Parigi nel XX secolo, opera profetica di Jules Verne

Cosa accomuna George Orwell, Aldous Huxley e Jules Verne? Gli autori di 1984, Il Mondo Nuovo e Il Giro del mondo in 80 giorni? Apparentemente nulla. Infatti i primi due appartengono al filone della narrativa utopistica, il terzo scrive ottanta romanzi di avventure e romanzi scientifici ai primordi della fantascienza. Verne scrive avventure esotiche con la presenza di macchine innovative dove la tecnica e la scienza assieme alla fiducia nel progresso appaiono centrali nella sua narrazione. Ma nel 1992 Jean Verne, pronipote di Jules, ritrova un romanzo rimasto nascosto per più di un secolo. Una cassaforte di famiglia, della quale si era perduta la chiave, passa da una generazione all’altra e solo nel 1989 la madre di Jules incarica una società specializzata di aprirla facendo saltare la serratura. Ma il contenuto non viene osservato attentamente e rimarrà in un sacchetto di supermercato ancora per qualche anno. La curiosità di Jules porta alla scoperta di un romanzo inedito del quale si sapeva l’esistenza, ma che nessuno aveva mai visto. Si tratta di Parigi nel XX secolo, scritto nel 1863, quando Verne aveva  35 anni, ma lasciato o dimenticato in un cassetto forse per via del profondo pessimismo che male si inseriva in un periodo che vedeva all’orizzonte il trionfo delle “magnifiche sorti e progressive” delle quali già dubitava lo stesso Leopardi. È rifiutato dal suo editore Pierre-Louis Hetzel con una lettera della fine del 1863 nella quale pone dei rilievi tecnici per migliorare il testo, ma che nascondono, anche non troppo velatamente, il fatto che “non si crederà oggi alle vostre profezie” che non interesseranno ad alcun editore. Il romanzo, che viene pubblicato solo nel 1994 da Hachette, l’editore storico di Verne (in italiano nel 1995 e nel 2013), si inserisce nel filone della narrativa utopistica  affiancando l’autore ai due famosi scrittori inglesi.

Parigi nel XX secolo ci mette di fronte a un Verne pessimista  già all’inizio della sua carriera di scrittore e che è consapevole del destino di un’umanità che, se continuerà sulla strada che ha imboccato, sarà destinata ad arrivare dove lui immagina. Una storia ambientata nella Parigi del 1960 in una città tutta tecnologica: aria compressa che fa muovere le macchine, combustibili ad idrogeno, mezzi automatici su rotaie sopraelevate, sistemi comunicativi che sembrano internet, energia eolica, macchine calcolatrici, sistemi di climatizzazione, l’uso del pantelegrafo, l’antenato del fax inventato dal sacerdote italiano Giovanni Caselli.  Le logiche dell’economia trionfano relegando nel dimenticatoio la letteratura, l’arte e la musica. Nelle università i corsi umanistici sono in via d’estinzione e prevalgono le materie tecniche. Il protagonista, Michel, è orfano e si occupa di lui uno zio banchiere che incarna perfettamente lo spirito del tempo: è il “prodotto naturale di quel secolo industriale”, un uomo pratico che fa solo cose utili e disprezza le arti e gli artisti.  Michel invece è proprio un artista come suo padre che era musicista e ama tutto ciò che il secolo moderno ha dimenticato, in primo luogo la letteratura. Va subito alla ricerca degli autori a lui cari, ma inutilmente, Hugo, Balzac, de Musset e Lamartine non esistono più, gli scaffali delle librerie offrono solamente volumi dedicati a scienza e tecnica: Armonie elettriche, Meditazioni sull’ossigeno, Odi decarbonate, questi i titoli. Michel incontra uno zio, fratello di sua mamma, che di nascosto si tiene informato della sua vita stimando la sua vocazione artistica e che può dargli accesso ai libri che cerca avidamente per trovare ristoro in quel  mondo cupo, triste, dove il riso è proibito e che “non è altro che un mercato, un’immensa fiera” nel quale al: “cosa so?” ,si è sostituito il: “cosa mi rende?”.  Come tutta la letteratura utopistica coglie in modo profetico aspetti della nostra realtà: il mito della tecnica, il disprezzo per le materie umanistiche, la ricerca dell’utile ad ogni costo e ci offre un Verne sconosciuto, apparentemente agli antipodi di quello che abbiamo letto da ragazzi, ma, probabilmente, più vero e realistico dei suoi Viaggi straordinari.  Romanzi che hanno anticipato conquiste della scienza che si sono realizzate nel XX secolo, ma che nulla hanno a che fare con l’aridità e la tristezza che emanano da questa profetica opera.

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