Dell’autore delle Cronache di Narnia, Clive Staple Lewis (1898-1963), Le lettere di Berlicche sono una delle opere più note e amate. Pubblicate originariamente sul The Guardian nel 1941 con frequenza settimanale, si tratta delle istruzioni di un diavolo anziano, “sua potente Abissale Sublimità il Sottosegretario Berlicche” destinate al nipote Malacoda, un giovane apprendista tentatore. Regalando ai nostri lettori la prima di una serie “inedita” di lettere, nate dalla penna di Lorenza Formicola, il Corriere del Sud intende tributare un omaggio all’ironia sapiente del grande scrittore britannico.
Mio caro Malacoda,
stamani mi sono svegliato con una terribile nostalgia per i tempi andati. Non so se ancora ricordi il nostro gran da fare nei giorni a ridosso della santificazione di due Papi, passata la Pasqua e nel pieno del mese mariano.
Ore e ore passate tra le file di penitenti in attesa di entrare nel confessionale, per tormentarli uno ad uno. Lavoravamo intensamente per stuzzicare e fomentare il rumore. Per difenderci e difenderli da tutti quegli abietti sensi di colpa, da quei desideri e propositi così alti e così perfetti, affannandoci a convincerli che fossero irraggiungibili.
Sembra passata un'eternità. Tutti, adesso, sembrano parlare d’altro.
Certo: i fedelissimi del Nemico continuano a farsi sentire, ma c'è qualcosa nell'aria che mi porta tristezza. È 'sta storia dell'«omofobia».
Quando Nostro Padre ha inventato questa parola, non ci credeva neanche lui più di tanto. Nessuno di noi si aspettava il benché minimo successo. Ci aspettavamo il classico buco nellʼacqua, da aggiungere alla serie di neologismi che ci siamo sforzati di inventare, ma che sono sempre andati di moda solo per qualche stagione. E invece, a furia di ripetersela, i soliti quattro gatti che sono, nelle loro stanze vuote, sono stati travolti dalla eco della loro stessa voce, rimbombando come un megafono al punto da stordirli completamente.
La parola sta facendo il giro del mondo, e ancora non si sono accorti che non vuol dire proprio niente. Tutto è diventato una mera questione di dato biologico da superare.
Per un momento mi aveva persino sfiorato l'illusione che avessimo conseguito delle vittorie importanti, che ormai il gioco fosse fatto. E, se ben ricordi, abbiamo persino festeggiato.
Ma il Nostro Padre lo ha capito prima di me: c'è poco da festeggiare.
Come chiusi in una campana che non smette di suonare, questi uomini non riescono neanche più a pensare. Non prendono in considerazione neanche noi. Se ne stanno tutti fermi a ripetere cose inventate da altri.
Ormai hanno così tante scuse da inventarsi che anche io rabbrividisco.
Li abbiamo educati a pensare al Futuro come a una terra promessa, e lo abbiamo reso una tale ossessione da trasformarlo nel fine ultimo di ogni loro più piccola azione.
In nome del "Futuro" agiscono, inventano e distruggono, anche se stessi.
Si sono uniformati a quel pensiero unico che impone loro di mostrarsi tolleranti per tutte le visioni del mondo, per tutte le religioni. E si rinsaldano a vicenda nella paura di una pretesa di verità troppo imponente, troppo elevata.
Eppure lo ripeto a te, come non smetto di ripeterlo a me stesso: mai sottovalutare il Nemico, il suo operato e l’attività dei suoi figli.
Guarda per esempio le veglie che stanno animando le piazze di tutta Italia. Se ne stanno lì, le Sentinelle in "piedi", per difendere la libertà di opinione. Per difendere quella realtà che con il tempo abbiamo imparato a capire – certo, non a condividere – persino noi.
In piedi, in silenzio, con un libro in mano, si sono inventati il modo più opportuno di rivendicare quella cosa oscena, che il nemico chiama verità.
Tutt’intorno a loro, invece, gli altri rivendicano il diritto di godersi la vita senza nessuna responsabilità, in nome di un’autodeterminazione che loro giudicano di “dignità morale superiore", ma che invece li sta svilendo. Il che, attenzione, va bene! Fino a quando, tuttavia, potranno vivere senza limiti e nel disprezzo per lʼautentica natura umana?
Ci imbattiamo ancora nell'inesplicabile. E nell'imperscrutabile sento l'ombra del Nemico che molto presto ci darà filo da torcere.
Il tuo tristissimo zio.