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Gli antimoderni siciliani in un libro

antimoderni

 

Non capita spesso presentare un libro dove sei “celebrato”, mi riferisco al volume scritto dal professore Tommaso Romano, “Antimoderni e critici della modernità. In Sicilia dal ‘700 ai nostri giorni”, edito nel 2012,dall’ISSPE (Istituto Siciliano Studi Politici ed Economici), che ho ricevuto via posta la settimana scorsa, lo ringrazio per il dono, ma soprattutto per avermi inserito nel ricco elenco di alte e nobili personalità del volume. Il professore Romano, personalità poliedrica nel panorama culturale siciliano, forse ha intrapreso un difficile e pretenzioso compito quello di mettere insieme tante personalità, con professioni diverse, cattolici, tradizionalisti intransigenti, non cristiani, evoliani, mistici, ecclesiastici, uomini d’azione, politici, un fronte variegato anche dal punto di vista filosofico. Lui stesso lo definisce, un “Dizionario” che comprende sicuramente pensiero e opere di persone diverse, paladini, alfieri che non si sono arresi alla modernità, ma che certamente tutti hanno in comune la buona battaglia per il diritto naturale e la critica alla Modernità.

Il fine dell’opera, peraltro, è dichiarato da Romano nell’introduzione: “Rintracciare profili e segreti, smascherare false etichette e cancellature con il bianchetto sulle idee e le coerenze, è stato ancora una volta un percorso difficile in tale terreno accidentato di indagine”. Ma nello stesso tempo per Romano il dizionario può trasformarsi in proposta, anche se“ardua metodologicamente, per una insorgenza interiore, prima di tutto spirituale e intellettuale e morale, che parta appunto da una revisione profonda, intima, soggettiva per poi essere in grado di irradiarsi come cultura e azione, anche storica, civile e politica”

Nelle 200 pagine della faticosa ricerca di Romano, ripropone in veste aggiornata, le biografie di testimoni censurati dai progressisti e dagli utili idioti militanti nel partito dei “clericali senza princìpi”.

Avvincenti sono alcuni profili dei valorosi e illuminati cattolici refrattari agli errori dei moderni e renitenti all’obbligo delle genuflessioni modernistiche.

Fra i tanti protagonisti, ( ben 163, a pagina 24 potete leggere un mio breve profilo), della reazione cattolica al delirio filosofante, si segnalano Nicola Spedalieri (1740-1795), implacabile critico dell’illuminismo; il vescovo di Agrigento Domenico Turano (1814-1885), strenuo difensore dell’autonomia della Chiesa dalla tirannia sabauda, padre Nunzio Russo (1841-1906), inflessibile oppositore al liberalismo; Salvatore Riccobono (1864-1958), insigne studioso del diritto naturale; il filosofo Francesco Orestano (1873-1945) acuto critico di Nietzsche e promotore della Conciliazione:  l’arcivescovo di Palermo cardinale Ernesto Ruffini (1888-1967); il filosofo Pietro Mignosi (1895-1937) teorico di una tradizione  fonte di verità concorde e indiscutibile; padre Antonio Messineo s.j. (1897-1978) a tempo debito coraggioso critico del nazismo e contestatore della filosofia di Jacques Maritain; il marchese Vincenzo Mortillaro, esponente fondamentale del pensiero cattolico, oppositore del garibaldinismo e del liberalismo del nuovo regno d’Italia, filo borbonico, considerato il capo e il simbolo dell’insorgenza popolare del 1866 a paplermo del “Sette e mezzo”; il filosofo Michele Federico Sciacca (1908-1975)  geniale interprete della filosofia di Antonio Rosmini; Don Bruno Lima (1964), giusnaturalistica, docente universitario e Presidente dell’Istituto di studi giuridici; Antonino Sala (1974) fondatore del movimento Tradizional Popolare.

Interessanti sono anche i profili di Julius Evola e quelli degli esponenti della più classica cultura della destra, Gaetano Falzone, Giuseppe Tricoli, Domenico Fisichella. Infine segnalo le schede di tre amici, il “Kattolico”, Rino Cammilleri, l’onorevole Alessandro Pagano e il professore Alberto Maira, grande animatore di Alleanza Cattolica per la Sicilia. Infine c’è una breve scheda di Samek Lodovici Emanuele, il grande amico scomparso prematuramente , che ci ha lasciato un’opera fondamentale,“Metamorfosi della gnosi. Quadri di dissoluzione contemporanea”, edito da Ares, Milano (1979 e 1991).

E’ opportuno, prima di concludere, fare qualche puntualizzazione, qualche distinguo sulla questione della Modernità.

La modernità come categoria filosofica, parte da Cartesio e si pone su due linee: quella che porta al razionalismo anticristiano e alle ideologie sanguinarie del Novecento e quella che porta a Pascal. Una linea “buona” della modernità, di cui Pascal è un momento essenziale, ma rimane minoritaria. Pascal,“grande pensatore”, tenuto in grande considerazione dal papa emerito Benedetto XVI, capace di vedere contro ogni eccessivo ottimismo della ragione l’importanza del peccato originale, il “potere del male nelle nostre anime”, un “fiume sporco, che avvelena la geografia della storia umana”. Tra l’altro, questa è la vera linea del Vaticano II. Il Papa emerito critica così – le espressioni sono sue – sia gli “anticonciliaristi” che vorrebbero una Chiesa chiusa alle istanze della modernità, sia i “progressisti” che attribuiscono al Concilio anche le risposte ideologiche moderne. Se è così, Pascal e suoi Pensieri restano di grande attualità per capire l’odierna stagione della Chiesa Cattolica.

A questo proposito il professore Massimo Introvigne, commentando il viaggio di Benedetto XVI, a Fatima, scriveva: Nel discorso del 2006 a Ratisbona (35) e nell’enciclica Spe salvi (36) del 2007 il Pontefice aveva già proposto un giudizio sui momenti centrali della modernità: Martin Lutero (1483-1546), l’illuminismo, le ideologie del secolo XX. In ciascuno di questi momenti aveva distinto un aspetto esigenziale dove vi è qualche cosa di condivisibile — la reazione al razionalismo rinascimentale per Lutero, la critica del fideismo e la rivalutazione della ragione nell’illuminismo, il desiderio di affrontare i problemi e le ingiustizie causate dalle trascrizioni sociali e politiche dell’illuminismo per le ideologie novecentesche — e un esito finale catastrofico dove, ogni volta, si butta via il bambino con l’acqua sporca e si propongono rimedi peggiori dei mali che si dichiara di voler curare. Così Lutero insieme al razionalismo butta via la ragione, smantellando la sintesi di fede e di ragione che aveva dato vita alla cristianità medievale. L’illuminismo per rivalutare la ragione la separa radicalmente dalla fede, diventa laicismo e finisce per compromettere l’integrità stessa di quella ragione che voleva salvare. Le ideologie del Novecento criticando l’idea astratta di libertà dell’illuminismo finiscono per mettere in discussione l’essenza stessa della libertà, trasformandosi in industrie sanguinarie di tirannia e di oppressione. Nella modernità, dunque, a esigenze o istanze dove non tutto è sbagliato corrispondono esiti o risposte che partono da gravi errori e si risolvono in drammatici orrori”. (Massimo Introvigne, Fatima e il dramma della modernità. Il viaggio di Papa Benedetto XVI in Portogallo, Cristianità, n.356, 2010)

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