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Atmosfere
Le Gallerie Maspens di Milano - VIa Manzoni, 45, dal 18 settembre al 18 ottobre 2014, ospitano un'importante mostra dedicata al Pittore Emilio Longoni, uno fra i maggiori esponenti del "Divisionismo".
Questa esposizione, curata da Francesco Luigi Maspes, sotto il patrocinio della Commissione Europea, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune Milano, ripercorrerà la carriera di Longoni, attraverso una selezione di 25 opere, tutte provenienti da collezioni private, che toccano la sua prima fase artistica, attraverso le nature morte e la sfera affettiva legata all'infanzia, con ritratti di fanciulli dell'ultima decade del XIX secolo, per poi passare ai luoghi incontaminati del paesaggio montano ed infine approda, negli anni venti, alle vedute del Lago di Garda.
Emilio Longoni nasce a Barlassina nel 1859, quartogenito di una numerosa famiglia. Fin da piccolo dimostra una spiccata attitudine alla pittura e dal 1875 al 1878 frequenta l'Accademia di Brera, dove gli vengono conferiti numerosi riconoscimenti. Nel 1882 incontra Giovanni Segantini, già suo compagno  d'Accademia e con lui instaura un importante legame artistico ed umano; proprio Segantini lo presenta ai fratelli Grubicy, titolari di una Galleria d'arte molto attiva nella promozione di giovani artisti. In questo periodo la loro attività artistica è intensa e Segantini, grande rappresentante del "Divisionismo" per eccellenza, ha senza dubbio influenzato, almeno inizialmente, la sua formazione artistica.
Tuttavia, negli anni Longoni ha saputo sviluppare una sua personale ed originale interpretazione di questo stile, derivato dal neo-impressionismo e caratterizzato dalla divisione dei colori in singoli punti e linee, che interagiscono fra loro in senso ottico. Questa sua originalità d'espressione gli permetterà di partecipare tra il 1900 ed il 1932,alle maggiori esposizioni nazionali ed internazionali.
Quindi, seppur con soggetti distanti, Longoni e Segantini fondono la loro arte su una nuova percezione del colore, nella sperimentazione della tecnica divisionista e l'espressione della luce.
Nel 1886, trasferitosi nel suo studio di via della Stella, (attuale via Corridoni), inizia a dipingere ritratti e nature morte su commissione, per l'aristocrazia e la borghesia milanese e nel 1891 partecipa alla prima Biennale di Brera, affacciandosi così al grande pubblico e alla critica. Fra le due nature morte maggiormente rappresentative "Angurie ", che torna eccezionalmente esposta a Milano, dopo la sua prima presentazione nel 1890 presso la Permanente e "Ortensie", in cui esprime un intenso attaccamento alla realtà ed una notevole capacità di incontrare il gusto della borghesia milanese.
Rimasto impressionato dai tumulti di Milano del 1898, nelle sue opere, di seguito, toccherà tematiche politiche e di carattere sociale, che comprendono anche i processi di modernizzazione di Milano.
L'opera "L'oratore in sciopero" viene presentata nel 1891 alla Prima Triennale di Brera insieme ad un'altra straordinaria opera, "Le due madri" del suo amico Segantini, il quale attraverso di essa sancisce la nascita del "Divisionismo".
Nell'ultimo decennio dell'Ottocento Longoni di dedica intensamente ad un altro delicato ed interessante tema, quello dell'infanzia, come in "Ritratto di bambola" o "Il bambino con trombetta e cavallino", dove l'incommensurabile povertà dei bambini viene trasformata dalle pennellate dei loro innocenti sorrisi in grande dignità.
Con l'inizio del Novecento, il suo avvicinamento alla spiritualità buddhista lo porta alla ricerca di nuovi punti di riferimento. Egli sviluppa, quindi, un crescente contatto con la natura inviolata d'alta montagna, dove vi soggiorna per lunghi periodi, soprattutto nella zona del Massiccio del Bernina, che alla fine dell'Ottocento aveva già ispirato l'arte del suo famoso amico di Arco.
Il maestoso e puro paesaggio alpino costituisce uno dei soggetti prediletti di Longoni, che esegue con maestria dipinti dal vero, come "Eriofori" e "Primavera alpina ".
Sempre ai primi del Novecento l 'artista si lascia trasportare da una vena simbolista, che sfocia in alcune interessanti opere, come "Vallata alpina ", dove le atmosfere evanescenti e i colori tenui regnano incontrastati e dove il lento procedere della figura ritratta non può che accompagnarci verso un sentimento d 'infinito.
Dopo la I Guerra Mondiale egli è costretto, a causa del l'avanzata dell'età, a rinunciare ai soggiorni d'alta quota e si rinchiude in se' stesso.
Quindi, trascorrerà gli ultimi anni della sua carriera artistica tra le Prealpi  bergamasche, l'Alta Brianza e i laghi di Como e di Garda, dando vita ad opere come. "Serina", "Paese", "Sul Garda" e "Lago di Garda, Monte Baldo". Ormai lontano dalla scena espositiva e dai mercanti d'arte, lavora per le poche persone con le quali è in contatto.
Nel 1928 sposa la sua compagna Fiorenza De Gaspari e muore nel proprio studio il 29 novembre 1932.

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La splendida cornice della Triennale di Milano dal 14 al 30 novembre 2014 ospiterà la personale “In alto Milano” di Alessandro Busci, nella quale l’artista rimanda sulla crescita architettonica della sua città che, a partire dal dopoguerra ma, ancor più, all’esordio del XXI secolo, ha cambiato la sua connotazione, in un moto ascendente in prospettiva.

L’esposizione, presentata in catalogo da Ada Masoero, che comprende 50 nuovi dipinti, tutti su lastre di acciaio cor-ten ed un nucleo di 40 opere su carta, ruota intorno al ciclo, realizzato appositamente per la mostra, che vede protagonista la nuova Milano “verticale”, alla quale si affiancano le vedute di alcune emblematiche metropoli, come New York, Londra e Shangai, in un suggestivo confronto tra le memorie di archeologie industriali e gli scenari futuristici.

La mostra proporrà le affascinanti architetture che caratterizzano il quartiere di Porta Nuova-Garibaldi e l’area di Citylife, dove appare evidente la radicale trasformazione del tessuto urbano, che riprende in modo evidente lo stile di edifici iconici, come la Torre Velasca ed il grattacielo Pirelli, in linea con le tradizioni architettoniche post-belliche. Non a caso, sono proprio queste opere, insieme allo Stadio di San Siro e la nuova Bocconi, le indiscusse protagoniste della mostra stessa.

La veduta urbana, in particolare di Milano, è per Alessandro Busci un tema ricorrente e prediletto ed oggetto di un’indagine introspettiva, oltre che visiva ma, al tempo stesso, soggetto, matrice ed elemento generatore di sequenze che, come fotogrammi di un film, vanno a cogliere il processo di trasformazione e di crescita di questa città metropolitana.

Il Presidente della Triennale di Milano Claudio De Albertis afferma: “Milano si sta trasformando ormai da molti anni. Ha cambiato il suo landscape ed il volto dei suoi nuovi quartieri, grazie alle architetture contemporanee che si stanno realizzando. Alessandro Busci, attraverso le sue opere, ci racconta la nuova città “verticale” e moderna e quindi la Triennale di Milano è certamente l’area espositiva più naturale e consona, poiché sin dalla sua nascita studia, ricerca e presenta al pubblico le trasformazioni del tessuto urbano contemporaneo”.

Del resto, Busci è un artista profondamente milanese, che si è formato attingendo alla cultura figurativa di Umberto Boccioni e Mario Sironi:

Come scrive Ada Masoero: “Alessandro Busci, attraverso la sua pittura, si inserisce nella raffinata e fondamentalmente radicata tradizione della cultura pittorica milanese, immettendovi la sua personalissima visione, che seppur dinamica e vibrante, per le pennellate ed i processi chimico-pittorici, che ama innescare sull’acciaio cor-ten o sulle lamiere sulle quali dipinge, è nel contempo abitata da cantieri deserti, notturni e silenziosi, immersi nelle atmosfere sinistre, generate da quei cicli ardenti e solforosi, che proiettano le sue vedute, ben riconoscibili e quindi apparentemente realistiche, in una dimensione visionaria, che va ben oltre il “reale”.

La mostra è organizzata da “Associazione Italiana”.

Note Biografiche

Alessandro Busci, pittore ed architetto, nasce a Milano nel 1971.

La sua ricerca pittorica si caratterizza per una costante sperimentazione di tecniche e supporti non convenzionali, come smalti e acidi su acciaio, ferro, rame e alluminio, i quali indagano le potenzialità dello scambio fra le tradizioni iconografiche occidentali ed orientali.

Egli espone dal 1996 e le sue personali sono state allestite a Milano, Brescia, Torino, Londra, Bordeaux, Madrid, Bilbao e San Francisco.

Dopo aver conseguito la laurea presso il Politecnico di Milano, con una tesi in Storia dell’Arte, curata da Flavio Caroli, è invitato alla 36 Edizione del Premio Suzzara. Dal 1997 collabora con l’Atelier Mendini, dove partecipa a vari progetti di architettura, decorazione ed allestimento, tra le quali la Mostra itinerante di Telefono Azzurro e firma i Wall-art di diversi Swatch Store in Italia e all’estero.

Nel 1999 a Venezia, si aggiudica il primo premio del concorso “La Fenice et des artistes”. Sempre nel 1999 viene presentato da Flavio Caroli nella personale Acqua sporca. Luce marrone. Luce. Presso la Galleria Antonia Jannone, alla quale segue nel 2002 Steel Life.

Nel 2003 presenta a Londra una personale presso il London spazio Poltrona Frau, mentre nel 2004 viene invitato alla XIV Esposizione Quadriennale d’Arte (Anteprima Torino) ed è tra i finalisti della V edizione del Premio Cairo Communication, in mostra presso il Palazzo della Permanente a Milano.

Nel 2007 Italian Factory organizza un doppio progetto espositivo nella sede dell’istituto Italiano di Cultura a Madrid e presso l’Istituto dei Ciechi di Milano e per l’occasione, presenta una monografia, dedicata ai suoi primi dieci anni di lavoro, edita da Skira. Nello stesso anno “The New Italian Art Scene”, progetto collettivo ospitato dal Taipei Fine Arts Museum a Taiwan ed ancora la Mostra Arte Italiana 1968-2007. Pittura ideata da Vittorio Sgarbi, presso il Palazzo Reale di Milano.

Nel 2008 la sua personale “8” alla Mark Wolf Gallery di San Francisco.

Nello stesso anno a Torino, in concomitanza con la T2 Triennale d’Arte Contemporanea, egli presenta Cor-ten, un progetto espositivo composto da 50 opere inedite di grande formato su ferro, che rappresentano la realtà della città contemporanea e le nuove concezioni di spazio.

Per l’occasione Electa presenta la nuova monografia dell’artista; nel 2009 il progetto Cor-ten prosegue alla First Gallery di Roma.

Nel 2010, in occasione del China Trade Award, la Cathay Pacific presenta alla Triennale di Milano il volume Alessandro Busci, Airports. Nello stesso anno l’artista parteciperà alla prestigiosa Biennale di Venezia, esponendo sia nel padiglione italiana, sia in quello cubano.

Nel 2011 la sua personale Milano-Napoli, presso la Galleria Al Blu di Prussia di Napoli e nel 2012 ancora una mostra ideata e curata da Flavio Caroli presso il museo MAGA di Gallarate con l’Antologia Omar Galliani – Alessandro Busci – Un paesaggio di generazione – (Centro di gravità permanente).

Alessandro Busci vive e lavora a Milano.

lo studio di Giangaleazzo Visconti di Milanoudio ospiterà la mostra di Marco Schifano.

L’esposizione, presenterà 35 fotografie del giovane artista romano, caratterizzate da un’elevata precisione formale e da un notevole gusto compositivo.

Pur lavorando con gli strumenti fotografici - apparecchi che lo accompagnano fin dalla sua infanzia -, Schifano si muove seguendo una manualità antica, come un maestro rinascimentale o come un pittore fiammingo, ricostruendo con maniacale accuratezza le scene che saranno oggetto delle sue attenzioni.

In bilico tra fotografia, montaggio filmico e pittura, queste immagini si accostano però anche al meccanismo della drammatizzazione teatrale e rappresentano sia la soggettività propria dell’artista, sia l’aspirazione all’oggettività dei singoli particolari.

Come afferma il critico Gianluca Ranzi, nel suo testo in catalogo, “C’è un profondo senso dell’avventura che anima le opere di Marco Schifano. L’avventura consiste anche nella creazione di immagini che contrappongono la rapidità istantanea dello scatto al tempo lungo richiesto dalla complessa preparazione di ogni set, delle luci, delle piante rare, degli animali vivi che vi compaiono, anche amplificata dall’assenza pressoché totale di interventi di post-produzione digitale sugli scatti realizzati”.

I soggetti comprendono animali, siano essi comuni (capre, oche, rane), o rari e feroci (leoni, armadilli, coccodrilli, avvoltoi) e vegetali (piante, fiori, frutta) che Schifano combina con oggetti inanimati come suppellettili, bicchieri in cristallo, argenterie, strumenti musicali, scranni neo-gotici, e molto altro, in una sorta di dialogo continuo che porta a interagire sullo stesso piano cose inanimate e soggetti viventi, in un sottile gioco tra realtà e finzione.

“Schifano - sottolinea ancora Gianluca Ranzi - coinvolge lo spettatore in un’avventura estetica e conoscitiva che riguarda da una parte il manifestarsi inaspettato di una relazione tra i soggetti (di qualsiasi natura essi siano) e dall’altra la magia della prodigiosa resa fotografica delle textures, dei materiali e dei riflessi”.

Con questo suo modo di operare, Marco Schifano si pone al di fuori del comune sentire artistico. Laddove si predilige la provocazione o l’elemento spettacolare e concettuale, lui risponde con immagini colte, costruite con un profondo senso della bellezza e della composizione.

Marco Schifano (1985) vive e lavora a Roma.

Sin dall`infanzia i suoi “giocattoli” sono cineprese e macchine fotografiche, con le quali cresce sperimentando la propria capacità comunicativa. Si esercita nel “montaggio in macchina” per ottenere filmati dove fonde le sue ricerche sul senso e sul ritmo: tante ore di girato e un gran numero di scatti per arrivare a una propria rappresentazione estetica del mondo.

La sua opera fotografica più recente si basa su una processualità complessa che prevede una lunga ricerca preliminare di elementi coordinati, assemblati e quindi ripresi per dare vita a iconografie altamente formalizzate. Lo still life è usato per rileggere la tradizione pittorica della natura morta, attraverso immagini che si collocano sulla soglia tra realtà e finzione.

Negli spazi di factory Pelanda si e svolto il premio Andrenalina 3.0, concorso internazionale con artisti e performer aderiti di ogni nazionalita e residenza dalla Russia alla Svezia caricando le loro opere sul tema : il mio paradiso...direttamente dal sito del Premio senza filtri.
il risultato del operazione e stato svelato con un vernissage che ha richiamato centinaia di ospiti,corriere del sud presente, negli spazi del ex mattatoio.
Il progetto nato nell 2009 e patron del evento il creativo Ferdinardo Colloca concepito l evento come biennale di arte contemporanea che punta a scoprire nuovi talenti...solo un mese fa mr.Ferdy brindava al successo del premio a  un bellissimo hotel d Ibiza...ma ieri a tutti i suoi invitati giornalisti presenti e i suoi visitatori gli ha invitato a posare davanti alla sua opera con una mela in mano per vedere che effetto fa...un azione performativa pensando dal peccato originale ma anche Warhol, ci ha spiegato Colloca..mi piace essere fuori dagli schemi ci aggiunge...
Una bella impresa per il direttore artistico Federico Bonesi..e non sara facile per assegnare i trenta premi per la giuria composta dalla poetessa Mulas Giovanna dal DJ Joan Ribas  dal archeologo Roberto Libera dal presidente Ceis Roberto Minneo  e da Federico Mollicone.
Colloca presidente della giuria direttore artistico e curatore del andrenalina 3.0 ha pensato pure al risvolto charity del premio : aste di beneficienza e promozione ceis fondazione don Mario Picchi e del ass.amici alzeimer onlus oltre a una raccolta di fondi pensata per la premiere con la vendita del suo cd di musica electroclassica sunset symphony.
Tra gli artisti presenti in sala si nota Sara Borsarini cantante e vocalist storica del indimenticabile Lucio Battisti ma si vede anche la svedese Stina Ekelund.
Ricordi, speranze, rimpianti anche nella lettura poetica di Daniela Cecchini. Il componimento presentato coniuga con attenzione i modi della migliore poesia contemporanea con l'andamento ampio della tradizione classica
Daniela Cecchini con la sua poesia proiezioni interiori  ,ha iniziato la rassegna e ha continuato con  Sipario strappato poesia sul tema del disaggio mentale che ha ricevuto la menzione d onore al premio internazionale di Montefiore mentre in Andrenalina 3.0 e finalista al premio e alla premiazione che averra a novembre nel corso del secondo step
Incubatore di idee, votato alla multidisciplinarieta' e ai nuovi linguaggi contemporanei il Premio  Adrenalina ha presentato anche quest'anno idee e lavori innovativi. Un'ottima atmosfera, un notevole afflusso di pubblico, non solo delle grandi occasioni ma di reali appassionati d'arte di ogni età. Tra gli artisti, tutti interessanti e di valore, una sorpresa e' sicuramente Aidan che ha destato enorme curiosità con la sua opera interattiva in realtà aumentata: puntando lo smartphone il quadro si mette in movimento, regalando figure ed effetti evanescenti, raccontando tutta la sua storia e permettendo allo spettatore di passare dalla realtà bidimensionale alla terza dimensione. È come se  grazie all'interazione con la tecnologia l'artista permettesse  finalmente alla sua opera di spiegarsi, raccontando quello che è il momento ideativo... Significato e significante insieme come raramente nelle opere d'arte avviene. Il titolo "No sin" l'accomuna al ricco ed ironico lavoro di Angelo Cortese "La porta del Paradiso". Eclettico, già anacronista e valente scenografo,  si cimenta con un assemblage fatto di intrecci di ferro e rami, cosi' come la vita terrena costringe a durezze e prigioni mentali. Ambedue gli artisti -ognuno con il proprio linguaggio- paiono raccontare la necessità del peccato originale come forza vivificante e generatrice di nuova vita. Cortese aggiunge il divertimento performativo della richiesta di indulgenze per l'arte. In pratica il visitatore facendo l'offerta di   pochi centesimi lo spettatore può portare via a mo' di santino una piccola opera...   Ricca di suggestione anche l'installazione fotografica di Maurizio Gabbana: abile nel cogliere segnali dati da oggetti comuni, riesce a stravolgere il senso dei paesaggi più "classici" trasformando il suo "Motus" nel paradigma del ciclo dell'esistenza terrena e ultra- terrena. Con la forza segnica che lo contraddistingue è incredibilmente forte e al contempo lirico "Ricordi. Unico paradiso mai sottratto" di Antonio Ciarallo. Erede della stagione informale, riesce a coniugare la potenza del gesto con una sorta di decor contettuale che tanto lo avvicina ai lavori di Stingel dei quali è stato deciso precursore. Mai lo avevamo visto confrontarsi con il rosso, un colore che dona al rimpianto di cui l'opera si ammanta ancora la speranza dell'oro e la forza del futuro. Tutto da vivere qui.

È un viaggio in una possibile società del futuro quello che Marco Bolognesi proporrà a Merano Arte dal 26 settembre all’11 gennaio 2015, con il progetto Sendai City. Alla fine del futuro:un percorso concepito dall’artista per guidare il visitatore inuna megalopoli post-moderna, conflittuale e decadente, un non-luogo abitato da cyborg, governato dalle multinazionali e creato da un’intelligenza artificiale.
Bolognesi (Bologna, 1974) ci presenta un mondo ipertecnologico,  colmo di citazioni a partire dalla tecnica scelta dall’artista per riprodurlo: il collage. Tecnica che consente di creare sculture utilizzando pezzi di giocattolo, scomporre e rimontare vecchi B-movie, inventare nuovi personaggi che rimandano ai fumetti, secondo il più puro pensiero cyberpunk. Come tutte le correnti che si inseriscono nel clima postmoderno, si caratterizza per la grande varietà di fonti da cui attinge per elaborare il proprio immaginario, favorendo le ibridazioni tra generi.

Il risultato è una grande installazione, curata dal direttore di Merano Arte Valerio Dehò, che occuperà due piani del museo e che avrà come punto centrale il plastico della città (3 metri per tre). Qui, grazie all’uso sapiente della realtà aumentata e a tablet di ultima generazione, il visitatore potrà scoprire un secondo livello di immagini puntando lo schermo verso le diverse angolazioni della stanza.

Sopra la città viaggia un’astronave da cui è possibile godere in diretta la visione urbana dall’alto come se fossimo nella cabina di pilotaggio.

Completano il percorso i dipinti e i disegni a colori che sono stati il primo passo per la progettazione dell’universo di Bolognesi, con i suoi edifici, i suoi abitanti, tra cui un posto particolare è riservato alle divinità femminili a capo di Sendai City che saranno esposte in grandi light-box.

E poi allestimenti speciali per i modellini di astronavi.

La parole di Marco Bolognesi: "Siccome sono convinto che i luoghi siano finiti e definiti soprattutto da ciò che vi accade, animo la mia metropoli di personaggi e storie che fanno parte del mio mondo, del cinema che amo, di quella cultura a cui mi ispiro; storie che si incontrano per le strade, nei palazzi, sui treni di questo futuro senza tempo che è la mia metropoli."

Proprio per raccontare al meglio queste storie, l'artista si avvale del cinema, cinema italiano di genere fantascientifico, quello degli anni Sessanta e Settanta, così pieno di riferimenti alla politica e alla società di allora, e che utilizza il futuro per parlare del presente.

Vecchie pellicole di grandi registi italiani sono alla base delle contaminazioni tra passato e futuro operate dall'artista, unendole a nuove riprese e utilizzando illustrazione e animazione egli racconta attraverso immagini e video il suo mondo post-human e post-punk.
Tra le opere esposte anche il primo capitolo del film Blue Unnatural che sarà diffuso grazie a un enorme proiettore realizzato con decine e decine di pezzi di meccano. La visione completa del film (30 minuti circa) sarà visibile l'11 ottobre in occasione dellaGiornata del Contemporaneo promossa da Amaci.

La città-mondo di Sendai City è protagonista del video ed è la prima ambientazione strutturata del cosiddetto "Bomar Universe", l'universo di Marco Bolognesi. Da anni il lavoro dell'artista si muove verso la messa in scena di un mondo narrativo in cui inserisce ogni sua opera: fotografie, istallazioni e disegni prodotti negli ultimi dieci anni come piccole tessere di un suo mosaico artistico.

All’interno del video si ritrovano i personaggi di questa produzione: donne mutanti, robot, e cyborg, ma il vero cuore dell’opera è la città, con il suo aspetto fantascientifico e cyberpunk, la sua forma architettonica modulare, e la struttura a rete, dove la mescolanza di razze, linguaggi e tipologie di esseri racconta il potere della tecnologia e dell’informazione, la globalizzazione e il passaggio dalla nozione di post-umano a quella di post-mutante.

Il film è anche un omaggio ad Antonio Margheriti (Roma 1930 – Viterbo 2002), più conosciuto con lo pseudonimo di Anthony M. Dawson, il regista italiano di genere le cui pellicole soprattutto horror e sci-fi hanno fatto scuola nel b-movie italiano e di oltreoceano.

La produzione di Blue Unnatural muove dal desiderio di cimentarsi con varie forme espressive. Le scene in esterno sono state girate ex-novo utilizzando il moke-up, modello in scala della città Sendai (proprio come si faceva nei b-movie anni 60), poi animate in post produzione con luci, mezzi volanti e pubblicità a schermo. Mentre le scene di interni nascono dalla ricomposizione di decine di piccole parti delle pellicole di Margheriti, ricostruite attualizzando quelle narrazioni per arrivare a uno storyboard che viene poi stampato, fotogramma per fotogramma, sovra-dipinto con pastelli, digitalizzato, rimontato e animato.

Accompagnerà la mostra un volume NFC edizioni con intervista di Valerio Dehò a Marco Bolognesi e interventi di Massimo Sgroi, Roberto Terrosi, Pierluigi Molteni, Edoardo Margheriti e Nicola Dusi.

Dopo Merano, il progetto Sendai City di Marco Bolognesi, curato da Valerio Dehò, sarà esposto allo Spazio ABC di Bologna e successivamente al PAN- Palazzo delle Art di Napoli.

Marco Bolognesi, artista e filmmaker, nasce a Bologna nel 1974 dove si laurea al DAMS nel 2001; oggi vive e lavora tra Londra e Roma. Del 1994 e 1996 sono le sue prime opere video, realizzate per la RAI e presentate al Giffoni Film Festival e alla Biennale di Venezia. Nel 2002 si trasferisce a Londra, dove vince The Artist in Residence Award all’Istituto Italiano di Cultura (2003) e realizza la mostra Woodland, da cui due anni dopo nasce l’omonimo libro fotografico e con il quale inaugura la sua prima personale alla Cyntia Corbett Gallery di Londra. Nel 2008 realizza il cortometraggio Black Hole, che vince il premio miglior film fantascientifico all’Indie Short Film Competition in Florida ed esce il libro monografico Dark Star. Nel 2009 viene pubblicato per Einaudi “Protocollo”, il primo volume di una graphic novel nata dalla collaborazione con Carlo Lucarelli e nello stesso anno presenta nella londinese Olyvia Fine Art Z Generation, Realm of Ambiguity e alla Fondazione Solares delle arti di Parma il progetto Genesis. Nel 2011 realizza l’installazioneMock-up esposta allo IED di Milano all'interno del festival Invideo e partecipa alla collettiva londinese What made us famous a fianco di artisti quali Damien Hirst, Helmut Newton, Sarah Lucas.

Nel maggio 2012 il Festival di Fotografia Europea di Reggio Emilia presenta il suo ultimo lavoro Humanescape, a ottobre partecipa alla Biennale d’Arte Contemporanea Italia-Cina, inaugura la personale B.O.M.A.R. Universe alla Galleria La Giarina (Verona) e in novembre partecipa al festival Eyes OnMonat der Fotographie di Vienna.

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