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Il Re di Giordania, Abdullah II, farà visita, accompagnato dalla Regina, Rania, alla Basilica di San Francesco d’Assisi il prossimo 29 marzo per ricevere in dono, dai frati del Sacro Convento, la Lampada della pace di San Francesco per “la sua azione e il suo impegno tesi a promuovere i diritti umani, l’armonia tra fedi diverse e l’accoglienza dei rifugiati ". All’incontro di Assisi interverranno anche la Cancelliera tedesca, Angela Merkel, e il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.

Il direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, padre Enzo Fortunato, ha sottolineato che la lampada di San Francesco verrà consegnata dal Custode del Sacro Convento di Assisi, padre Mauro Gambetti, a Sua Maestà il Re Abdullah II che “in Medio Oriente e in tutto il mondo ha distinto sé stesso e il Regno Hascemita di Giordania attraverso la sua azione e il suo impegno tesi a promuovere i diritti umani, l’armonia tra fedi diverse, la riforma del sistema educativo e la libertà di culto, e allo stesso tempo ha dato ospitalità e un rifugio sicuro a milioni di rifugiati. Queste sono le ragioni per le quali abbiamo deciso di premiare Sua Maestà con la Lampada della Pace”.

Alla conferenza stampa di presentazione dell’evento, che si è tenuta nella sede dell’Associazione Stampa Estera in Italia, hanno partecipato i frati del Sacro Convento, l’Ambasciatore del Regno Hascemita di Giordania in Italia, Fayiz Khouri, l’Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani, il Portavoce dell’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania, Fabrizio Micalizzi, e il Direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, padre Enzo Fortunato.

Durante l’incontro è stato annunciato dal direttore di Rai Ragazzi, Luca Milano, il cartone animato sul Santo di Assisi che andrà in onda sulle reti Rai.  “Un film d’animazione per ragazzi e famiglie, con attenzione particolare al pubblico che va dai 7 ai 14 anni – ha dichiarato il direttore Milano - Il film parte dall’incontro avvenuto nel 1219, ottocento anni fa, tra san Francesco e il Sultano d’Egitto. Da lì a ritroso, il film d’animazione presenta i momenti essenziali della vita del Santo di Assisi ai ragazzi d’oggi. Il film, avviato in produzione da Rai Ragazzi con uno studio di animazione torinese, sarà pronto per la trasmissione sulle reti Rai a fine 2019 e verrà quindi distribuito internazionalmente”.

Il 6 marzo 2019, alle ore 11:00, in Roma, nella Sala della Crociera del Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministro dottor Alberto Bonisoli alla presenza del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale di Corpo d’Armata Giovanni Nistri ha restituito alla Segretaria di Cultura degli Stati Uniti Messicani, Dottoressa Alejandra Frausto Guerrero, 594 dipinti ex voto databili tra il XVIII ed il XX secolo, illecitamente sottratti al patrimonio culturale messicano ed esportati illegalmente in Italia.

Il recupero è il frutto di un’indagine, finalizzata al contrasto del traffico illecito internazionale di beni culturali, condotta dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Monza e scaturita da un controllo alla mostra “Dacci oggi il nostro pane quotidiano/tavolette votive dedicate al tema della Terra”, svoltasi a Milano.

Le opere, che sono state asportate tra il 1960 ed il 1970 da vari luoghi di culto del Messico, sono state individuate e sequestrate, nel giugno del 2016, su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, in due musei, uno lombardo e l’altro piemontese, ove erano giunte a seguito di una donazione da parte di un noto collezionista milanese, nel frattempo deceduto.
Grazie all’esperienza dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, supportati dagli esperti del Ministero per i beni e le attività culturali, è stato possibile, sulla base dell’analisi iconografica e delle iscrizioni presenti, ricondurre i dipinti al Messico.

I successivi accertamenti, esperiti sul canale diplomatico, hanno permesso di acquisire, dall’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia del Segretariato della Cultura messicana di Città del Messico, la conferma dell’appartenenza degli ex voto al patrimonio culturale del Paese centroamericano.

La cerimonia odierna, che segue quelle avvenute nel 2014 e nel 2016 in cui sono stati restituiti agli Stati Uniti Messicani parecchi reperti archeologici provenienti da scavi illegali, testimonia la proficua e consolidata collaborazione tra l’Italia e il Messico nella lotta al traffico illecito di beni culturali, ulteriormente qualificata dall’istituzione, nel marzo 2018, della “Unidad de Tutela del Patrimonio Cultural” della Divisione di Gendarmeria della Policía Federal de México.

Il reparto, che è nato sul modello dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, anche a seguito della sensibilizzazione prodotta, in ambito internazionale, dall’iniziativa italiana della Task Force “Unite4Heritage”, si occuperà di tutelare il ricchissimo patrimonio culturale di quel Paese.

La creazione di un’unità di polizia specializzata, con compiti esclusivi di tutela del patrimonio culturale, ha costituito un grande successo per l’Italia e, in particolare, per l’Arma dei Carabinieri che, a seguito dell’accordo di cooperazione firmato il 18 gennaio 2017, dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri e il Comandante della Polizia Federale messicana, garantisce supporto all’addestramento della Policía Federal.

La collaborazione, inoltre, è stata ulteriormente sviluppata grazie a cicli formativi – condotti anche da personale dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro – sulle tecniche di salvaguardia e messa in sicurezza dei beni culturali in situazioni emergenziali, che hanno visto impegnato il personale del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, tratto dalla Task Force italiana “Unite4Heritage”, sin dal novembre del 2017, a seguito degli eventi sismici che hanno colpito il Messico nel precedente mese di settembre.

ll Presidente di Protom , Fabio De Felice, sarà consegnato questo pomeriggio a Roma in Senato, alla presenza della Presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati, il Premio dei Premi. 

L’alto riconoscimento, istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri su mandato del Presidente della Repubblica, viene assegnato ad un’impresa individuata tra quelle premiate annualmente nelle competizioni a carattere nazionale organizzate nei settori dell’industria e servizi, dell’università, della pubblica amministrazione e del terziario. E Protom si è aggiudicata per il secondo anno consecutivo il “Premio Imprese X l’Innovazione” promosso da Confindustria.

Nata nel 1995 come società di consulenza, oggi Protom è un player nella trasformazione dell’innovazione in soluzioni concrete ad alta vocazione tecnologica capaci di generare valore per clienti e partner.

Il gruppo opera nell’ambito dell’Advanced Engineering e della Information Technology, ha il quartier generale a Napoli e Milano e sedi in Francia, a Tolosa, ed in Brasile a San José dos Campos. L’azienda lavora con big player del comparto metalmeccanico, dell’aeronautica, del ferroviario e dell’automotive come Leonardo, Superjet, Piaggio Aerospace, Airbus, FCA, ATR, Hitachi Rail Italy e Rolls Royce.
 
“Occorre ispirare e lasciarsi ispirare – afferma Fabio De Felice – ma soprattutto occorre trasformare l’ispirazione, la creatività in risposte a bisogni concreti. Al di là delle enormi contraddizioni che costellano la nostra epoca, siamo i testimoni di una trasformazione rivoluzionaria: le tecnologie a nostra disposizione sono in grado di traghettarci in scenari che ancora non abbiamo concepito. La sfida si gioca tutta qui: sulla capacità di cogliere i bisogni del mercato, di pensare in maniera laterale guardando ai problemi come ad opportunità di miglioramento.

Dopo l’ingresso nel 2017 in Elite, il programma di Borsa Italiana e Confindustria per le imprese ad alto potenziale, Protom ha proseguito nel 2018 il proprio percorso di crescita scegliendo di focalizzarsi sempre più su attività ad alto valore aggiunto.
L’azienda capitalizza l’elevata qualità e peculiarità delle competenze maturate negli ambiti dell’Advanced Engineering, della Digital Transformation e del Knowledge Development, puntando a creare inedite sinergie da cui nascono servizi e soluzioni ad alto valore aggiunto."

Il risultato, in termini di business, si è tradotto in una consistente crescita degli utili, a cui è corrisposto un forte investimento in attività di Ricerca, affidate all’Innovation Lab guidato da Sergio Cotecchia.

“Più del 15% del fatturato realizzato da Protom tra il 2011 ed il 2018 - spiega Cotecchia - è stato investito in progetti di ricerca e innovazione, con l’impegno di un monte lavorativo di circa 100 mila ore. Nel 2018 abbiamo avuto anche un incremento sostanziale nelle spese in attività di Ricerca e Sviluppo, che oggi si attestano intorno al 20% del fatturato. Questo premio è, dunque, il riconoscimento di quella che costituisce un’attitudine insita nella cultura aziendale di Protom: la tensione all’innovazione”.

“Oggi Protom - spiega De Felice - partecipa al programma di ricerca europeo Horizon2020 con nove progetti che riflettono la capacità dell’azienda di creare sinergie tra le competenze di matrice ingegneristica ed il know-how sviluppato in ambito di tecnologie all’avanguardia e Digital Transformation. Protom riveste, in particolare, il ruolo di Core Partner nell’ambito del programma Clean Sky 2, focalizzato sulla produzione di velivoli significativamente più sostenibili e performanti".

Al contempo, Protom si è affacciata sui mercati sudamericani, acquisendo la società brasiliana Ambra Solutions, con sede nel Parco Tecnológico UNIVAP a San José dos Campos, dove è presente il maggior complesso aerospaziale dell’America Latina.
“Aprirsi ai mercati internazionali è vitale per sostenere una cultura dell’innovazione”, rimarca De Felice. 

“Fare impresa in Italia, oggi, non è facile. Ancora meno facile è fare innovazione. Ma la ricerca dell’innovazione è irrinunciabile, rappresenta una delle più importanti risorse per rimanere competitivi e continuare a crescere. È essenziale rimarcare questo concetto proprio in un’occasione, come quella del Premio dei Premi, in cui aziende ed istituzioni si incontrano. Il successo si raggiunge e si mantiene attraverso l’apertura, il confronto, l’assunzione di una mentalità globale e aperta al dialogo. Solo dall’incontro nascono idee di valore”.

Europa delle élites, Europa dei popoli. Ascesa e declino del “politicamente corretto”. Questo il titolo di un convegno tenutosi a Napoli nella Sala gotica del Complesso Monumentale Donnaregina, il 1° marzo, organizzato da Alleanza Cattolica.

Chi – come chi scrive – ha avuto la fortuna di parteciparvi, ha potuto cogliere molti piccioni, come si dice, con una sola fava.

Per prima cosa, infatti, il pubblico ha potuto constatare l’esistenza in vita, in giro per l’Europa, di una resistenza non solo umorale ma intellettualmente fondata al pensiero unico relativista imposto dall’Unione Europea («sovietica», come l’ha provocatoriamente definita Domenico Airoma, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Napoli Nord che, insieme all’avvocato Alberto De Cristofaro, ha fatto gli onori di casa). Sono infatti intervenuti il prof. Eugenio Capozzi, professore ordinario di Storia contemporanea presso la facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Napoli «Suor Orsola Benincasa»; Dalma Agota Jànosi, giornalista della stampa cattolica ungherese; e infine Vladimiro (in realtà Wlodzimierz, ma chi lo ha presentato ha gradito l’italianizzazione del nome) Redzioch, vaticanista polacco, corrispondente da Roma del settimanale cattolico polacco Niedziela.

Ci si è potuti rendere conto, inoltre, che tale resistenza consapevole ai diktat culturali ed economici imposti da un’aristocrazia di stanza a Bruxelles, che muove i fili senza doversi confrontare con eventuali bocciature elettorali,  gode di ottima salute soprattutto a Est, dove – per esempio in Ungheria e in Polonia – è esercitata anche dalle coalizioni che detengono i poteri esecutivo e legislativo con un ampio margine di consenso popolare.

Infine, il pubblico ha potuto apprezzare, quantomeno en passant, i tesori gotici e barocchi mozzafiato contenuti nel Complesso monumentale. Il Museo diocesano annesso ospita infatti sculture, monumenti funerari e dipinti sacri di prim’ordine. Per raggiungere la sala del convegno, i convenuti hanno seguito un itinerario obbligato che li ha esposti a un vero e proprio tripudio di «bellezza cattolica». Dai relatori alla location, tutto ha cooperato perché le radici cristiane dell’Europa quasi si materializzassero in tutto il loro fulgore.

Il prof. Capozzi, autore del volume Politicamente corretto: Breve storia di un'ideologia, ha ricostruito come e perché dopo il crollo del Muro di Berlino nel 1989, ma i prodromi vanno fatti risalire al Sessantotto come fenomeno culturale – anzi ai Sixties, gli «anni Sessanta», perché, spiega Capozzi, lo scoppio della Rivoluzione sessuale, pacifista e anti-occidentale, è avvenuta negli Stati Uniti prima del ’68 –, si sia intronizzata in Occidente un’ideologia, quella del «relativismo obbligatorio», che in nome del «politicamente corretto» impone censure del linguaggio e condanna senza appello l’intera storia occidentale, negando patenti di presentabilità a tutti i movimenti  che non si riconoscono del «nomadismo cosmopolita, multiculturale e gender fluid» promosso dalle élite globaliste.

Dal canto suo, Dalma Agota Jànosi ha cercato di sfatare la leggenda nera che aleggia dalle nostre parti sul partito cristiano conservatore e anti-statalista Fidesz, di cui è espressione Viktor Orban, primo ministro dell’Ungheria dal 2010. La giornalista ungherese ha strappato applausi a scena aperta quando ha riportato, dati alla mano, le misure economiche intraprese dal governo ungherese per frenare la crisi demografica favorendo la natalità e i matrimoni (quelli veri, cioè fra un uomo e una donna). Il pubblico sembra avere molto apprezzato anche la lettura alcuni passaggi della Legge Fondamentale dell’Ungheria, approvata il 25 aprile 2011, che esordisce così: «Siamo orgogliosi che il nostro re Santo Stefano mille anni fa abbia dotato lo Stato ungherese di stabili fondamenta ed abbia inserito la nostra Patria nell’Europa cristiana. Siamo orgogliosi dei nostri antenati che combatterono per la conservazione, per la libertà e per l’indipendenza del nostro Paese. […] Siamo orgogliosi che, nel corso dei secoli, il nostro popolo abbia difeso l’Europa combattendo e, con il suo talento e la sua diligenza, abbia contribuito alla crescita del suo patrimonio comune. Riconosciamo il ruolo del cristianesimo nella preservazione della nazione. Promettiamo di mantenere l’unità intellettuale e spirituale della nostra nazione lacerata dalle tempeste del secolo scorso».

Pure toccante è stato l’intervento di Vladimiro Redzioch che ha proposto una via di fuga dalle sabbie mobili del politicamente corretto: riscoprire l’antropologia cristiana come elaborata e insegnata da san Giovanni Paolo II. «Il Muro di Berlino non sarebbe caduto senza Giovanni Paolo II» ha ricordato con una certa commozione Redzioch citando l’opinione di Michail Gorbacev. Quando, nel 1979, il Papa si recò nella sua Polonia, il popolo si rese conto di essere numeroso quanto bastava per demolire i due pilastri che reggevano la dittatura comunista: la paura e la menzogna.

Ha concluso i lavori il prof. Capozzi che ha evocato un ulteriore effetto nefasto del dilagare del relativismo nichilista: quello di privare l’Occidente degli anticorpi necessari per resistere alla pressione dei vari «pensieri forti» non cristiani che sembrano destinati a colonizzarlo, se non altro per ragioni demografiche.

 

 

 

 

Alcuni migranti che erano a bordo della nave 'Diciotti' hanno presentato un ricorso al tribunale civile di Roma per chiedere al governo italiano un risarcimento per essere stati costretti a rimanere a bordo diversi giorni. Secondo quanto si apprende da fonti del Viminale, il ricorso è stato presentato da uno studio legale a nome di 41 migranti, tra cui un minore, che erano a bordo della nave e che ora chiedono al premier Giuseppe Conte e al ministro dell'Interno Matteo Salvini un risarcimento tra i 42mila e i 71mila euro. Dei 41 migranti che si sono rivolti allo studio legale, dicono ancora le fonti del Viminale, 16 risultano essere nati l'1 gennaio. Dopo esser scesi dalla Diciotti, gli stranieri si erano poi rifugiati presso le strutture di Baobab Experience.

Una causa legale che ha il sapore prettamente politico per tornare ad attaccare Salvini. Non a caso arriva pochi giorni dopo la decisione della Giunta per l'immunità del Senato di non concedere l'autorizzazione a procedere al tribunale dei ministri che avrebbe voluto processare il numero uno del Viminale nonostante la procura di Catania avesse deciso di archiviare il caso. Adesso spunta uno studio legale che pretende dal leader leghista il risarcimento dei danni per la "privazione della libertà personale".   

«Permettetemi di rispondere con una grassa risata, non prendessero in giro gli italiani, la pacchia è finita, i barconi non arrivano più, al massimo gli mandiamo un Bacio Perugina». La battuta di Salvini fa capire «come sia più competente in enogastronomia più che in giurisprudenza: deve ricordarsi che sta al Viminale e non a Masterchef», ha risposto Giovanna Cavallo, dell'area legale di Baobab Experience. «In questa vicenda si parla di diritti umani violati e di persone che non possono diventare oggetto di campagna elettorale», ha chiarito. 

Mentre sul fronte del Movimento 5 Stelle. Sabrina De Carlo, capogruppo del M5S in Commissione Esteri della Camera, ha chiarito come l'Italia «ha rispettato ogni convenzione internazionale. Spiace che i 41 migranti che hanno chiesto un risarcimento si sono fatti strumentalizzare dai "soliti noti" della politica che ha favorito il business dell'immigrazione», ha chiarito.  

Fonti del Viminale fanno, infatti, sapere che uno studio legale ha presentato al tribunale civile di Roma un ricorso d'urgenza  per "difendere" 41 degli immigrati che si trovavano a bordo della nave della Guardia Costiera bloccata da Matteo Salvini nel porto di Catania per costringere l'Unione europea a fare la propria parte nella distribuzione dei richiedenti asilo. Dal leader leghista ora pretendono il pagamento di una cifra che oscilla tra i 42mila e i 71mila euro.

Di questi, sedici risultano nati il primo gennaio. Una coincidenza piuttosto stramba che fa supporre, come spesso accade, che le generalità fornite dai richiedenti asilo siano del tutto inventate. Dichiarano, sempre più spesso, di essere nati il primo gennaio del 2002, guarda caso in modo da risultare di diciassette anni e ottenere così accoglienza in Italia. I dati anagrafici degli immigrati sbarcati al porto di Catania l'estate scorsa non sono certo le uniche note stonate di una vicenda che ha svelato tutte le falle del sistema di accoglienza imposto per anni dall'Unione europea e che Salvini sta cercando di smontare.

Una volta sbarcati in Italia, alcuni degli immigrati, che ora vogliono far causa a Salvini, si erano poi rifugiati nella tendopoli (abusiva) gestita dai volontari della "Baobab Experience", un'associazione legata al mondo della sinistra radicale che fa del buonismo e dell'accoglienza la propria bandiera. Erano stati proprio gli stessi volontari a noleggiare un pullman e portarli al confine con la Francia per aiutarli ad attraversare (illegalmente) il confine. Adesso, a distanza di dieci mesi, eccoli rispuntare, rappresentati da un ufficio legale italiano, per cercare di spillare al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e a Salvini una cifra "a titolo di risarcimento" che oscilla tra i 42mila e i 71mila euro.  

A pochi giorni dal voto in Giunta sul caso della Diciotti, la nave della Guardia Costiera fermata davanti al porto di Catania per non far scendere i migranti che erano stati imbarcati, Giulia Bongiorno parla dei consigli dati a Matteo Salvini su come affrontare la richiesta del tribunale dei ministri che lo avrebbe voluto processare. Consigli dati non in quanto ministro della Pubblica amministrazione, ma da esperto legale. Perché, pur sapendo che "se Salvini si fosse fatto processare per le accuse dei giudici di Catania sarebbe stato sicuramente assolto", la Bongiorno ha voluto evitargli di finire invischiato negli artigli della giustizia "per sei, sette, dieci anni".

"Conosco la giustizia italiana...". In una intervista rilasciata al Corriere della Sera, la Bongiorno mette a nudo le falle della giustizia italiana. Da avvocato quale è li conosce in troppo bene. "So che Salvini sarebbe rimasto sotto processo per sei, sette, dieci anni - spiega - e nel frattempo sarebbe stato sempre additato". Da qui il consiglio di non rifiutare l'immunità che la Giunta di Palazzo Madama gli avrebbe dato. Per arrivarci, però, il vicepremier leghista è dovuto prima passare attraverso il tribunale del popolo messo in piedi dal Movimento 5 Stelle. Sulla votazione sulla piattaforma Rousseau, la Bongiorno però non intende prendere prosizione, preferisce lasciare certe polemiche all'elettorato pentastellato: "È nel dna dei grillini, questo continuo contatto con i loto militanti, può piacere o non piacere. Personalmente - continua - non ho questa ansia di ricercare sempre il confronto con l'elettorato".



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