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Riflessi del Nilo nella grande sala di Palestrina

Palestrina, in provincia di Roma, sorge in corrispondenza del sito della antica Praeneste, centro le cui origini remote risalgono almeno all’VIII sec. a.C. La città visse una fase di incredibile ricchezza e benessere nel II sec.a.C., grazie ai contatti commerciali ed agli scambi con l’Oriente mediterraneo. In questo periodo a Praeneste si realizza un grandioso progetto con la monumentalizzazione del santuario della Fortuna Primigenia e la costruzione, intorno al 120-110 a.C., del complesso degli edifici del Foro, influenzata dall’architettura scenografica del Mediterraneo orientale. Di grande fascino la basilica civile, con ai lati, il raffinato ninfeo decorato da un mosaico con il fondo marino, il cosiddetto “Antro delle Sorti” e il monumentale edificio, di incerta funzione, detto “Aula Absidata”.

Era questa una grande sala rettangolare con una grandiosa abside, alta più di 10 metri, scavata nella roccia viva e in origine pavimentata dal famoso mosaico policromo del Nilo, distaccato nel XVII secolo e attualmente conservato al Museo Nazionale Archeologico di Palestrina. Esso rappresenta una grande carta geografica dell’Egitto in veduta prospettica, in cui è raffigurato il Nilo lungo il suo corso, dal territorio selvaggio della Nubia, popolata da pigmei cacciatori e da una grande varietà di animali coi nomi scritti in greco, all’Egitto interno dei grandi templi faraonici, fino alla costa mediterranea. Nell’angolo in basso a destra è riconoscibile il porto di Alessandria, la capitale dell’Egitto ellenistico, e il grande edificio circondato da mura che si affaccia sul porto si può forse identificare proprio con il palazzo dei Tolemei.

Il Complesso degli edifici del Foro è stato interessato da un processo millenario di stratificazione edilizia, proseguito fino ad anni recenti, che aveva obliterato e stravolto l’originario edificio romano, quasi completamente nascosto dalle strutture moderne.

Acquisito dallo Stato fin negli anni ’80 del secolo scorso, il complesso è stato oggetto di un delicato intervento di restauro che ha permesso il recupero della costruzione ellenistica.

I lavori, curati dalla Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria meridionale, hanno finalmente riportato in vista l'abside e la parete destra dell'edificio, decorata dal bancone con raffinato fregio dorico. Questo intervento ha permesso di riportare in luce una creazione unica del Lazio antico, che quasi non ha confronti per dimensioni ed originalità.

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