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Dal 9 novembre 2016 al 19 febbraio 2017, la Pinacoteca Ambrosiana di Milano si arricchisce di un prezioso gioiello proveniente dalla Galleria Borghese di Roma.

Il capolavoro del genio della pittura secentesca, proveniente dalla Galleria Borghese di Roma, sarà affiancato da una serie di disegni, conservati in Ambrosiana, che analizzano come l’iconografia di San Girolamo sia stata sviluppata da artisti quali Albrecht Dürer, Giulio Romano, Giuseppe Nuvolone, Guercino e altri.

 

Si tratta del San Girolamo scrivente, capolavoro dipinto da Caravaggio agli inizi del Seicento, che per tre mesi sostituirà, nel percorso museale dell’Ambrosiana, la Canestra di frutta del maestro secentesco lombardo che sarà esposta nella rassegna sul Caravaggio, in programma proprio alla Galleria Borghese nel prossimo inverno.

 

L’iniziativa si completa con otto disegni, conservati in Ambrosiana che analizzano l’evoluzione dell’iconografia di San Girolamo, così com’è stata illustrata da Albrecht Dürer (San Girolamo nello studio), Giulio Romano (San Girolamo traduce la Bibbia), Guercino (San Girolamo nel deserto), Giuseppe Nuvolone (San Girolamo), Donato Creti (San Girolamo nel deserto), Giacomo Zoboli(L’ultima comunione di San Girolamo), Isidoro Bianchi (San Gregorio e San Gerolamo), Giovannidell’Opera (San Girolamo tormentato).

 

Il San Girolamo scrivente (olio tela, cm 112x157) è citato per la prima volta dallo storico Giacomo Manilli che lo registrava nel 1650 nella ‘Stanza del Moro’ di Villa Borghese. Il dipinto presenta il santo nell’aspetto del penitente mentre, assorto nella lettura, allunga il braccio per intingere la penna nel calamaio. L’immobilità del santo si estende nell’ambiente (un interno appena accennato con una scrivania ingombra di volumi) costruito per piani paralleli assecondati dalle tracce di quella luce che rivela gli oggetti.

 

La modernità della stesura pittorica e la maturità compositiva inducono a datare la tela, tra la fine del 1605 e i primi mesi del 1606, ovvero ai momenti estremi della fase romana del Caravaggio, in continuità con la Cena in Emmaus di Brera e la Morte della Vergine del Louvre.

  

Com’ebbe modo di sottolineare Claudia Tempesta, “Il San Girolamo scrivente è una delle opere più sconcertanti del maestro, dove l’apparente rigore geometrico della composizione è contraddetto dal luminismo pluricentrico che svolge un nuovissimo compito sia dal punto di vista della composizione figurativa che di commento morale.

 

L’opera è un dialogo della luce e dell’ombra: la luce chiara colpisce le pagine aperte su cui è posato il teschio: solo in presenza della morte si comprende e s’illumina il libro della vita”.

Accompagna la mostra un catalogo Nomos Edizioni.

A corollario dell’iniziativa, saranno organizzati degli appuntamenti che approfondiranno le tematiche proposte dalla mostra, secondo vari tagli che vanno dalla storia dell’arte alla teologia.

 

La mostra “Picasso Images. Le opere, l’artista, il personaggio” e’ ospitata a Roma, nel Museo Ara Pacis, dal 14 ottobre 2016 al 19 febbraio 2017.

E’ promossa da Roma Capitale ed organizzata con Zetema Progetto Cultura. Ideazione di Electa con la collaborazione del Musee’ National Picasso.

Si tratta di un percorso a tutta immagine: duecento fotografie circa, sculture e qualche dipinto, provenienti dal Musee’ National Picasso di Parigi. Tre sono le sezioni della mostra, che vogliono approfondire il rapporto che Pablo Picasso aveva con l’immagine quale mezzo di indagine (interna ed esterna), quale strumento utile ai fini della sua arte...Anche foto-grafica-mente intesa.

Si sottolinea l’importanza del termine “foto - grafica - mente”. Di seguito ne troverete il perche’.

L'approccio alla mostra, da parte di chi scrive, e’ stato un atto formale di ricerca sull’armonia del segno grafico: la pennellata sul quadro, lo scatto del fotografo, il suono emotivo dello spettatore.

Si pensi la rassegna come lo spazio dove il tempo e’ sospeso, in senso letterale. Dove la mente e’ un'orchestra diretta da Picasso, dalla pennellata di colore che figura il quadro, dai suoi scatti… Un'esecuzione di atti musicali-emotivi suscitati al visitatore. Suono ed emozione che spesso si esprimono come una partitura di note vocaliche di ammirazione o dubbio, poi magari in silenzi. Qui il visitatore si fa strumento sonoro per approvazione, riconoscenza e stupore in universali onomatopeici commenti alle forme d’arte esposte.

La foto-grafia che mi preme scattare, l’unica, e’ la testimonianza allegata a questo articolo: un atto di sinergia artistica tra le mie ordinarie penne, che segnano passi sonori sulla personale emotiva conoscenza di pittura by Pablo Picasso, mentre scatta (e si fa scattare) segni foto-grafici. In questa mia foto si vede il profilo  di Picasso sul set del film “Le Mystere Picasso” di Henri-Georges Clouzot (fotografato presso lo studio La Victorine, Nizza 1955). Le penne sono apparizioni di suoni emotivi che stratificano l’essenza dell’artista, disperdendosi armonicamente  negli occhi di Picasso, graficamente intensi.

Altro esempio di quanto detto (ma la mostra ne offre di numerosi) sta nel dipinto che Pablo termina nella primavera 1914, “Homme a’ la pipe”. Un dipinto-pentagramma che si completa nell’improvvisazione di note colorate in successione: evoca il calore del mio djembe nel suo pur spigoloso assemblage del tempo, il quale perde valore di fronte all’opera di Pablo. Lui il tempo lo attraversa, demolisce e ricompone secondo il proprio sentire, come il musicista sperimentale, come il visitatore piu’ o meno occasionale.

Ed ancora un esempio: Pablo Picasso che suona la tromba in strada, a Vallauris (4 agosto 1955). L’artista viene fotografato nell’atto armonico di emettere suono e segno, melodia ed accompagnamento, luce ed ombra.

Ri-flessione.

Riaprono al pubblico martedì 18 ottobre le quattro sale della Galleria degli Uffizi dedicate alla pittura del primo Rinascimento, a seguito dell’ultimazione – avvenuta lo scorso mese di aprile - dei lavori di restauro architettonico e adeguamento funzionale e impiantistico, realizzati nell’ambito del progetto dei Nuovi Uffizi a cura della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Firenze, e della conclusione delle opere di riallestimento espositivo eseguite a cura delle Gallerie degli Uffizi, anche grazie ad una generosa elargizione liberale dell’Associazione Friends of Florence.

Si tratta delle sale numero 8 (Masaccio, Paolo Uccello, Filippo Lippi), già aperta al pubblico dallo scorso mese di settembre, 9 (Pollaiolo), 10-14 (Botticelli) e 15 (Hugo van der Goes), che, a partire dal giugno 2015, sono state oggetto di un complessivo intervento di risistemazione dal punto di vista della configurazione architettonica e di rifacimento degli impianti tecnologici per il miglioramento delle condizioni climatiche interne e l’aggiornamento dei sistemi di sicurezza e di illuminazione.

Nel contempo, anche nei Corridoi del secondo piano della Galleria sono stati realizzati importanti interventi di rinnovo degli impianti tecnici, grazie alla sostituzione di tutti gli apparecchi e di parte delle canalizzazioni dell’impianto di condizionamento ed al competo rinnovo degli impianti elettrici e speciali, che ha consentito di razionalizzare e riordinare le installazioni dei cavidotti e dei diversi apparecchi previsti, oltre a permettere la massima versatilità nella gestione delle varie sorgenti luminose costituenti il nuovo impianto di illuminazione. 

L’illuminazione è affidata ad apparecchi LED di ultima generazione, integrati con sistema DALI per la gestione programmata delle diverse sorgenti di luce, in modo da ottenere una luminosità indiretta diffusa dalle superfici delle volte dipinte, un illuminazione diretta e continua sulle pareti e luce d’accento sulle sculture, con faretti puntati sugli esemplari più significativi.

Dal punto di vista architettonico, l’intervento più impegnativo è consistito nella realizzazione della nuova controsoffittatura della Sala di Botticelli, al di sopra della quale si trovano tutte le distribuzioni impiantistiche a servizio della sala ed i percorsi per la manutenzione e che è stata realizzata mediante una struttura reticolare spaziale di acciaio particolarmente leggera.

La soluzione museografica adottata per la Sala di Botticelli, in linea con i recenti interventi, ha previsto di suddividere l’ambiente in due spazi contigui tramite due “quinte” a tutta altezza staccate dalle pareti longitudinali. Tali setti, realizzati su struttura intelaiata di acciaio, oltre ad incrementare la superficie espositiva, assolvono alla funzione di alloggiamento delle canalizzazioni di ripresa dell’aria per l’impianto di condizionamento e dei due totem contenenti le apparecchiature elettriche e speciali, evitando così qualsivoglia installazione sulle pareti della sala.

I lavori di rinnovamento eseguiti nell’ambito del progetto Nuovi Uffizi vedono oggi l’apertura delle sale 9-15, dedicate al primo Rinascimento, in parte ricavate entro i volumi  che un tempo costituivano il perduto Teatro mediceo, opera di Bernardo Buontalenti. Vi sono ora esposti i dipinti dei Pollaiolo, Hugo van der Goes, Domenico Ghirlandaio,  insieme a un consistente nucleo di opere di Botticelli, incluse le celeberrime Primavera e Nascita di Venere

Il riordino di questa sezione museale si armonizza con le adiacenti sale dei Primitivi e ne continua lo spirito: i capolavori sono esposti con un ritmo largo e spaziato, che permette al visitatore di osservarli con calma e raccoglimento, nelle migliori condizioni. L’illuminazione naturale dall’alto proviene da profonde strombature praticate nel soffitto, sistemate in coincidenza delle residue e intatte capriate del teatro buontalentiano.

Il progetto delle nuove sale Botticelli risponde innanzitutto alla necessità museografica di rendere più confortevole la visita alla collezione botticelliana, esigenza ben illustrata al Corriere del Sud dalle parole del Direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt: 

"La disposizione dei dipinti nelle nuove sale di Botticelli è studiata in ragione dei flussi di persone davanti ai capolavori. L’esperienza del visitatore non solo è incomparabilmente migliorata, ma si offre inoltre una lettura critica delle opere: ciascuna esposta in relazione diretta di stile, o di cronologia, o di soggetto con quelle che si trovano nelle vicinanze. Sulle”nuove”  pareti non solo viene materialmente illustrata la rete di relazioni culturali e stilistiche tra fiamminghi e fiorentini ben nota alla critica, ma si dà giusta enfasi anche alle opere tarde di Botticelli, mentre le “icone” più celebrate - la Primavera e la Nascita di Venere - acquistano la giusta prospettiva nelle grandi sale, comunicanti anche visivamente

Questa missione di profondo rinnovamento della veste della Galleria è stata perfettamente interpretata anche dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, guidata dal Soprintendente Andrea Pessina, che aggiunge al Corriere del Sud : “Gli ambienti, completamente rinnovati sia nella veste architettonica che impiantistica, vengono restituiti alla fruizione pubblica unitamente ai Corridoi, oggi dotati di un nuovo impianto di illuminazione. Complessivamente, fra la realizzazione di nuovi spazi espositivi e il rinnovo di alcune sale preesistenti, salgono così a circa 7000 metri quadrati le superfici espositive ad oggi interessate dall'intervento di restauro”.

Il restauro è stato sostenuto da una donazione liberale da parte della Fondazione non profit Friends of Florence, che in sole sei settimane di sottoscrizioni ha raccolto, fra i propri generosi soci sostenitori d’oltreoceano, l’intera cifra necessaria all’illuminazione, all’allestimento delle sale, e ai restauri dei dipinti. 

Con questo atto munifico, ricorda la Presidente della Fondazione Simonetta Brandolini d’Adda, al Corriere del Sud, si rinsalda ancora una volta lo storico legame che unisce gli interessi della cultura americana al patrimonio storico artistico fiorentino :

L'intervento alle Sale dedicate al Primo Rinascimento, in cui sono esposti i capolavori di Pollaiolo, Botticelli e Hugo Van der Goes, testimonia il grande interesse da parte della nostra Fondazione nei confronti delle Gallerie degli Uffizi e delle opere che vi sono conservate. Dal restauro delle statue nella Loggia dei Lanzi, passando per la Sala della Niobe, la Tribuna e la scultura di Roberto Barni per il XX della Strage di via dei Georgofili, fino a giungere al Gabinetto Disegni e Stampe e al progetto delle Sale del Primo Rinascimento, Friends of Florence dal 1998 è in prima fila a fianco delle istituzioni e della Direzione delle Gallerie degli Uffizi per la tutela e la conservazione di questi capolavori. Non soltanto Sandro Botticelli ma anche Antonio Pollaiolo, con le loro opere di nuovo visibili nelle rinnovate sale, sono forti nell'immaginario collettivo americano e noi di Friends of Florence abbiamo scelto di dedicare questo progetto al 50esimo Anniversario dell'alluvione del 1966, per omaggiare la città di Firenze, per non dimenticarci e per ricordare al mondo che è davvero importante tutelare e conservare la cultura e consegnarla alle generazioni future perché è da qui che si costruisce il domani della nostra società occidentale.

Dal punto di vista impiantistico, gli interventi eseguiti hanno permesso di conseguire il completo rinnovo e la totale integrazione di tutti gli impianti tecnologici a servizio delle sale espositive e dei relativi locali tecnici, compresa la realizzazione di un nuovo sistema di illuminazione, diretta e indiretta, con l’adozione di sorgenti luminose a LED di ultima generazione ad elevata resa cromatica e, negli ambienti provvisti di lucernari a tetto, di un avanzato sistema di controllo e gestione dei meccanismi di oscuramento della luce naturale.

Dopo il significativo incremento delle sale dedicate alle collezioni permanenti, passate dalle 45 sale presenti in origine nella Galleria storica alle 101 sale attuali, grazie al recupero degli ambienti al primo piano (già sede dell’Archivio di Stato di Firenze) per circa 3.000 metri quadrati di superficie complessiva, gli interventi eseguiti al secondo piano hanno permesso di conseguire il progressivo rinnovo degli spazi espositivi preesistenti per un’estensione pari a ulteriori 4.000 metri quadrati.

Intanto il cantiere dei Nuovi Uffizi prosegue i suoi lavori e, a breve, la Galleria degli Uffizi potrà annoverare tra i propri spazi anche quelli appositamente attrezzati nella nuova zona destinata allo svolgimento delle mostre temporanee. Con il recupero dei due piani sottostanti la Biblioteca Magliabechiana e la realizzazione di un nuovo volume di collegamento con la fabbrica vasariana su piazza Castellani, si offriranno nuove opportunità espositive e migliori condizioni di fruizione pubblica, grazie alla possibilità di eliminare ogni interferenza tra il percorso museale e le esposizioni temporanee e offrire ai visitatori una sempre più ampia possibilità di scelta.

È stata inaugurata questa mattina, presso il Museo delle Arti e dei Mestieri della Provincia di Cosenza, la Mostra “Cosenza e le Arti” curata dalla dott.ssa Anna Cipparrone, Direttrice del MAM, e dalla dott.ssa Cinzia Altomare. L’esposizione propone al pubblico la collezione di dipinti realizzati nell'Ottocento e nei primi decenni del Novecento dagli artisti che ricevettero il sussidio economico dell'Amministrazione Provinciale di Cosenza, per conseguire gli studi nelle Accademie di Belle Arti di Napoli, Roma e Firenze. Essa riscopre e ricostruisce un'intensa e prolifica produzione artistica fiorita all'indomani dell'Unità d'Italia nella provincia di Cosenza, riconnettendola direttamente ai più noti sentieri dell'arte nazionale.

Una testimonianza storica del ruolo della Provincia nel campo della valorizzazione delle Arti che si è scelto di rendere fruibile al pubblico, dal 20 ottobre al 24 novembre 2016, iniziando proprio dai più giovani con l’intento di avvicinarli all’arte ma anche alla conoscenza della storia del proprio territorio.

 Due classi di quinta elementare e una seconda media, del Plesso Scolastico dello Spirito Santo di Cosenza, sono state accolte dal Presidente Di Natale e dalla dott.ssa Cipparrone e avvicinate in modo semplice ma efficace alla collezione dei dipinti esposti e al significato stesso della Mostra: «sono opere importanti - ha detto ai ragazzi il Presidente Di Natale - perché oltre al valore artistico hanno per noi un significato che ha a che fare con l’identità, appartengono alla famiglia della Provincia di Cosenza. Un Ente molto glorioso, che svolge compiti importanti per migliorare la qualità della vita della nostra società». Nel ringraziare la dott.ssa Cipparrone e la dott.ssa Altomare per l’allestimento della Mostra, il Presidente ha anche rimarcato l’importanza del MAM quale luogo da incentivare e restituire alla fruizione dei cosentini e soprattutto degli studenti, «per aiutare i nostri ragazzi a costruirsi una visione della società connessa con la storia, fondamentale per la programmazione consapevole del loro futuro».

 Dalla lettura dell’opera d’arte si sviluppano la conoscenza della storia e la creatività: da domani, venerdì 21 ottobre 2016, sarà possibile prenotare laboratori didattici sulla lettura dell’opera d’arte e laboratori creativi inerenti i temi affrontati dalla mostra. In particolare, laboratori sull’arte dell’800 e sui generi della pittura dal vero, pittura di storia, ritrattistica.

E' una domanda impegnativa ma nello stesso tempo affascinante. Da tempo ci si interroga sul nostro patrimonio artistico e culturale, molto è stato scritto, libri, articoli, ma la questione non decolla, nonostante gli impegni dei vari ministri della cultura e dei vari governi. Ma c'è un'altra domanda da fare: è possibile salvare anche tutte quelle persone che unendosi si dedicano, curano, quella chiesa, quella piazza, quel monumento, quella biblioteca, quell'archivio polveroso? Anche questa è una domanda piena di significati. Se la pone il giornalista, saggista, Luca Nannipieri in un breve saggio,L'Italia da salvare. La fraternità attorno all'arte e alle bellezze del paese”, pubblicato dalla San Paolo (2014).

C'è un grosso errore, una grande ingiustizia, che viene perpetrata verso questa gente che lavora nel silenzio, che non appare mai in televisione, talvolta senza percepire nessun compenso economico.“E' giustizia non considerare tutta questa ricchezza di cure, premure, conoscenze, ideali, anche se vengono dalle mani di un contadino, di un tabaccaio o di un vecchio che non ha studiato?”. Ecco Nannipieri, che è anche direttore del Centro studi umanistici dell’abbazia di San Savino, ha scritto questo libretto provocatorio per rendere giustizia a questa gente, trattata spesso alla stregua di un fervore popolare di poco conto,“come se esistessero culture maggiori e culture spicciole e provinciali, e non esistessero in realtà soltanto le persone, che nascono e muoiono”. E' anche questa l'Italia da salvare.“Come in ogni Paese, come in ogni terra di questo mondo, ciò che c'è da salvare è soltanto il fatto che una persona possa unirsi a un'altra persona e poi ancora a un'altra e nell'insieme possano dire: noi ci prendiamo cura di questo, noi lo amiamo, noi gli daremo significato, noi gli daremo futuro”.

Per Nannipieri è proprio in questo momento che nasce la comunità, quando si dà senso, consistenza e memoria su una cosa che si cerca a tutti i costi di salvare. “Quante persone, quante comunità, quante libere insorgenze nate in un luogo stanno svolgendo questo lavoro preziosissimo di premura e dedizione!”. Sembrano cose di poco conto, molti irridono e snobbano questo lavoro importante per una piccola comunità, e talvolta questi insorgenti devono pure scontrarsi con le istituzioni che non vogliono capire.

Peraltro la chiave di lettura del libro è unire le bellezze del Paese alla fraternità, c'è anche un messaggio spirituale nel testo. Infatti, la fraternità e il dialogo sembrano le armi a disposizione, capaci di cambiare le cose e Nannipieri sembra crederci davvero e ci fa esempi concreti. Sono tante infatti le comunità, le libere associazioni nate attorno a beni artistici e naturali da valorizzare, chiese, abbazie, grotte e mulattiere, e di per sé non è tanto il valore oggettivo del bene da difendere a fare la differenza, ma l’impegno, l’amore, che gente comune impiega per valorizzare il territorio, la comunità in cui vive.

Che l’Italia sia uno scrigno d’arte non è un mistero per nessuno, che non si valorizzi il patrimonio, nemmeno e la ricetta, la cura che Nannipieri propone è molto semplice e nello stesso tempo scomoda e rivoluzionaria”. Nannipieri non è nuovo alle provocazioni, ha rilasciato interviste dove auspica l'abolizione del Ministero dei Beni Culturali, dell'Unesco. Per il giornalista occorre cambiare la prospettiva, si deve partire dal basso, dove si mette l'uomo al centro del discorso, é“l’uomo che tutela, difende e valorizza i beni culturali e si unisce ad altri uomini, in una catena umana dove non servono lauree, sovvenzioni statali, permessi di Enti e Strutture. Il panettiere, la sarta, il geometra, chiunque può rimboccarsi le maniche e difendere ciò che infondo gli appartiene”. Le riflessioni di Nannipieri confermano quello che ho sempre pensato al riguardo di certo impegno di tante persone coinvolte nello studio e nel restauro di alcuni beni artistici presenti nel territorio della riviera Jonica messinese. A volte c'è una eccessiva attenzione al bene in sé, senza fare quell'ulteriore riflessione che fa nel libro Nannipieri. cioè a che serve restaurare un bene, se poi non si rende fruibile, coinvolgendo tutta la comunità. Infatti, scrive Nannipieri, con molta provocazione,“l'importante non è il patrimonio, non sono le opere d'arte, ma chi ad esse dà vita. L'importante non sono le chiese rupestri o gli affreschi di una villa o i borghi presenti dei territori in cui viviamo. L'importante è chi lavora a renderli vivi, ovvero il motore di comunione”.

Nannipieri insiste su questo aspetto,“bisogna dare rilevanza, sostenere e incoraggiare qualunque persona o qualunque comunità faccia un lavoro amorosamente vivo, cioè attento, sulla bellezza e sul patrimonio, a prescindere dalla condizione sociale di appartenenza”. Esistono chiese antichissime in Italia, custodite e amate da gente comune, gente semplice, che magari non hanno competenze disciplinari, eppure sono amate e considerate come cose importanti. Tuttavia secondo Nannipieri, vanno custodite e amate non tanto perché opere d'arte,“ma anzitutto perché opere e luoghi di vita, di azione, di lavoro, di pensiero, di memoria, di manualità, di gioco, di sofferenza, di interrogazione, dove portare i bambini, gli anziani, dove fare la cerimonia di paese, il carnevale, il presepe, la festa di scuola”. Sempre nello stile provocatorio, il saggista rileva che occorre doverosamente ascoltare queste esperienze prodotte dalla gente. Il patrimonio non è solo quello delle “quattro mura”, di un castello, degli affreschi, del santuario: “questo non é patrimonio. Queste sono manifestazioni”. Per Nannipieri, “il patrimonio è il nostro modo di fare centralità di senso e di significato a tale manifestazioni”.

“L'Italia da salvare” è un libro che intende fare un viaggio, attraverso alcune delle esperienze di comunione più fervide intorno a un monumento da salvare che ha conosciuto nei territori italiani. Sono tante esperienze interessanti, come quella del borgo di Castiglione del Terziere, in Lunigiana, un castello restaurato da un signore benestante abbastanza estroso. Ben presto crea un Centro studi umanistici, riempie gli scaffali della biblioteca con volumi e incunaboli del XV secolo, con documenti sulla storia locale, acquista quadri, ritratti, intanto vengono restaurati i caseggiati vicini per avvicinare visitatori e accoglierli. In pratica non si è fermato solo al lavoro di semplice e passiva conservazione e catalogazione che può fare un ufficio di tutela o un funzionario della sovrintendenza. Per attrarre  le persone e per rendere vivo e pulsante il borgo, personalmente ha animato le serate dei visitatori, mangiando e parlando con loro, leggendo poesie, aprendo gli scaffali della biblioteca, sfogliando i volumi, furoreggiando con Dante e Petrarca.

Interessante l'esperienza del sito archeologico di Altilia Sepino, dove insieme alle rovine, si dà corso a un recupero etnografico, con una famiglia di pastori con bovini, pecore e capre che producono latticini, ricotte e altri formaggi. E' un bel vedere le mucche e le pecore pascolare vicino al sito archeologico, del resto, scrive Nannipieri,“perché spezzare questo secolare, millenario dialogo che il paesaggio intesse con i suoi abitanti, siano essi uomini o animali?”. Se qualcuno intendesse fare la musealizzazione del sito, proibendo la presenza dei bovini o degli ovini con i loro pastori e associazioni, “Altilia Sepino scomparirebbe dal novero dei luoghi potenzialmente vivi e andrebbe a infoltire quello, assai folto in Italia, dei luoghi spenti. Queste persone – scrive Nannipieri – queste associazioni sono la sua garanzia di presente e di futuro. Fuori da questa prospettiva, la città di Saepinum è solo una serie di muri crollati, presto abitati soltanto dai rampicanti gialli e dalle tane dei topi”.

Sono veramente tanti gli esempi fecondi di condivisione tra arte e comunità locali. Naturalmente i luoghi religiosi si prestano meglio al rapporto aggregativo, come la chiesa di San Miniato a Firenze. Visitare questi luoghi è solo l'inizio, poi conta l'amore. Occorre dimostrare che “quelle panche, quegli altari, quella cripta, quelle colonne non sono un museo di cose esposte, ma un luogo di comunione, dove è possibile incontrare loro, questi monaci, parlarci, sedersi e pregare, camminare e discutere assieme”. Infatti secondo Nannipieri non ha senso guardare le opere d'arte soltanto come meritorie opere artistiche, da tutelare e da custodire, non ha senso. Se fissiamo lo sguardo solo sui dati tecnici dell'opera, di una chiesa antica: “ ci dimentichiamo del tutto il motivo più profondo della sua presenza e del nostro sguardo su di essa”. In pratica, “ci dimentichiamo uno dei dati più significativi; il suo essere stato oggetto di partecipazione, di comunità, di educazione. Ci dimentichiamo le persone, che sono ciò che rendono vive queste opere”.

Ci sono monumenti così curati e sorvegliati che sono immobili, bloccati, perchè bloccata, impedita, ritenuta irrilevante la partecipazione attiva della gente, come la Certosa di Calci vicino Pisa con centinaia di stanze perennemente chiuse o aperte per un minuto al momento della visita guidata. “Ma perchè queste stanze non si danno alle associazioni del territorio, che le rendono vive, le aprono ai cittadini grazie alle loro attività?”.

Inoltre il Nannipieri auspica una delocalizzazione delle attività delle comunità che si occupano della valorizzazione di un bene artistico. Occorre tessere rapporti e progetti ad ampio raggio, la partecipazione delle persone non potrà più essere solo locale, ma dovrà essere rintracciata in un circuito più grande. E soprattutto Nannipieri auspica un cambiamento radicale delle leggi che regolano il rapporto tra i cittadini e il loro patrimonio. “Bisognerà dire che non è pensabile che esista sostanzialmente solo il lavoro gratuito attorno al patrimonio. Anzi, quanto più questi lavori, questi progetti di comunità e di riqualificazione partecipata sviluppano, oltre la gratuità, anche occupazione, guadagni, profitti, tanto più saranno incentivati e troveranno consenso”. Non bisogna avere paura o scandalizzarsi di usare parole come “guadagno” e “profitto”, quando si parla di patrimonio e di bellezza dei nostri luoghi.

 

 

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