A Pompei si celebra la Supplica e Papa Francesco affida alla Madonna l’ardente desiderio di pace

«Proprio in quest’ora tanti fedeli si stringono intorno alla venerata Immagine di Maria nel Santuario di Pompei, per rivolgerle la Supplica sgorgata dal cuore del Beato Bartolo Longo. Spiritualmente inginocchiato davanti alla Vergine le affido l’ardente desiderio di pace di tante popolazioni che in varie parti del mondo soffrono l’insensata sciagura della guerra. Alla Vergine santa presento in particolare le sofferenze e le lacrime del popolo ucraino. Di fronte alla pazzia della guerra, continuiamo, per favore, a pregare ogni giorno il Rosario la pace». Sono le parole che Papa Francesco ha pronunciato questa mattina, in piazza San Pietro, durante il Regina Coeli, proprio nel momento in cui, sul sagrato del Santuario di Pompei, si elevava la tradizionale Supplica dell’8 maggio, presieduta quest’anno dal Cardinale Mario Grech, Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, e concelebrata dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, dall’Arcivescovo Luigi Travaglino e da tutto il clero della Città mariana.

E nella sua omelia, tenuta in una piazza Bartolo Longo che torna ad essere gremita di gente dopo i due anni più duri della pandemia, il Cardinale maltese ha parlato proprio della pace, la prima delle intenzioni di preghiera rivolte oggi alla Madonna, alla quale è affidato anche il cammino sinodale della Chiesa universale. «Nella Supplica a Maria, Vergine del Rosario – ha detto – non possiamo non portare “le gioie e le speranze” del percorso sinodale che stiamo vivendo e che il Santo Padre ci invita costantemente a percorrere con slancio e fiducia, lasciandoci guidare da Maria “donna sinodale”. Ma poi non possiamo non portare davanti al “cuore di madre” della Vergine Maria “le tristezze e le angosce” della guerra, della violenza e dell’odio che insanguinano oggi l’Europa e tante altre parti del Mondo. Davanti alla Vergine Maria portiamo quindi il popolo dell’Ucraina e tutti coloro che oggi soffrono, scommettendo sull’umanità, come ci ricorda l’intuizione originaria di Pompei. Anche Dio ha scommesso sull’umanità e continua a farlo. Per intercessione di Maria, chiediamo anche noi di essere imitatori di Dio, capaci di scommettere su un’umanità capace di costruire e difendere la pace. Qualcosa ci lega tutti molto profondamente. Siamo fratelli tutti, accolti da Maria». La scommessa sull’umanità, nella quale la Chiesa continua a credere con ogni forza, anche in tempi difficili come quelli attuali, trova forza nella carità e nella preghiera, che il Cardinale ha definito “ingredienti” della Chiesa sinodale e “cardini” della Città mariana: «In particolare – ha spiegato ancora – qui a Pompei la carità ha assunto un tratto particolare: quello della scommessa sull’uomo, in particolare sugli ultimi, gli orfani, i figli dei carcerati. Una Chiesa sinodale è una Chiesa che scommette sull’uomo, facendosi imitatrice dello stile di Dio, come ci ha ricordato il Santo Padre nel discorso di apertura del percorso sinodale: “Torniamo sempre allo stile di Dio: lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Dio sempre ha operato così. Se noi non arriveremo a questa Chiesa della vicinanza con atteggiamenti di compassione e tenerezza, non saremo la Chiesa del Signore” (Roma, 9 ottobre 2021). Per questo preghiera e carità non possono mai essere separate: la carità dei discepoli e delle discepole di Gesù non è una filantropia ripiegata su sé stessa, ma consiste nel vivere lo stesso amore di Dio che invochiamo e contempliamo nella preghiera». Commentando poi il Vangelo della domenica, appena proclamato, il Segretario del Sinodo ha ricordato come la Chiesa in cammino viva nella relazione tra il pastore e il suo gregge, un rapporto fondato sull’amore. «Un gregge – ha affermato – cammina insieme non perché i suoi membri si sono scelti, ma per la relazione che tutti hanno con l’unico pastore. Come il pastore è ciò che fa l’unità del gregge, così è Gesù che fa l’unità della Chiesa, della comunità dei suoi discepoli e discepole. Allora il fondamento dell’ascolto e della sequela non sta nelle pecore, ma nel pastore. Dobbiamo guardare a lui se vogliamo trovare il fondamento del nostro essere Chiesa».

E alla carità, che restituisce la speranza all’umanità, è dedicato anche un passaggio del saluto dell’Arcivescovo della Città mariana, Tommaso Caputo. «Nel 1901 – ricorda – all’inizio del cosiddetto secolo breve, nel quale l’umanità ha vissuto tante tragedie, il Fondatore di Pompei, il Beato Bartolo Longo, volle dedicare alla pace la magnifica facciata del Santuario, davanti alla quale stiamo celebrando. Fin dallo scorso 24 febbraio, seguendo gli accorati appelli di Papa Francesco, abbiamo intensificato il nostro impegno di preghiera per la pace, con celebrazioni, veglie, momenti di riflessioni e accoglienza morale e materiale dei profughi ucraini. L’impegno a favore degli ultimi e dei più deboli è nel Dna di questo Santuario, accanto al quale sorgono come una corona di rose, da oltre 130 anni, opere sociali per l’accoglienza di minori e adulti in difficoltà. Molti di loro, assieme agli operatori di queste strutture: religiosi, religiose, laici e famiglie, sono qui in piazza per rendere grazie al Signore Gesù e alla Madre».

Alle migliaia di fedeli, presenti sul sagrato della Basilica, si sono unite centinaia di migliaia di persone che hanno seguito il rito in televisione, grazie alle emittenti Tv2000 e Canale 21.

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