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A 82 anni dalla scomparsa della scrittrice e poetessa torinese Amalia Guglielminetti il Caffè Letterario La Luna e il Drago «raccoglie il testimone».
Da quest’anno, negli ambiti del Premio Letterario Internazionale La Luna e il Drago, giunto alla XV edizione, verrà assegnato il riconoscimento PREMIO AMALIA GUGLIELMINETTI a "Figure femminili di grande rilievo per il loro versatile operato culturale nel panorama nazionale contemporaneo".
Un premio che nasce ufficialmente oggi, ma si auspica possa crescere negli anni.
Scrittrice, anche giornalista d’avanguardia, brillante poetessa che, attraverso la lettura della sua voce lirica e prosastica, emerge come una donna emancipata, libera, moderna, alla continua ricerca di sé, Amalia Guglielminetti è stata uno dei più clamorosi casi di "damnatio memoriae" della letteratura novecentesca, sprofondata ingiustamente nell’oblio.
Nonostante la levatura artistica ed umana di questa antesignana figura dell'emancipazione femminile, la sua opera non ha trovato posto nelle antologie scolastiche.
Persino le sue ultime volontà, sia quelle relative alle modalità di sepoltura (una tomba a piramide con l’iscrizione “Essa è pur sempre quella che va sola”), sia l’istituzione di un premio letterario a suo nome, sono rimaste inascoltate.
Infatti, se per il recupero letterario ed umano dell’artista, in anni recenti, si siano adoperati in diversi attraverso pubblicazioni di ampio respiro, la stessa cosa non è avvenuta per quanto riguarda quel suo desiderio di un Premio letterario a lei dedicato, tuttora disatteso.
A diversi anni dalla sua scomparsa sarà, dunque, il Caffè Letterario La Luna e il Drago, curato dalla scrittrice ed operatrice culturale Anna Montella, a conferire ad Amalia Guglielminetti il meritato lustro.
Già 5 anni fa, nel 2018, il Caffè letterario La Luna e il Drago dedicava una sezione del Premio proprio ad Amalia Guglielminetti e oggi si va perfezionare quello che, all’epoca, fu l’omaggio ad un’artista iniquamente trascurata e, a torto, dimenticata.

Quant’è grande la Palestina? Quante persone vivevano in Galilea ai tempi di Gesù? Da un punto di vista demografico come era composta la popolazione? Chi meglio di uno statistico di professione può rispondere a questi interrogativi? Infatti, è Roberto Volpi che risponde a queste domande grazie alla sua esperienza nel mondo della statistica specialmente legata alle dinamiche demografiche. È un approccio originale alla vita e alla predicazione di Gesù Cristo “figura storica e divina” nei suoi rapporti con la piccola regione che lo vede predicare, infine Gerusalemme, culmine della predicazione e protagonista della passione, morte e resurrezione. Volpi, da statistico ci spiega la demografia dell’epoca che vede una popolazione “giovane”, ma che a trent’anni, è, mediamente “nel mezzo del cammin”. Gesù è un uomo adulto, maturo e autorevole anche per questo. I bambini sono a frotte, riempiono le strade e in un attimo attorniano il predicatore. Oggi sarebbe impensabile, visto l’inverno demografico che stiamo attraversando e che Volpi ha ben descritto in altri suoi lavori di successo. E di successo sarà anche questo intitolato In quel tempo. Da Gesù a Paolo attraverso i numeri del Nuovo Testamento (Solferino libri, 2023). Numeri che indagano le dimensioni della Galilea, la sua popolazione, le distanze tra i luoghi della predicazione col “ministero di Gesù (che) si concentra in un area ancor più circoscritta” della già piccola Galilea, per una piccola popolazione che spesso è la stessa che rapidamente, grazie alle brevi distanze tra i vari posti, Lo raggiunge. Gesù si trova così a dover rinnovare la sua predicazione “perché non si rivolge a gente sempre nuova (…). Un calcolo (…) ci suggerisce che già dopo qualche mese, tre o quattro al massimo, la maggior parte degli abitanti della Galilea già avuto l’occasione, o se la fosse creata, di ascoltarlo almeno una volta”. E se gli spostamenti di Gesù sono limitati e consentono alle “folle” (un capitolo è dedicato ai numeri di queste folle) di raggiungerlo rapidamente ci sarà chi, nella storia degli inizi del cristianesimo, e parliamo di Saulo di Tarso, che diventerà Paolo dopo la conversione, in 11-12 anni e tre lunghi viaggi, porterà la buona novella in tutto il “Mediterraneo orientale e le sue regioni, le sue città e civiltà” trasformando la predicazione in “cittadina, urbana e insieme globale” portando il messaggio di Gesù Cristo nel mondo. Nella prefazione del card. Camillo Ruini si leggono anche delle riflessioni critiche ma che si concludono in un invito alla lettura di questo volume scritto da una persona che evidenzia il suo essere credente e il suo coinvolgimento personale. Ma la conclusione del cardinale è eloquente: “I lettori di questo libro sono quindi stimolati a consolidare e approfondire il proprio rapporto con Gesù”. E questo è un grande risultato che fa del libro di Roberto Volpi una lettura utile, curiosa e edificante.

In molti sostengono che l’Occidente, l’Europa è scristianizzata e promuove i “nuovi diritti”, come l’eutanasia, l’aborto, il Gender, ma questo è vero per quanto riguarda le classi dirigenti europee, poi ci sono i popoli che per la verità non tutti sono secolarizzati. Nel secolo scorso, è esistito qualche rappresentante europeo che dirigeva il proprio paese secondo i principi cristiani, uno di questi era sicuramente il re Baldovino del Belgio. Peraltro, Baldovino si è reso protagonista per essersi rifiutato di firmare la legge dell’aborto votata dal parlamento belga: Devo seguire la mia coscienza, aveva detto. Per il momento ho deciso di leggere una breve biografia (soltanto 115 pagine) del cardinale Leo Jozef Suenens, Re Baldovino. Una vita che ci parla” (Società Editrice Internazionale, 1995, Torino).

Il cardinale con questo testo rivela un profilo autentico e per certi aspetti sconosciuto, del defunto re Baldovino del Belgio, anche perché Suenens gli è stato vicino per oltre trent’anni. Infatti, qui vengono pubblicate pagine del diario di Baldovino e corrispondenze inedite che ci permettono di scoprire la personalità, la sua umanità, la profondità della vita religiosa del re, valori molto rari in un uomo di Stato.

Il libro è stato pubblicato qualche anno dopo la morte del re, avvenuta il 31 luglio 1993. Nell’omelia il cardinale Danneels disse a proposito di Baldovino: “eravamo in presenza di uno che era più che un re; era un pastore del suo popolo”. Nei primi capitoli il libro racconta del fidanzamento del re, praticamente sotto il segno della Madonna di Lourdes e con i preziosi consigli di una straordinaria donna irlandese, Veronica O’Brien. Consigli che il re prese in considerazione a partire dalla lettura del Trattato della vera devozione a Maria, di san Luigi Grignon de Montfort. “Sono sicura che quando avrete meditato e pregato queste pagine sante, sceglierete Maria come vostra Regina e l’accetterete come Madre, ancor più che in passato”. Del resto, il re aveva pregato il Signore, affinché gli mandasse una santa per guidarlo e formarlo nella sua vita spirituale. Questa santa per il re è la donna irlandese, vestita di verde, che le fa conoscere la sua futura sposa, Fabiola de Mora y Aragon. Anche lei si recherà a Lourdes per affidare la sua decisione finale in merito al fidanzamento con il re del Belgio. Il 6 luglio 1960 i futuri fidanzati si ritroveranno a Lourdes, e qui qualche giorno dopo si promettono l’uno all’altra. Il testo riporta le impressioni di Baldovino sulla sua futura sposa: “Amavo tutte le sue osservazioni e le sue reazioni, ero sempre più convinto che Avila (lo pseudonimo di Fabiola) da sempre era stata scelta dalla Vergine Santissima per diventare mia moglie e ne ero infinitamente riconoscente a Lei e a quel suo caro strumento, Veronica”.

Nella seconda parte, Suenens tratta del cammino spirituale del re. Pubblica delle lettere significative dove emerge la grande spiritualità di Baldovino. La preghiera aveva un posto prioritario nel suo orario quotidiano. Abitualmente si collocava al mattino, dove il re si metteva in ascolto di Dio per servire meglio gli uomini. “Era la sua udienza dal Signore perché l’aiutasse a essere attento alle persone che avrebbe dovuto incontrare”. Le sue parole sono pregne di una grande religiosità: “Insegnami, o Gesù, a essere con le persone che incontrerò quello che tu vuoi che io sia, un testimone del tuo amore per gli uomini”. Il re chiedeva aiuto al Signore: “Sii la mia forza, la mia saggezza, la mia prudenza, il mio buon umore, il mio coraggio, la mia dialettica”. Soprattutto chiede l’umiltà: “O mio Dio perdona questo tuo insetto di voler essere un bel cavallo. Rendimi umile, Signore onnipotente, e felice di essere stato creato piccolo”. Nell’itinerario spirituale del re, il cardinale individua una vera e propria alleanza mariana, attraverso la O’Brien che le suggerì di tenere un diario intimo. Qualcuno potrà qualificare il comportamento del re come bigottismo. Lo hanno fatto per Maria Cristina di Savoia, la reginella di Napoli. Comprendo che non siamo abituati vedere nei “potenti”, un comportamento coerente con la fede in Gesù Cristo.

Negli ultimi anni della sua vita, il re soffrì molto fisicamente, soprattutto durante le visite o ricevimenti ufficiali. Il cardinale ci offre il suo messaggio di addio, che ha certamente un valore di testamento per il suo popolo. Poi il libro riporta integralmente anche la significativa omelia del cardinale Danneels, per i funerali del re. Baldovino è stato un re secondo il cuore degli uomini, un uomo discreto, silenzioso, sempre sorridente, infinitamente delicato. Un re che ha governato per ben quarantadue anni. “Si, sull’esempio di Davide, il grande re della Bibbia, re Baldovino è stato un pastore del suo popolo. Prediligeva i piccoli, i poveri, gli abbandonati. Soprattutto questi ultimi, li cercava. Durante le visite attraverso il paese, lo si vedeva spesso, insieme alla regina, conversare con persone semplici o bambini, chinando la testa e porgendo l’orecchio per ascoltarli. Con il suo sorriso accoglieva le loro confidenze e le conservava nel suo cuore come la Vergine Maria”. Ci sono dei passaggi interessanti che descrivono le straordinarie doti cristiane di Baldovino, ne ho scelto qualcuna: “Questo re pastore è stato soprattutto il modello del suo popolo […] Per lui la coscienza era un assoluto; era la voce dell’uomo profondo e la voce di Dio. Egli l’ha seguita sempre, anche a rischio della sua posizione di re. La vita umana, pensava, valeva questo prezzo”. Il cardinale ricorda come il re fu un grande difensore dei grandi valori della civiltà occidentale e anche universale, come la promozione della famiglia, la priorità data ai senza lavoro, agli esclusi, agli emarginati, ai diritti dell’uomo.

Per Danneels il re era un modello nella sua vita di coppia e nella vita familiare. Il re diceva: “Chi vuole creare l’unità nel suo paese, deve esercitarsi a farla anzitutto in casa sua e nella sua famiglia”. Una identità che nella stragrande maggioranza dei dirigenti europei è completamente assente.

Per Danneels Baldovino se era secondo il cuore degli uomini – secondo il nostro cuore - era anche un re secondo il cuore di Dio. Il cardinale precisa che il re defunto, “dietro al fogliame delle attività pubbliche e politiche, zampillava una sorgente calma e nascosta; era la sua vita in Dio. La preghiera, l’eucarestia quotidiana, la lettura del Vangelo, il suo amore per la Vergine Maria, la penitenza: queste le sorgenti segrete che alimentavano il fiume della sua esistenza. Mentre serviva gli uomini, non cessava di pensare a Dio”.

Per Danneels in futuro ci sarà un tempo in cui l’umanità si renderà conto su chi era veramente il re Baldovino, “allora il mondo intero porterà la mano alla bocca per lo stupore. Come il centurione sotto la croce, gli uomini diranno: “Veramente quest’uomo era un giusto” (Lc 23,47)

Il cardinale, infine, ci tiene a precisare che la fede del re non era un paravento di cui servirsi per fare altro. Baldovino era obiettivo nei suoi giudizi e rispettoso di tutti.

Danneels conclude: “Noi abbiamo perso un re. Al suo posto Dio ci ha dato un intercessore e un protettore. Felice il popolo che ha ricevuto un tale re che lo governasse da vivo e un tale angelo che veglia su di lui dopo la sua morte”.

Il testo termina pubblicando delle testimonianze evocatrici di artisti, di gente comuni, testimonianze commoventi e inattese, come la visita del re ad una mamma malata di cancro in fase terminale, che non ha potuto prendere parte alla festa del matrimonio del proprio figlio. Baldovino si era informato dell’ora del matrimonio e a sorpresa va a far visita alla mamma proprio in quell’ora.

Eretica Edizioni è una Casa Editrice di Buccino (SA) nata nel Novembre del 2014 che, dopo un’attenta valutazione, pubblica opere inedite di scrittori appassionati. Siamo lieti di presentarvi Fuga dall’Est, la nuova opera di Angelo Barraco. 

Questo libro è stato scritto nei primi mesi del 2022, quando è scoppiato il conflitto tra Russia e Ucraina. In quei giorni di marzo le città italiane si preparavano per accogliere gli sfollati e, parallelamente, si svolgevano numerose manifestazioni -da Nord a Sud- per dire “No” alla guerra. Nel corso di quei giorni ho intervistato volontari e associazioni che si mobilitavano per raccogliere beni di prima necessità e portarli in Ucraina, ma anche cittadini ucraini residenti in Italia che avevano i parenti in quei territori […] 

“Con questo libro ho voluto raccontare la guerra dal punto di vista delle vittime. Molti rimangono imprigionati dentro i bunker antiaereo in attesa di un momento giusto per uscire, altri ancora non potranno mai farlo perché moriranno. Qualcuno riuscirà a fuggire e sarà fortunato, altri ancora rimarranno imprigionati in quell'inferno e moriranno intrappolati, senza mai trovare il fatidico momento giusto. 

Per molti non ci sarà mai. Alcuni saranno uccisi dai cecchini, ad altri finirà la benzina in mezzo ad una strada troppo isolata. Ho deciso di raccontare tutto in versi, quasi come fossero dei piccoli diari di una guerra che si sviluppa di territorio in territorio e ho voluto trasformare ogni pagina in una narrazione emotiva unica e attuale”. 

DONBASS Il cielo è grigio sopra la testa / Di chi alza lo sguardo e cammina per strada / In attesa di fuggire via / Prima che l’ultimo respiro venga rubato dal vento. 

Angelo Barraco nasce a Marsala, in provincia di Trapani, nel 1989. È un giornalista pubblicista. Collabora con diverse testate nazionali, internazionali, cartacee e web. È autore del libro CAOS (Bertoni Editore), pubblicato nel 2021.  

 

 

 

"Storia scellerata" (Editore Carello) è il titolo dell'ultima fatica letteraria di Francesco Bellanti, singolare e talentuoso scrittore, poeta e saggista siciliano, professore di lettere presso il liceo scientifico di Palma di Montechiaro, attualmente in pensione; scrive su riviste culturali e collabora con giornali e portali online. 

Bellanti, autore di una dozzina di libri, è giunto alla sua quarta pubblicazione negli ultimi tre anni, dopo "Dialogo con il Führer – Giorni d’estate a Berchtesgaden" nel 2019, "Il Cardinale e il labirinto di Dedalo" nel 2020, "Isabella Tomasi di Lampedusa – La più grande dei Gattopardi" nel 2021; tutti volumi che hanno riscosso ampi consensi di pubblico e di critica.

"Storia scellerata" (di don Lollò il Crasto, che fece il vastaso per diventare l’ultimo Gattopardo, attore, nobile, mafioso e deputato) è un'opera   dall’originale impianto narrativo e dai tratti visionari, fantastici, in cui è palpabile una profonda  formazione umanistica, molto attenta alla storia e alla cultura popolare, che dunque può essere collocata nel contesto del realismo magico.

Questo romanzo si presenta subito un po’ diverso dalle precedenti opere dell'autore, soprattutto per la struttura linguistica; un'esplosione di dialetti, ma anche di influenze linguistiche colte, fra latino, italiano, spagnolo, tedesco ed inglese.

È la realtà della Sicilia, una Terra segnatamente  ricca di storia, cultura, arte e tradizioni religiose. 

Del resto, tutti i suoi  romanzi sono intrisi di Sicilia; una realtà che rappresenta l'avvincente  metafora del mondo, culla di grandi civiltà, crocevia di popoli, culture, razze e lingue, che unisce e non divide, anello di congiunzione tra Oriente ed Occidente, amata da poeti e scrittori, meta di pellegrinaggio e di viaggi di persone provenienti da ogni parte del Pianeta. Sostanzialmente, solo in Sicilia, luogo fatale, si può trovare quello che Bellanti ha  descritto nel libro: un caleidoscopio straordinario di personaggi tragicomici, bizzarri, stravaganti, eccentrici, paradossali,  ma sempre veri. Incontriamo uomini, non solo maschere, all'interno di un "tourbillon" di storie, dialoghi e originali incroci culturali e linguistici.

La Sicilia ha una connotazione universale, multietnica, cosmopolita,  interculturale, allucinante ed effervescente, aberrante e pazzesca, metafisica ma vera.

Il paese immaginario di Almeda è descritto nel modo più reale possibile  e rappresenta tutto questo. 

La scelta linguistica è una conseguenza di questa realtà in cui si parlano tutti i dialetti e tutte le lingue del mondo.

Questo è l'universo che lo scrittore desidera  rappresentare ed  analizzare non solo in questo romanzo, ma anche in tanti altri suoi libri.

In questo suo nuovo romanzo, ancora una volta, i personaggi sembrano agire in preda alla follia. Un filo conduttore con il grande scrittore, peraltro suo conterraneo, Pirandello? 

Sì dottoressa, come sempre ha colto nel segno; tra l'altro lei conosce alcune mie opere. Mi ha sempre affascinato questo tema, tanto che ho scritto un libro proprio sulla follia, "Casto, incontaminato amore", ancora inedito. Inoltre, nel corso della vita, per motivi legati alla mia professione di docente liceale di lettere, ho trattato autori come Pirandello, Svevo, Freud, Hölderlin, Ariosto, Tasso, Rilke, Kafka, Campana, Bruno, Nietzsche, Erasmo da Rotterdam, Blake e tanti altri. 

Grazie, in effetti ci siamo già incontrati e ogni volta fra noi si crea un'immediata ed agevole  sintonia. Ritiene ci siano anche altre motivazioni che riconducono alla trattazione della follia, un tema davvero particolare e complesso?

Credo che la follia sia una chiave di lettura decisiva per comprendere e decifrare il mondo. La follia è presente nella storia e nel tempo molto più di quanto si creda e, aggiungo, ancor più della stessa ragione. Pirandello è lo scrittore che meglio ha percorso il labirinto della follia. Il suo è un viaggio periglioso nella "pupazzata" della vita, nel mondo delle maschere e delle forme, nell’illusione delle pure apparenze, nelle trappole sociali; un viaggio nell’estraniamento ed al contempo nella grandezza del caos. La follia è l’impossibilità di  comunicazione, l’alienazione dell’uomo moderno all’interno della famiglia e della società;   è una sorta di fuga, per approdare nel panismo. Anche in questo romanzo la follia pervade la realtà e si traduce in  sfiducia nella storia. 

Lei è uno scrittore versatile, per temi e generi narrativi affrontati. Nella sua modalità espressiva, in particolare in questo volume, ricorre a svariati registri linguistici. Vorrebbe parlarmene?

La varietà dei registri linguistici in "Storia scellerata" è una conseguenza della molteplicità degli argomenti, ma, sinceramente, solo in questo libro ho rivoluzionato radicalmente il linguaggio, in ragione dei protagonisti, dei temi e dell’originalità della narrazione. Io prediligo l’italiano colto, letterario, una lingua bella, plastica, duttile, varia, sonora, una sorta di prosa poetica, che ha una tradizione di eccezionale spessore culturale. Non amo il dialetto come lingua scritta e soprattutto il siciliano, troppo denso di suoni cupi. In questo romanzo ho nobilitato i dialetti e la narrazione con riferimenti linguistici, per esempio un latino maccheronico ed espressioni, anche ironicamente storpiate, in  lingua inglese, tedesca, spagnola, e così via. Il dialetto "tout court" come lingua scritta non lo preferisco, anche perché io penso, ragiono e sogno, esclusivamente in italiano.

Nell'universo caotico del suo romanzo, all'interno di una straordinaria vicenda che si svolge in Sicilia, culla di grandi civiltà, è quindi possibile cogliere i salienti tratti identitari che la caratterizzano e ai quali ha dedicato anche saggi e studi?

Certamente e mi riferisco in particolare alla sua pluralità; è proprio questa l’identità della Sicilia, secondo la famosa definizione di Bufalino. La terra d’elezione di Federico II è un’isola “plurale”, ossia  con tante anime - come la definiva Gesualdo Bufalino - ed un realismo magico, molto simile al mondo rappresentato da  Gabriel García Márquez in tanti suoi libri che mi hanno sempre affascinato; si tratta di  uno degli aspetti più significativi anche di questo romanzo. L’identità siciliana non è solo la visione di una Sicilia pigra e indolente, verghiana, conservatrice, gattopardesca, intimistica e decadente, sprofondata nel millenario silenzio, oppure quella di un tessuto sociale corrotto,  mafioso e omertoso di una parte dell’opera di Sciascia. Infatti, c’è anche la Sicilia poliziesco-metafisica di Camilleri, quella mitica di Bonaviri, la Sicilia sensuale e lussuriosa di Brancati, la Sicilia del viaggio e del ritorno in un tempo arcaico di Vittorini. Ebbene sì, una Sicilia mitica, fiabesca e simbolica, il viaggio della presa di coscienza proiettato in un tempo arcano, così come in Pirandello. Pertanto, anche per la stesura di questo romanzo mi sono ispirato ad una tale  rappresentazione della mia Terra. "Storia scellerata" e "Il Cardinale e il labirinto di Dedalo" sono i miei romanzi in cui la cifra identitaria  siciliana emerge nella sua pervasiva espressione. Il lettore è immerso in un tempo visionario e fantastico,  costantemente sospeso fra realtà, leggenda, folklore, magia, superstizione, storia, tradizioni e cultura popolare, quello che potremmo definire -  seguendo schemi di ispirazione màrqueziana -  il realismo magico siciliano.

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