Già ora sperimenti il riflesso del Paradiso qui sulla terra. Ogni giorno sia un passo avanti verso la meta. Più ti avvicini e più sarai ricolmo della luce e della gioia di Dio” (pagg. 173-175).

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