Intervista a Leandro Del Gaudio

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Leandro Del Gaudio, nato a Napoli nel 1970, è un giornalista del quotidiano “Il Mattino” di Napoli, dove si occupa di cronaca giudiziaria e nera. Qualche tempo fa, in collaborazione con un suo collega, ha scritto il libro “Dentro la terra dei fuochi”, un instant book che uscì in allegato al quotidiano partenopeo.

Recentemente è stata pubblicata la sua opera prima “Cattivo infinito” (David and Matthaus), un romanzo ispirato ad una storia vera di un ex killer del clan Mariano, tornato a Napoli dopo 25 anni. Un interessante libro, con la prefazione di Roberto Saviano, nel quale l’autore parla di una storia di camorra lunga un ventennio, che prende avvio dalla faida dei Quartieri Spagnoli ed insanguinò Napoli alla fine degli anni ’80. Questo in breve lo scenario di un’opera, che vuol essere un chiaro atto di denuncia sociale.

Il suo impegno giornalistico e letterario verso tematiche scottanti, quindi estremamente complesse ed impegnative, è finalizzato ad un ritorno alla legalità ed al rispetto delle regole in un tessuto sociale dove da troppo tempo si è radicata una complessa situazione, all’interno della quale le fasce più deboli sono sicuramente le più penalizzate.

Lei si occupa di cronaca giudiziaria e cronaca nera presso il quotidiano “Il Mattino” di Napoli. Quali sono le motivazioni di questa scelta?

Fare nera e giudiziaria a Napoli è stata una scelta istintiva, nel corso degli anni rafforzata dalla logica e dall’esperienza. Non sono appassionato ai tecnicismi giudiziari, ma alle esperienze di vita che talune vicende sono in grado di raccontare. Cronaca nera e giudiziaria – ripeto – a Napoli più che altrove, sono una formidabile chiave di interpretazione della realtà in cui siamo calati. Il processo è un momento teatrale, spettacolare, dove hai la possibilità di confrontarti con fatti e di seguire l’intuito. Uno sbocco decisivo, che rappresenta anche un buon punto di partenza per altre esperienze espressive.

Vorrebbe parlarmi della sua attività di conduttore televisivo?

Per due anni ho condotto un programma dal titolo “Verità imperfette”. Come è facile intuire dal titolo, il programma puntava a raccontare gli aspetti inediti ed introspettivi di indagini giudiziarie seguite per “Il Mattino” a Napoli. Sono sempre stato appassionato da ciò che resta sullo sfondo di una vicenda giudiziaria, dalle tante piste alternative che si potrebbero suggerire ad un investigatore, oppure a un lettore, ovviamente senza volere in alcun modo forzare la realtà. Un’esperienza interessante e formativa, cui ho dato seguito con un programma su “Mattino on line” dal titolo “Cold case”.

Nel 2011 ha ricevuto un prestigioso riconoscimento, il “Premio Giornalismo Anticamorra”. Questo denota il suo costante impegno verso tale delicata tematica. Cosa pensa del ruolo sociale svolto dai mezzi d’informazione?

Naturalmente, sono onorato per questo premio, ma sul punto occorre fare chiarezza; infatti, credo che il giornalismo sia sempre e a prescindere impegnato e antimafia, quando esercitato in modo corretto ed onesto. Pertanto, non occorre essere specializzati in mafie e sistemi criminali per definirsi anticamorra. Vede, un buon pezzo di cultura o spettacolo, scritto con passione e correttezza formale, può avere più effetto di un’inchiesta-verità sul traffico di droga. Forse esagero, ma credo che ogni cittadino in questo senso, qualora svolga bene il proprio mestiere e rispetti le regole del vivere civile, è anticamorra. Ovviamente anche ai mezzi d’informazione spetta il compito più delicato, che è quello della denuncia e del lavoro di inchiesta serio e professionale, ora più che mai decisivo, vista la quantità di siti di pseudo informazione presenti in rete.

Ritengo interessante il progetto di formazione all’interno delle scuole, volto a sensibilizzare le nuove generazioni ad una più consapevole responsabilità etica e morale nei riguardi dell’ambiente e della cittadinanza. Vorrebbe illustrarmi il suo ruolo all’interno di questa iniziativa, che la vede impegnata in prima linea?

Nel 2014, assieme al collega Gerardo Ausiello, ho scritto un libro dal titolo “Dentro la terra dei fuochi”, uscito con “Il Mattino” e venduto in circa 3000 copie. Un instant book dal quale è nato un progetto con l’alto patrocinio dell’Ordine dei giornalisti e del Comune di Napoli, finalizzato a sensibilizzare le nuove generazioni su due argomenti complementari: emergenza ambientale e comunicazione corretta. Siamo partiti da un dato di fatto: la “terra dei fuochi” per vent’anni ha subito un deficit di informazione, consentendo così ai casalesi di versare in modo illecito sul nostro territorio ogni genere di spazzatura.

Oggi, invece, si parla spesso in modo scorretto di inquinamento in Campania, rischiando di mettere a repentaglio un’intera economia. Che fare? Abbiamo provato un’operazione trasparenza coinvolgendo le scuole: ambiente e comunicazione sono due facce della stessa medaglia; chi scrive – e con i social tutti scrivono – deve sapersi assumere la responsabilità di quello che scrive, come deve essere in grado di impedire nuovi atti di devastazione ambientale. Nel corso, si parla di “terra dei fuochi”, ma anche di Costituzione e di regole sottoscritte dall’Ordine in materia di privacy e rispetto delle fasce deboli.

Nel 2014 ha pubblicato, insieme al Gerardo Ausiello, il libro-inchiesta “Dentro la terra dei fuochi”, distribuito in allegato con “Il Mattino”. Potrebbe illustrare in breve la sua trama?

La trama di questo libro è chiara, forse persino elementare: sulla “terra dei fuochi” sono nate oltre novanta inchieste giudiziarie, che hanno raccontato di tutto. Ad inquinare sono stati i casalesi, poi i massoni, i politici corrotti e i servizi segreti deviati. Bene. Ciò che manca è una denuncia contro la pubblica amministrazione nei suoi aspetti ordinari. Abbiamo così messo in evidenza un punto su tutti, tra il 1999 e il 2000 l’mergenza “terra dei fuochi”, (espressione nata solo nel 2005 ndr), era già cosa nota. Venne organizzato u tavolo tecnico con tutti i profili istituzionali – dal Ministero agli Enti locali, all’ARPAC – che organizzarono visite, limitandosi a un lavoro superficiale. In quel periodo, se si fosse intervenuto correttamente, l’inquinamento sarebbe stato svelato e a nostro avviso, il dolore di tante famiglie evitato. Pensiamo ai bambini in tenera età deceduti per patologie oncologiche, nati successivamente a quel tavolo tecnico.

Ma c’è un altro punto che ci impressiona: esiste lo studio del geologo Gianni Balestri, secondo il quale, se non si interviene con fermezza, il percolato di una ex discarica offenderà la falda acquifera che serve una parte di Napoli. Tutto ciò di verificherà entro il 2064: non è un buon motivo per puntare i riflettori sulle scelte attuali di Enti locali e pubblici amministratori?

Il romanzo “Cattivo Infinito”, sua opera prima tratta da una storia vera, ha un titolo eloquente, estremamente significativo. L’infinito è destinato ad essere negativo, per l’appunto “cattivo” finchè ognuno di noi non proverà a cambiare le modalità di osservazione del mondo circostante?

Si, il titolo “Cattivo infinito” (il quale scimmiotta un po’ Hegel nella critica ai sistemi idealistici) è quello indicato nella domanda: infinito vuol dire liturgico e ripetitivo, come la cronaca nera a Napoli, che espone storie si faide e tregue, di affari sporchi e facili compromessi tra borghesi e camorristi. Una storia vera che rappresenta una denuncia verso un certo quieto vivere tutto napoletano.

Non le chiederò di svelarmi la trama, anche per non togliere al lettore la curiosità di andare a leggere la sua opera. Un assaggio della sinossi del libro, nei suoi aspetti salienti?

Nel 2013 ho incontrato Fabrizio a Napoli, mentre mi occupavo di un caso giudiziario legato alla scomparsa dei fascicoli dei processi presso il Tribunale. Fabrizio mi ha raccontato una storia strana, che poi ho verificato: nel 1991 commise un tentato omicidio, nel corso di una delle tante faide napoletane; venne arrestato, processato, infine condannato. Egli conosce il carcere giusto di Volterra, fa teatro, si innamora della sua prof, ha una relazione d’amore, crede di poter volare pagina, li a scontare una condanna a 25 anni di reclusione. Si accorge però che i vecchi nemici gli stanno dando la caccia ed evade, scappa in Francia, dove si rifà una vita da imprenditore: soldi, belle donne, una famiglia, poi un incidente che lo ricatapulta a Napoli.

Insomma, una sorta di legal thriller vero nella sua parte essenziale, che ha un epilogo molto particolare. Ma ovviamente mi fermo qui, limitando a farne solo un breve cenno.

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