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A Roma omaggio a monsignor Agostino Marchetto, il miglior interprete del Concilio Vaticano II

Copertina del libro

 

In questi mesi in cui - come noto - ricorre il cinquantenario, fervono i dibattiti, accademici e non, sul Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), di gran lunga l'evento più importante della storia della Chiesa nel '900. Mentre studiosi, cultori e specialisti si accapigliano sugli orientamenti pastorali e le correnti teologico-ideologiche, un'indicazione di merito importante è arrivata direttamente da Papa Francesco che ha fatto giungere una sua lettera d'apprezzamento all'arcivescovo Agostino Marchetto proprio in virtù dei suoi accurati lavori (pluridecennali), da storico e da canonista, sulla retta interpretazione da dare ai documenti dell'assise conciliare. Il riconoscimento è stato letto pubblicamente in Campidoglio, presso la sala Pietro da Cortona dei musei capitolini, nel corso della presentazione di un volume di omaggio allo stesso Marchetto che ha da poco compiuto i 70 anni. Il volume collettaneo, curato dal professor Jean Ehret e pubblicato per i tipi della Libreria Editrice Vaticana (cfr. J. Ehret, Primato pontificio ed Episcopato. Dal primo millennio al Concilio Ecumenico Vaticano II – Studi in onore dell'Arcivescovo Agostino Marchetto, LEV, Città del Vaticano 2013, Euro 42,00), si avvale della prefazione del cardinale Raffele Farina e si compone di tre differenti sezioni (“Storia ed ecclesiologia”, “Primato pontificio ed Episcopato”, “Il Magno Sinodo e la sua dinamica”) che raccolgono ventinove saggi in diverse lingue dei maggiori esperti sul Concilio attualmente a livello ecclesiale. Tra questi meritano menzione almeno il cardinale Walter Brandmüller, già presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, Johannes Grohe, docente di storia dei Concilii presso la Pontificia Università della Santa Croce, monsignor Nicola Bux orientalista e specialista della spiritualità greco-bizantina, Adriano Roccucci docente di storia contemporanea all'Università Roma Tre e Vincenzo Buonuomo docente di diritto internazionale presso la Pontificia Università Lateranense, oltre naturalmente allo stesso Marchetto di cui vengono proposti tre contributi (uno dei quali di particolare rilevanza sul rapporto complessivo fra tradizione e rinnovamento).

La presentazione, introdotta e moderata dal professor Giovanni Maria Vian, direttore de L'Osservatore Romano, ha visto gli interventi dell'arcivescovo Jean-Louis Brugues, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, dei cardinali Kurt Koch (presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani) e Angelo Bagnasco (Arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana) nonché del presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini mentre tra le varie autorità ecclesiali presenti per l'occasione tra il pubblico spiccavano i cardinali Farina, Re e Brandmüller. Come accennato, la notizia della serata è stata proprio la lettera – inattesa – fatta giungere da Papa Francesco a Marchetto in cui il pontefice argentino si riferisce allo studioso definendolo un fedele “figlio della Chiesa” e soprattutto - letteralmente - “il miglior ermenuta del Concilio Vaticano II” ribadendo in tal modo ufficialmente la linea interpretativa già percorsa dal predecessore, Benedetto XVI, (almeno) in due discorsi-chiave del suo pontificato: il discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi del 22 dicembre 2005 e il discorso al Clero romano poco prima del suo congedo il 14 febbraio 2013. Non era un dato scontato, atteso che anche in questo senso già alcuni atteggiamenti del nuovo pontefice gesuita nei mesi scorsi erano stati strumentalizzati da diversi organi di stampa. Così facendo, e volendo – egli per primo – dare risonanza mediatica al messaggio, il popolo cristiano ne trae invece un insegnamento sicuro sulla rotta da seguire di altissimo, e logicamente ineguagliato, valore. L'indicazione di Papa Francesco, c'è da scometterci, sarà determinante anche nei prossimi mesi, soprattutto quando – come è lecito aspettarsi – esponenti di primo piano delle correnti interpretative e divulgative più eterodosse (oltretutto prevalenti a livello di mass-media), come la cosiddetta 'scuola di Bologna' che fa capo agli allievi di Giuseppe Alberigo (1926-2007), dovranno necessariamente dedurne tutte le conseguenze del caso. La serata è quindi proseguita con gli interventi di Brugues, già apprezzato segretario della Congregazione per l'Educazione Cattolica, che nel suo intervento si è soffermato in particolare sul fatto che se è vero che “un'ermeneutica 'corretta' non può negare gli aspetti storici” tuttavia essa “non deve perdere il senso complessivo del Concilio”. Detto in altri termini: “dobbiamo apprezzare i contributi dei singoli protagonisti del Concilio senza però dimenticare che questo fu realizzato dall'insieme di tutti loro. Il Concilio ha, lo dobbiamo ripetere, un significato in se stesso, che trascende gli atti, i pensieri e le ricerche dei singoli partecipanti”. Se poi si avesse ancora qualche perplessità, ha concluso significativamente Brugues, che ha invitato tutti i laici cristiani anzitutto a leggere e conoscere i documenti conciliari, “lo Spirito Santo, attraverso il Papa, ci condurrà a percepire sempre di più il dono del Concilio Vaticano II per la Chiesa di oggi e di domani”.

A seguire è stata la volta del cardinale Koch che ha pure evidenziato la necessità di considerare il Concilio nel suo complesso “come parte della tradizione vivente della Chiesa”, senza cesure ma neanche eccessive forzature, specificando altresì che “l'ermeneutica della riforma si basa sulla convinzione che il Concilio non ha voluto una Chiesa nuova in rottura con la tradizione, ma una Chiesa rinnovata nello spirito del messaggio della fede cristiana rivelato una volta per tutte e trasmesso nella tradizione vivente della Chiesa. Il Concilio non ha voluto o promosso neppure una nuova dottrina della fede, ma un rinnovamento di quella dottrina tramandata nei secoli e permanentemente valida”. A sostegno della sua argomentazione, il porporato svizzero ha richiamato una citazione di peso d'annata, della fine degli anni Settanta per l'esattezza, dell'allora cardinal Ratzinger: “ciò che ha devastato la Chiesa dell'ultimo decennio non è stato il Concilio, ma il rifiuto di accoglierlo”. Come a dire che del vero Concilio, in tutta la sua reale portata, dobbiamo ancora vedere molto. Di tenore completamente diverso l'intervento invece dell'onorevole Boldrini che ha ricordato non il Marchetto-studioso forse più noto ma il “finissimo diplomatico” e le sue molteplici iniziative, pastorali e caritatevoli, sul campo dei migranti e i rifugiati (per nove anni, dal 2001 al 2010, Marchetto è stato segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti). E' infatti in quest'ultimo campo che l'attuale presidente della Camera ebbe modo di conoscere il presule, mentre svolgeva diverse missioni internazionali in ambito FAO. In tal senso, Boldrini ha sottolineato che questi [Marchetto] negli anni “ha incarnato una visione realmente cristiana dell'accoglienza ai migranti” augurandosi che il suo esempio di carità generosa possa servire per “dare vita a una nuova stagione di integrazione sociale” nel nostro Paese. Infine, ha preso la parola il presidente della CEI, cardinale Angelo Bagnasco, che ricordando l'anno della Fede che il popolo cristiano ha celebrato quest'anno a margine di due anniversari importanti per la storia della Chiesa (il 50° dal Concilio e il 20° dalla pubblicazione del nuovo Catechismo universale), si è soffermato sulla dimensione per così dire meta-temporale della Chiesa che prima di essere un'istituzione legislativamente definita è il luogo privilegiato dell'incontro tra l'uomo e il divino, sempre in cammino tra storia e meta-storia, ovvero la dimensione del tempo e quella dell'eternità. Il mistero in quanto tale “fa quindi parte” della Chiesa ed è di fatto ineliminabile dalla sua natura più autentica. Invano lavorerebbe quello storico, o quel sociologo, che cercasse di espungerlo dal suo campo di studio perchè non immediatamente rilevabile. Detto ciò, per tornare oggi al vero Concilio, non quello di mezzi di comunicazione, nè tantomeno quello degli studiosi partigiani, occorre guardare alla Chiesa come a un organismo vivente, non a una ONG – per riprendere, ancora, espressioni recenti sia di Benedetto XVI che di Francesco – e, diversamente dal passato, considerare finalmente il Papato come “un'istituzione di unità e di libertà” che garantisce la professione di fede del cristiano nella sua integrità, tanto contro i riduzionismi dei regimi politici (il '900 ne è stato pieno), quanto contro i personalismi carismatici di taluni ecclesiastici magari con responsabilità di vertice, che pure a volte possono esserci. Sotto entrambi questi profili, il lavoro di Marchetto – tanto più dopo la lettera pontificia d'encomio arrivata nei giorni scorsi – pare essere una strada sicura da seguire per gli studiosi di oggi e di domani.

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