Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Venerdì, 19 Aprile 2024

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:492 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:522 Crotone

La serie evento internazi…

Mar 27, 2024 Hits:708 Crotone

L'I.C. Papanice investe i…

Mar 01, 2024 Hits:1318 Crotone

Presentato il Premio Nazi…

Feb 21, 2024 Hits:1438 Crotone

Prosegue la formazione BL…

Feb 20, 2024 Hits:1273 Crotone

Si firmerà a Crotone il M…

Feb 14, 2024 Hits:1443 Crotone

Le opere del maestro Affi…

Feb 07, 2024 Hits:1491 Crotone

Copertina Amorth

 

Religioso paolino, allievo del passionista Candido Amantini (1914-1992) di cui è in corso la causa di beatificazione, fondatore prima (1990) e oggi presidente onorario dell'associazione internazionale degli esorcisti, membro della Pontificia Accademia Mariana Internazionale, scrittore e predicatore instancabile, padre Gabriele Amorth è da tempo l'indiscussa guida carismatica degli esorcisti, nel nostro Paese e non solo. Dopo una vita passata a fronteggiare quotidianamente quello che il Vangelo definisce “il principe di questo mondo”, cioè il diavolo, in questo saggio per il grande pubblico scritto a quattro mani con il giornalista Paolo Rodari mette a disposizione la sua pluridecennale esperienza - venticinque anni di esorcistato - facendo finalmente luce su un tema purtroppo oggi costantemente rimosso dalla predicazione e dalla catechesi ordinaria (cfr. P. Amorth e Paolo Rodari, L'ultimo esorcista. La mia battaglia contro Satana, Piemme, Milano 2012, pp. 262, Euro 16,50). In effetti il demonio, dopo una certa inflazione sui mezzi di comunicazione e nei film, pare che non vada più di moda, come se fosse all'improvviso scomparso dalla scena del mondo. In realtà, le cose stanno ben diversamente e oggi la sua azione è più viva che mai. Il racconto di Amorth prende avvio dai maestri e dai superiori che ha avuto nel corso della sua vita sacerdotale, a cominciare da quel don Giacomo Alberione ((1884-1971), fondatore dell'istituto religioso della Società San Paolo, oggi beato) a cui dovette di fatto il suo ingresso nel sacerdozio. Quindi lo stesso padre Amantini che per anni fu l'esorcista più ricercato di Roma presso il santuario della Scala Santa di fronte a San Giovanni in Laterano e infine il cardinale Ugo Poletti (1914-1997) - già Vicario generale della diocesi di Roma - che negli anni Ottanta gli conferì ufficialmente il servizio di questo ministero che gli avrebbe cambiato per sempre la vita. Di ognuno ricorda bene espressioni ricorrenti e consigli che si sarebbero rivelati preziosi, come quelli di padre Candido, che non dimenticherà più: “Il demonio ti minaccerà [ma] non temere. Se sei con Dio è lui che ha paura di te. E [...] con te c'è anche una persona che non ti lascerà mai, il tuo angelo custode” (pagg. 48-49). La battaglia contro le forze del male nel mondo si vince infatti anche e soprattutto chiedendo aiuto a quelle presenze invisibili ai nostri occhi, che non vediamo, e nondimeno sono sempre instancabimente al nostro fianco, come appunto gli angeli custodi. Poi, fondamentale per un esorcista è avvalersi di collaboratori, anche laici, di provata fede: “scelgo collaboratori di fede e di preghiera. Essere in grazia di Dio ed essere vicino a Dio é un rimedio sicuro contro gli attacchi del demonio” (pag. 95). I sacramenti sono infatti l'arma più potente di difesa contro il maligno: così, “suggerisco sempre ai genitori di battezzare i propri figli appena nati. Di non far passare troppo tempo. Il battesimo è un potente esorcismo. Il battesimo scaccia il diavolo. Il battesimo è temuto dal diavolo. Non é un caso, infatti, se tra i posseduti nel mondo la maggior parte sia gente non battezzata. E' soprattutto con i non battezzati che il diavolo ha gioco facile” (pag. 98).

Allo stesso modo, fin da piccoli i genitori hanno un ruolo di educatori e testimoni della fede insostituibile che – nei casi più gravi di attacchi demoniaci verso i loro figli – può diventare decisivo: per questo “chiedo ai genitori di pregare molto, di digiunare, di andare a Messa tutti i giorni” (pag. 99) e mostrare così con la vita cristiana professata quanto sia forte l'aiuto che la Croce del Redentore riversa ancora oggi per i suoi figli. Amorth spiega infatti che, lungi dall'essere una prerogativa degli esorcisti (che intervengono direttamente solo nei casi di ossessione, vessazione o possessione – verso le persone – o di infestazione – verso luoghi e oggetti -) la preghiera di intercessione per chiedere al Signore Gesù la liberazione dal maligno possono farla tutti i laici cristiani, servendosi di quei mezzi che la Chiesa mette ordinariamente a disposizione da sempre per la pratica di un serio cammino di conversione: eucaristia, rosario e digiuno anzitutto. Resta comunque fermo, oggi più che mai, che in tempi di sbandamento collettivo “se non si mette Dio al primo posto crolla la famiglia, la società, l'intesa tra le nazioni” (pag. 9) nonché, soprattutto, che “viene meno il piano il piano di Dio che ci ha creati per la felicità eterna. Se non si crede alla vita eterna non si comprende nulla di questa vita terrena” (ibidem). A scanso di equivoci, anche all'interno del popolo di Dio, gli ultimi Pontefici – almeno da Paolo VI (1965-1978) – hanno ricordato regolarmente l'azione ordinaria del demonio nella storia dell'umanità, l'eternità che attende chi lo segue in questa vita e messo in guardia contro ogni minimo riduzionismo. Da ultimo lo ha fatto Papa Benedetto XVI, per esempio in discorsi pubblici come quelli del maggio 2009: “Per quanti continuano a peccare senza mostrare nessuna forma di pentimento, la prospettiva è la dannazione eterna, l'inferno, perché l'attaccamento al peccato può condurci al fallimento della nostra esistenza. E' il tragico destino che spetta a chi vive nel peccato senza invocare Dio. Solo il perdono divino ci dà la forza di resistere al male e non peccare più. Gesù è venuto per dirci che ci vuole tutti in paradiso e che l'inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed é eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore” (cit. a pag. 215). Che cosa fare dunque? Rispondendo con i santi, si potrebbe dire che il problema non è tanto la singola caduta – perchè, nascendo con il peccato originale, siamo tutti inclini a cadere prima o poi – ma la volontà di rialzarsi e combattere, fino alla fine. Amorth lo spiega così: “Quando il nostro spirito è buio, vive nelle tenebre, il diavolo ha maggiore spazio di manovra. Per questo occorre confessarsi spesso. La confessione riporta l'uomo alla luce. Una confessione è più potente di un esorcismo. Satana teme di più la confessione dell'esorcismo. Perchè la confessione di schianto riporta l'uomo alla luce, alla grazia di Dio e contro un uomo in grazia di Dio Satana non può fare nulla. La confessione distrugge il male. Lo annienta. E gira l'uomo verso la luce, verso il bene. Certo, occorre sempre vigilare” (pag. 250) come avverte peraltro la significativa citazione tratta dalla Prima Lettera di San Pietro posta in esordio al volume “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare” (cfr. 1 Pt 5,8-9). Per questo, concludendo, se la vita è battaglia senza esclusioni di colpi servono cristiani di fatto e non solo di nome, “servono uomini fedeli a Dio, che sappiano imbracciare per lui le armi del digiuno e della preghiera e in questo modo sappiano scacciare dal mondo il male” (pag. 254).

Asia Bibi

 

Mentre nel mondo si prega per l'unità dei cristiani delle diverse confessioni non accenna a diminuire l'emergenza libertà-religiosa in Pakistan, dove ancora oggi i seguaci di Gesù che vogliano restare fedeli al Vangelo devono affrontare persecuzioni, intimidazioni e non di rado processi giudiziari di vario tipo fino a subire la condanna a morte. Da ultimo, la situazione potrebbe persino peggiorare se la recente proposta della Corte Federale della Shari'a di estendere la pena capitale anche ai supposti casi di blasfemia contro il Corano dovesse trovare riscontro a livello legislativo. Di fatto, Asia Bibi, la donna cristiana, madre di cinque figli, arrestata nel giugno 2009 in seguito a un'accusa artefatta di blasfemia verso il profetta dell'islam Maometto, è ancora in carcere e nemmeno la pressione mediatica internazionale sembra aver sortito alcun effetto. Per non dimenticarla, e soprattutto per informare sull'ignota quanto drammatica quotidianità dei cristiani dalle parti di Islamabad le associazioni dei cristiani pakistani in Italia hanno organizzato a Roma, presso il centrale Convento Gesù e Maria, una giornata di riflessione e denuncia dal titolo “Legge sulla blasfemia e pena di morte in Pakistan: una condanna per gli analfabeti”. Una delle cause dell'attuale situazione di sopruso e violenza generalizzata è infatti proprio l'analfabetismo che colpisce larga parte della popolazione e – all'interno di questa – in particolar modo le donne (solo una su due è in grado di leggere e scrivere correttamete). Soprattutto, scarsissima è la conoscenza dell'arabo (che è invece la lingua ufficiale del Corano): in tutta la nazione si stima che solo il 5% sia in grado di padroneggiarlo adeguatamente. In questo contesto di estrema povertà e miseria, quindi, incrementare ulteriormente la possibilità di essere processati per avere diffamato il libro sacro dell'islamismo apparirebbe come un totale non-senso logico e giuridico se non fosse per la pressione sociale e culturale che proprio i gruppi radicali e fondamentalisti esercitano sul governo e sull'opinione pubblica. Una pressione che ha raggiunto oramai livelli spaventosi: oltre al caso di Asia Bibi (e senza parlare degli omicidi di quanti a livello politico ne avevano sostenuto la difesa, come il governatore del Punjab Salmaan Taseer (1944-2011) e il ministro federale per le minoranze religiose Shabhaz Bhatti (1968-2011)) le cronache degli ultimi anni registrano oltre 2500 vittime extra-giudiziarie e veri e propri pogrom, come quelli che provocarono la morte di sette cristiani a Gojra (in provincia di Faisalabad, nel Punjab), tra cui due bambini, bruciati vivi nell'agosto del 2009.

Ne ha parlato approfonditamente Marta Petrosillo in rappresentanza dell'Associazione dei Pakistani Cristiani in Italia: la studiosa ha spiegato che nell'attuale quadro giuridico e sociale “neanche i bambini o i disabili mentali” possono considerarsi al sicuro, come dimostra il recente caso di Rimsha Masih, la ragazzina di 12 anni, affetta da un ritardo mentale (la sindrome di Down) che era stata accusata strumentalmente di aver bruciato delle pagine del Corano (in realtà le fantomatiche prove a suo carico erano state fabbricate dal suo stesso accusatore, un imam locale) e successivamente – con non poche difficoltà e l'intervento diretto nientemeno che del ministro dell'immigrazione canadese – è riuscita a trovare rifugio nel Paese nordamericano con la sua famiglia, per evitare il peggio. Insomma, “é sufficiente un’accusa, il più delle volte infondata, perché una persona possa essere arrestata. La norma non prevede l’onere della prova da parte dell’accusatore, è il presunto blasfemo che deve provare la sua innocenza. La polizia dovrebbe ricercare le prove ma l’alto numero di casi e la pressione della comunità ostacolano le indagini. Spesso l’accusato non può neanche contare sulla testimonianza di familiari e amici, perché se parlassero in sua difesa, rischierebbero di essere incriminati a loro volta. Le accuse non cadono se non nei successivi gradi di giudizio, quando l’imputato ha trascorso già un lungo periodo in carcere. Younis Masih è stato rilasciato nel novembre scorso dopo essere stato assolto dall’accusa di aver insultato il profeta Maometto, [ma] si trovava in carcere dal settembre 2005”. D'altra parte, ha aggiunto Petrosillo, “a decidere l’apertura di un’indagine e l’esito di un processo, specie nei primi gradi di giudizio, è spesso la grande pressione esercitata sia sulle forze di polizia che sui giudici dei tribunali di primo grado, in molti minacciati e talvolta uccisi. Nel 1997, un anno dopo aver prosciolto un ragazzino cristiano di 11 dall’accusa di blasfemia, il giudice dell’alta corte di Lahore, Arif Bhatti, è stato ucciso perché, spiegherà il suo assassino, assolvendo un blasfemo aveva si era anch’egli macchiato di blasfemia”. E' chiaro quindi che c'è un problema anzitutto culturale ed educativo - di dialogo, di comprensione e di confronto leale con l'altro, in quanto religiosamente diverso - alla base, ma in questo caso le altre leggi dell'Ordinamento dello Stato (che pure in teoria sarebbe repubblicano) e gli orientamenti sposati dalle Supreme Magistrature non aiutano affatto a fare chiarezza, anzi, sembrano peggiorare ancora di più le cose, come ha spiegato il successivo relatore.

A seguire è stata infatti la volta del professor Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, che affrontando il tema da una prospettiva squisitamente giuridica ha chiarito che la libertà religiosa, fin dalle sue prime codificazioni internazionali (a partire dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948), è stata sempre riconosciuta come un diritto innato, alla stregua del diritto alla vita, perchè fa da base, e coerentemente presuppone, tutti gli altri diritti, a partire dalla libertà di pensiero e di espressione. Non a caso oggi viene considerata come un caposaldo imprescindibile di un moderno Stato di diritto, almeno in Occidente. Viceversa la proposta della Corte pakistana sembra andare invece proprio nel senso opposto perchè non solo nega i fondamenti – teorici e pratici – che rendono possibile socialmente la libertà religiosa ma introduce addirittura un'ipotesi di reato penale “senza specificare in che cosa consiste la fattispecie del delitto di blasfemia” e quindi venendo clamorosamente al principio di tassatività (secondo cui uno Stato che si fondi sulla forza della legge deve indicare sempre e comunque chiaramente ai suoi consociati quali siano le attività riprovate penalmente e quali no). Altri rappresentanti della comunità pakistana, come Adan Farhaj e Jeem Phey Ghouri, hanno peraltro ricordato come storicamente la Repubblica nasca (nel 1947) con delle radici chiaramente multiconfessionali e come il padre fondatore stesso della Patria, Mohammad Ali Jinnah (1876-1948), avesse in mente non uno Stato islamico ma laico, che accogliesse tutte le realtà religiose presenti già allora al suo interno. Oggi invece l'islamismo radicale (anche dopo l'opera di islamizzazione promossa dal generale Muhammad Zia ul-Haq (1924-1988), dittatore per un decennio (1978-1988)), sembra avere preso piede ovunque al punto che la secolare presenza dei cristiani, come quella di altre minoranze, viene sempre meno tollerata pubblicamente e molti sono costretti a fuggire in Paesi dell'Estremo Oriente come la Thailandia o le Filippine. Anche per questo i vari deputati presenti e intervenuti (tra cui Luca Volontè, Luigi Bobba, Elena Centemero e Massimiliano Fedriga) hanno promesso di richiamare nei prossimi giorni l'attenzione del Parlamento auspicando un pronunciamento - per una volta unanimemente bipartisan - che faccia luce su questo autentico dramma dimenticato dei giorni nostri e richiami concretamente l'attenzione dell'opinione pubblica, anzitutto nelle scuole e nei grandi mezzi di comunicazione sociale. Volontè, in particolare, ha fatto presente che tramite la piattaforma civica citizengo (www.citizengo.org) è già possibile firmare una petizione in sostegno di Asia Bibi che ha raggiunto le 15.000 sottoscrizioni e sarà consegnata personalmente alla stessa Bibi da una delegazione ufficiale in visita nel carcere dove attualmente si trova il prossimo febbraio. In conclusione, Attilio Tamburrini dell'Osservatorio per la Libertà Religiosa del Ministero degli Esteri e Luisa Capitanio Santolini, già deputato alla Camera, ora esponente dell'associazione Italia-Pakistan ISIAMED, hanno ricordato i recenti interventi del Pontefice in materia (Papa Francesco ha infatti denunciato più volte che oggi nel mondo contro i cristiani vi sono più persecuzioni di duemila anni fa, da ultimo nell'Angelus del 17 novembre) sottolinenando come quella attuale sia una “persecuzione diffusa” a livello capillare e non episodica che interessa - in modo diverso - praticamente tutti i continenti. Perchè le emergenze appaiono tali in tutta la loro gravità occorre però che se ne parli e qualcuno se ne faccia eco: dopo la giornata romana, a cui hanno partecipato in prima persona in veste di moderatori anche giornalisti di primo piano di Tv2000 e di Rai2, si spera che ora anche le altre realtà laiche più 'impegnate' di denuncia sociale - sempre attente alla tutela dei diritti umani, ma solitamente un po' distratte sul campo religioso - ne tengano debitamente conto.

continuano a pensare con i piedi

 

In questi giorni ho letto un libretto che mi ha consigliato Attilio Trentini, responsabile culturale della Sugarcoedizioni. Trentini è fratello di Raffaele Trentini, l’estroso portiere del Foggia calcio degli anni 70’(lo ricordo benissimo perché raccoglievo le figurine Panini), quando trionfava nei campi di serie A, ai tempi di Rognoni, Bigon, Re Cecconi, Saltutti e di tanti altri campioni. Il testo è “Continuano a pensare con i piedi”, di Massimiliano Castellani, pubblicato qualche anno fa dalla casa editrice milanese, Sugarco. Il libro di Castellani racconta un mondo del calcio che non esiste più, quello di Nando Martellini, del presidente Costantino Rozzi, dell’allenatore Carletto Mazzone e purtroppo, anche quei capitoli che riguardano il “calcio malato”, dalla sla al calcio scommesse, sempre attuale come si legge dalle cronache dei giornali in queste settimane.

L’autore del libro ha “messo in campo alcune storie, una piccola squadra di personaggi” che per certi versi a loro modo “hanno inciso profondamente nella cultura e nella poetica di quello che fino a ieri era solo un gioco, il più bello e il più seguito, ma comunque un gioco”. Un libro che secondo l’autore dovrebbero leggere i ragazzi di oggi, sui banchi di scuola, e che imparassero a leggere la storia di questo calcio attraverso i racconti di una vita e di un calcio più vero di quello di adesso. Un libro scritto per tutti quelli che vogliono continuare a pensare con la propria testa. La prima storia riguarda il grande telecronista Nando Martellini, l’uomo che ha insegnato a raccontare la poesia del calcio, che nella notte dell’estate del 1982, urlava: “Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo!”

Il 2° e il 3° capitolo si occupano del due morbo del calcio dei nostri giorni: il morbo di Gehrig o Sla (Sclerosi laterale amiotrofica), ribattezzato il “morbo del pallone”. La percentuale di morti fra i calciatori è allarmante, pare che sono 150 ogni anno. Una nuova peste del calcio? Quello che si sa con certezza che ha ucciso 16 calciatori, mentre i casi accertati sarebbero una cinquantina, come risulta dall’inchiesta del giudice Guariniello. Molti sono giovani, a cominciare dal grande capitano del Genoa, Gianluca Signorini, che se ne è andato quando aveva appena 42 anni. E poi Giorgio Rognoni, che negli anni settanta era stato il vice Rivera nel Milan. Il libro racconta la storia di un giovane Luca Pulino, un buon giocatore dilettante del Capranica. Se ne è parlato poco, perché evidentemente, esistono i malati di serie A.B,C.

Pare che questo morbo dovrebbe essere una diretta conseguenza dell’abuso di farmaci, o meglio del famigerato doping. Il doping uccide: “frutto dell’ingenuità e della completa fiducia che il calciatore riponeva nel medico e nel massaggiatore che gli somministrava pillole e flebo, ma comunque tutto parte da lì per arrivare all’estate del 1998: l’anno zero della caccia alle streghe del doping che fino ad allora non aveva interessato proprio nessuno”.

Che cosa è successo che l’allenatore Zdenek Zeman, ha avuto il coraggio, vista la grande omertà che regnava nell’ambiente del pallone, di denunciare: “facciamo uscire il calcio dalle farmacie”. Il tecnico boemo intendeva dire che bisognava smetterla “con tutte le pratiche assurde di giocatori dopati con quel cocktail velenoso di farmaci che le società mettono a disposizione dei loro medici assumendo ormai prima i farmacologi e poi i preparatori atletici. Pertanto sembra che ormai “gli spogliatoi da troppo tempo sono delle infermerie e molti giocatori che ho incontrato, specie quella della generazione degli anni Settanta-Ottanta, mi hanno ripetuto spesso la stessa frase: ‘C’era lo stesso odore delle corsie degli ospedali’. Così per quella massa di medicinali presi per alterare la prestazione, ci sono decine di calciatori malati. Un altro che ha avuto il coraggio di dirlo è stato Nello Saltutti, morto a 58 anni, dopo un trapianto al cuore.

Commovente il racconto in merito a Edo Bortolotti, il giovane difensore di fascia, talento del Brescia, arrivò in nazionale under 21 con Cesare Maldini, quando venne fermato dall’antidoping, da questo momento inizia la sua lente ed inesorabile discesa calcistica e poi anche esistenziale che lo portò al suicidio. Il 4° capitolo è dedicato alle “vittorie dopate”, l’imbroglio del calcio scommesse, dove a volte non si capisce chi è la vittima e chi il carnefice. Un mercato che è cominciato negli anni Ottanta, in maniera casereccia, quasi ridicola, con il gatto e la volpe romani Trinca e Cruciani. In pratica un ristoratore e un fruttarolo, “pesci piccoli di un meccanismo che portò a pagare altre pesci minuscoli del calcio”. Da allora sistematicamente si parla sempre di probabili combine quasi ad ogni campionato, partite truccate, finte, che devono finire secondo patti ben precisi, con valigie piene di milioni per far tacere l’inganno. Il libro di Castellani fa tanti nomi, quelli che poi sono apparsi su tutti i giornali sportivi e non, fino a quello del centravanti Carlo Petrini.

Il libro di Castellani però non racconta le storie di violenza nei campi e fuori dai campi, forse perché nel periodo che ha osservato non ci sono stati casi legati alla violenza. Oggi sono troppe le partite di calcio dove prevale la violenza, soprattutto al Sud, e in particolare nelle categorie inferiori, tempo fa ho commentato i gravi fatti di Lega Pro, Salernitana-Nocerina. Ogni domenica nelle categorie dilettanti, a partire dalla terza categoria, si registrano episodi di violenza verbale e fisica. Quello che non si riesce ad accettare è che quasi tutti minimizzano sia le aggressioni di calciatori, di arbitri, che eventuali invasioni, lo fa la stampa ma anche chi organizza. Capita spesso che la “giustizia sportiva” non sanzioni adeguatamente i vari casi di violenza che si registrano sui terreni di gioco. Pertanto visto che frequentemente ormai si ripetono ogni domenica gravi atti di violenza, non sarebbe il caso di fermare per qualche tempo questi tornei, dove ormai non si riesce a garantire neanche le più elementari regole del vivere civile ?

Mentre attendevo in stazione a Milano, presso la libreria Feltrinelli, ho consultato un interessante volumetto, “Calcio criminale” di Pierpaolo Romani, edito da Rubbettino. Un testo che si affida ai dati acquisiti dalle varie procure e soprattutto alla DIA e Dda dislocate sul territorio. Romani fa una panoramica dettagliata delle vicende che riguardano i campionati di calcio, soprattutto nelle regioni meridionali, dove la criminalità organizzata, dalla camorra alla mafia, si impadronisce di calciatori, dirigenti, squadre, e degli stessi campionati. “Le mafie spendono milioni in scommesse, sia clandestine che legali: enormi lavatrici, che restituiscono denaro ripulito per effetto della corruzione di tante componenti dell’ambiente calcistico, dove truccare una partita è diventato, o diventa, più semplice di quanto si possa pensare”.

Romani usa un tono asciutto, posato, quasi cronachistico, e i commenti dell’autore sono quasi sfumati, come se volesse lasciare al lettore la possibilità di farsi da solo un’idea, di fronte all’enorme mole di dati, fatti, circostanze riportate nelle quasi 300 pagine del suo lavoro.

In questo mondo ormai prevale uno stato di rassegnazione che anche episodi gravissimi non fanno più notizia del resto il “giocattolo” del calcio fa comodo a molti, lo “spettacolo” deve andare avanti sempre e comunque. Probabilmente è vero quello che Castellani fa dire a Osvaldo: “il calcio sta male, è vero, ma perché è l’uomo che è malato”.

EUPlay nasce dalla volontà di indagare il ruolo centrale svolto dalla Cultura, in generale, e dalla Musica, in particolare, nella creazione e nella diffusione dell'attuale concetto di Europa.

Tale concetto prende vita nell'800 da idee quali l'idea di nazione, di indipendenza, di fratellanza, di associazione internazionale dei popoli, di progresso dell'umanità.

Idee scaturite, all'epoca, anche grazie al forte rivolgimento culturale delineato dai grandi movimenti Romantici (artistici, letterari, musicali, ma anche filosofici e politici). Proprio questo forte e comune background culturale ha spinto i pensatori del tempo ad attraversare il continente Europeo per riunirsi e scambiarsi informazioni. In molti casi, a fare da collante per questi incontri è stata la passione per la Musica,che loro stessi componevano o eseguivano come strumentisti.

La Musica, infatti, rappresenta da sempre un veicolo globale capace di oltrepassare i confini delle identità linguistiche e di unire i popoli, di trasmettere con una forza pari o addirittura maggiore delle parole messaggi coinvolgenti dal punto di vista emotivo, di infondere sentimenti di appartenenza e di comunione che superano gli individualismi personali e fanno sentire "parte di un tutto" in modo potente, poiché concretamente provato (come chiunque di noi abbia mai assistito ad una performance live può facilmente testimoniare).

In un'epoca pre-Mass Media, erano i gruppi da camera a far viaggiare le idee: il canto patriottico rivoluzionario francese La Carmagnole venne preso a spunto da Niccolò Paganini, che lo eseguì in una sua personale versione a Genova, il canto della Marsigliese divenne il tema delle variazioni di Ferdinando Carulli, l'Inno Nazionale Inglese è stato utilizzato da Beethoven e da Fernando Sor. Ma la Musica contribuiva anche concretamente a creare terreno fertile perché le idee politiche potessero attecchire: Giuseppe Mazzini, ad esempio, utilizzava l'esibizioni di celebri cantanti italiani residenti a Londra per raccogliere fondi, e considerava la Musica come elemento integrante dell'educazione e della formazione del suo ideale di uomo nuovo. Chopin raccontava nelle sue opere il grido di libertà di un popolo oppresso, non a caso lo zar di Russia, esercitando una censura ante litteram su di una composizione musicale, vietò di suonare la sua Polacca, opera 40, n.1, intuendone la forza rivoluzionaria.

La Musica, dunque, non é più solo un passatempo ma diventa anche rappresentazione delle contraddizioni della realtà, non deve soltanto piacere ma anche coinvolgere, non cerca più solo una semplice partecipazione estetica o intellettuale, ma un'immedesimazione emotiva ed anche politica, divenendo una sorta di piazza virtuale dove si convogliano le istanze delle singole nazioni di appartenenza, dei pensatori, dei musicisti, dei politici.

Il progetto EUPlay ha l'intento non solo di ripercorrere la storia dello stretto (e, per certi versi, inedito) legame intercorso tra Musica e nascita della coscienza europea, ma anche quello di riproporre questo stesso legame in chiave attuale, dando vita ad una nuova piazza virtuale della Musica, in questo caso di nome e di fatto, con la creazione del portale www.euplay.net.

Le due anime del progetto si svilupperanno parallelamente, culminando in eventi nei territori dei paesi partner, con tavole rotonde e concerti/spettacolo in cui si alterneranno musica dal vivo e brani recitati.

Il portale www.euplay.net, dal canto suo, si prefigge lo scopo di fornire un luogo dove la Musica e la passione per la Musica possano tornare ad essere il collante di incontri tra cittadini dell'Europa (e del mondo), terreno di un fecondo scambio di informazioni e di pensieri, di un proficuo confronto su tematiche musicali (e non).

Una rinnovata piazza virtuale dove possano conoscersi musicisti provenienti dai diversi paesi, maestri, ma anche allievi. Dove possano mettersi in gioco, grazie ai concorsi per esecutori e compositori alla ricerca della nuova colonna sonora europea, professionisti, ma anche dilettanti appassionati. Dove ci si possa ritrovare, grazie alla forza di un interesse in comune, e poi riscoprire più simili ed uniti di quanto si immaginasse, per superare grazie ed attraverso la Musica - ancora una volta - i confini delle proprie identità nazionali e creare insieme un nuovo movimento di aggregazione che, partendo dalla Musica, in particolare, e dalla Cultura, in generale, riesca a ricordarci ed a rafforzare le radici da cui è nata la nostra unità - la nostra Unione Europea.

I paesi promotori del progetto EUPlay sono Italia, Inghilterra e Polonia. A partire dalla loro storia, sono state scelte le figure chiave di riferimento, personalità del mondo della politica, della cultura e della musica strettamente legate tra loro e fortemente connesse con i concetti alla base dell'attuale Unione Europea. Nella fattispecie, per l'Italia si sono scelti Giuseppe Mazzini e Niccolò Paganini, entrambi originari di Genova, che hanno intrattenuto rapporti con altri rappresentanti di spicco del pensiero europeo, come la grande scrittrice e pensatrice francese George Sand; per la Polonia, si sono scelti il Principe Adam Jerzy Czartoryski insieme al grande pianista e compositore Fryderyk Chopin, anch'egli legato alla filosofa francese, nonché al famoso pianista ed organista tedesco Felix Mendelssohn ed a sua sorella, Fanny Mendelssohn; per l'Inghilterra, il poeta inglese George Gordon Byron, il cui pensiero politico si è espresso nei celebri discorsi contro la repressione dei movimenti di protesta del popolo e si è palesato con la sua partecipazione ai moti carbonari italiani.

Partner ufficiali del progetto sono: N.E.M.O. g.e.i.e. (IT); Smolna Street Association (PL); QED Film & Stage Productions Inc (GB).

Copertina Toniolo

 

Nell'immaginario collettivo comune ancora oggi si è soliti legare i Santi a figure eccezionali di sacerdoti, oppure frati, fondatori di ordini e congregazioni, suore intrepide in terre di missione, Pontefici amati dal mondo intero che hanno contribuito a cambiare il corso della storia o anche martiri eroici della fede in periodi di persecuzione religiosa particolarmente cruenti. Che si possa essere invece ugualmente santi, e di prima grandezza, svolgendo ad esempio una vita laicale da docente accademico, padre di famiglia e sposo esemplare è – nonostante tutto – relativamente poco noto. Smentisce decisamente questo luogo comune l'ultimo studio di Giuseppe Brienza che, trascorso un anno dalla beatificazione del sociologo ed economista veneto Giuseppe Toniolo (1845-1918), torna sull'attualità della sua figura di militante cristiano a tutto campo in un approfondito saggio pubblicato nella collana "Etica ed economia. Materiali della tradizione cristiana" diretta da Paolo Del Debbio per il periodico bimestrale La Società, organo della fondazione veronese intitolata proprio alla memoria di Giuseppe Toniolo e dedicata all'approfondimento di studi e ricerche scientifiche in tema di Dottrina sociale della Chiesa (cfr. G. Brienza, L'economista di Dio: Giuseppe Toniolo ad un anno dalla beatificazione. L'insegnamento del “profeta” della Rerum Novarum in un percorso fra riviste cattoliche del Novecento e interpretazioni contemporanee, Rimini 2013, Pp. 44, Supplemento “Etica ed Economia. Materiali dalla tradizione cristiana” a “La Società”, nr. 2/2013). La premessa al saggio, curata da Paola Ortelli, chiarisce che il lavoro di Brienza si sofferma principalmente sui tratti salienti del pensiero socio-economico toniolano visti come un modello concreto e tuttora attuabile di quella buona antropologia che presiede sempre alle scelte di merito della buona politica. In effetti, per riprendere le parole recenti del cardinale Angelo Bagnasco, il sociologo veneto costituisce “«un luminoso esempio e guida nell'attuale stagione italiana», caratterizzata da un generale e progressivo svilimento della morale pubblica” (pag. 6). Anticipatore della prima enciclica sociale della storia della Chiesa, la Rerum Novarum di Leone XIII del 1891, Toniolo resta infatti attuale proprio perchè è stato un uomo di studio e azione insieme che non ha mai scisso le due cose ma si è sempre mosso in una prospettiva coerentemente unitaria, secondo una visione che oggi definiremmo integrale (o, più correttamente 'organica') dell'uomo e della società nella sua interezza.

Docente universitario di economia politica presso gli atenei di Padova, Reggio Emilia e Pisa, si è distinto dai contemporanei – e, a ben vedere, anche dai suoi successori – proprio per la sua originale chiave interpretativa delle questioni sociali volta a sostenere “il primato dei valori morali e religiosi” (pag. 7) contro ogni riduzionismo di matrice materialista. Ed è “proprio ponendosi dal punto di vista antropologico e globale [...] che Toniolo rifiuta l'astrazione dell'homo oeconomicus. Dal primato della persona, dall'attenzione al bene comune perseguito attraverso i princìpi di solidarietà e sussidiarietà, si spiega il legame fra etica ed economia” (pag. 7). Ortelli cita come esempio significativo di questo approccio un suo intervento per l'inaugurazione dell'anno accademico nel 1873: “Dell'elemento etico quale fattore intrinseco delle leggi economiche”, dove si spiega puntualmente che la scienza economica va sempre integrata - e 'calata', se ci si passa il termine - in maniera interdisciplinare in dialogo con le altre discipline delle scienze umane nell'articolata realtà storica e sociale che è chiamata a servire, più che a governare: “in pratica, la causa efficiente primaria delle leggi sociali ed economiche è l'uomo nella sua interezza, quindi anche nelle sue dimensioni morali e spirituali” (pag. 7). Ecco dunque spiegato il rilievo conferito alla persona umana quale “centro del sistema economico”, la contestuale critica delle logiche mondane (già allora) imperanti del profitto, nonché dell'utile per l'utile, e la sottolineatura controcorrente sulla vitalità strategica “dei cosiddetti corpi intermedi e sull'influenza dello spirito religioso nella società” (pag. 7), per non accennare che alcuni dei capisaldi poi successivamente sistematizzati in forma esplicita dai principali documenti del Magistero della Dottrina sociale della Chiesa.

Segue quindi un'“Introduzione” dell'autore che rievoca sinteticamente i numerosi meriti storici per cui oggi egli viene ricordato: non solo la sua assidua attività scientifica di docente e ricercatore ma anche il fatto che fu l'ideatore delle “Settimane Sociali dei Cattolici Italiani”, nate proprio sotto la sua spinta nel 1907, quindi la guida dell'Azione Cattolica nei primi anni del Novecento e la fondazione della Federazione degli Universitari Cattolici (FUCI), senza dimenticare nemmeno l'impegno pluriennale nell'Opera dei Congressi (1874-1904) e il lascito ideale che ispirerà di lì a poco la fondazione dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Insomma, per Toniolo passa buona parte della storia del movimento cattolico italiano che va dalla riorganizzazione interna dopo la ferita inferta dallo Stato unitario a Porta Pia (1870) fino al Patto Gentiloni (1912) che segnerà l'ingresso ufficiale dei cattolici nella vita politica del Paese. In mezzo, quarant'anni di lotte, contese e ricostruzioni che videro Toniolo sempre in prima fila come formatore di giovani studiosi e intellettuali cristiani impegnati, nella convizione profonda che educare la classe dirigente del futuro non fosse meno importante che detenere le leve del potere civile. In questo senso, come accennato, la 'chiave segreta' di Toniolo va ricercata nel suo amore appassionato per l'insegnamento, visto quale esigente vocazione cristiana e quindi occasione di santificazione vera e propria (“Aver massima cura dei miei discepoli, trattandoli come sacro deposito, come amici del mio cuore, da dirigere nelle vie del Signore” (pag. 15), annotava significativamente nel suo diario spirituale). A seguire, nella prima parte dell'opera, Brienza riprende questi e altri princìpi-guida ispiratori del pensiero del sociologo veneto servendosi di una serie di contributi interpretativi pubblicati da alcuni studiosi – di diverso orientamento – in alcune riviste scientifiche di area cattolica del secolo scorso, dando voce nell'ordine ai saggi di Vittorio Trocchi, Giuseppe Cassano, Giovanni Ambrosetti, Paolo Comanducci e Giovanni Zalin. Si apprezzano così non solo tratti tuttora poco noti della sua vicenda biografica (come l'influenza culturale esercitata sul beato don Giacomo Alberione (1884-1971) e le svariate iniziative educative legate alla Società San Paolo) ma anche la radicata impostazione giusfilosofica del suo pensiero che fa da sfondo all'analisi sociologica in senso lato con attualissime considerazioni sulla crisi del positivismo giuridico e del moderno Stato di diritto: “secondo il modello di Toniolo, che ha alle spalle una lunghissima tradizione culturale, non é sufficiente che una legge sia stata emanata dall'autorità suprema perchè superi il controllo di validità. [Aggiunge] Comanducci: «Per non essere 'intrinsecamente nulla' essa deve, inoltre, non contraddire alcun precetto del diritto naturale. Dietro la formula della 'genesi razionale' dello Stato si annida infatti l'idea della vigenza universale (trans-temporale e trans-spaziale) del diritto di natura, gerarchicamente sovraordinato alla legge positiva, anche nel foro esterno” (pag. 23).

La seconda parte del lavoro è invece dedicata alle innumerevoli letture di Toniolo che hanno caratterizzato l'anno della sua beatificazione: da quella dell'economista di Dio' presente nel titolo e mutuata dalla biografia redatta anni or sono sul novello beato dal postulatore della causa, monsignor Domenico Sorrentino, a quelle - ugualmente pregnanti e non meno puntuali - di 'grande apostolo della Dottrina sociale' e 'restauratore della società organica' che pongono l'accento invece sulle finalità specificatamente apostoliche e pre-politiche che “caratterizzarono tutta la sua precedente attività di studioso e militante sociale” (pag. 31). Da ultimo, Brienza accenna anche a quanti – negli ultimi anni, proprio all'interno della comunità cristiana – hanno finalmente ripreso con convinzione la lezione toniolana dopo il periodo di vero e proprio oscuramento dovuto all'ubriacatura transgenerazionale degli anni Sessanta e Settanta, rilevando non poche suggestioni immediatamente spendibili nell'attuale crisi politica e istituzionale: “si pensi alla preoccupazione di Toniolo per le degenerazioni dei partiti, al suo invito a sviluppare ampie autonomie locali, alla sua esortazione per una legiferazione protettiva dei diritti dei lavoratori, alla sua proposta di ripartizione degli utili aziendali in capo agli operai, al suo sostegno a una democrazia sostanziale, nella quale si esprime il primato della società civile, pur nella salvaguardia del principio di autorità, e la finalizzazione al bene comune” (pag. 32). Come si vede, siamo qui di fronte a un deciso appello per un'assunzione delle proprie responsabilità da parte di ogni singolo soggetto presente nel corpo sociale (che poi sarebbe l'obbedienza alla famosa etica dei doveri che eventualmente precede e fonda quella dei supposti, ma più spesso inesistenti, diritti 'moderni') ripartendo da quel primato originario di Dio che nella storia ha espresso le migliori opere della tradizione sociale cristiana mostrando con i fatti come davvero, e non solo simbolicamente, chi si trova a difendere i diritti di Dio alla fine difenderà anche il valore universale della dignità umana in tutti i suoi aspetti. Dopotutto, per quanto si possa ancora polemizzare dagli odierni pulpiti massmediatici, il contrario (ovvero il rispetto del decalogo e della validità della legge naturale partendo dal singolo individuo, secondo un'ottica orizzontale anziché verticale), dati oggettivi alla mano, non è mai accaduto.

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI