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Tommaso Romano è editore raffinato e di lungo corso ma anche scrittore fecondo. Ha profondamente inciso, con il suo impegno culturale, certamente nel tessuto della città di Palermo ma sicuramente anche in tutt’Italia e oltre. Le edizioni Thule hanno valorizzato, dato spazio e slancio ad autori di grande prestigio ma anche promosso esordienti che una editoria venduta al potere, sinistra da tutti i punti di vista,  non avrebbe mai preso in considerazione. Adesso con prefazione di Gennaro Malgieri, ha pubblicato “Profili da Medaglia” , una rassegna di personaggi della cultura e spesso anche dell’azione, che egli a vario titolo e con diverso peso considera suoi maestri di pensiero e di vita. Si tratta di punti di riferimento che Tommaso Romano non solo ha letto, studiato, pubblicato e stimato ma anche conosciuto personalmente e spesso ospitato nei sui uffici palermitani,  nella indimenticabile prima sede di via Leonardo Ximenes, e poi in via Ammiraglio Gravina, dove attualmente opera. Sedi ormai storiche, che sono state laboratori di pensiero e centri di azione culturale. Ma anche luoghi di fraternità cristiana, luoghi dove abbiamo talvolta celebrato le vittorie e meditato dolenti sulle tante sconfitte come quelle storiche e tragiche del referendum contro la legge Fortuna-Baslini che ha introdotto il divorzio in Italia e quella contro la legge 194 che ha introdotto l’omicidio-aborto.  Luoghi dove sono passati tanti di quei critici della modernità dei quali tratteggia nel volume in questione le note biografiche e le linee magisteriali essenziali. Penso per esempio, tra gli altri, a Francisco Elias de Tejada y Spinola che ci ha spiegato le ragioni della monarchia tradizionale e il fascino del Carlismo contro nostalgismi sentimentaloidi e vanamente romanticheggianti, così come al caro avvocato napoletano Silvio Vitale, fondatore e redattore della rivista l’Alfiere, che ci ha insegnato a leggere criticamente il Risorgimento e la storia del Sud, liberandoli dalle leggende che la scuola italiana con i suoi cantastorie prezzolati veicola da decenni, dall’Unità in poi. Penso a quel grande pisano, maestro di vita spirituale autenticamente cattolica e profondamente mariana, storico raffinato del Medioevo: Marco Tangheroni, uno dei primissimi soci di Alleanza Cattolica e figlio spirituale di quel Giovanni Cantoni che ne fu il  fondatore.  E che dire del filosofo Augusto Del Noce, che ci ha insegnato a leggere quel grande male che è stato ed è la secolarizzazione, quella malattia che è la Rivoluzione, il suo trionfo e il suo suicidio, che ha cercato di dare una anima cattolica alla destra italiana spesso vuotamente vacillante tra tentazioni neopagane e sogni idealistici, tra spiritualismi irreligiosi, tradizionalismi incerti e neostoicismi ateizzanti vagheggiati dal filosofo omosessuale Armando Plebe simbolo di una “reazione senza valori”.

Ma di grande importanza il presentare ai giovani lettori, oggi attraverso “Profili da Medaglia”, ma negli anni passati attraverso la pubblicazione delle loro opere, la organizzazione di convegni che li ha visti protagonisti nei salotti di Thule e nei simposi di quella Palermo capitale che li ha accolti e acclamati in più occasioni create dal Tommaso Romano promotore culturale. Pensiamo per esempio al grande pensatore modicano Carmelo Ottaviano,  filosofo del bello e del vero, antimoderno e critico deciso di quella riforma della scuola italiana figlia dell’irrazionalismo, del nichilismo, del solipsismo e del relativismo. O del grande filosofo nato a Giarre, Michele Federico Sciacca, convertitosi al cattolicesimo dall’idealismo e grande ripropositore del tomismo noto anche per aver scritto su Platone,  Pascal, Kierkegaard, Blondet, S.Agostino. Filosofo che più di ogni altro denunciò, sovente inascoltato, l’anomalia neognostica e libertaria che ha corrotto quella cultura occidentale che ci ha regalato questa Europa senz’anima e senz’aria dei giorni nostri. E che dire ancora di quel grande vescovo di Agrigento, pastore in anni difficili, monsignor Giuseppe Petralia, nato a Bisacquino che, scrittore fecondo, conferenziere eccelso, poeta raffinato, agiografo attento, fu aperto alla questione sociale senza deviazioni progressiste. Petralia ci ha onorato della Sua amicizia e compagnia nella sua casa palermitana ma anche in occasioni di incontri organizzati dall’editore palermitano ma anche da Alleanza Cattolica che lo ha visto in più occasioni relatore.

Profili da Medaglia è saggio popolato da tanti altri personaggi e amici, in molti casi, alcuni dei quali pur nella indiscutibile straordinarietà della statura umana possono non essere condivisi in molti loro itinerari culturali non cessando per questo di rimanere figure altamente significative della vita culturale e politica.

Profili da Medaglia  è uno spaccato di un’epoca, di una serie di vicende umane, talvolta diverse tra loro, talvolta non condivisibili, ma che avevano intuito che il mondo moderno non era proprio un qualcosa di eccezionale e che andava cambiato. E con onestà intellettuale tentarono di farlo spesso con insuccesso e con non pochi limiti ed errori.

Tommaso Romano

Profili da Medaglia

Con prefazione di Gennaro Malgeri

Fondazione ThuleCultura –Palermo 2017

Pag.190 – Euro 20.00

 

Il pros­simo 12 aprile 2018 alle ore 17.30 a Roma,  presso la libreria "Arion" di Testaccio, Piazza di S. M. Liberatrice 26, lo scrittore Giuseppe Lago presenterà il libro "La Fuoriuscita" (Alpes Editrice).
Oltre l'autore, rela­tori per l'occasione saranno: Piero Sistopaoli psicologo e psicoter­apeuta; Stefano Cocci giornalista  e scrit­tore; Chiara Scarpulla  psicologa e psicoter­apeuta.
Presentazione letter­aria con curiosità e suspence,  per un avvincente thriller psicologico uscito da poco nel  mercato e che affronta il te­ma della psicoterapia e dei suoi eccessi.
Psichiatra e psicote­rapeuta, direttore dell'Istituto Romano di Psicoterapia Psic­odinamica Integrata (IRPPI) autorizzata dal Ministero dell'U­niversità e della Ri­cerca, Giuseppe Lago è da anni  uno scrittore e saggista, aut­ore di libri ma anche di numerosi artico­li scientifici. Cons­ulente per Skytg24, Tgcom e Virgin Radio, vive a Roma, dove opera come rinomato professionista. Nella scuola di speciali­zzazione che a lui fa capo ha riversato una grande quantità di esperienze ed elab­orazioni, frutto della sua lunga esperienza clinica.
In dodici capitoli, ne "La Fuoriuscita" il lettore ha modo di appassionarsi ad un viaggio nel mondo delle emozioni, deg­li affetti, delle di­namiche interpersona­li.
La trama di ques­to romanzo conduce il lettore nelle aree cruciali di un perc­orso che molte perso­ne oggi ormai pratic­ano, o perlomeno han­no praticato nella loro vita. Lo scenario ha qualche punto di contatto con la se­rie tv Intreatment, ma si differenzia nell'impianto narrat­ivo, che presenta una vicenda complessa e coinvolgente, con un finale che si tinge di giallo, con  ris­volti inaspettati.
Le caratteristiche dei personaggi emergo­no nella storia, scr­itta con sapienza da Giuseppe Lago, attr­averso la loro inter­azione. Il filo rosso del romanzo mette a confronto, nella vicend­a, un metodo di psic­oterapia direttivo ed  oracolare, ormai superato, poiché intri­so di elementi magici con un metodo mode­rno, collaborativo e riflessivo, che è fonte di conoscenza e distante anni luce dalla taumatur­gia di certi guru.
In questa opera letteraria si intrecciano in profondità il Giuseppe Lago professionista con il Giuseppe Lago scrittore, tanto che è im­possibile non domand­arsi quanta esperien­za tratta dal suo  vissuto sia presente in questa costruzione letteraria e quanto invece la fiction abbia tratto la sua linfa vitale da una casistica pro­fessionale nota.
Tema attuale e moder­no, prepotentemente emerso a fasi alterne dalle cronache gio­rnalistiche del quot­idiano, la parola setta richiama alla mente un luogo dantesco con pene psicologiche da scontare, a volte tremende, in camb­io del miraggio di poter affidare le gio­ie, i pesi e le manc­anze della propria vita a qualcun altro.
“Nessuno è libero se non è padrone di se stesso” - diceva Ep­itteto.
Questa non libertà, che si allontana dal pr­oprio io attraverso manipolazioni esterne, è ciò che Giuseppe Lago invita a rifu­ggire, intraprendendo un percorso psicoterape­utico di sostegno po­sitivo per il bene del paziente e senza aggettivi, come ama sostenere nel suo "Compendio di psicoterapia",  uscito qualche tempo fa. Si tratta di un sa­ggio scientifico sul­la materia, nel quale ten­ta di superare gli schemi del passato, abbattendo gli steccati culturali che da troppo tempo limitano la terapia psicolog­ica.
L’idea di un Compend­io di psicoterapia nasce dall’esigenza di riorganizzare il campo controverso del­la psicoterapia, las­ciando intravedere il disegno omogeneo di questa disciplina che, a prescindere dalle teorie, comincia a delinearsi sulla base di evidenze sc­ientifiche ormai non trascurabili.
Il pr­ofessionista Lago pr­opone nella sua vita lavorativa un perco­rso uniforme e condi­viso per tutti gli psicoterapeuti, final­mente considerati pr­ofessionisti di una pratica terapeutica non arbitraria o aut­oreferenziale, ma im­postata secondo linee guida che emergono da ricerche inappun­tabili e convalidate.
Una psicoterapia, insomma, senza la ge­stione di appartenen­ze ideologiche e set­tarie, trasformate nel corso degli anni in paradigmi tra loro incompatibili, con il risultato della babele di indirizzi e della frammentazio­ne in scuole non ass­imilabili.
Questo libro offre al lettore la possibilità di conoscere un percorso narrati­vo all’interno del quale emergono le com­plesse dinamiche che si instaurano realmente tra paziente e psicoterapeuta, e che si rifanno all’esp­erienza psicoterapeu­tica e psichiatrica del medico Giuseppe Lago.
L’essenza del racconto risiede nel­la riflessione su qu­esta importante rela­zione e di come essa possa modificare in bene o in male la vita intima e affett­iva di chi si sottop­one alle sedute.
Att­raverso le figure an­titetiche dei dottori Livio Spada e Adele Lussari, Giuseppe Lago getta luce sulle differen­ze tra un percorso psicoanalitico incent­rato sul benessere e l’equilibrio del pa­ziente, in contrapposizione a quello or­ientato a far emerge­re esclusivamente la personalità carisma­tica del terapeuta.
Con una prosa impecc­abile, ricca di argo­menti e spunti di ri­flessione, si altern­ano in "La Fuoriuscita"  citazioni letterarie e cinematografiche con interpretazioni di tipo onirico. Il finale? Tutto da sc­oprire.
Con questo promettente volume Giuseppe Lago dipinge un ritratto estremam­ente attuale della fragilità umana e del bisogno di apparten­ere a un gruppo che possa legittimare la propria individuale esistenza; la forza oggettivamente indu­bbia a livello di plot del suo romanzo si nasconde nel trattare argomenti di pe­rtinenza psicologica, senza interferire minimamente nello scorrere della vice­nda, che in realtà aumenta di pa­thos grazie all’abil­ità dell’espediente scientifico e resti­tuisce al lettore una storia appassiona­nte, all'interno della quale  si disve­lano personaggi comp­lessi, all'interno dei quali ognuno può trovare una parte di sé.
Appuntamento, quindi,  al prossimo 12 Apr­ile a Roma, per inco­ntrare direttamente l'autore. La partecipazione all'evento è libera.

Nella splendida cornice della Sala Consiliare del Comune di Prato sabato 24 marzo 2018 alle h 16.30 avrà luogo la Cerimonia di premiazione della III edizione del premio giornalistico-letterario "Prato Città Aperta”.
L'evento culturale, organizzato dall'Associazione "6 settembre" di Figline insieme al Comune di Prato e con la partecipazione di numerose realtà territoriali, è come di consueto dedicato alla cultura migrante in Italia e da quest'anno, oltre a premiare le opere poetiche o di narrativa in lingua italiana di autori stranieri residenti in Italia, si arricchisce di una nuova sezione dedicata agli autori di fumetti.
Questa edizione 2018 vedrà la partecipazione in veste di ospiti d'onore di Paola e Claudio Regeni, i  genitori di Giulio, il giovanissimo ricercatore italiano rapito in Egitto il 25 gennaio 2016 e ritrovato nove giorni dopo senza vita, con evidenti segni di pesanti torture. A tutt'oggi sul tragico caso non è stata ancora fatta chiarezza, fra numerosi depistaggi e indagini insabbiate e la famiglia chiede giustizia per punire i responsabili dell'efferato omicidio di un ragazzo che oggi avrebbe 30 anni. Un fatto di cronaca che ha fortemente colpito l'opinione pubblica internazionale.
Saranno presenti diversi personaggi noti nel panorama culturale, fra cui Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Angela Caponnetto, Domenico Lucano sindaco di Riace, Leila El Houssi, Enzo Infantino, Lucia Cheli.
Gli organizzatori del "Premio Prato Città Aperta", consapevoli dell'iconica importanza del confronto interculturale finalizzato ad un dialogo sempre più sigergico e costruttivo, anche quest'anno si sono impegnati al massimo per la buona riuscita di un momento culturale di grande valore etico e sociale.
L'ingresso all'evento è libero. 

La cronaca quasi tutti i giorni ci consegna episodi di violenza, di morte, dove spesso chi paga le conseguenze sono le donne, ma non solo. Certamente descrivere l'ora presente non è facile, un decennio di crisi economica, insieme a quella sociale, sta distruggendo un intero Paese. Ma accanto a queste crisi, e forse all'origine di esse, c'è la crisi morale. Spesso si legge, che c'è una «crisi di valori», probabilmente l'uomo occidentale sta vivendo un vuoto morale. «E' libero di vivere secondo il proprio gusto, ma di questa libertà non sa che farsene. Avuto il suo piatto di lenticchie (l'ultimo modello di smartphone, lo status symbol del momento) si guarda intorno smarrito e angosciato». La crisi morale si nota maggiormente nelle relazioni tra uomo e donna, nelle famiglie, nelle convivenze. Quei pochi matrimoni non resistono, vanno in malora. Le coppie vanno facilmente in crisi, il «per sempre», fa paura. Se si ignorano le differenze esistenti, tra uomini e donne, si è condannati a vivere in uno stato di guerra. Ci si aspetta che i rappresentanti dell'altro sesso siano simili a noi. Scrive Roberto Marchesini, psicoterapeuta e autore di un libretto, «E vissero felici e contenti», Sugarcoedizioni (2015): «Erroneamente gli uomini si aspettano che le donne pensino, comunichino e reagiscono come fanno gli uomini; erroneamente, le donne si aspettano che gli uomini sentano, comunichino e reagiscano come fanno le donne». Tuttavia secondo Marchesini, «abbiamo dimenticato che uomini e donne sono intrinsecamente diversi e il risultato è che i nostri rapporti sono contraddistinti da conflitti del tutto superflui».

A questi temi si aggiungono le varie teorie che da tempo non fanno altro che demolire  sempre e comunque la figura maschile.

E questo avviene soprattutto quando si affronta il cosiddetto tema del femminicidio. Il maschio diventa un essere riprovevole meritevole di essere messo alla gogna e quindi emarginato e condannato. I numeri del femminicidio secondo i commentatori aumentano a dismisura. Certamente oggi le donne rimaste vittime di aggressioni sono troppe, ma è stato sempre così? Ma perchè gli abusi contro le donne sono aumentate? Perché si insiste in questa contrapposizione maschio-donna? C'è un libro che forse riesce a dare delle risposte ai nostri interrogativi, a capire meglio perché è difficile relazionarsi nel nostro tempo, si tratta de la 2a versione del «Il maschio selvatico. La forza vitale dell'istinto maschile», autore Claudio Risè, psicoterapeuta e psicanalista, testo pubblicato da San Paolo (2015).

Risè nel libro parla specificatamente di una operazione, di una vasta campagna di diffamazione del genere maschile. Si scredita un intero gruppo, che ha il sapore di un carattere apertamente razzistico. Per certi versi, secondo Risè è imbarazzante, ma questo non deve impedirci di parlarne. Bisogna parlarne eccome, «perché ha ottenuto vasta eco nei media (tra i professionisti maschi ancor prima che tra le donne), creando un effetto diffamatorio a valanga che ha pesantemente intaccato la qualità della vita e l'autostima dei giovani maschi». Questa teoria si è formata secondo lo psicoterapeuta all'interno di quella “società senza padri”.

I giovani di oggi sono bersagliati dai mass media da opinioni e indicazioni che mettono in discussione la propria identità maschile. Ormai ci sono importanti professori che sostengono in convegni che «il cervello maschile funziona molto peggio di quello femminile». L'intelligenza femminile è superiore, del resto il defunto professore Umberto Veronesi, amava scrivere: «il domani è donna».

Un professore della Sapienza di Roma ha scritto: «Il giorno in cui la donna gestirà in tutto e per tutto la sua maternità con la fecondazione artificiale per l'uomo sarà la disfatta totale. Relegato a fare il facchino, il giardiniere, l'uomo delle pulizie, o lo strumento sessuale, il povero maschio finirà col vivere in una riserva dorata».

La diffamazione del mondo maschile paradossalmente viene gestita da un potere a grande prevalenza maschile che si trova nei media e nelle istituzioni accademiche. Come mai questi poteri «si impegnano con tanta foga a descrivere il maschio come un sopravvissuto all'evoluzione, e oggi tuttavia destinato all'estinzione o alla schiavitù?».

Per Claudio Risè, la risposta potrebbero darla chi organizza convegni per sponsorizzare la maternità con la fecondazione artificiale. In pratica le multinazionali farmaceutiche, che producono «prodotti farmaceutici biotecnologici per le donne: ingegneria genetica e biotecnologia sono infatti due settori su cui vengono riposte molte speranze». Naturalmente le donne devono essere disponibili a fecondarsi da sole. Secondo il professore, il mercato della fabbricazione della vita è il futuro. «Perchè ciò avvenga, però, bisogna togliere di mezzo un vecchio personaggio del creato: l'uomo. E convincere la donna della propria onnipotenza».

In questo modo, «Dopo averla separata dal suo compagno, chiusa in un universo di solitudine, gratificata con uno stile di potere che non è il proprio, soffocata in ritmi e stili di potere che non rispettano né il suo corpo né la sua psiche, è venuto il momento di farle credere di essere la sola creatrice e continuatrice della specie umana».

Per quanto riguarda l'uomo, si dovrà sentire sempre colpevole e possibilmente deve chiedere scusa anche se non sa bene perché. Per Risè, «Tutto ciò però non farà bene né a lui né alle donne. Tanto meno lo renderà migliore. Dichiararsi colpevole non aiuta, soprattutto se la cosa é richiesta a furor di popolo e sulla base di slogan propagandistici che colpevolizzano interi gruppi umani (come il genere maschile) a prescindere dalla responsabilità personale, e senza un'adeguata informazione, elaborazione e critica, personale e collettiva».

Un altro libro dedicato agli uomini in crisi è «Codice Cavalleresco. Per l'uomo del terzo millennio», di Roberto Marchesini, pubblicato da Sugarcoedizioni (2017). Può essere utile leggerlo, e soprattutto farlo leggerlo, in questi tempi di crisi identitarie. Nell'introduzione Marchesini scrive: «Uomini insicuri, indecisi, per nulla asseritivi, dipendenti dal giudizio altrui, rosi dagli scrupoli, dai sensi di colpa e dall'incapacità di assumere un ruolo virile nella loro vita. Una vita caratterizzata da ansia, vergogna, paura, che si manifestano con sintomi fisici, di coppia, sessuali, lavorativi, relazionali».

Agli uomini di oggi in crisi secondo Marchesini, «non viene fornito un orizzonte cui tendere, un modello positivo di uomo al quale ispirarsi». Oggi l'uomo-massa, che trova il proprio nutrimento intellettuale nel fast food della televisione, dei social network, in una subcultura che ormai è diventata dominante, anche a livello politico, che magari si compiace di non aver mai letto un libro dopo la laurea. Questa società di uomini, «sembra incapace di qualsiasi forma di pensiero non dico metafisico, ma semplicemente intelligente, cioè capace di 'leggere dentro le cose', interrogarsi sul loro significato e sul loro valore».

L'uomo d'oggi è come un bimbo viziato, guidato esclusivamente dal proprio piacere, dal soddisfacimento immediato delle proprie passioni. Oggi per la prima volta nella storia dell'umanità, per Marchesini, si insegna «che l'uomo deve sottomettersi alle proprie pulsioni, consegnare ad esse il governo della propria vita».

Una volta nella civiltà medievale c'era un fedeltà reciproca in una serie di relazioni. Nella civiltà contadina, bastava la parola e una stretta di mano per sanzionare un accordo. Oggi serve un professionista per prendere accordi e a volte non basta. «La menzogna sembra essere diventata la regola fondamentale delle relazioni. Mentono tutti: dal condominio al politico, al giornalista, al governante[...]». Ogni riservatezza è bandita, domina il gossip (il pettegolezzo), la maldicenza, la calunnia.

 

 

Libri: Silvana Palazzo, La mia faccia senza trucco, Edizioni Progetto Cultura, Roma, 2018, nota di Vincenzo Napolillo

Nella nuova raccolta poetica di Silvana Palazzo, prefata da Giorgio Linguaglossa, lo scavo nel profondo dell’anima, privo d'imbellettatura e di estraneità ai problemi esistenziali (Voglio essere amata / come dico io. / Non mi va quest’amore sfilacciato, /  traballante, inconsistente, che non mi appartiene / e non lo sento mio ), orienta la creazione di una poesia «narrativa», impastata di colori che brillano come nella tavolozza del prediletto Matisse, contrastata e insieme armonica, di momenti dolorosi ma superabili con meravigliose visioni ( Polline / come neve / che gira intorno / al sole naviga nel vento / leggero / posandosi / in ogni dove. È un’esplosione / di felicità…/ l’impollinazione ), di riflessioni e soluzioni che scandiscono il ritmo del cuore «bisognoso di cure». 

I versi di Silvana Palazzo hanno il linguaggio della confessione e non di rado della stanchezza.  Traggono ispirazione dal rapporto con la natura e con l'ardua ricerca della serenitá < leggera come un corpo d'aria> e fondono temi quotidiani alla necessitá di cancellare dalla mente le parole e i pensieri <che fanno più male>.

La musica di Mozart è pervasa da accento drammatico, ma è pur sempre un rimedio (al pari della pittura e della poesia) nel <lento e ponderoso> scorrere del tempo. 

La metafora del fiore che piega lentamente la corolla al suolo è parte del vissuto, ma che cosa fare? Tante possono essere le possibilitá di rilassamento, di mettere a fuoco immagini ricche di risvolto e di sogno, di sostituire le ombre con presenze ineludibili.

Ed ecco il susseguirsi di abbandono e di momenti memoriali che calmano: da lontano mi pare di sentire il mare con le sue onde come quando da bambina accostavo al viso una conchiglia e mi incantavo quel rumore come al canto delle sirene .

Di conseguenza, basta guardare il mare, il tramonto dorato, il giardino incantato, la montagna (di Maratea) che si congiunge al cielo, per prendere consapevolezza che la bellezza della natura e della poesia non muore, anche se è ovunque insidiata e offesa.

 

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