Col titolo Feluche d’Italia il curatore Francesco Perfetti raccoglie saggi di vari studiosi dedicati al tema della diplomazia in rapporto con l’identità nazionale (Le Lettere ed., pp. 250, € 19,50). La nascita del Regno d’Italia fu possibile anche per il sapiente operato di una classe diplomatica di stretta osservanza cavourriana. Da quel momento le feluche – dal nome del copricapo anticamente utilizzato dagli ambasciatori – operarono, nel corso delle varie e anche contraddittorie fasi della storia nazionale, per tutelare gli interessi permanenti del Paese, oltre il mutare dei governi e dei titolari degli Esteri.
I contributi contenuti nel volume ricostruiscono l’azione della diplomazia italiana dal 1861 alla conclusione del confronto bipolare dopo la guerra fredda. Questa riflessione corale non si limita a descrivere le attività dei diplomatici, ma cerca di comprendere i valori, la forma mentis e il modus operandi di un ceto che, in certa misura pure nell’Italia contemporanea, svolge una funzione rilevante. Formalmente subordinati al potere politico, i diplomatici hanno saputo ritagliarsi margini di autonomia (talora ristretti) che hanno sovente permesso, nei limiti a volte condizionanti delle loro facoltà, di contenere gli sbandamenti del Paese nell’arena internazionale. Attiva quanto silente tessitrice della politica estera italiana, la diplomazia rappresenta, a centocinquant’anni dall’Unità, una realtà con la quale fare i conti, anche sul piano storiografico. Autori dei saggi sono Massimo de Leonardis, Gerardo Nicolosi, Federico Niglia, Giuseppe Pardini e lo stesso curatore.