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Si è chiusa ieri a Palazzo Strozzi, Potere e pathos. Bronzi del mondo ellenistico la grande rassegna che attraverso 50 capolavori in bronzo, ha raccontato gli straordinari sviluppi artistici dell’età ellenistica (IV-I secolo a.C).  La mostra, realizzata in collaborazione con il J. Paul Getty Museum di Los Angeles e con la National Gallery of Art di Washington è stata apprezzata da 72.000 visitatori, riscuotendo allo stesso tempo un grandissimo successo di critica, che l’ha consacrata come evento culturale da non perdere nel 2015.
Dopo la tappa fiorentina l’esposizione si sposterà al J. Paul Getty Museum di Los Angeles dal 28 luglio al 1° novembre 2015 per poi concludersi alla National Gallery of Art di Washington DC, dal 6 dicembre 2015 al 20 marzo 2016.

Potere e pathos è stata certamente apprezzata dal pubblico per la qualità delle opere esposte, ma anche per il tema trattato, che ha attirato l’attenzione della stampa nazionale e internazionale con recensioni e servizi da parte di testate come Il Sole 24 ore, Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Messaggero, Avvenire, Il Mattino, La Gazzetta del Mezzogiorno, Il Venerdì di Repubblica, Io Donna, il Giornale dell'Arte, La Gazzetta del Sud, Sette, La 7, Rai Due Virus, Rai 5, The Times, The Guardian, Financial Times, The Independent, El Mundo, Apollo Magazine, Connaissance des Arts, The Art Newspaper, The Indipendent, Die Zeikunst, Weltkunst.

Curata da Jens Daehner e Kenneth Lapatin, del J. Paul Getty Museum di Los Angeles, la mostra ha offerto una panoramica del mondo ellenistico attraverso il contesto storico, geografico e politico.

Le attività legate alla mostra hanno registrato un notevole incremento di partecipazione, rispetto alla media, infatti i gruppi di adulti hanno contribuito con 6.950 presenze, di cui 3.270 persone hanno preso parte alle visite guidate.
Le scuole hanno portato alla mostra oltre 380 classi per un totale di 9.575 studenti di cui 7.225 hanno aderito alle iniziative della Fondazione.

Le attività per le famiglie, giovani e adulti (tra cui l’iniziativa Slow Art Day), sono state condivise da circa 450 persone, mentre le iniziative per visitare la mostra in autonomia (La Valigia della Famiglia, La sacca di bronzo, Il Kit Disegno, il gioco Il mistero della statua scomparsa) hanno visto il coinvolgimento 2.350 persone.

Le attività per pubblici speciali (A più voci per persone con Alzheimer e i loro caregiver, visite per ragazzi affetti da disturbi dello spettro autistico e le attività per persone con disabilità) hanno visto la partecipazione di 430 persone.Intanto :

Dal 24 settembre 2015 al 24 gennaio 2016 Palazzo Strozzi a Firenze ospita Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana, un’eccezionale mostra dedicata alla riflessione sul rapporto tra arte e sacro tra metà Ottocento e metà Novecento attraverso oltre novanta opere di celebri artisti italiani, tra cui Gaetano Previati, Felice Casorati, Renato Guttuso, Lucio Fontana, Emilio Vedova, e internazionali come Vincent van Gogh, Jean-François Millet, Edvard Munch, Pablo Picasso, Max Ernst, Georges Rouault, Henri Matisse. Dalla pittura realista di Morelli all’informale di Vedova, dal divisionismo di Previati al simbolismo di Redon, fino all’espressionismo di Munch o le sperimentazioni del futurismo, la mostra analizza e contestualizza quasi un secolo di arte sacra moderna, dagli anni cinquanta dell’Ottocento fino agli anni cinquanta del Novecento, sottolineando attualizzazioni, tendenze diverse e talvolta conflitti nel rapporto fra arte e sentimento del sacro.

Oppenheim

Martina Corgnati, Storica d’arte e Curatrice, docente di Storia dell’arte presso la famosa Accademia di Brera (Milano) ha recentemente pubblicato il suo libro “MERET OPPENHEIM Afferrare la vita per la coda” edito da Johan & Levi. Un’interessante biografia, risultato di un intenso lavoro di capillare ricerca sull’archivio epistolare di Meret Oppenheim, artista dall’irrefrenabile creatività, considerata una fra le più eclettiche del novecento, nata a Charlottenburg - Berlino il 6 ottobre 1913 e scomparsa a Basilea il 15 novembre 1985.

Una donna straordinariamente bella, dal profilo perfetto, paragonabile a quello delle statue classiche, che divenne ben presto l’icona del fotografo Man Ray. Giovanissima, esordisce con l’opera “Colazione in pelliccia”, che le apre le porte del Moma di New York. Seguiranno incontri determinanti con alcuni fra i maggiori esponenti dell’arte e della cultura dell’epoca, che imprimeranno un segno indelebile sul suo percorso umano ed artistico.

Questo bellissimo libro, fitto di citazioni e rimandi, ripercorre i momenti salienti della sua vita, sia privata che artistica, come mai nessun autore aveva finora pensato di fare. Attraverso la corrispondenza di Meret si entra in un crescendo sempre più avvolgente ed intimo con l’artista ed affiorano vicende private, relazioni affettive e il suo originale modo di interpretare l’arte, fino a scorgere i lati ascosi della sua forte personalità, che si contrappongono ad un’animo fragile ed estremamente sensibile.

Le immagini tratte dall’album di famiglia e le fotografie di alcune sue più rappresentative opere, accompagnano il lettore in un viaggio alla scoperta di una donna dalla grande vocazione artistica ed esistenziale che, per affermare le proprie idee, dovette affrontare non pochi ostacoli.

In questi giorni ho avuto il piacere di intervistare Martina Corgnati, alla quale ho rivolto alcune domande in merito a questa sua splendida opera letteraria.

Recentemente lei ha presentato alla stampa il libro “MERET OPPENHEIM Afferrare la vita per la coda” (Johan & Levi Editore), un’accurata ed avvincente biografia di un’artista poliedrica, che ha saputo interpretare l’arte, nelle sue policrome espressioni, con grande talento ed originalità. Cosa l’ha spinta ad entrare nell’animo di Meret Oppenheim?

La biografia è stata pubblicata nel 2014 – lavoro sulla Oppenheim dagli anni novanta; nel 1998 ho curato l’ultima grande retrospettiva italiana, al palazzo delle stelline di Milano; poi ne ho scritto più volte e nel 2013 ho co-curato, insieme a Lisa Wenger, l’edizione della corrispondenza (Scheidegerr & Spiess Zurigo). La Oppenheim è una delle artiste donne più importanti del novecento, protagonista del surrealismo e interprete di un linguaggio che dal moderno scivola nel contemporaneo. Non so se sono entrata nel suo animo ma certo lei è entrata nel mio.

All’artista tedesca, ma svizzera d’adozione, considerata una fra le più significative del Novecento, negli anni sono stati dedicati vari cataloghi d’arte, anche se finora nessuna pubblicazione si era mai addentrata nel suo privato, dal quale emergono sensibilità, umane fragilità ed un raro afflato poetico di una donna con una forte connotazione caratteriale. Quanto le sono stati di ausilio, nella realizzazione della sua singolare ed affascinante opera, i contenuti epistolari della Oppenheim?

Le lettere sono state fondamentali. Senza lo studio approfondito della corrispondenza che ho avuto occasione di fare, non avrei mai potuto scrivere la prima biografia analitica, approvata dalla famiglia e dalla fondazione “Meret Oppenheim”. In vita, infatti, l’artista non aveva voluto che una ricognizione così approfondita sul suo privato venisse effettuata; l’aveva permessa solo dopo 20 anni dalla sua morte e quel momento è arrivato…

Sempre in merito alla sua corrispondenza lei nel 2013, in collaborazione con Lisa Wenger, nipote della grande artista, ha realizzato la minuziosa raccolta di lettere e documenti privati “Meret Oppenheim. Worte nicht in giftige Buchstaben einwickeln”, che tradotto letteralmente significa: “Parole non avvolte in lettere velenose”. Come è nata in lei questa idea?

Lisa Wenger, a cui sono legata da uno stretto rapporto di amicizia e collaborazione, ha trascorso anni a trascrivere lettere e materiali inerenti al lascito testamentario di Meret Oppenheim, che era rimasto inedito. Mi ha chiesto di aiutarla a dare forma scientifica e ad organizzare, anche cronologicamente, queste migliaia di fogli. Lavorandoci sopra abbiamo fatto innumerevoli scoperte, grandi e piccole, ma comunque tali da dare nuove sfumature a non pochi passaggi della storia dell’arte del Novecento. Era un dovere storico dare alle stampe questi materiali preziosissimi e straordinari, cosa che l’editore ha perfettamente e generosamente capito.

Secondo lei, fu determinante per la carriera dell’artista l’incontro a Parigi con Alberto Giacometti, grazie al quale si unì ai surrealisti ed espose le sue opere, veri oggetti di culto per gli appartenenti al movimento, al “Salon des superindépendants”?

Sì, fu decisivo; intanto perché Giacometti fu il primo grandissimo artista che Meret incontrò a Parigi in un’età ancora molto acerba; grazie a lui, potè sentirsi libera di sperimentare su vari materiali e attraverso diverse forme le valenze eclettiche, metamorfiche e in fondo fragili della sua “Bildung”. Ci sono opere, come Testa di annegato; terzo stato, oppure il più tardo Sole, luna e stelle che testimoniano di un dialogo interno fra i due, fervido e fittissimo. Credo che insieme a Marcel Duchamp, Giacometti sia stato l’artista e l’amico in assoluto più importante per Meret.

Come può definire il rapporto della Oppenheim con il poeta, saggista e critico d’arte francese André Breton, autore del “Manifeste du surréalisme” (Primo Manifesto del Surrealismo), che trovò in lei un’amica intelligente, ricca di fascino e profondamente libera?

Breton all’inizio intimoriva Meret, come tutte le altre donne che avevano e avrebbero fatto parte del gruppo; però, contrariamente ad altre, lei non se ne fece né influenzare né dominare. A tratti, più tardi, non esitò a manifestargli apertamente il suo dissenso su questioni anche spinose, come l’espulsione di Max Ernst dal movimento. Ma è sicuro che la stima di Breton fu importante per Meret: Colazione in pelliccia fu apprezzata e valorizzata da lui prima che da ogni altro.

L’avvicinamento alle teorie psicoanalitiche di Carl Gustav Jung influirono sul suo modo di pensare?

Assolutamente sì; e di fare arte. Meret soffrì lungamente di una depressione a tratti molto acuta e paralizzante. La lettura e l’approfondimento dei lavori di Jung l’aiutarono moltissimo a uscirne e a trovare una sua personalissima strada, nell’arte e anche nella vita.

Meret, notoriamente desiderosa di affermare la sua creatività in totale libertà, al di fuori di schemi omologati, con quali e quante difficoltà ha affrontato il suo percorso artistico, in un’epoca ancora fortemente dominata dai pregiudizi di un tessuto sociale benpensante, ai limiti dell’ipocrisia e da evidenti discriminazioni, che persino gli artisti d’avanguardia riservavano alle donne?

Moltissime difficoltà, soprattutto da giovane, negli anni trenta – lei stessa ne ha parlato tanto, riservando all’argomento lo splendido discorso tenuto in occasione del conferimento dell’importante “Premio d’arte della città di Basilea” nel 1975.

L’artista, da molti considerata un’icona del movimento surrealista, per affermare la sua originalità stilistica, secondo alcune fonti, nel 1937 uscì dal movimento. Nonostante la necessità di esporre le sue opere, lei non rinunciò mai alle sue idee, operando ardue scelte, anche a costo di suscitare inevitabili polemiche. Questo generò alcune difficoltà economiche. Come le affrontò?

Non è uscita dal movimento, non solo nel 1937, ma mai formalmente. Semplicemente, è tornata in Svizzera poichè non aveva più i soldi per restare a Parigi, per colpa dei pregiudizi razziali che avevano colpito la sua famiglia. Suo padre Erich Alphons Oppenheim non era ebreo, ma portava un nome ebraico e questo per i nazisti era sufficiente; in Svizzera non poteva più esercitare la sua professione di medico e quindi supportare la figlia a Parigi. Non si è ritirata per un dissenso con i surrealisti, ma per questa ragione economica ed anche perché era diventata insicura a causa della depressione e sentiva l’esigenza di tornare ad approfondire le basi tecniche del mestiere d’artista alla Gewerbeschule di Basilea (scuola d’arti e mestieri).

Meret Oppenheim concepiva la vita come un’opera d’arte, al punto da sostenere che l’arte è inseparabile dalla vita quotidiana. Come esprimeva questa sua personale visione della vita, secondo lei sospesa in una commistione tra forza e dolcezza?

L’ha espressa attraverso le sue opere e i suoi atti, le sue scelte sempre libere e la sua resistenza ai compromessi. È moltissimo, secondo me.

Qual è stata la sua posizione nei confronti dell’allora nascente movimento femminista, che si rapportò a lei come al precursore dell’emancipazione femminile, sia nell’arte, che nella vita?

È stata molto difficile. Meret non era femminista nel senso classico, in quanto riteneva che la creatività fosse androgina e che in ogni essere vivente ci fosse una componente dominante (femminile nella donna) e una recessiva (maschile nella donna). Questo concetto è profondamente junghiano. Le femministe esaltavano l’arte delle donne in quanto tale, mentre per Meret questo finiva per tradursi in un insopportabile, fuorviante ghetto.

Le sue opere rimandano a forti richiami simbolici, molto spesso riconducibili all’aspetto onirico della vita, che si riflette anche sulla sua esperienza personale. A tal proposito mi viene in mente il sogno che lei fece in occasione del suo trentaseiesimo compleanno, al quale attribuì un significato profetico, al punto di redigere nel 1984 un testamento curato nei minimi particolari. Vorrebbe parlarmi di questa visione onirica che, in qualche modo, influenzò metà della sua vita?

Meret guardava ai sogni come a fari che illuminano la notte, sentinelle sensibili protese tanto sul mondo interiore, quanto su quello esteriore. Spesso si era lasciata guidare dai suoi sogni e ne aveva fatto il presupposto di molte sue opere d’arte, per esempio Sogno a Barcellona ma anche il fondamentale Segreto della vegetazione. Il sogno del santo con la clessidra è uno dei molti. Peraltro, non solo Meret ha redatto il testamento, ma è morta proprio quando aveva previsto di morire. Resta il mistero affascinante della cosa….

 

BIOGRAFIA DI MARTINA CORGNATI:

Martina Corgnati è nata a Torino; ha due lauree, in Lettere moderne e in Storia all’Università Statale di Milano.

Storica dell’Arte e Curatrice, è docente di Storia dell’arte presso l’Accademia di Brera di Milano.

Si è occupata di arte femminile e arte moderna e contemporanea del Mediterraneo e Vicino Oriente. Tra le sue pubblicazioni “Artiste. Dall’Impressionismo al nuovo millennio” (2004), “L’opera replicante. La strategia dei simulacri nell’arte contemporanea (2009), “I quadri che ci guardano. Opere in dialogo” (2011).

Prima di scriverne la biografia, ha lavorato intensamente sulla figura di Meret Oppenheim, della quale ha curato la prima retrospettiva italiana, dopo la morte dell’artista, al Palazzo delle Stelline di Milano (1998-99) e, assieme a Lisa Wenger, nipote dell’artista, la raccolta di lettere e documenti privati “Meret Oppenheim. Worte nicht in giftige Buchstaben einwickeln” (2013).

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In questi giorni, fra le sontuose mura del “Museo Gipsoteca di Canova” di Possagno (Treviso) si è svolto, con grande successo, il vernissage di un importante appuntamento artistico di grande richiamo, organizzato da “Spoleto Arte”, che vede esporre numerosi artisti di consolidata fama, in un’imponente mostra collettiva.

Fra gli spazi espositivi di questa scenografica cornice, dal 9 maggio al 2 giugno 2015, si svolgerà questo prestigioso viaggio d’impronta cosmopolita attraverso l’arte, con ingresso libero, attraverso il quale è possibile ammirare le opere di una selezionata lista di artisti contemporanei, fra i quali la pittrice di origine russo-uzbeca Aida.

Un esclusivo evento di portata internazionale, organizzato dal manager della cultura Salvo Nugnes, presidente dell’Associazione “Spoleto Arte”, che ha visto ospite d’eccezione il critico d’arte Prof. Vittorio Sgarbi il quale, con ineccepibile competenza in materia, grazie ai suoi autorevoli e preziosi interventi, ha animato e reso ancor più coinvolgente la serata di inaugurazione.

Interessante la visita guidata all’interno del Museo, nel corso della quale il Prof. Sgarbi ha sapientemente illustrato le incantevoli sculture del famoso Maestro neoclassico Antonio Canova, affascinando gli ospiti presenti.

La pittrice Aida, già inserita nel parterre di artisti in esposizione nell’ambito delle grandi mostre di “Spoleto Arte”, con le sue creazioni artistiche, è considerata una fra gli artisti di spicco presenti in questa mostra espositiva in collettiva. Attraverso il suo stile, che riflette il contemporaneo, l’artista dialoga con lo spettatore in modo sinergico ed immediato avvalendosi di colori vivaci, decisi che intendono rappresentare il suo stato emotivo.

Protagonista per eccellenza delle sue opere è la donna, alla quale l’artista conferisce in modo efficace una femminilità spiccata, unita ad una forte personalità: entrambe caratteristiche che appartengono al suo modo di essere. L’immagine femminile che ci propone è delicata, intrisa di sensualità e fascino, all’interno dei quali si percepisce un significativo coinvolgimento della sfera emozionale.

La sua fonte d’ispirazione è sicuramente l’Impressionismo e l’utilizzo di colori cangianti, carichi di luce, rimanda efficacemente a chiari riferimenti simbolici, oltre a conferire una spiccata vitalità all’immagine rappresentata.

Il risultato è un impatto di notevole intensità e lo spettatore non può che rimanere affascinato ed avvolto da questa atmosfera magica, carica di suggestioni, con in più la curiosità di andar oltre all’immagine stessa, in cerca di nuove emozioni.

Sempre con grande raffinatezza, offre spunti in grado di far conoscere al suo pubblico i profondi tumulti dell’animo, dando voce alla sua interiorità, attraverso un’analisi introspettiva.

L’emozione visiva entra in stretto contatto con l’istinto, prescindendo dall’aspetto razionale, per entrare in una commistione fra realtà e fantasia, che si intercalano vicendevolmente.

Aida ha compiuto gli studi nella sua Terra d’origine, fino al conseguimento della laurea in Lettere e Scienze Culturali. Nel 1998 si trasferisce in Italia, un Paese che ama moltissimo, e frequenta la vecchia scuola di ceramica di Gualdo Tadino (Perugia), dove entra in contatto con grandi artisti, come Fulberto Frillici, Nedo da Gualdo, Angelo Carini.

L’incontro con il Maestro d’arte Arnaldo Pauselli ha segnato il suo ufficiale ingresso nel mondo dell’arte, costellato di successi e soddisfazioni. Attraverso l’Associazione Culturale “NautArtis” di Gubbio, fondata da Pauselli, l’artista ha avuto l’opportunità di partecipare a mostre collettive e recentemente a giurie di Rassegne di carattere internazionale.

Le sue numerose opere sono state finora esposte a Roma, Milano, Gubbio, Costacciaro, Camogli, Santa Margherita Ligure, Genova, Riccione, Macerata, Yesi, Forlì, Fano ed altre città.

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Nuovo appuntamento giovedì 21 maggio alla Triennale di Milano con le Lectio Magistralis di AFIP, cartellone di incontri con i più grandi esponenti italiani della fotografia. Titola L’occhio come mestiere la serie di riflessioni che in quest’occasione Cesare Colombo condivide con il pubblico, sollecitato nel dialogo da Giovanna Calvenzi: una scelta che richiama l’omonimo libro che lo stesso Colombo pubblicò, nel 1970, a quattro mani con Gianni Berengo Gardin.

Un volume importantissimo per ampliare il dibattito dalla fotografia pura e semplice alle molteplici e articolate declinazioni che la disciplina ha assunto in quella che a pieno titolo definiamo società dell’immagine; un concetto che ribadisce con forza la sua straordinaria modernità, a maggior ragione oggi, a fronte della democratizzazione della produzione e fruizione delle fotografie stesse.

Fotografo e photo-editor, ma anche pubblicitario ed esperto di comunicazione: nel corso della sua lunghissima carriera Colombo ha ricoperti ruoli diversi, rendendosi di fatto uno dei testimoni più autorevoli dell’evoluzione della filiera dell’immagine; un impegno trasversale, il suo, che lo avvicina pertanto a Calvenzi, lei stessa photo-editor, docente e curatrice, grande teorica della fotografia contemporanea.

Gli incontri, tutti a ingresso gratuito (fino a esaurimento posti), proseguiranno giovedì 4 giugno con Fabio Bucciarelli e Stefano Citati (Il Fotogiornalismo oggi: l'eredità classica e il digitale), giovedì 18 giugno con Gabriele Croppi e Mariateresa Cerretelli (La Metafisica del paesaggio urbano), giovedì 2 luglio con Gian Paolo Barbieri e Maurizio Rebuzzini (Eleganza naturale), e si chiuderanno giovedì 16 luglio con Giovanni Gastel e Giuseppe Di Piazza (La rinascita della fotografia).

L’iniziativa Lectio magistralis di fotografia e dintorni è promossa da AFIP International e CNA Professioni, realizzata in collaborazione con La Triennale di Milano, il Maxxi - Museo Nazionale delle Arti del XII secolo di Roma, GRIN (Gruppo Redattori Iconografici Nazionale), Milano Photofestival e con il contributo di Epson, Canon, Nikon.

Oltre a ciò, l’attività dell’AFIP International si concretizza con una serie di eventi, quali conferenze, mostre dove verranno segnalati gli eventi più interessanti e saranno discussi i temi e gli argomenti legati alla fotografia e alla professione.

L’AFIP nasce nel 1960 da un gruppo di fotografi e vede tra i primi associati Aldo Ballo, Davide Clari, Giancolombo, Mario Dainesi, Gianni Della Valle, Luciano Ferri, Gian Greguoli, Edoardo Mari, Paolo Monti, Alfredo Pratelli, Italo Pozzi, Gian Sinigaglia, Fedele Toscani e Roberto Zabban, col proposito di rinnovare tecnicamente e culturalmente il mestiere della fotografia, difendendo la libera professione, rivolgendosi soprattutto alla produzione industriale e pubblicitaria, alla moda, all’editoria.

Il nuovo direttivo dell’AFIP International è composto da Giovanni Gastel (presidente), Alfredo Pratelli (presidente onorario), Giuseppe Biancofiore (vicepresidente), Andreas Ikonomu (segretario), Sauro Sorana (tesoriere), Antonio Mecca (portavoce), Debora Barnaba, Silvia Bottino, Gianluca Cisternino, Roberto Ghislandi, Annalisa Mazzoli, Marirosa Toscani Ballo, Giovanni Mereghetti.

Cesare Colombo (1935)  è protagonista da più di cinquant’ anni nella fotografia, e in generale nella comunicazione visiva. Affianca al lavoro di ripresa (architettura, reportage per l’industria, illustrazione editoriale) un impegno di ricerca sulle immagini storiche.  Nelle sue foto è prevalente l’interesse per l’uomo, protagonista dinamico dell’inquadratura ma anche simbolo della condizione sociale odierna. Significativa è la sua antologia Milano veduta interna (Alinari, 1990, testi di Roberta Valtorta e Corrado Staiano). In seguito, un completo percorso attraverso le sue immagini viene raccolto nel fotolibro Life Size, Photos 1956-2006 Ed Imagna 2009 con testo di Giovanna Calvenzi  Nel 2012 è uscito un altro fotolibro sulla sua città Milano. Ingresso libero sempre curato da Giovanna Calvenzi nella collana della Fiaf “Grandi Autori della Fotografia Contemporanea “. Nel 2013 è uscito infine il libro Cesare Colombo, con Simona Guerra. La camera del tempo Ed. Contrasto  dedicato alla vita e all’ opera dell’ autore.
Come studioso dell’ immagine, oltre a molti saggi critici, Cesare Colombo nel 2004 ha curato per le Ed. Agorà l’ antologia Lo sguardo critico.Cultura e fotografia in Italia 1943-68. Come ricercatore ha prodotto mostre e fotolibri per editori ed enti pubblici, tra cui citiamo L’uomo a due ruote (1987); Tra sogno e bisogno e Occhio al cibo per Coop (1985 e 1990); Scritto con la luce per Electa (1987); La fabbrica di immagini per Alinari (1988); Un paese unico. Italia, fotografie 1900-2000,ancora per Alinari; Ferrania. Storie e figure di cinema e fotografia (De Agostini, 2004); AnniCinquanta. La Fotografia (Artificio-Skirà, 2005); Cento anni di imprese (Alinari / 24 Ore Cultura, 2010)

Giovanna Calvenzi si è laureata in Lettere nel 1973, ha insegnato storia della fotografia e linguaggio fotografico per undici anni e contemporaneamente ha collaborato con diversi periodici con testi sulla fotografia. Dal 1985 a oggi ha lavorato come photo editor per numerose testate. Dal 2012 è consulente per l’immagine per il gruppo Periodici San Paolo, a Milano. Insegna photo-editing presso il Centro di Formazione Professionale Riccardo Bauer di Milano. Ha collaborato alla realizzazione di mostre e libri fotografici e svolge un’intensa attività di ricerca sulla fotografia contemporanea. Nel 1998 è stata direttore artistico dei Rencontres Internationales de la Photographie di Arles e nel 2002 guest curator di PhotoEspaña a Madrid. Nel 2014 è stata "delegato artistico" del Mois de la Photo a Parigi.

Dal 1 aprile al 26 luglio 2015 Fondazione Roma Museo-Palazzo Cipolla presenta una ambiziosa operazione culturale che ha il suo principale centro propulsore nella mostra Barocco a Roma. La meraviglia delle arti. Come nell’immagine metaforica del «sole barberiniano», l’evento espositivo si colloca nel mezzo di un originale «sistema eliocentrico», i cui raggi sono rappresentati da una ricca serie di iniziative, presso alcuni tra i principali siti barocchi della città. La mostra, infatti, oltre ad essere una preziosa occasione di conoscenza, studio e aggiornamento sulle tematiche del periodo e i suoi protagonisti, offre l’opportunità di valorizzare il patrimonio storico-artistico ed architettonico barocco del territorio. L’operazione, nata dalla determinata volontà del Presidente della Fondazione Roma, il Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, trova nella Fondazione Roma-Arte-Musei il nucleo aggregativo di numerose istituzioni pubbliche, private ed ecclesiastiche, le quali, grazie a questa, fanno sistema con la rassegna Barocco a Roma. La meraviglia delle arti offrendo una serie di eventi satellite correlati: itinerari esclusivi (Musei Vaticani), tour tematici con partenza dalla sede espositiva di Palazzo Cipolla (Complesso di Sant’Ivo alla Sapienza; Oratorio dei Filippini; Cappella dei Re Magi presso Propaganda Fide; Galleria Doria Pamphilj),percorsi barocchi (Musei Capitolini; Galleria Nazionale di Arte Antica in Palazzo Barberini), visite speciali (Palazzo Colonna), mostre di approfondimento (Museo di Roma-Palazzo Braschi; Palazzo Chigi in Ariccia;Sala Alessandrina presso l’Archivio di Stato), giornate di studio, convegni, concerti e la rievocazione storica di Castel Sant’Angelo, con una mostra, la regata e la girandola di fuochi pirotecnici che celebrano la festa dei santi Pietro e Paolo.
«Sono lieto – dichiara il Presidente della Fondazione Roma, Prof. Avv. Emmanuele Francesco MariabEmanuele – di presentare al pubblico la mostra Barocco a Roma. La meraviglia delle Arti, che si colloca nel programma artistico del Museo Fondazione Roma, rivolto ad illustrare l’importanza della Città Eterna nella cultura mondiale. Dopo le esposizioni dedicate al Quattrocento romano (2008), al Settecento (2010), e al Cinquecento (2011), ora è la volta del Seicento, il secolo del Barocco, di cui Roma fu la ‘capitale il centro propulsore dal quale partì un movimento artistico che superò i confini italiani, creando un’estetica ed un linguaggio di respiro universale. Roma, in questo senso, fu letteralmente caput mundi».
«Il vero valore aggiunto della mostra – prosegue il Prof. Emanuele – risiede però nella più ampia operazione culturale, che abbiamo chiamato Barocco a Roma, e che ruota, con una ricca offerta di eventi satellite, intorno alla mostra. Il Museo Fondazione Roma funge da capofila di un significativo e variegato numero di soggetti, pubblici e privati, che operano nel campo della cultura a Roma rendendo possibile la sinergia, da me tanto auspicata, tra enti di diversa origine».
«Con questa nuova mostra – conclude il Presidente della Fondazione Roma – abbiamo raccontato un capitolo della storia dell’arte italiana e mondiale attraverso lo straordinario patrimonio artistico del Barocco a Roma. Tale progetto è pienamente in linea con il percorso che sta snodando da tempo la Fondazione Roma-Arte-Musei e teso al raggiungimento di un duplice obiettivo; da un lato valorizzare la storia dell’arte a Roma; dall’altro mostrare l’influenza che questa ha esercitato nel mondo, da cui, a sua volta, si è lasciata ispirare per quella eccezionale osmosi che solo la cultura è in grado di creare. In tal senso, oggi la cultura è anche una grande leva di sviluppo a nostra disposizione, l’‘energia pulita’, come
sono solito definirla, in grado di riavviare il motore della nostra economia. Questa linea di pensiero dovrebbe guidare l’azione della classe dirigente, tanto più in un difficile momento storico come quello che stiamo vivendo e che proprio nella valorizzazione del patrimonio culturale può trovare una occasione unica, e forse irripetibile, di riscatto».
La mostra Barocco a Roma. La meraviglia delle arti si propone come esperienza unica per conoscere l’«universo» barocco, prefigurato dalla poetica di Annibale Carracci – che già alla fine del ’500 anticipò unlinguaggio pittorico decisamente nuovo per l’epoca – fino alle esperienze ascensionali del Baciccio. La mostra è il punto di partenza di un irripetibile viaggio nel Barocco a Roma, la città che nel Seicento divenne
il centro culturale del mondo attirando a sé una infinita congerie di artisti italiani e stranieri, che, stimolati dalla politica della Chiesa, si «sfidarono» toccando i vertici di una creatività senza eguali. La pittura, la scultura, l’architettura e l’urbanistica raggiunsero allora i massimi livelli; la mostra mira a svelarne il fascino attraverso la ricostruzione del percorso creativo dell’artista, dall’idea progettuale – sono esposti in mostra, tra l’altro, studi, bozzetti, schizzi, piante e sezioni architettoniche – fino all’opera compiuta, anche oltre il perimetro della mostra.
La mostra presenta al pubblico quasi 200 opere – tra dipinti, sculture, disegni, medaglie e oggetti –dislocate e contestualizzate in uno spazio visivo ispirato alle inquiete architetture del Borromini; una cornice di grande suggestione, che rispecchia la tradizionale cura del Museo per gli allestimenti. Tra le opere più ricercate troviamo il disegno riferibile a Ciro Ferri tratto dagli affreschi di Pietro da Cortona per palazzo Pamphilj a piazza Navona e il Contro-progetto del colonnato di piazza San Pietro di Gian Lorenzo Bernini. Si possono ammirare anche i bozzetti del Bernini per le statue di ponte Sant’Angelo e per l’Estasi diSanta Teresa (provenienti dal Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo); il prezioso arazzo Mosè bambino calpesta la corona del faraone su cartone di Nicolas Poussin e Charles Le Brun (proveniente dal Mobilier National di Parigi) nonché disegni progettuali di Francesco Borromini e Pietro da Cortona. Altri capolavori che arricchiscono l’evento della mostra sono: Ritratto di Costanza Bonarelli del Bernini (Museo delBargello), Atalanta e Ippomene di Guido Reni (Museo di Capodimonte), Trionfo di Bacco di Pietro da Cortona (Musei Capitolini), Santa Maria Maddalena penitente con due angeli di Giovan Francesco Barbieridetto il Guercino (Musei Vaticani), Il Tempo vinto dalla Speranza e dalla Bellezza di Simon Vouet (MuseoNacional del Prado). Nel percorso espositivo spiccano le due composizioni con gli Angeli musici di Giovanni Lanfranco – opere sopravvissute all’incendio della Chiesa di Santa Maria della Concezione dei Cappuccini a Roma – mai esposte sino ad ora dopo il tragico evento risalente all’Ottocento. I dipinti saranno presentatiper la prima volta in mostra dopo il restauro realizzato grazie all’intervento della Fondazione Roma-Arte-Musei, che ha voluto compiere un gesto significativo restituendo finalmente queste due importanti opered’arte alla città di Roma e alla visibilità collettiva. Al termine dell’esposizione gli Angeli, dopo due secoli di oblio, ritorneranno nella loro chiesa di via Veneto. La rassegna vanta ulteriori e importanti prestiti concessidai più autorevoli musei del mondo, tra cui: Musée du Louvre e Mobilier National et des manufactures desGobelins di Parigi, Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo, Kunsthistorisches Museum e Albertina
Museum di Vienna, Museo Nacional del Prado di Madrid, Staatliche Museen di Berlino, Victoria & Albert Museum di Londra, Musei Vaticani, oltre ai principali istituti museali italiani (Galleria Nazionale di Arte Antica in Palazzo Barberini, Galleria Nazionale di Arte Antica in Palazzo Corsini, Galleria Borghese, Galleria Spada, Musei Capitolini, Palazzo Chigi in Ariccia, Galleria degli Uffizi, Museo Nazionale del Bargello, Museo Nazionale di Capodimonte).
La mostra Barocco a Roma. La meraviglia delle arti è la chiave che apre l’«invisibile», poiché offre al visitatore la possibilità, davvero unica, di proseguire il percorso tradizionale ed entrare così in alcuni tra iprincipali luoghi barocchi della città solitamente preclusi al pubblico. Una vera e propria esperienza sensoriale, quindi, che si compie appieno nella «meraviglia delle arti».
In occasione della mostra saranno infatti eccezionalmente aperte, in alcuni giorni della settimana, la chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, capolavoro architettonico di Francesco Borromini e la Sala Alessandrina presso il Complesso di Sant’Ivo, dove sarà allestita una mostra documentaria dedicata all’importante sitoborrominiano dal titolo La fabbrica della Sapienza. L'università al tempo di Borromini. Merita una particolare menzione l’itinerario esclusivo pensato all’interno dei Musei Vaticani, del Palazzo Apostolico, della Basilica di San Pietro e la visita alla Scala Regia, anch’essa preclusa al pubblico, per raggiungere il Baldacchino, l’altare della Cattedra e il monumento funebre a Urbano VIII. In aggiunta, alcuni itinerari
barocchi, appositamente studiati, permetteranno di percorrere gli spazi dei Musei Capitolini, della Galleria Nazionale di Arte Antica in Palazzo Barberini e delle gallerie Doria Pamphilj (in cui si segnala tra l’altro ilcelebre busto di Innocenzo X realizzato da Bernini) e Colonna (con i paesaggi di Gaspard Dughet). In via eccezionale, e solo per la durata della mostra, il visitatore potrà accedere ad alcuni luoghi preclusi allafruizione: la Cappella dei Re Magi (opera del Borromini e teatro della sfida con il suo storico rivale Bernini)e l’esclusiva «Sala Borromini», nell’Oratorio dei Filippini.ernini) e Colonna (con i paesaggi di Gaspard Dughet). In via eccezionale, e solo per la durata della mostra, il visitatore potrà accedere ad alcuni luoghi preclusi allafruizione: la Cappella dei Re Magi (opera del Borromini e teatro della sfida con il suo storico rivale Bernini) e l’esclusiva «Sala Borromini», nell’Oratorio dei Filippini.Completano questa rosa di eventi due appuntamenti espositivi presso il Museo di Roma-Palazzo Braschi,con Feste barocche e Palazzo Chigi in Ariccia con Ritratto e Figura da Rubens a Giaquinto.
La meraviglia delle arti, presso Palazzo Cipolla, è accompagnata da un ricco calendario di conferenze, attraverso le quali sarà possibile approfondire alcuni aspetti salienti del Barocco grazie alla partecipazione di studiosi e critici d’arte. Si segnala, in particolare, il convegno L’Altro Seicento.
Libertinismo e Arte a Roma nel secolo delle rivoluzioni scientifiche, presso l’Accademia di Belle Arti di Roma.
Rientrano nell’ambito di questa articolata operazione culturale, tesa a raccontare un capitolo della storia dell’arte italiana e mondiale attraverso lo straordinario patrimonio artistico del Barocco, anche alcune opere editoriali di grande pregio, come Vaticano Barocco (Jaka Book, 2014) e l’edizione italiana dell’Atlante del Barocco mondiale (L’Erma di Bretschneider, 2015), la cui pubblicazione è stata realizzata con il sostegno della Fondazione Roma-Arte-Musei.
La mostra, con gli eventi satellite che da essa si dipanano, è un appuntamento imperdibile per chiunque voglia scoprire o ri-scoprire l’esperienza estetica e le multiformi sensazioni emanate dal «palcoscenico» barocco di quello che è definito il «gran teatro» del mondo, in una sola parola, Roma.
L’esposizione si articola in quattro sezioni:
1. Le radici del Barocco;
2. L’estetica barocca sotto Urbano VIII;
3. Teatralità e scenografia nell’arte della metà del secolo;
4. Il paesaggio e il grande spettacolo della natura.
Partendo dai pontificati dei «papi del Barocco» (Urbano VIII Barberini, Innocenzo X Pamphilj e Alessandro VII Chigi), esse raccontano le radici del movimento e la sua estetica, la teatralità e la scenografia, il paesaggio e il grande spettacolo della natura.
Le radici del Barocco, pone le premesse – ovvero le componenti e le caratteristiche –del movimento, introducendo il tema degli affetti e dell’estasi attraverso le opere dei maggiori esponenti del periodo presenti a Roma, tra cui, per citarne alcune, Santa Margherita di Annibale Carracci; Atalanta e Ippomene di Guido Reni; Madonna con il Bambino, Sant’Antonio Abate e San Giacomo Maggiore di Giovanni
Lanfranco; Santa Maria Maddalena penitente con due angeli di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino; Autunno di Pietro e Gian Lorenzo Bernini; San Sebastiano curato dalle pie donne di Simon Vouet; San Sebastiano curato dagli angeli di Pieter Paul Rubens.
L’estetica barocca sotto Urbano VIII, è dedicata al rapporto fra Urbano VIII e l’estetica barocca segnata dal suo pontificato, con le imprese grandiose di palazzo Barberini, la creazione di capolavori come il Baldacchino di San Pietro e la presenza dei grandi artisti stranieri a Roma – Poussin,Lorrain, Vouet e Van Dyck – che vanno definendo ancor meglio le caratteristiche del movimento artistico.
Di rilievo, in questa sezione, il Ritratto di Virginio Cesarini di Antoon van Dyck e il Ritratto di Costanza Bonarelli del Bernini
Teatralità e scenografia nell’arte di metà secolo, presenta disegni, bozzetti, dipinti e medaglie che testimoniano l’eccezionale produzione artistica capace di trasformare la città di Roma, dal
punto di vista urbanistico-architettonico e ornamentale, nella capitale del Barocco, modello inarrivabile per tutta Europa. Fulcro della sezione sono gli studi preparatori per la realizzazione del celeberrimo Tridente viario di Piazza del Popolo, delle opere monumentali del Bernini, quali la Fontana dei Fiumi, il colonnato di piazza San Pietro, la Cattedra della Basilica di San Pietro, ponte Sant’Angelo, il gruppo scultoreo dell’Estasi di Santa Teresa nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, la Cappella dei Re Magi presso il Collegio di Propaganda Fide.
Il tema del trionfo della fede cattolica è documentato da numerose opere pittoriche di illustri artisti, quali Pietro da Cortona, Carlo Maratta, Andrea Sacchi, Giacinto Gimignani,
Giovan Battista Gaulli (detto Baciccio), Pier Francesco Mola e Salvator Rosa.
La quarta sezione, Il paesaggio e il grande spettacolo della natura, affronta il tema del paesaggio come genere pittorico, dove l’azione umana diviene di secondaria importanza rispetto alla rappresentazione della natura. Il tema del paesaggio attraversa la mostra come un leit-motiv, segnando il percorso di progressivo sviluppo del Barocco. Troviamo in questa sezione alcune opere di Annibale Carracci (Il Sacrificio di Abramo), Claude Gellée, detto Lorrain (Porto con il Campidoglio), Nicolas Poussin (Paesaggio con Agar e l’angelo), Gaspard Dughet (Le cascate di Tivoli) e Salvator Rosa (Latona e i pastori della Licia).
Nel percorso sono anche presenti capolavori d’arredo, che nel periodo si arricchiscono di volute, di girali,di elementi stravaganti, di fantastici motivi sempre più originali. Specchi, mobili, orologi, strumenti musicali – tra cui spicca l’Arpa Barberini – sono dislocati lungo l’intero percorso espositivo, così da trasferire l’idea della «contaminazione» dell’estetica barocca anche negli oggetti della vita privata.
L’esposizione è curata da Maria Grazia Bernardini e Marco Bussagli e si avvale del contributo di un  comitato scientifico composto da Marcello Fagiolo, Christoph L. Frommel, Anna Lo Bianco, Eugenio Lo Sardo, Stéphane Loire, Antonio Paolucci, Francesco Petrucci, Pierre Rosenberg, Sebastiano Schütze, MariaSerlupi Crescenzi, Rossella Vodret, Alessandro Zuccari
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La mostra è promossa dalla Fondazione Roma e organizzata dalla Fondazione Roma-Arte-Musei, con la partecipazione di: Roma Capitale, Assessorato alla Cultura e al Turismo-Sovrintendenza Capitolina e Dipartimento Cultura; Musei in Comune; Archivio Storico Capitolino; Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico-Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma, Galleria Nazionale di Arte Antica in Palazzo Barberini; Archivio di Stato di Roma; Galleria Doria Pamphilj; Palazzo Colonna; Propaganda Fide; Palazzo Chigi in Ariccia; Musei Vaticani. Vettore ufficiale della mostra è Trenitalia; sponsor tecnico è Montenovi. In collaborazione con Federalberghi Roma.
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