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Martedì, 16 Aprile 2024

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la-giusta-strada-del-ritorno

Nel suo ultimo lavoro poetico La giusta strada del ritorno, edito a Roma da Progetto Cultura, l'Autrice Silvana Palazzo "ci racconta della sua personale esperienza della morte del linguaggio, del fallimento della parola dinanzi alla disumanizzazione del mondo e dell'arte, dell'oltraggio che colpisce anche le parole che vorrebbero significare, delle parole amputate e doloranti che sconfinano nel silenzio, ma non il silenzio mistico, ascetico, ma un silenzio frutto avvelenato di una irrimediabile perdita di cui il poeta e' costretto a far dono" (dalla prefazione di Giorgio Linguaglossa).

La prima parte del libro e' infatti interamente dedicata alla ricerca del significato della parola. Nasce prima la parola o il significato che lei assumerà? si chiede la Palazzo che gia' in precedenza aveva dato esempio di come si possa fare poesia in quanto ricerca filosofica, psicologica, linguistica. Non solo come esercizio o modo espressivo bensì come tentativo di trasferire la poetica sui binari dell'esistenziale, non poesia di maniera, ma maniera di far poesia di scavo, sforzo di racchiudere il significato delle parole della quotidianità.

Man mano nel testo in questione le tematiche si allargano, si dipanano sulla ricerca sempre costante sul significato di concetti quali il tempo, il suo senso stesso, o quello che noi gli attribuiamo.

La parola porta alla formazione del periodo. Il periodo e' composto dalla formazione di più parole che nell'insieme danno un significato ed e' attraverso il significato della parola come tramite che si giunge al significato della vita stessa.

Cercando di capire la parola si tenta di interpretare la vita, il tempo nel suo rapporto con la vita e la sua fine.

Il tempo e la morte sono amiche tra loro, si intendono da sempre, da migliaia di anni di vita in cui nessuno e' sopravvissuto.

E la vita e' vista come intrattenimento nell'attesa dell'incognito che accadra'.

Una vita da amare o da ripudiare, da trascorrere a volte nel buio della follia con squarci di luce intermittente come bagliori di vita della mente.

Questa angoscia esistenziale che si esprime ad ogni evento vissuto attimo per attimo puo' e deve trovare la giusta strada del ritorno e qualora cio' non accadesse occorre aspettare di essere liberati dai labirinti nei quali nei quali c'eravamo incuneati ad esplorare, noi, con la nostra identita' e ciò che ci circonda. E' cosi che il problema esistenziale che affligge il mondo contemporaneo in questo lavoro si estende dal privato al sociale. Che la mens/oikos si espande, ecologia della mente, e la poesia dischiude il proprio confine domestico. Altra caratteristica, dunque, della poesia della Palazzo, questo passaggio dall'introversione al confronto col mondo che ci circonda.

E' il poeta a lanciare il proprio grido individuale di dolore che diventa appello, speranza di imboccare la giusta strada del ritorno.

Cosi', grazie a tale sguardo, qualcosa si apre all'orizzonte poetico:

"c'e' un'aria leggera che si espande / come polvere di nuvole nel cielo / ed e' un'aria che risveglia dal torpore della mente".

Il ritorno diventa cosi' recupero non di cio' che si e' abbandonato ma gioia di cio' che si e' ritrovato.

libro

“L’iniziativa l’ho presa io, era tanto tempo che volevo scrivere un libro che raccontasse di me e della mia storia”, confessa Siro Brugnoli protagonista del libro appena uscito a cura di Cesare Lanza “Siro Brugnoli. Un uomo e tre vite” (ed. L’Attimo Fuggente, 2016). Viene descritto come playboy di successo, imprenditore geniale, filosofo libertario. “Ma ci si ritrova in queste tre definizioni?”- “Mah, si stenta a crederci, però nella realtà è così.”. “Vorrebbe aggiungere o togliere qualcosa a quello che ha scritto il suo amico Cesare?” – “No, se mi ha visto così, va bene quello che ha scritto. Evidentemente ha trovato in me queste caratteristiche, e devo dire che non si è discostato dalla realtà, sono tutte e tre cose che ho raggiunto nella mia vita”.
Nella vita Siro Brugnoli ha avuto tante soddisfazioni. È riuscito a realizzarsi in campo lavorativo e sentimentale con impegno e fatica, e con doti di corteggiatore, senza mai perdersi d’animo, “perché tutto dipende da noi stessi”. E non lo dice come una frase fatta, di quelle che si sentono tutti i giorni e che si danno quasi per scontate. Brugnoli a quattro anni è stato colpito da poliomielite, e in maniera piuttosto grave, ma senza arrendersi ha vissuto come se fosse ogni giorno una sfida. La sfida di vivere.

“Si può dire che la sua vita sia stata quasi un paradosso? Nel senso che la malattia è stata la sua fonte di vita, le ha permesso di combattere e di realizzarsi in ogni campo desiderato. Si può dire che dalla negatività è riuscito a trarre laSiro Brugnoli bambino e le sue partite di calcio a quattro zampe positività?” . “È proprio così – risponde – di solito chi ha queste malattie ha problemi nella vita. Nella realtà io sono riuscito a far diventare la malattia da cosa negativa a cosa positiva. Un meccanismo che la mia psicologa chiama in un certo modo, ora non ricordo”. E se non ci tradiamo forse possiamo ipotizzare che la parola del meccanismo
attuato da Brugnoli sia “compensazione”. Ci rifacciamo ad Alfred Adler, lo psichiatra, psicoanalista e
psicoterapeuta austriaco che introdusse il concetto di complesso di inferiorità. Complesso che può essere accentuato da inferiorità d’organo, l’insufficienza fisica o estetica, e da costellazione familiare, la rivalità fra i fratelli. La compensazione è uno dei modi in cui la volontà di potenza supera il sentimento di inferiorità. Si potrebbe continuare perché Adler sostiene che l’individuo ha in sé una serie di potenzialità creative e deve trovare la possibilità di esprimerle attraverso l’azione, ma questo richiede un adeguato livello di autostima. Ed ecco entrare dunque l’incoraggiamento che in un contesto relazionale può consentire il superamento del complesso e portare all’espressione della propria potenzialità creativa. L’incoraggiamento diventa lo strumento per il cambiamento e per la guarigione, perché l’individuo viene aiutato a mettere in campo tali potenzialità, rimuove gli ostacoli, supera i problemi e capisce che dispone degli strumenti per realizzare le sue mete. E Brugnoli lo dice con una frase chiara e delucidativa: “ Non ho mai sentito di avere una disgrazia, e chi mi conosce neanche se ne accorge, anzi si dimentica”.
Probabilmente molto è dipeso anche dal contesto familiare in cui è vissuto. Il contrasto fra una mamma molto dolce e un padre duro e autoritario. La madre così premurosa e dedita alle cure per il suo amato figlio, il padre che non ha mai voluto riconoscere la sua malattia, facendogli fare esattamente tutto ciò che anche gli altri figli facevano, non aiutandolo, ed anzi arrabbiandosi se Siro non riusciva da solo. Se l’atteggiamento del padre aveva creato un dissidio
forte con Siro, solo dopo scoprirà il grande insegnamento ricevuto. Ma certo, accanto aveva almeno avuto la fortuna dell’affetto e della dolcezza della madre e dei fratelli che comunque non lo avrebbero mai abbandonato.
Brugnoli ha avuto accanto a sé donne belle e conosciute, addirittura su Siro Brugnoli e le donneriviste apparivano notizie delle sue love stories, donne che si innamoravano di lui, ma che non duravano poi troppi anni…. “Ma che rapporto ha con le donne? Perché non si è mai sposato?” A leggere il libro sembra che non si fidi delle donne. “E invece è tutto il contrario, io mi fido eccome, perché ho il vantaggio di conoscerle prima. Si chiama empatia questa mia qualità, la capacità di porsi nella situazione di un’altra persona con nessuna o scarsa partecipazione emotiva, ed io riesco a capirle prima che loro possano capire me. Le donne ti portano a fare cose che non vuoi fare e invadono la tua libertà. Allora so bene di chi fidarmi e di chi no, so bene chi frequentare e chi no. E non ho paura di loro sennò non avrei avuto tutte queste storie”. Nelle sue parole riportate nel libro si trova una punta di misoginismo, ma lui nega, “Non è così”. “Quello che dico è vero”, “sono storie che fanno ridere quando le racconto. Perché insomma è pur vero che iniziano a criticare gli amici e a non farmici più uscire, a criticare la pulizia o meno della casa facendomi perdere la donna che mi aiuta senza farmi mancare nulla. E poi ti tradiscono con un bel bagnino e ben presto sei costretto a lasciare casa e a ritrovarti con nulla”.
Ma sorvoliamo sulle donne e sul suo essere playboy, Siro Brugnoli è un industriale di successo. Ha una industria che produce apparecchi per la respirazione e vende in 95 paesi differenti. Si chiama MIR medical international research ed è un’azienda produttrice di dispositivi medici globale fondata nel 1993. Da più di 20 anni l’azienda è riconosciuta a livello internazionale per le numerose innovazioni e progressi in tre diversi settori del mercato: Spirometria, OssSiro Brugnoli viaggiatore del mondoimetria e Telemedicina. Forse anche la nascita di questa azienda è stata dettata da un sentimento di plongee verso chi ha bisogno di aiuto, dal poter far qualcosa per qualcuno. In realtà difficilmente ci si può mettere nella testa di chi ha subito una malattia. Difficilmente si comprende e si arriva a una sensibilità tale da entrare in ciò che le persone sopportano e hanno dovuto sopportare . “La società che ci circonda non ci capisce, non ha la capacità di comprendere. Perché bisogna mettersi nel cervello di chi ha quella determinata malattia, ed è impossibile. E poi sbagliano nel compatire chi ha un problema. Non capiscono che bisogna aiutare quelle persone affette da particolari disturbi o malattie in modo che non se ne accorgano di averle. Se si viene compatiti e aiutati allora va a finire che si trovano giustificazioni per non realizzare nulla e non si reagisce, non si ha nessuno stimolo”. E ribadisce : “Se ho fatto tutte queste cose nella vita è perché mi sentivo di farle anche se non ero in grado di farle. La capacità di risolvere il problema è dentro di noi, abbiamo in mano la possibilità di riuscirci. Io sono un esempio”.
Il libro ha una precisa funzione e valenza. La storia di Siro Brugnoli è piuttosto particolare e deve essere divulgata. E poi come dice il protagonista “l’obbiettivo è cercare di dare a chi legge un po’ più di forza per reagire a quelli che possono essere gli impedimenti e i problemi fisici, ma anche non fisici”. Il messaggio che si evince è che tutto dipende da noi stessi, e “non c’entrano nulla i soldi” (e Brugnoli lo dice perché ha avuto una vita sempre agiata), “perché ricco o non ricco uno deve avere la spinta, il carattere, la forza di risolvere il problema”.
Con tutte queste cose dette siamo così giunti alla terza immagine di Brugnoli: filosofo libertario. Non dà conto a nessuno, fugge dai pregiudizi e dagli stereotipi di vita, dalle convenzioni sociali e dalle precostituite idee politiche. Ed anche questo dipende da come egli ha vissuto ed è stato capace di vivere.


VITTORIO SCATIZZA 2016

In questi giorni, nell’ambito di un evento letterario, ho incontrato lo scrittore e poeta Vittorio Scatizza, autore dei romanzi “Il monile indiano” e “Un meraviglioso colpo di fortuna”, per i quali ha riscosso lusinghieri consensi di pubblico e critica e del racconto “La Baita” risultato finalista nel 2011 al Concorso “Giallo italiano”.

E’ stato un piacere confrontarci su tematiche riguardanti l’universo letterario e con l’occasione mi ha parlato del Premio letterario “Scriviamo insieme”, di cui è il Presidente, istituito nel 2011 dall’omonima Associazione Culturale.

Quest’anno, sempre sotto il Patrocinio gratuito di Roma Capitale – Municipio XIII Roma Aurelio, si terrà la VI Edizione di questo atteso ed ampiamente accreditato appuntamento con la Cultura.

Vittorio Scatizza nutre un’incontenibile passione per le Arti Letterarie e ciò si intuisce dall’entusiasmo con il quale argomento circa questo evento, che ogni anno condivide con i membri dell’Associazione, Giurie di alto livello ed un numero sempre crescente di partecipanti, fra aspiranti poeti e scrittori ed artisti di consolidata fama.

Un momento di aggregazione, che costituisce anche una valida opportunità di confronto tra persone che, accomunate dal forte interesse verso la scrittura e molto spesso da affinità elettivi, sono fermamente convinti dell’aulico valore delle parole, che diventano romanzo, racconto, saggio storico e poesia, intesa come messaggio sociale, cura dei travagli interiori e carezza dell’anima.

Anche quest’anno è ormai iniziato il conto alla rovescia della VI edizione del Premio Letterario Nazionale “Scriviamo insieme”, un concorso che si articola in otto sezioni a tema libero, da lei ideato diversi anni fa. Vorrebbe spiegare ai nostri lettori gli aspetti salienti di questa importante iniziativa socio-culturale?

Il concorso è nato da una mia passione per i premi letterari, ai quali da anni partecipo, sia pur con alterne fortune. Sin dalla prima edizione di “Scriviamo Insieme”, con il conforto fondamentale della Presidenza di Giuria, ho coltivato il desiderio che il progetto si spingesse più avanti, che la casa di “Scriviamo Insieme” costituisse un punto di incontro, un riferimento per noi organizzatori e per gli autori, un’opportunità di reciproca crescita. Certamente premiare fa parte del gioco, ricevere un meritato riconoscimento è giusto, ma non deve limitarsi soltanto a questo. Un premio letterario deve costituire un incentivo a promuovere lo speciale rapporto che esiste tra persone che condividono passioni comuni. Un rapporto che andrebbe consolidato, se possibile, anche al di fuori del concorso.

Ho notato con piacere la particolare attenzione che puntualmente rivolgete alle tematiche afferenti l’impegno civile, attraverso la poesia e la prosa degli elaborati premiati nel vostro concorso. Qual è il messaggio, come Associazione Culturale, che vorreste lanciare in questo particolare momento storico?

Nella vita di tutti i giorni siamo spesso circondati da arroganza e da cinismo, al punto che il nostro vivere sembra una quotidiana sfida per non soccombere all’inciviltà. Noto che i nostri bisogni si moltiplicano a dismisura, mentre sarebbe opportuno contenerli. Anziché aspirare ad una effimera abbondanza, ci si dovrebbe concentrare su taluni aspetti fondanti e veramente umani, capaci come null’altro di conferire alla vita un sapore unico. E’ tempo che rinasca dentro di noi e intorno a noi il piacere di una riconversione morale, che ci aiuti a riscoprire valori perduti, ricchi di intima gioia.

Questa iniziativa non ha la presunzione di cambiare lo stato delle cose, tuttavia, ci offre il modo di fare la nostra sia pur piccola parte. Vogliamo renderci conto di poter reagire e vogliamo pensare di saperlo fare, traendo spunti interessanti e motivazioni verso nuove iniziative.

Il registro artistico e culturale di “Scriviamo Insieme” si distingue per l’alto livello delle opere premiate. Nella scorsa edizione, conclusasi nell’ottobre 2015, quante opere sono state esaminate dalla vostra Giuria?

La quinta edizione del premio ha visto in concorso più di novecento opere tra poesia, narrativa e saggistica ed ha annoverato tra gli iscritti in gara nomi noti del panorama letterario italiano e, nello stesso tempo, autori esordienti o semplici appassionati di “scrittura”. Fatta esclusione per le opere edite, tutti gli elaborati, come da tradizione del premio, sono stati esaminati dalla Giuria in forma rigorosamente anonima, per garantire a tutti uniformità di valutazione secondo parametri precisi, che abbiamo voluto rendere noti agli autori stessi sin dal momento della pubblicazione del bando.

La novità di questa edizione è l’introduzione di un Comitato d’Onore, costituito da personaggi noti nel mondo letterario e dell’informazione. Vorrebbe parlarmene?

L’idea di creare un Comitato d’Onore ci è stata indirettamente suggerita dall’apprezzamento crescente che l’ambiente letterario e giornalistico ha riservato al concorso. E’ stato un interesse che si è manifestato in forma spontanea, non indotta né sollecitata. Da lì è nato questo progetto nuovo voluto dalla Presidenza del Premio che, riteniamo, si possa considerare la naturale evoluzione del concorso. Per noi è un grande privilegio e costituirà per il premio un valore aggiunto di grande spessore ed interesse. Sarà l’opportunità per conoscere meglio personaggi noti attraverso la loro presenza, i loro lavori e le loro novità già in sede di cerimonia di premiazione, ma anche in seguito,attraverso la visibilità che ne conseguirà sulla stampa e sul web.

Potrebbe illustrare le sezioni che compongono il Premio?

Sono previste tre sezioni di poesia che si distinguono in liriche singole, raccolte di poesia edite e raccolte inedite. Per la narrativa sono contemplate tre sezioni articolate in narrativa breve, libri di narrativa editi e romanzi inediti. La saggistica è suddivisa in due sezioni, una di libri editi e una di libri inediti.

La vostra iniziativa riscuote da sempre un certo successo anche all’Estero. Un modo per contrastare la crisi della cultura?

Senz’altro è una opportunità. L’interesse e il confronto con altre realtà culturali è sempre un’ottima cosa. Nel nostro Paese l’attenzione nei riguardi della cultura è ed è stata spesso ai minimi storici. Pur con la consapevolezza dei nostri limiti, cosa può fare ognuno di noi? Secondo me è importante creare idee, coltivarle come un bene primario ed aprire nostri orizzonti, relazionandoci con situazioni diverse. Un esempio su tutti: negli ultimi anni abbiamo avuto in concorso opere provenienti da quattro continenti e nella maggior parte dei casi è stato l’inizio di un rapporto con autori lontani, che non si è esaurito al termine del concorso, ma è via via cresciuto al di fuori del concorso stesso. Le affinità culturali e la condivisione di una passione comune hanno superato le distanze geografiche, determinando nel tempo il consolidamento di un contatto basato sulla reciprocità di intenti. Il confronto interculturale si rivela pertanto una preziosa fonte dalla quale attingere risorse al fine di migliorarci a vicenda.

Oggigiorno i più giovani tendono a disinteressarsi alla ricerca delle nostri radici storiche e culturali. A chi vanno le responsabilità di questo fenomeno?

Secondo me è una responsabilità che coinvolge sia noi come singoli individui, sia le moderne forme di comunicazione e di socializzazione. La vita, con le sue indotte sollecitazioni, ci invita a guardare tanto, ma con troppa superficialità; il risultato è che alla fine si vede poco. I più giovani non possono sfuggire a questa regola. Tuttavia, sono convinto che una riscoperta dei nostri valori culturali non tarderà ad arrivare. Non sarà un nuovo “rinascimento culturale” ma sicuramente rappresenterà un significativo passo in avanti. Ho un’età che molto toglie ma, nello stesso tempo, sa regalarmi aspetti positivi che non si limitano a un biglietto a prezzo speciale per il cinema, o allo sconto il mercoledì al supermercato. L’età mi concede la possibilità di “esortare”… e la mia esortazione è rivolta ai giovani che amano la scrittura: coltivate il vostro talento, studiate per affinarlo, tenete viva la vostra ispirazione nel rispetto di chi si avvicinerà alle vostre opere e nel rispetto della vostra passione.

Lo scorso anno ho assistito alla vostra Cerimonia di Premiazione, dove sono stati premiati alcuni giovani autori. Qual è l’approccio delle nuove generazioni nei riguardi di un premio letterario?

Secondo me è un approccio carico di interesse e, direi, anche di coinvolgimento. Vorrei approfittare di questa domanda per soffermarmi su una particolarità di “Scriviamo Insieme” che in questi ultimi anni è stata molto apprezzata da giovani scrittori e poeti. Al termine del concorso, agli autori che non hanno visto classificate le loro opere viene offerta la possibilità di richiedere alla segreteria del premio l’estratto delle schede valutative del loro elaborato, stilate dalla commissione giudicante. Si tratta di una iniziativa non comune nel panorama dei premi letterari, ma l’abbiamo istituita nel rispetto, che riteniamo doveroso, per tutte le opere che con passione ci vengono affidate. Il giudizio della giuria di un concorso non è ovviamente un valore assoluto, tuttavia, il fatto di conoscere in che modo il proprio testo sia stato valutato ci sembra un’opportunità interessante per gli autori, al fine di portare avanti quel processo di crescita artistica, che non dovrebbe mai venire meno.

Rimanendo in tema, quale sarà la location dove si svolgerà la Premiazione dell’Edizione 2016?

Quest’anno la Cerimonia di Proclamazione dei Vincitori si svolgerà a Roma presso la “Sala Maggiore del Centro Congressi Carla Lonzi” all’interno della seicentesca struttura monumentale del Buon Pastore in Trastevere.

Qual è il termine ultimo per poter partecipare al vostro ormai consueto appuntamento con la cultura, che costituisce da sempre una preziosa occasione di condivisione e confronto dialettico ed interculturale?

Il 15 giugno prossimo è il termine ultimo per l’invio delle opere.

In termini di tempo, quanto impegno richiede l’organizzazione di un premio letterario?

E’ un “tempo pieno” nel periodo che va dai due mesi precedenti all’inizio del concorso, fino ai due mesi successivi alla cerimonia di premiazione. E’ un impegno che coinvolge in media cinque responsabili della segreteria, sia nei contatti con gli autori per informazioni, registrazioni e iscrizioni in concorso, sia nei rapporti con i membri della Commissione Giudicante per la consegna delle opere e lo smistamento delle stesse. Come nelle precedenti edizioni dobbiamo tenere presente che ogni testo viene esaminato da un minimo di quattro a un massimo di sette giurati, al fine di assicurare il più possibile una corretta valutazione.

VITTORIO SCATIZZA 2016 DUE

“Conversazioni Americane, incontro con Antonio Monda”. Parte con quest’anteprima davvero prestigiosa la decima edizione del Premio Mario Gallo, importante manifestazione cinematografica organizzata dalla Cineteca della Calabria e sostenuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Venerdi 20 maggio 2016, nella suggestiva cornice della Sala “M. Quintieri” del Teatro Rendano di Cosenza - in collaborazione con la Libreria Mondadori - Eugenio Attanasio, Mariarosaria Donato e Pino Sassano dialogheranno con il Direttore Artistico della Festa del Cinema di Roma. Si parlerà di Cinema e di Letteratura, de L’indegno, l’ultimo romanzo di Monda e la Cineteca gli conferirà il Premio Mario Gallo per la sua attività di promozione del cinema italiano negli Stati Uniti.

Giornalista, critico cinematografico e letterario, autore di numerosi saggi e romanzi Antonio Monda insegna cinema alla Tisch School of the Arts della New York University, vive da più di 20 anni a New York dove è animatore di importanti eventi culturali ed ha contribuito a far conoscere il cinema italiano più recente grazie soprattutto al festival Open Roads che ormai da 14 anni, porta al Lincoln Center il meglio della produzione cinematografica italiana dell'anno, con una grande attenzione ai giovani e ai talenti emergenti. Dopo Cecilia Mangini, Marco Leto, recentemente scomparso, Marco Tullio Giordana, Gianni Amelio, Luigi Di Gianni, Daniele Vicari, Nicola Badalucco, Luciano Tovoli, Angelo Barbagallo, Gianluca Arcopinto, Davide Manuli, il Premio Mario Gallo, apre dunque, un’importante edizione – la decima, appunto - premiando un notevole talento italiano distintosi per il suo rilevante contributo al cinema inteso come forma d’arte, nel solco del lavoro di Mario Gallo, produttore di Luchino Visconti, Florestano Vancini, Nanni Moretti.

La manifestazione cinematografica calabrese è intitolata a Mario Gallo, documentarista, critico cinematografico, sceneggiatore, saggista, e soprattutto produttore capace di offrire mezzi e spazio necessari al potenziale creativo di autori tra i più significativi di una stagione fondamentale del cinema italiano. Nato a Rovito in provincia di Cosenza nel 1924, è a Roma già dal 1946 dove attraversa, da protagonista, gli anni della ricostruzione, quelli più intensi da un punto di vista storico, politico e culturale per il nostro paese: critico cinematografico per l’Avanti!, Presidente  dell’Italnoleggio Cinematografico, Presidente dell’Ente Autonomo Gestione Cinema (Cinecittà, Istituto Luce e Italnoleggio), produttore con la società Filmalpha di Morte a Venezia di Luchino Visconti, Le stagioni del nostro amore di Florestano Vancini, Bronte dello stesso Vancini, Cuore di cane di Alberto Lattuada, I vecchi e i giovani di Marco Leto, Il desertodei tartari di Valerio Zurlini, Ecce Bombo di Nanni Moretti, Maledetti vi amerò di Marco Tullio Giordana.

Esperto di linguaggio audiovisivo, dopo l’intensa esperienza della produzione cinematografica, Mario Gallo si occupa in particolare della relazione tra regia e produzione, denunciando il condizionamento delle strategie di mercato sulla storia e sugli esiti del cinema italiano, l’influenza del duopolio televisivo che sottrae autonomia economica al cinema, nonché il complesso legame tra comunicazione e potere, anticipando così quegli stessi temi su cui ancora oggi discute il mondo culturale italiano.

001

Leandro Del Gaudio, nato a Napoli nel 1970, è un giornalista del quotidiano “Il Mattino” di Napoli, dove si occupa di cronaca giudiziaria e nera. Qualche tempo fa, in collaborazione con un suo collega, ha scritto il libro “Dentro la terra dei fuochi”, un instant book che uscì in allegato al quotidiano partenopeo.

Recentemente è stata pubblicata la sua opera prima “Cattivo infinito” (David and Matthaus), un romanzo ispirato ad una storia vera di un ex killer del clan Mariano, tornato a Napoli dopo 25 anni. Un interessante libro, con la prefazione di Roberto Saviano, nel quale l’autore parla di una storia di camorra lunga un ventennio, che prende avvio dalla faida dei Quartieri Spagnoli ed insanguinò Napoli alla fine degli anni ’80. Questo in breve lo scenario di un’opera, che vuol essere un chiaro atto di denuncia sociale.

Il suo impegno giornalistico e letterario verso tematiche scottanti, quindi estremamente complesse ed impegnative, è finalizzato ad un ritorno alla legalità ed al rispetto delle regole in un tessuto sociale dove da troppo tempo si è radicata una complessa situazione, all’interno della quale le fasce più deboli sono sicuramente le più penalizzate.

Lei si occupa di cronaca giudiziaria e cronaca nera presso il quotidiano “Il Mattino” di Napoli. Quali sono le motivazioni di questa scelta?

Fare nera e giudiziaria a Napoli è stata una scelta istintiva, nel corso degli anni rafforzata dalla logica e dall’esperienza. Non sono appassionato ai tecnicismi giudiziari, ma alle esperienze di vita che talune vicende sono in grado di raccontare. Cronaca nera e giudiziaria – ripeto – a Napoli più che altrove, sono una formidabile chiave di interpretazione della realtà in cui siamo calati. Il processo è un momento teatrale, spettacolare, dove hai la possibilità di confrontarti con fatti e di seguire l’intuito. Uno sbocco decisivo, che rappresenta anche un buon punto di partenza per altre esperienze espressive.

Vorrebbe parlarmi della sua attività di conduttore televisivo?

Per due anni ho condotto un programma dal titolo “Verità imperfette”. Come è facile intuire dal titolo, il programma puntava a raccontare gli aspetti inediti ed introspettivi di indagini giudiziarie seguite per “Il Mattino” a Napoli. Sono sempre stato appassionato da ciò che resta sullo sfondo di una vicenda giudiziaria, dalle tante piste alternative che si potrebbero suggerire ad un investigatore, oppure a un lettore, ovviamente senza volere in alcun modo forzare la realtà. Un’esperienza interessante e formativa, cui ho dato seguito con un programma su “Mattino on line” dal titolo “Cold case”.

Nel 2011 ha ricevuto un prestigioso riconoscimento, il “Premio Giornalismo Anticamorra”. Questo denota il suo costante impegno verso tale delicata tematica. Cosa pensa del ruolo sociale svolto dai mezzi d’informazione?

Naturalmente, sono onorato per questo premio, ma sul punto occorre fare chiarezza; infatti, credo che il giornalismo sia sempre e a prescindere impegnato e antimafia, quando esercitato in modo corretto ed onesto. Pertanto, non occorre essere specializzati in mafie e sistemi criminali per definirsi anticamorra. Vede, un buon pezzo di cultura o spettacolo, scritto con passione e correttezza formale, può avere più effetto di un’inchiesta-verità sul traffico di droga. Forse esagero, ma credo che ogni cittadino in questo senso, qualora svolga bene il proprio mestiere e rispetti le regole del vivere civile, è anticamorra. Ovviamente anche ai mezzi d’informazione spetta il compito più delicato, che è quello della denuncia e del lavoro di inchiesta serio e professionale, ora più che mai decisivo, vista la quantità di siti di pseudo informazione presenti in rete.

Ritengo interessante il progetto di formazione all’interno delle scuole, volto a sensibilizzare le nuove generazioni ad una più consapevole responsabilità etica e morale nei riguardi dell’ambiente e della cittadinanza. Vorrebbe illustrarmi il suo ruolo all’interno di questa iniziativa, che la vede impegnata in prima linea?

Nel 2014, assieme al collega Gerardo Ausiello, ho scritto un libro dal titolo “Dentro la terra dei fuochi”, uscito con “Il Mattino” e venduto in circa 3000 copie. Un instant book dal quale è nato un progetto con l’alto patrocinio dell’Ordine dei giornalisti e del Comune di Napoli, finalizzato a sensibilizzare le nuove generazioni su due argomenti complementari: emergenza ambientale e comunicazione corretta. Siamo partiti da un dato di fatto: la “terra dei fuochi” per vent’anni ha subito un deficit di informazione, consentendo così ai casalesi di versare in modo illecito sul nostro territorio ogni genere di spazzatura.

Oggi, invece, si parla spesso in modo scorretto di inquinamento in Campania, rischiando di mettere a repentaglio un’intera economia. Che fare? Abbiamo provato un’operazione trasparenza coinvolgendo le scuole: ambiente e comunicazione sono due facce della stessa medaglia; chi scrive – e con i social tutti scrivono – deve sapersi assumere la responsabilità di quello che scrive, come deve essere in grado di impedire nuovi atti di devastazione ambientale. Nel corso, si parla di “terra dei fuochi”, ma anche di Costituzione e di regole sottoscritte dall’Ordine in materia di privacy e rispetto delle fasce deboli.

Nel 2014 ha pubblicato, insieme al Gerardo Ausiello, il libro-inchiesta “Dentro la terra dei fuochi”, distribuito in allegato con “Il Mattino”. Potrebbe illustrare in breve la sua trama?

La trama di questo libro è chiara, forse persino elementare: sulla “terra dei fuochi” sono nate oltre novanta inchieste giudiziarie, che hanno raccontato di tutto. Ad inquinare sono stati i casalesi, poi i massoni, i politici corrotti e i servizi segreti deviati. Bene. Ciò che manca è una denuncia contro la pubblica amministrazione nei suoi aspetti ordinari. Abbiamo così messo in evidenza un punto su tutti, tra il 1999 e il 2000 l’mergenza “terra dei fuochi”, (espressione nata solo nel 2005 ndr), era già cosa nota. Venne organizzato u tavolo tecnico con tutti i profili istituzionali – dal Ministero agli Enti locali, all’ARPAC – che organizzarono visite, limitandosi a un lavoro superficiale. In quel periodo, se si fosse intervenuto correttamente, l’inquinamento sarebbe stato svelato e a nostro avviso, il dolore di tante famiglie evitato. Pensiamo ai bambini in tenera età deceduti per patologie oncologiche, nati successivamente a quel tavolo tecnico.

Ma c’è un altro punto che ci impressiona: esiste lo studio del geologo Gianni Balestri, secondo il quale, se non si interviene con fermezza, il percolato di una ex discarica offenderà la falda acquifera che serve una parte di Napoli. Tutto ciò di verificherà entro il 2064: non è un buon motivo per puntare i riflettori sulle scelte attuali di Enti locali e pubblici amministratori?

Il romanzo “Cattivo Infinito”, sua opera prima tratta da una storia vera, ha un titolo eloquente, estremamente significativo. L’infinito è destinato ad essere negativo, per l’appunto “cattivo” finchè ognuno di noi non proverà a cambiare le modalità di osservazione del mondo circostante?

Si, il titolo “Cattivo infinito” (il quale scimmiotta un po’ Hegel nella critica ai sistemi idealistici) è quello indicato nella domanda: infinito vuol dire liturgico e ripetitivo, come la cronaca nera a Napoli, che espone storie si faide e tregue, di affari sporchi e facili compromessi tra borghesi e camorristi. Una storia vera che rappresenta una denuncia verso un certo quieto vivere tutto napoletano.

Non le chiederò di svelarmi la trama, anche per non togliere al lettore la curiosità di andare a leggere la sua opera. Un assaggio della sinossi del libro, nei suoi aspetti salienti?

Nel 2013 ho incontrato Fabrizio a Napoli, mentre mi occupavo di un caso giudiziario legato alla scomparsa dei fascicoli dei processi presso il Tribunale. Fabrizio mi ha raccontato una storia strana, che poi ho verificato: nel 1991 commise un tentato omicidio, nel corso di una delle tante faide napoletane; venne arrestato, processato, infine condannato. Egli conosce il carcere giusto di Volterra, fa teatro, si innamora della sua prof, ha una relazione d’amore, crede di poter volare pagina, li a scontare una condanna a 25 anni di reclusione. Si accorge però che i vecchi nemici gli stanno dando la caccia ed evade, scappa in Francia, dove si rifà una vita da imprenditore: soldi, belle donne, una famiglia, poi un incidente che lo ricatapulta a Napoli.

Insomma, una sorta di legal thriller vero nella sua parte essenziale, che ha un epilogo molto particolare. Ma ovviamente mi fermo qui, limitando a farne solo un breve cenno.

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