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Giunge a Roma per la prima volta, grazie ad un accordo tra la Sovrintendenza Capitolina - Direzione Musei Civici, la Fondazione Palazzo Te e il Museo di Palazzo Ducale di Mantova, il dipinto “Ritratto di Eleonora Gonzaga” (1622), l’unico ritratto firmato e datato di Lucrina Fetti. L’opera, di proprietà dell’Accademia Nazionale Virgiliana, sarà in mostra dall’8 giugno al 1° ottobre 2023 nella Pinacoteca dei Musei Capitolini, all’interno della Sala VI dedicata alla pittura bolognese e dell’Italia settentrionale, e rappresenta una delle tele più interessanti dell’artista anche per il contributo che fornisce alla ricostruzione della presenza delle artiste donne a Roma tra XVI e XIX secolo.

L’esposizione sarà inaugurata giovedì 8 giugno, alle 18.00, con una visita guidata tenuta dalla Direttrice della Direzione Musei Civici della Sovrintendenza Capitolina Ilaria Miarelli Mariani.

Nata a Roma con il nome di Giustina intorno al 1589, Lucrina Fetti impara a dipingere in famiglia con il più noto fratello Domenico.

Come altre artiste della sua epoca, viene destinata a una vita monacale e la sua produzione artistica, ritratti e scene religiose, è stata quasi totalmente interna al convento di Sant’Orsola a Mantova, dove si trasferisce nel 1614 al seguito di Domenico, chiamato da Ferdinando Gonzaga come pittore di corte. Questo convento

rappresentava all’epoca una delle corti femminili più raffinate d’Europa. Fondato nel 1599 da Margherita Gonzaga, sorella di Ferdinando IV e vedova di Alfonso d’Este, divenne luogo di istruzione e ritrovo culturale per le giovani principesse Gonzaga e le nobili cittadine. Margherita, amante dell’arte, lo fece decorare con affreschi e dipinti e Lucrina divenne la principale artista di quella che era considerata la “corte” parallela del potere gonzaghesco.

L’opera esposta ritrae Eleonora Gonzaga, figlia minore del duca Vincenzo e di Eleonora de’ Medici, cresciuta nel convento delle orsoline dalla zia Margherita fino al matrimonio con l’imperatore Ferdinando d’Asburgo nel 1622. Un ritratto importante, eseguito in occasione delle nozze della giovane, che la ritrae in vesti maestose, consone al ruolo che andava a rivestire alla corte di Vienna. Eleonora indossa un abito sontuoso di broccato intessuto di fili d’oro e ornato da pizzi, abilmente realizzato dall’artista. Sulla sinistra del corsetto appare un pendente con il monogramma asburgico mentre sul tavolo la corona imperiale e una lettera su cui si legge “alla Sacra Maestà dell’Imperatrice Gonzaga”.

Sia pur temporaneamente, il dipinto incrementa la presenza di artiste nel percorso della Pinacoteca, rappresentate da altre due pittrici, la genovese Maria Luisa Raggi, attiva tra fine XVIII e l’inizio del XX secolo, e la romana Maria Felice Tibaldi Subleyras, moglie del più noto Pierre.

Si e inaugurata  a Bari  la Mostra retrospettiva del Maestro Andrey Protasov dal titolo “La Natura è il Tempio”, ospitata e allestita presso la Pinacoteca Corrado Giaquinto al 4°piano nel Palazzo storico della Città Metropolitana di Bari, in Via Spalato 19, sul Lungomare Nazario Sauro.

L’Evento espositivo, promosso dalla Foundation Andrey Protasov e curato da Maria Sofia Protasova e Fulvio Benelli, prevede la Mostra di venti, selezionate e inedite, Opere tratte dal ciclo pittorico Betulle realizzate in Italia tra il 1990 e il 2015. Dopo la Mostra a Roma, è questa l’opportunità per esplorare quel policromatismo specifico delle Opere dell’Artista in cui si riflette l’alba dell’analisi e la sintesi tra la vivace corrente simbolista russa e quella evoluzionista occidentale, osmosi attentamente rappresentata e capace di assumere qualsiasi aspetto e dimensione, attraverso una contestualizzazione universalmente plastica e flessibile. 

Quindi non solo espressione dell’Io ma, come fermo immagini, frame animici, le sue Opere fanno parte della sua vita, sono l’espressione della sua vitalità, quella gioia, gratitudine, desiderio di valori eterni e amore, che cerca con accortezza, con grande umiltà, quasi in punta di piedi, di condividere con eleganza e maestria. Il percorso espositivo incede con una serie di Opere inedite che fanno parte integrante del suo Ciclo pittorico denominato Betulle, dal latino betulla e a sua volta di origine gallica, elementi della natura dotate di un pregevole carattere penetrante e severo, resistenti a condizioni ambientali avverse.

Nella luce e nelle trasparenze è forte per l’Artista Andrey Protasov, confermava Vittorio Sgarbi, (…) l’idea di rappresentare la vita, la vitalità, il piacere di vivere (…) È quella brillantezza, quella euforia trasmessa in una pittura che somiglia alla formale intersezione degli spazi di luce che diventano per lui un richiamo fortissimo sul piano cromatico. Grandi colori, festa dei colori, intreccio di forme, come se fosse messo in un frullatore e sentirsi il brivido di essere diventati italiani .. Mi pare si capisca, non solo da questa serie di opere, la vitalità, l’euforia, il piacere di vivere, che vibra in queste tele, che sembrano sovrastare perfino il primato della ricerca artistica. Perché l’Artista deve essere severo e non lasciarsi trasportare o travolgere dalla realtà. Invece lui è felice di essere travolto, a un certo punto sente la fortuna di essere entrato in Italia, la fortuna di avere una figlia, di avere una famiglia, l’amore e la felicità di vivere (…) così forte da andare oltre la disciplina che un’Artista deve avere. È più forte l’entusiasmo che non la concentrazione di una vicenda formale  il trapianto di una visione del mondo in un’altra. Ecco perché diventa italiano quello che chiamiamo Rinascimento.

In questa serie, ribadisce Francesco Ruggiero, vengono rivelati temi eterni dell’essere, del movimento e del tempo, l’amore per la bellezza della natura e le sue creature elementari. L’Artista attraversa il paesaggio accademico classico e il simbolismo con ambienti di onirico romanticismo e lussureggianti vedute multidimensionali attraverso una Pittura ornata e colta di rimandi ermeneutici della percezione. Sono l’immagine musicale e vibrante della Armonia delle Sfere, come negli alberi viventi di Carlo Levi, i Carrubi ondosi e avvolgenti, un pentagramma lirico di note musicali, che fecondano la Terra di uno svolgimento solare, quella (…) luce intellettuale piena d’amore (…) nel Paradiso di Dante che eleva verso l’alto ogni eterno ritmo, pura gravità e vibrazione dello Spirito, liberando il colore in pienezza di sostanza e forma … questo impianto artistico della serie Betulle espande in sé l’aspetto mistico e spirituale, metafora di purificazione e rinnovamento, di Rinascita. Ambienti metafisici quelli di Andrey Protasov, labirinti come boschi di betulle da attraversare, per superare, come Faust, l’incanto delle Sirene, fortificati all’albero maestro della virtù, eppure ascoltandone il canto.

È comprensibile lo Stupor Mundi di Protasov, errante e catapultato all’interno di un nuovo geroglifico che racchiude la chiave per la decifrazione di innumerevoli enigmi passati, presenti e futuri. Una chiave multidimensionale per scale di scrigni di saggezza, che supera la gravità della luce e si fa dimensione altra del realismo magico.

Protasov ha trovato, con equanimità, questa chiave. Ha contaminato il visibile e l’invisibile nella sua ricerca vibrante e immanente dando forma e sostanza pittorica all’impalpabile esistenza, immergendosi nella propria multidimensionalità interiore e adottando un proprio sistema compositivo, tra saggezza edificatrice plastica ed incanti naturali, restituendo rivelazioni inedite e nuove epifanie, adoperando un cromatismo intenso carico di luce, guidandoci magicamente, attraverso orizzonti di elevazione con pitture oniriche di impressioni ipnotiche solari e richiami a Kandinskij e Chagall.

L’Esposizione rimarrà aperta fino al 4 Giugno 2023. Per l’occasione verrà realizzata la Monografilm della Mostra.

ANDREY PROTASOV

L’Opera del Protasov Quis ut Deus ritrae un apollineo Arcangelo Michele che con ali dispiegate, ma con la sicurezza olimpica del vittorioso, tiene sotto il suo tallone il petto serpeggiante del Diavolo che si agita inquieto, come il caos che non vuole essere organizzato secondo il sistema scientifico/spirituale, dalla luce ordinatrice dei pensieri di cui Michele è l’intelligenza cosmica.

La tecnica mista fa trasparire una prevalenza di oli e acrilici.

L’Opera proietta l’alba della sintesi tra il vivace policromatismo della corrente simbolista russa e il monocromatismo trasformista del benessere estremo occidentale rappresentato così bene dal Wharol con le sue Marilyn camaleontiche capaci di assumere qualsiasi aspetto, persino quello di un Che Guevara, se ciò stupisse il mondo.

Ben altra cosa è lo Stupor Coeli e Stupor Mundi, l’universalità del sapere umano.

Fonte Maria Sofia Protasova

Il PAFF! diventa International Museum of Comic Art: il 10 marzo 2023, con il patrocinio del Ministero della Cultura e la media partnership di Rai FVG, è in programma il taglio del nastro, un’anteprima su invito per scoprire l’esposizione permanente ospitata nell’innovativo contenitore culturale che ha sede a Pordenone. Sabato 11 e domenica 12 marzo l’apertura al pubblico (su prenotazione) è gratuita.
Sostenuto da Regione Friuli Venezia Giulia e da Comune di Pordenone, il PAFF! organizza, promuove e ospita inoltre mostre temporanee di importanza nazionale e internazionale dei grandi maestri del fumetto mondiale. La struttura sarà arricchita da una bibliomediateca ed entro la fine dell’anno di un archivio con deposito climatizzato. Il Centro va così a completare la sua già corposa offerta che dal 2018 coniuga cultura, formazione, educazione, didattica, ricerca e intrattenimento attraverso lo strumento divulgativo del fumetto.
Sotto la direzione artistica del suo fondatore, Giulio De Vita, il PAFF! International Museum of Comic Art è una realtà unica in Italia che trova analogie, per concept e dimensioni, solo nelle capitali europee (Parigi, Bruxelles).

L’esposizione permanente, la cui curatela è stata affidata a Luca Raffaelli (esperto e storico del fumetto), offre attraverso un allestimento multimediale e interattivo l’opportunità di ammirare circa 200 tavole originali dei più famosi fumettisti di tutti i tempi e oltre 500 fra schizzi, fogli di sceneggiatura, pubblicazioni storiche e rare, costumi di scena utilizzati in film tratti da fumetti, scenografie e filmati provenienti da tutto il mondo tramite acquisti, prestiti e donazioni.

All’interno dei 2.200 metri quadrati di spazi espositivi del PAFF!, la collezione permanente si estende su uno dei piani del museo, è suddivisa in 9 differenti sezioni e comprende tavole originali di numerosissimi maestri e disegnatori straordinari come Andrea Pazienza, Art Spiegelman, Benito Jacovitti, Carl Barks, Charles M. Schulz, Chester Gould, Floyd Gottfredson, George McManus, Giorgio Cavazzano, Hugo Pratt, Magnus, Milo Manara, Milton Caniff, Alex Raymond, Will Eisner.

Luca Raffaelli ha dato una chiave di lettura originale alla narrazione del percorso espositivo: quella dei diversi formati con cui il fumetto – nei suoi oltre cento anni di vita - è stato letto, conosciuto e amato in ogni angolo del pianeta, a seconda delle culture, delle condizioni economiche e delle abitudini sociali dei lettori. È così che in America sono nate prima le tavole domenicali nei supplementi a colori dei quotidiani statunitensi, poi le strisce e i comic book. In Italia troviamo invece il formato giornale (quello del primo “Corriere dei Piccoli”) e le strisce di “Tex”, poi portate al successo dal formato che porta il suo nome; in Francia i volumi chiamati “albùm” in Giappone i tankobon, libretti dove vengono pubblicati i manga di successo. Il PAFF! si connota dunque come l’unico Museo al mondo dedicato al fumetto che ponga al centro dell’attenzione il raffronto tra le tavole originali e le riproduzioni, i giornali, gli albi, i libri su cui i fumetti vivono.

Numerose e davvero uniche le opere presenti, di cui si segnalano una tavola originale di Vittorio Giardino (una rarità poterla ammirare in una mostra) e un’opera di Maus (il premiatissimo fumetto di Art Spiegelman) che poi non è stata inserita nella pubblicazione finale, nonchè tavole e strisce storiche e preziosissime: per la prima volta tutti questi originali vengono accompagnati nell’esposizione e “scoperti” dal visitatore nelle varie riproduzioni proposte nel corso del tempo. Alcuni esempi: di una tavola di Felix the Cat di Otto Messmer (datata 1933) è presente la pagina del quotidiano statunitense a colori e la pagina che nel 1937 ha riproposto il Corriere dei Piccoli (emendata dai balloon, come si faceva un tempo), dell'Eternauta (il fumetto di fantascienza del desaparecido argentino Hèctor G. Oesterheld degli anni Cinquanta) è presente il formato orizzontale, anticipato dall’adattamento che ne ha fatto in verticale Ruggero Giovannini per Lanciostory negli anni Settanta, una tavola di Carl Barks, l’inventore di Zio Paperone è pubblicata in formati diversi a seconda delle necessità.

Il PAFF! International Museum of Comic Art espone in tre teche principali le opere realizzate da altrettanti grandi artiste: una tavola molto intensa da "La gabbia", prestata da Silvia Ziche, un originale dell'artista underground Bambi Kramer e un’opera originale di Persepolis, celeberrimo romanzo a fumetti di Marjane Satrapi.

Sul piano della tutela e delle particolarità dell'allestimento, il museo rappresenta una novità assoluta nel mondo del fumetto: le tavole sono custodite in mobili che preservano i materiali proteggendoli dai danni della luce. L'effetto è quello di una wunderkammer (stanza delle meraviglie, scrigno degli oggetti preziosi, raccolta di curiosità), ma anche di un archivio accessibile al pubblico, che invita all'interazione e alla scoperta.

Per quanto riguarda la parte multimediale, in stretta connessione con le opere presenti nel percorso museale, è interessante sottolineare la presenza di contributi "storici" provenienti dalla Cineteca di Bologna, dall'Istituto Luce, dalle Teche Rai, dalla RSI (Radio Televisione Svizzera Italiana) e dalla RTS (Radio Televisione Svizzera), materiali d'archivio e frammenti filmici di ultima uscita come quello tratto da "Hugo in Argentina" del regista Stefano Knuchel (presentato al Festival di Locarno nel 2022), opere underground come "Tuono" di Dario Marani (un ritratto divertente e sincero del fumettista Andrea Paggiaro in arte Tuono Pettinato, scomparso prematuramente nel 2021), le "pillole di approfondimento" sulle diverse sezioni presentate dal curatore della mostra permanente Luca Raffaelli, le interviste sul "Futuro del fumetto" (60 secondi per riflettere sulle sorti della nona arte) con gli interventi di Alberto Abruzzese, Licia Troisi, Andrea Bernardelli, Alpraz, Andrea Fontana, Davide Di Giorgio, Fabiano Ambu e Vorticerosa/Rosa Puglisi e quelli della "Filiera del fumetto" che raccontano le fasi della sua realizzazione (sono intervenuti Giovanni Barbieri, Vittorio Giardino, Laura Scarpa, Francesco Artibani, Valerio. Bindi, Maurizio Clausi, Enrico Pierpaoli e Giuseppe Palumbo).

Tra i maggiori prestatori, si segnala Giancarlo Soldi (regista e sceneggiatore) che ha messo a disposizione una selezione dei suoi documentari dedicati al mondo del fumetto (Nuvole parlanti, Graphic Reporter, Letteratura disegnata, Come Tex Nessuno mai, Nessuno Siamo Perfetti) e le irresistibili pillole di “Little Nemo, realizzato per la rivista Fumettologica.

Presenti 3 Exhibit, finestre interdisciplinari realizzate in collaborazione con Michela Zalunardo, che approfondiscono, presentando in maniera originale, il rapporto con le altre arti.

Non solo fumetti: la mostra permanente espone una statua di Joker di Adrian Tranquilli, alcuni oggetti che testimoniano il successo del fumetto e dei suoi personaggi, un Diabolik rimontato perché il piccolo albo potesse diventare una grande strenna natalizia, una rappresentazione del protofumetto realizzata da Davide Toffolo (storie illustrate, che ornano la Colonna Traiana o che erano pubblicate a disegni sui periodici dell’Ottocento, e che anticipano la nascita dell’industria e del successo del fumetto).

Per agevolare e accompagnare il visitatore verso una migliore fruizione dell’innovativo museo, il PAFF! ha introdotto nel proprio staff la figura del mediatore museale: una decina di operatori affiancano il pubblico per assistere e suggerire il miglior modo per assaporare ogni aspetto del sorprendente allestimento.

Entro la fine del 2023, l’International Museum of Comic Art si arricchirà anche di un archivio con deposito climatizzato per la conservazione delle tavole, dei disegni e delle pubblicazioni facenti parte della collezione del Museo. Il deposito sarà caratterizzato da un impianto di precisione ad alta efficienza energetica per mantenere gli ambienti a una temperatura costante di 18 gradi e a un’umidità relativa non superiore al 45 per cento.

 

 

L’Imperatrice Elisabetta meglio conosciuta come Sissi era certamente una precorritrice rispetto al suo tempo; ugualmente la sua immagine attuale è ormai superata. Negli ultimi 125 anni si è guardato soprattutto a elementi come la bellezza, la cura del corpo e la drammaticità della sua storia. Ma chi era la vera Sissi?  
Dal 1 marzo e fino a fine marzo al Museo di Sissi -  nella Hofburg di Vienna -  ma anche all’Hotel Imperial e al Museo del Mobile il ritratto di Sissi assume nuove sembianze attraverso la poesia: una nuova luce sull’immagine che si è creata negli anni. La Vienna dell’800 è indissolubilmente legata all’imperatrice Elisabetta. Il fascino che la avvolge è più attuale che mai e la sua storia viene continuamente riproposta, per soddisfare così un pubblico nuovo e globale. Dai noti e romantici film con Romy Schneider degli anni ‘50 all'“Imperatrice” - la nuova miniserie per Netflix - e al lungometraggio “Corsage”, ogni generazione ha creato la propria versione di Sissi. I riflettori però sono sempre stati puntati sugli stessi elementi: la sua bellezza, i suoi abiti, la depressione, i disturbi alimentari, gli eccessi sportivi, le sue presunte scappatelle e la ricerca dell'eterna giovinezza.

La vera donna, imperatrice e madre, è rimasta sempre più sullo sfondo. Sebbene abbia lasciato un'eredità incredibile, la si ricorda solo per l’aspetto esteriore e i drammi. “Per la giovane Sissi il concetto di bellezza non esisteva. Appena giunta alla corte di Vienna comprese che ciò che ci si aspettava da lei era solo questo. Il suo aspetto fu strumentalizzato. A dipingere il celebre ritratto dell'imperatrice del 1865 fu Franz Xaver Winterhalter, pittore iconico per il mito di Sissi che contribuì a diffondere la sua fama e bellezza in tutto il mondo” dichiara Michael Wohlfart, curatore del Museo di Sissi. Proprio per smantellare quest'immagine superficiale e portare alla luce la vera personalità dell'imperatrice Elisabetta, la sua più famosa raffigurazione, la tela originale di Winterhalter, dal 1° marzo è stata ricoperta da un ritratto del tutto nuovo e particolare di Sissi. L’idea è quella di portare il visitatore a riflettere su chi era veramente questo iconico personale: andare oltre al concetto di bellezza. E allora ecco che emergono le sue conquiste, le sue qualità, le emozioni. “Sisi’s New Portrait” – questo il nome del progetto – lo fa mettendo in mostra una poesia essenziale e minimalista che racconta vicende riguardanti l'imperatrice che sono andati perse dietro alla sua immagine.

L'Ente per il Turismo di Vienna promuove quest'iniziativa in cooperazione con il Museo di Sissi, il Museo del mobile di Vienna - entrambe istituzioni appartenenti allo Schönbrunn Group  ed Hotel Imperial. “Sisi’s New Portrait” è in mostra fino a fine marzo al Museo di Sisi, all'Hotel Imperial e al Museo del Mobile. Ricordare le donne per la loro personalità. Non per il loro aspetto. Il nuovo ritratto, con la particolare veste grafica della poesia, porta a riflettere su ciò che si dà per scontato e a cambiare punto di vista. Chi osserva arriva con dei preconcetti che rapidamente cambiano quando si scoprono determinate azioni che fece nel corso della sua vita: il sostegno dei rifugiati e l’affermazione dell'autonomia del popolo ungherese.

Elfriede Iby, responsabile della sezione scientifica dello Schönbrunn Group dichiara: “Sissi era una precorritrice del suo tempo sotto molti aspetti. Era una donna strategicamente molto intelligente: anche se il suo parere “ufficialmente” non contava nulla, Sissi era perfettamente consapevole dell'effetto che i suoi gesti avevano sul pubblico. Le sue numerose poesie, una valvola di sfogo per affrontare questioni legate alla politica, alla società e alla famiglia in modo ironico e mirato, fanno luce sulle sue opinioni e sui suoi sentimenti”.

L'immagine della donna: un tema più importante che mai, per il quale tanti si battono in tutto il mondo e che la Giornata Internazionale della Donna, l'8 marzo, ricorda in modo particolare. E non fu solo Sissi a essere ripetutamente etichettata nel corso degli anni. Il ritratto mette in discussione le basi di come viene percepita la figura femminile nella nostra società e la formula visuale evidenzia chiaramente che ancora oggi l'aspetto delle donne spesso mette in ombra i loro meriti e i talenti. L'appello alla fine della poesia: “Remember women for who they were. Not for what they looked like”. Un monito questo che non si può mai ripetere abbastanza. Afferma Norbert Kettner, Direttore dell'Ente per il Turismo di Vienna: “In occasione dell'8 marzo, la Giornata della Donna, che noi estenderemo all'intero mese, desideriamo offrire un palcoscenico ai talenti e alle eredità in ambito artistico, tecnico o sociale di straordinarie personalità femminili che operarono a Vienna. L'imperatrice Elisabetta è soltanto una delle numerose donne che per secoli sono rimaste nella memoria collettiva soprattutto per aspetti esteriori. ‘Sisi’s New Portrait’ ci propone una pioniera, il cui operato spesso è stato offuscato dall’immagine della sua persona nella pop culture. Vienna, la città in cui Sissi ha vissuto, operò e agì, oggi continua ad essere un grande polo d'attrazione per il pubblico, è certamente il luogo più consono per rendere omaggio alla vera eredità dell'Imperatrice”.

Ma l’imperatrice Elisabetta è solo una delle donne la cui immagine mette in ombra spirito innovatore e lascito storico persino dopo la morte. Alma Mahler-Werfel, Hedy Lamarr, Emilie Flöge, Margarete Schütte-Lihotzky, tutte queste donne erano più che solo compagne, dive del cinema o muse. Erano pioniere, e il loro operato è rilevante ancora oggi. A marzo, per il Mese della Donna, l'Ente per il Turismo di Vienna punta i fari su queste eccezionali donne viennesi mettendole in scena in tutto il mondo sui suoi canali digitali. Anche il Museo della Tecnica di Vienna, che in occasione della 150a ricorrenza dell'Esposizione Universale di Vienna ricorda il Padiglione delle Donne del 1873, si dedica al tema della “Visibilità della donna”. Questo tipo di esposizione allora del tutto nuovo, che per la prima volta diede spazio anche all'occupazione femminile nelle fasce popolari, funse da apripista per la visibilità del mondo del lavoro femminile. La rassegna straordinaria fa parte di tutta una serie di appassionanti iniziative realizzate nel quadro di “Visione e ripartenza – 150 anni dall'Esposizione Universale di Vienna”, il tema dell'anno dell'Ente per il Turismo di Vienna.

Ulteriori informazioni su: sisi.vienna.info

 

La poesia

 

You want to see Sisi. 
For her beauty, her glory, her victory. 
You want to see Sisi. 
For her dresses, 
her hair, her excesses. 
You want to see Sisi. 
For the drama, the obsession, 
the supposed depression. 
But if you only see. 
What you want to see. 
You’ll fail to see. 
That her legacy helps today’s refugees. 
That she believed in people’s autonomy. 
That she loved to learn. 
That her convictions were stern. 
You’ll fail to see. 
That she suffered like the rest of us. 
Like the best of us. 
So, whenever you see 
Sisi’s victory, glory, beauty. 
Never again fail to see. 
The real Sisi. 

 

Remember women for who they were. Not for what they looked like. “

 

“Volete vedere Sisi.

Per la sua bellezza, la sua gloria, la sua vittoria.

Volete vedere Sisi.

Per i suoi abiti,

i suoi capelli, i suoi eccessi.

Volete vedere Sisi.

Per il dramma, l'ossessione,

la presunta depressione.

Ma se si vede solo.

Quello che vuoi vedere.

Non riuscirete a vedere.

Che la sua eredità aiuta i rifugiati di oggi.

Che credeva nell'autonomia delle persone.

Che amava imparare.

Che le sue convinzioni erano severe.

Non vedrete.

Che ha sofferto come tutti noi.

Come i migliori di noi.

Così, ogni volta che vedrete

la vittoria, la gloria, la bellezza di Sisi.

Non mancate mai di vedere la vera Sisi.

La vera Sisi.

 

"Ricordate le donne per quello che erano. Non per il loro aspetto. "

 

L'iniziativa è nata nel laboratorio creativo congiunto dell'Ente per il Turismo di Vienna e dell'agenzia Jung von Matt Donau. L'obiettivo di questo partenariato per l’innovazione è quello di sviluppare soluzioni comunicative fuori dagli schemi, che portino avanti “il marchio di Vienna” e stabiliscano nuovi parametri di riferimento.

 

La regina Maria Carolina le aveva volute nella Biblioteca Palatina
Dal 1933 erano state trasferite a Napoli
Dopo 90 anni tornano le Muse alla Reggia di Caserta.  

Le statue di Talia, musa della Commedia, e di Melpomene, musa della Tragedia, a seguito di un bel lavoro di squadra tra istituzioni del MIC, sono rientrate alla Reggia di Caserta. La dettagliata richiesta del Museo, corredata da una motivata relazione storica artistica, ha consentito di condividere con le varie Direzioni l’opportunità di restituire i beni al percorso museale del Complesso vanvitelliano. Le statue erano posizionate negli spazi della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Napoli.

La prima scultura è databile al II secolo d.C., di altezza pari a m 1. 70 con plinto. La fanciulla, che impugna una verga, poggia la mano destra su un pilastrino al cui termine è posta una maschera teatrale. Indossa un sottile chitone, tunica impiegata comunemente nella Grecia antica, di foggia ellenistica, e un ampio himation, drappo poggiato sul braccio sinistro antico e leggeri calzari ai piedi. Il braccio destro è un inserto di età moderna.
 
La seconda scultura, di altezza pari a m 1.78 con plinto, veste una lunga stola ricoperta da un mantello che avvolge il piede sinistro e lascia intravedere quello destro, calzato da un elegante sandalo. Il corpo principale è parte di un'opera di età romana del II secolo d.C.. Entrambe le braccia furono rifatte: il braccio destro con la mano che impugna una daga; il sinistro, ora reciso, con la mano che sorreggeva una maschera. Le teste sono moderne, eseguite probabilmente dal medesimo scultore.
 
La statua di Talia è documentata nell’Inventario farnesiano del 1772, dal quale si apprende che essa era collocata negli Orti di Campo Vaccino sul Palatino. Le muse, appartenenti alla collezione Farnese ereditata da Carlo di Borbone dalla madre Elisabetta, furono trasferite per desiderio della Regina Maria Carolina alla Reggia di Caserta nell'ottobre del 1788. Restaurate e integrate con parti moderne, avevano lasciato la Real fabbrica della porcellana di Napoli dove erano giunte da Villa Madama a Roma.  

Come si evince dalle Annotazioni di tutto ciò che esiste nei Reali Appartamenti delle loro Maestà (D.S.) nel R.le Palazzo Nuovo di Caserta del 1799, furono sistemate su piedistalli negli angoli della terza sala della Biblioteca Palatina negli Appartamenti reali del Palazzo. Un anno prima, re Ferdinando IV aveva lasciato Napoli per rifugiarsi a Palermo. Il sovrano fece caricare sulle navi i libri della regina consorte e molte opere d’arte della collezione Farnese. Le due statue, quindi, furono probabilmente trasportate da Caserta a Napoli e in seguito portate a Palermo. Al loro ritorno nella capitale del Regno delle Due Sicilie, le due sculture furono restaurate da Angelo Solari per essere ricollocate nel luogo originario in Biblioteca Palatina, come risulta dall'Inventario del Real Palazzo di Caserta del 1830.

Nel 1933 le due muse furono portate a Napoli per essere collocate negli uffici della Soprintendenza, spezzando così il forte legame con il luogo al quale Maria Carolina le aveva destinate. La regina desiderava, infatti, costruire per la sua libreria privata, Tempio del Sapere, un ambiente colto e raffinato, orientato al gusto per l'antico e alle suggestioni della cultura classica. Scelte appositamente dalla sovrana, si inserivano perfettamente nel programma decorativo di impronta neoclassica da lei immaginato.

La Reggia di Caserta ha intrapreso negli ultimi anni puntuali studi e ricerche finalizzati a restituire il dovuto riconoscimento e il recupero dell'identità originaria del vasto patrimonio del Complesso vanvitelliano. In linea con questa strategia gestionale orientata all'ampliamento dell'offerta museale e all'arricchimento dell'esperienza di conoscenza dei diversi pubblici, ne è stata richiesta, quindi, la restituzione.

Talia e Melpomene sono appena tornate alla Reggia di Caserta. Dopo l'intervento di pulitura e la realizzazione dei basamenti, su modello di quelli originali descritti nelle Annotazioni, saranno nuovamente esposte nel luogo scelto per loro dalla regina Maria Carolina: la terza sala della Biblioteca Palatina. I visitatori potranno così godere della bellezza delle due muse e rivivere lo spirito culturale del tempo. Piccoli costanti passi per dare concretezza alla visione strategica d’insieme che premia l’impegno del personale della Reggia di Caserta che opera con passione e professionalità.

Fonte Reggia di Caserta

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